domenica 23 aprile 2023

Le Arpa possono autorizzare solo su parametri tecnici senza ponderazione di interessi

Questo post ricostruisce la principale giurisprudenza amministrativa e costituzionale sul rapporto tra le Arpa (Agenzie Regionali per la protezione dell'Ambiente) e le leggi regionali che riconoscono poteri di tipo autorizzatorio alle Agenzie, ma in cosa possono consistere questi poteri autorizzatori? Vediamo in sintesi la giurisprudenza analizzata nel post per poi analizzarla successivamente nel merito

Il Consiglio di Stato con sentenza n° 2149 del 12 Marzo 2021 (QUI) ha chiarito il ruolo delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente (Arpa) nelle Conferenze dei Servizi e soprattutto l’efficacia degli atti da questi enti espressi in tali sedi interne ai procedimenti di valutazione e autorizzazione a rilevanza ambientale. La sentenza fa riferimento ad un precedente pronunciamento della Corte Costituzionale n° 132 del 2017 che aveva dichiarato la incostituzionalità di una legge regionale che riconosceva poteri autorizzatori all’Arpa in materia di emissioni aeriformi da impianti industriali (articolo 269 del DLgs 152/2006 QUI) e termici.

Più recentemente il Consiglio di Stato (sentenza 1761/2022 QUI) è intervenuto in una controversia relativa al rilascio di un PAUR (provvedimento autorizzatorio unico regionale ex articolo 27-bis DLgs 152/2006 QUIrelativo ad un progetto di demolizione e ricostruzione di fabbricati destinati all’allevamento avicolo, affermando invece la legittimità della legge della Regione Emilia Romagna che riconosce un potere autorizzatorio all'Arpae in materia di AIA in coerenza con gli indirizzi della sopra citata sentenza della Corte Costituzionale 132/2017.

Di seguito si analizzano queste tre sentenze e si accenna ad una sentenza della Corte Costituzionale sul rapporto tra le Arpa e le ASL ...  

 

In particolare secondo il Consiglio di Stato nella sentenza 2149/2021:

1. gli atti adottati dall’ARPA, quale organo tecnico, assumono natura, funzione e carattere di atti consultivi ed approfondimenti tecnici, privi di rilevanza immediata ed autonoma lesività, dovendo confluire nei provvedimenti definitivi, di competenza delle amministrazioni competenti alla relativa adozione.

2. l'ARPA, non essendo un soggetto pubblico con competenze proprie da esprimere nella conferenza di servizi decisoria, convocata dalla Regione, non è titolare di una posizione qualificata nel procedimento finalizzato al rilascio dei titoli autorizzativi (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 6 novembre 2018, n. 6273).

3. l’ARPA costituisce organo tecnico dell'Amministrazione regionale, dotato di personalità giuridica pubblica, titolare di funzioni di monitoraggio e consultive, mentre è priva di potere di assenso definitivo ovvero di diniego in riferimento alla realizzazione di impianti ed al rilascio di titoli autorizzativi. Gli esiti dell’attività tecnica, consultiva ed istruttoria, confluiscono quali elementi, certo fondamentali ma non definitivi, nell’ambito del perimetro decisionale dell’amministrazione competente.

4. per i suddetti motivi gli atti rilasciati da Arpa all’interno del procedimento compresa la conferenza dei servizi che lo conclude non sono direttamente impugnabili separatamente dall’autorizzazione finale che li assorbe.

 

 

Sul ruolo delle Arpa in termine di efficacia giuridica degli atti da essa emanati nei procedimenti di autorizzazione ambientale era intervenuta anche la Corte Costituzionale.

La Corte con sentenza n°132 del 2017 (QUI) è intervenuta sulla legittimità costituzionale di una legge regionale che riconosceva poteri autorizzatori all’Arpa in materia di emissioni aeriformi da impianti industriali (articolo 269 del DLgs 152/2006 QUI) e termici.

Secondo la Corte Costituzionale trattasi non  di  funzioni  legate  ad  attività  tecniche di prevenzione, di  vigilanza  e  di  controllo  ambientale, quali quelle  previste dalla disciplina nazionale delle Arpa, bensì   di  funzioni  di amministrazione attiva in materia non solo di ambiente  ma  anche  di energia.

Il legislatore statale ha previsto che ogni Regione  e  Provincia autonoma istituisse la propria agenzia regionale e  provinciale  per lo svolgimento delle attività  di interesse regionale  tecnico-scientifiche connesse all'esercizio delle funzioni pubbliche   della   protezione   dell'ambiente.  

Al quadro normativo così delineato dal  legislatore statale, discende che l'autonomia  diviene un requisito qualificante della singola Agenzia, come del sistema in generale, poiché solo grazie ad esso può essere garantito il rispetto dei criteri operativi, puramente tecnico-scientifici, cui il sistema stesso deve attenersi.

Conclude la Corte Costituzionale che tale ruolo delle Arpa è quindi incompatibile con  il  coinvolgimento in attività di amministrazione attiva, quali quelle considerate nella  legge  regionale, attività che, essendo espressione di discrezionalità amministrativa in senso proprio, comportano una ponderazione degli interessi coinvolti (si pensi alla  pianificazione ambientale) e quindi sono soggette alle  direttive  degli  organi rappresentativi titolari della "politica" ambientale. La disciplina regionale impugnata, pertanto, si discosta radicalmente dal principio fondamentale contenuto nella  normativa statale  in questione, con ciò violando l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost (ambiente materia oggetto di legislazione esclusiva statale).

Resta poco chiaro come alla luce di questa sentenza della Corte Costituzionale in Emilia Romagna l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e l’Autorizzazione unica ambientale (AUA) sia rilasciata dalla Arpae. Ne vale la motivazioni per cui questa autorizzazioni sarebbero frutto non di valutazione discrezionale politico amministrativa ma applicazione della normativa, delle linee guida, circolari e indirizzi, con la prerogativa di uniformare i procedimenti all’interno della regione. Infatti questo legame tra autorizzazione e parametri tecnici vale per tutte le autorizzazioni ambientali comprese quelle prese in considerazione dalla sopra analizzata sentenza della Corte Costituzionale.

Anzi il rischio è che proprio per una autorizzazione come l’AIA che riguarda impianti potenzialmente molto pericolosi per l’ambiente e la salute pubblica si crei una sovrapposizione di ruoli tra chi autorizza e chi controlla il rispetto delle prescrizioni di questa autorizzazione.

 



La sentenza del Consiglio di Stato n° 1761/2022
Il Consiglio di Stato rileva in primo luogo che la legge della Emilia Romagna lascia la titolarità del potere di conclusione provvedimentale della VIA alla Regione mentre l'Arpae è definita come responsabile del procedimento unico di rilascio del Paur. 
Il Consiglio di Stato quindi riconosce che gli atti posti in essere da ARPAE nell’esercizio delle funzioni istruttorie sono o meri atti materiali (per esempio gli adempimenti relativi alle pubblicazioni) o atti endoprocedimentali (per esempio le richieste di integrazioni documentali e le concessioni di proroghe) e risultano privi di rilievo provvedimentale. Non integra infatti alcun connotato provvedimentale autonomo l’esercizio del potere amministrativo relativo al compito di “responsabile del procedimento unico” per il rilascio del P.A.U.R. né il compito attribuito ad ARPAE dalla Regione di “rappresentante unico” della Regione stessa nella conferenza di servizi decisoria, dove ARPAE esterna le decisioni dell’ente in ordine all’esercizio di quei poteri amministrativi che gli spettano nell’ambito della conferenza di servizi decisoria.
Analogamente relativamente al ruolo di Arpae nel rilascio dell'AIA i poteri relativi  riguardano le sole funzioni a contenuto vincolato o, al più, connotate da un ambito di discrezionalità di tipo tecnico, rimanendo riservate espressamente alla Regione le funzioni di indirizzo, di pianificazione e di programmazione e la funzione in materia di valutazione di impatto ambientale (art. 15, comma 4, della L.R. n. 13/2015), caratterizzata, non solo da una valutazione di tipo tecnico ma anche da una discrezionalità amministrativa in senso proprio. Invece, i poteri attribuiti ad ARPAE non sono contrassegnati da discrezionalità in senso proprio - ovverosia da una discrezionalità basata sulla comparazione degli interessi coinvolti – bensì sono vincolati o, eventualmente, si profilano al più quali esercizio di discrezionalità tecnica.
Conclude sul punto la sentenza, ARPAE svolge anzitutto funzioni di supporto tecnico ed istruttorio a favore della Regione, pienamente in linea con le previsioni dell’art. 1 del decreto-legge n. 496/1993, ripreso dalla legge regionale n. 44/1995, che ricomprende tra le funzioni dell’Agenzia, all’art. 5, comma 1, lettera p), quella di “fornire il supporto tecnico alle attività istruttorie connesse alla approvazione di progetti e al rilascio di autorizzazioni in materia ambientale”. In materia di VIA la competenza decisoria è saldamente ancorata in capo all’organo politico regionale, mentre la competenza attribuita ad ARPAE al rilascio dell’AIA e della concessione di derivazione idrica sotterranea configura esercizio di discrezionalità di tipo tecnico, ferma restando la sottoposizione al potere regionale di indirizzo, pianificazione e programmazione.



Sul rapporto Arpa e Sistema Sanitario Nazionale.

Infine la Corte Costituzionale ha avuto modo di chiarire (con sentenza n°172 del 2018 - QUI) i rapporti tra le Arpa e il sistema di prevenzione della sanità pubblica.

In particolare con questa sentenza del 2018 la Corte ha dichiarato la illegittimità costituzionale di una norma della Regione Sicilia che aveva qualificato la Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) quale ente del settore sanitario.

Per una analisi di questa sentenza e delle sue conseguenze si veda QUI.

 

 

 

 

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