La
Corte Costituzionale con sentenza
n°172 del 2018 ( vedi QUI) ha
dichiarato la illegittimità costituzionale di una norma della Regione Sicilia
che aveva qualificato la Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa)
quale ente del settore sanitario. La questione è ben più complessa della
semplice distinzione istituzionale tra Arpa e sistema sanitario soprattutto se
vista appunto dal campo delle modalità di autorizzazione, monitoraggio e
controllo delle attività inquinanti e dell’impatto di queste sulla salute dei
cittadini. In realtà occorre una integrazione tra ruolo delle Arpa e ASL come
peraltro la normativa nazionale e regionale riconosce, normativa però spesso
non rispettata soprattutto per la incapacità delle ASL di adempiere ai loro
compiti in materia di prevenzione nella tutela della salute pubblica.
Non solo ma nel D ocumento di indirizzo per l’attuazione delle linee
di supporto centrali al piano nazionale della prevenzione 2014-2018 (vedi QUI) si afferma (pagine 2 e 3): "La promozione della salute richiede integrazione delle politiche socio-sanitarie con le politiche
relative all’istruzione e alla promozione culturale, allo sviluppo economico, alla tutela dell'ambiente,
all'urbanistica ed ai trasporti, all’istruzione, all’industria, al commercio, all’ambiente, all’agricoltura,
sia a livello centrale che territoriale. E’ necessario che le pratiche di prevenzione siano giustificate dalla
esistenza di prove che dimostrino la loro efficacia: la presenza di procedure, certificazioni o
autorizzazioni, prive di documentata efficacia, genera un uso non ottimale delle risorse, una perdita
di credibilità del sistema di prevenzione, oltre a una mancanza di impatto sui problemi di salute".
Nel
post che segue esamino prima il contenuto della sentenza della Corte
Costituzionale e successivamente descrivo la normativa nazionale che riconosce
la necessaria integrazione tra attività delle Arpa e delle ASL
LA SENTENZA DELLA
CORTE COSTITUZIONALE N° 172 del 2018
Secondo
la ricorrente Presidenza del Consiglio dei Ministri la norma regionale in
questione: “si porrebbe in contrasto sia
con l'art. 117, terzo comma, in materia
di tutela della salute e di coordinamento della finanza
pubblica, sia con l'art. 81,
terzo comma, Cost., in quanto suscettibile di generare oneri a carico del
Servizio sanitario nazionale non quantificati
e non coperti”.
La
Corte Costituzionale nell’accogliere il ricorso della Presidenza del Consiglio
dei Ministri ha così motivato:
“Le agenzie regionali per la protezione
dell'ambiente sono state
istituite a seguito del referendum del 18 aprile 1993, che ha
abrogato alcune parti
della legge 23
dicembre 1978, n.
833 (Istituzione del Servizio
sanitario nazionale), eliminando
le competenze ambientali della vigilanza e controllo locali del Servizio
sanitario nazionale, esercitate
tramite i presidi
multizonali di prevenzione.
Tali competenze, a seguito della legge 21 gennaio
1994, n.61 sono state affidate ad apposite agenzie regionali per la protezione
dell'ambiente (ARPA, istituite assieme all'Agenzia nazionale
per la protezione dell'ambiente
(ANPA), divenuta poi
APAT e nel 2008 confluita nell'Istituto superiore
per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA).
Tanto premesso, l'attribuzione all'ARPA siciliana
della natura di ente del settore sanitario da parte della norma impugnata viola
il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, da
ritenersi principio di coordinamento della finanza pubblica, sulla base di quanto già rilevato, in molteplici occasioni,
da questa Corte (ex multis,
sentenze n. 203 del 2008 e n. 193 del 2007).
Tale conclusione è avvalorata, da un lato, dalla
considerazione che le funzioni spettanti all'ARPA sono solo in minima parte
riconducibili a funzioni sanitarie stricto sensu e che, anche alla luce dei principi posti dalla recente
legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione
del sistema nazionale a rete per la
protezione dell'ambiente e disciplina dell'Istituto superiore per
la protezione e la
ricerca ambientale), il
sistema di finanziamento, di qualificazione e
di controllo delle
agenzie ambientali deve considerarsi nettamente distinto da
quello degli enti
del settore sanitario;
dall'altro, dal fatto che la Regione
Siciliana risulta impegnata nel piano di rientro dal disavanzo sanitario
e che, quindi, l'inserimento di un ente, estraneo alle
prestazioni di assistenza sanitaria, nel novero degli enti
di cui al comma 3 dell'art. 4 della
legge reg. Siciliana n. 6 del 2009 e di cui alla legge reg. Siciliana n.
25 del
2008, implicando l'assunzione
a carico del
bilancio
regionale di oneri aggiuntivi in
contrasto con gli
obiettivi di risanamento del
Piano di rientro, viola il principio di
contenimento della spesa pubblica
sanitaria, quale principio
di coordinamento della finanza
pubblica e, in definitiva, l'art. 117,
terzo comma, Cost.
Tale conclusione risulta, inoltre, convalidata
dalla circostanza che la
materia dell'assistenza sanitaria
rientra tra quelle contemplate dall'art. 17 dello
statuto siciliano, rispetto alle quali la Regione può esercitare la propria
competenza legislativa solo nei limiti dei principi e degli interessi generali
cui si informa
la legislazione statale.”
IL FONDAMENTO SCIENTIFICO DEL LEGAME TRA
PREVENZIONE DELL’INQUINAMENTO AMBIENTALE
TUTELA DELLA SALUTE
Il
rapporto inquinamento dell’ambiente e tutela della salute ha assunto ormai un
significato strategico per il futuro dell’umanità. L’Organizzazione
mondiale della sanità (OMS) stima che i fattori di stress per l’ambiente siano
responsabili per il 15-20 % delle morti in 53 paesi europei. Secondo l’OCSE
entro il 2050, in tutto il mondo, l’inquinamento atmosferico urbano diventerà
la prima causa di mortalità legata all’ambiente.
In questo senso è
fondamentale che si sviluppino politiche di prevenzione e una organizzazione
istituzionale che le applichi. La normativa nazionale prevede queste politiche
e questa organizzazione come vedremo nel seguito di questo post ma nel concreto
siamo ancora lontani da un adeguato sistema operativo di prevenzione della
salute in riferimento agli inquinamenti ambientali.
LA NORMATIVA CHE DISCIPLINA IL RAPPORTO TRA
LE ARPA E LE ASL NELLA PREVENZIONE DELLA TUTELA DELLA SALUTE PUBBLICA
La legge nazionale istitutiva delle Arpa
La legge 61/1994 ha dato
attuazione nel nostro ordinamento giuridico al trasferimento delle funzioni in
materia di controlli ambientali dalle ASL alle Agenzie Regionali per la Protezione
Ambientale (ARPA).
In particolare
all’articolo 3 detta legge si afferma che la organizzazione delle ARPA è
finalizzato tra ad assicurare efficace e indirizzi omogeni, tra l’altro, alla
attività di prevenzione sanitaria
Sembrerebbe quindi che le Agenzie
Regionali abbiano nella ratio della legge 61 un carattere non solo ambientale
ma anche sanitario sia pure solo indiretto o integrato con il sistema ASL come spiega la sentenza della Corte Costituzionale descritta nella prima parte di questo post. E’ esplicitamente previsto che l’Agenzia Regionale debba
assicurare il coordinamento con le attività di prevenzione sanitarie (art.03.3). E’ pure previsto che la Regione fissi le
modalità non solo di coordinamento ma
anche di integrazione necessarie ad
evitare sovrapposizioni di funzioni e di attività fra le strutture dell’Agenzia
Regionale ed i servizi USL (art. 03.4).
In realtà si tratta di una
norma di principio che però non chiarisce
il rapporto tra le competenze e le
attività in campo di prevenzione
sanitaria ed ambientale; non si prevede nè una separazione netta del
sistema della prevenzione ambientale da quella sanitaria nè l’unità dei due settori in un unico sistema. Questa ambiguità é conseguenza dei vincoli
che il legislatore ha avuto, dovendo da
un lato conservare nel sistema sanitario-aziende USL il Dipartimento di
Prevenzione ex art. 7 DLG 502/1992 (come modificato dall’art. 8 DLG 517/1993) e
dall’altro scorporare dallo stesso sistema le attività di controllo ambientali
ai sensi dell’art. 1 Dpr 177/1993 (normativa di attuazione del referendum
abrogativo delle competenze ambientali dell'ASL).
La legge 61/1994 pur
volendo normare solo le competenze ambientali non riesce a tener separati gli aspetti sanitari . Questa commistione é
evidente nella descrizione delle attività tecniche di cui all’art. 01.1 lettere
d),h),i),l),m) (vedi QUI); non si può infatti prescindere dalle competenze sanitarie quando
si parla di rischi di incidenti rilevanti, protezione della popolazione dalle
radiazioni, valutazione di impatto ambientale, definizione di limiti di
accettabilità e standard, igiene ambientale.
La legge 61 fa salve tutte le
competenze sanitarie, recita l’art. 01.2 “Restano ferme le attribuzioni
tecniche e di controllo e quelle amministrative...spettanti...in materia di
igiene degli alimenti, di servizi veterinari, di igiene prevenzione e sicurezza
nei luoghi di lavoro e di igiene e
sanità pubblica, al Servizio Sanitario Nazionale”; nonché come già detto l’art.
7 DLG 502/1992.
I Dipartimenti di Prevenzione delle ASL
Peraltro ad ulteriore
conferma della necessità di coordinare Arpa e Dipartimenti di Prenzione si veda
l’articolo 7-bis del DLgs 502/1992 che al comma 2 prevede che: “il Dipartimento di prevenzione promuove
azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di
origine ambientale”. A sua vota
l’articolo 7-ter del DLgs 502/1992 prevede che il Dipartimento di Prevenzione
garantisca tra le altre la funzione di: “tutela
della collettività dai rischi sanitari degli ambienti di vita anche con
riferimento agli effetti sanitari degli inquinanti ambientali”.
Non solo ma l’articolo 7-quinquies
del DLgs 502/1992 al comma 2 in particolare prevede che: “Le regioni individuano le modalità e i livelli di integrazione fra
politiche sanitarie e politiche ambientali, prevedendo la stipulazione di
accordi di programma e convenzioni tra le unità sanitarie locali e le aziende
ospedaliere e le agenzie regionali per la protezione dell'ambiente per la
tutela della popolazione dal rischio ambientale, con particolare riguardo alle
attività di sorveglianza epidemiologica e di comunicazione del rischio. Tali
accordi devono comunque garantire l'erogazione delle prestazioni richieste dalle
unità sanitarie locali per lo svolgimento di funzioni e di compiti
istituzionali senza oneri aggiuntivi per il Servizio sanitario nazionale. Le
regioni e le unità sanitarie locali, per le attività di laboratorio già svolte
dai presidi multizonali di prevenzione come compito di istituto, in base a
norme vigenti, nei confronti delle unità sanitarie locali, si avvalgano delle
agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.”
La legge 132/2016 che istituisce il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e disciplina
dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA).
Questa legge che riordina la
disciplina nazionale del sistema delle Arpa
e va quindi coordinata con la precedente legge 61 del 1994 sopra
descritta, conferma a livello di indirizzi e principi che gli obiettivi del
Sistema delle Arpa insieme con l’Ispra devono essere raggiunti (articolo 1): “in coordinamento ed integrazione con gli
obiettivi nazionali e regionali per la tutela della salute umana”.
Leggi regionali
Molte leggi regionali
prevedono il coordinamento delle attività tra le Arpa e le ASL inserendo il
ruolo delle prime nei piani sanitari regionali (come ad esempio articolo 7
legge regione Liguria n. 20/2006 che disciplina la organizzazione e le funzioni
della Arpa ligure)
GLI INDIRIZZI EUROPEI E ONU SULLA INTEGRAZIONE DELLA SALUTE NELLE
POLITICHE DI PREVENZIONE DALL’INQUINAMENTO
Il programma di azione della Commissione UE
Si tratta del 7° PAA –
Programma generale di azione dell’Unione in materia di ambiente fino al 2020 approvato
con Decisione N°1386/2013 del Parlamento Europeo (vedi QUI).
Il programma identifica
tre aree prioritarie in cui è necessario agire con più decisione per proteggere
la natura e rafforzare la resilienza ecologica, promuovere una crescita a basse
emissioni di carbonio ed efficiente nell’impiego delle risorse e ridurre le
minacce per la salute e il benessere dei cittadini legate all’inquinamento,
alle sostanze chimiche e agli effetti dei cambiamenti climatici.
In particolare nel
programma si individua un obiettivo essenziale al fine di prevenire i danni
alla salute dall’inquinamento e cioè quello di: “migliorare l’integrazione ambientale e la coerenza
delle politiche” anche attraverso il miglioramento e l’efficacia applicativa
delle valutazioni
ex ante dell’impatto ambientale, sociale ed economico.
Agenda 2030 dello sviluppo sostenibile
Si tratta del
documento approvato dalla Assemblea generale dell’ONU il 25 settembre 2015: un
programma di azione per le persone, il pianeta e la prosperità. Per il testo vedi QUI.
All’interno del documento
c’è anche l’obiettivo della salute, al fine, tra gli altri, di rafforzare la capacità di tutti i paesi,
in particolare i paesi in via di sviluppo, per la prevenzione, la riduzione e
la gestione dei rischi per la salute nazionale e globale.
Il Piano nazionale
prevenzione 2014-2018 ha (vedi QUI) tra i suoi macro-obiettivi
anche quello di “Ridurre le esposizioni ambientali potenzialmente dannose per
la salute. Ma il Piano stesso ammette le difficoltà (ad oggi non superate
adeguatamente) per raggiungere questo macro
obiettivo dichiarato per ora a parole. Afferma il Piano stesso: “L’Italia
oggi presenta numerose carenze normative e applicative rispetto alle
raccomandazioni internazionali e alla completa applicazione delle indicazioni
europee sulla Valutazione di Impatto sulla Salute (VIS). Inoltre, pur
richiedendo una valutazione della componente salute nella Valutazione di
Impatto Sanitario (VIA) e nella Valutazione Ambientale Strategica (VAS), a
partire dal DPCM 27/12/88 e successivamente nel Dlgs 152/2006, non c’è adeguata
chiarezza sulle relative procedure applicative, con la conseguenza che spesso
la valutazione della componente salute è disattesa o trattata in modo
insufficiente ai fini decisionali.”
CONCLUSIONI: RENDERE OBBLIGATORIA LA
VALUTAZIONE INTEGRATA DI IMPATTO AMBIENTALE E SANITARIO (VIIAS)
Se dovessi valutare la
questione dalla mia esperienza, certamente parziale ma credo significativa,di
decine di vertenze ambientali seguite
ogni anno ( e da oltre 20 anni) in giro l’Italia direi che quanto affermato nel
Piano Nazione della Prevenzione risponde ancora spesso e volentieri alla realtà
ed il deficit principale a me pare nel ruolo dell’ASL spesso assente, o
comunque con un ruolo sottotono, nei
processi decisionali e nei controlli preventivi sulle attività inquinanti.
Questo limite fa il paio con la
altrettanto assenza di protocolli operativi concretamente applicati nella
integrazione tra ruolo delle Arpa e le ASL.
Credo che un contributo ad
accelerare la soluzione di dette problematiche ma anche a valorizzare le buone pratiche esistenti, sia quella di
rendere obbligatoria la VIIAS (vedi QUI) nei processi decisionali a rilevanza ambientale.
Attualmente non lo è se non per alcune limitatissimi categorie di opere (all’interno
del solo procedimento di VIA) vedi raffinerie e centrali termoelettriche sopra
i 300 MW. Occorre renderla obbligatoria
per
1. tutte le opere sottoposte
a VIA ordinaria
2. tutti i piani/programmi
sottoposti a VAS ordinaria
3. tutti gli stabilimenti
soggetti ad AIA
Inoltre prevedere forme di
VIIAS semplificate anche per tutte le decisioni relative alle industrie
insalubri come elencate dal decreto ministero sanità del 1994 (per approfondire vedi QUI).
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