lunedì 17 aprile 2023

Bruciare biogas dai liquami di un depuratore è attività di gestione rifiuti

Sentenza del Consiglio di Stato n° 1685 del 17 febbraio 2023 (QUI) è intervenuta su una controversia relativa alla applicazione o meno della disciplina autorizzatoria prevista per gli impianti di rifiuti ad una attività di combustione del biogas provenienti dal depuratore di acque reflue al fine di produrre energia a servizio del processo depurativo stesso (in particolare, dell’essiccatore dei fanghi reflui).

La sentenza conferma la scelta di autorizzare detta attività come attività di gestione rifiuti, in quanto il relativo coincenerimento si inquadrerebbe come un trattamento di un rifiuto combustibile, operazione che pertanto dovrebbe essere oggetto di specifica autorizzazione prevista ai sensi della Parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006 (QUI).

Vediamo nei particolari le motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato.

 

La ditta che contesta, con il ricorso in primo grado e poi l’appello, la decisione di autorizzazione ai sensi della disciplina dei rifiuti, afferma che che dovrebbe essere applicata tout court la parte V del DLgs 152/2006 concernente “la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera”.

Secondo la sentenza del Consiglio di Stato il biogas in questione si origina nel corso e nell’ambito del processo di depurazione delle acque derivanti dalle reti fognarie e l’art. 127 del DLgs. n. 152 del 2006 stabilisce che i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, elemento questo che risulta confermato dall’art. 184 dello stesso DLgs 152, ove si afferma che “sono rifiuti speciali (…) lett. g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie.”

Non solo ma anche l’inciso di cui all’art. 127 Dlgs 152/2006, sopra citato, dove si afferma che "ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto"), non esclude che i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue siano sottoposti alla disciplina dei rifiuti prima della fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. In realtà, afferma la sentenza del Consiglio di Stato, l’inciso suddetto non introduce un limite cronologico per la sottoposizione alla disciplina sui rifiuti dei citati fanghi, ma sta a significare che i fanghi da trattamento di acque reflue sono sottoposti alla disciplina sui rifiuti anche quando il trattamento non viene effettuato prima o viene effettuato in un altro impianto diverso dall'impianto di depurazione.

Ad ulteriore conferma di quanto sopra riportato la sentenza del Consiglio di Stato precisa che nell’Allegato X alla Parte V, parte II, Sezione 6, del d.lgs. n. 152 del 2006 (applicabile anche all’impianto in esame ai sensi del richiamo contenuto nella sezione 2 della parte I dell’Allegato X) nel dettare le caratteristiche e le condizioni di utilizzo del biogas, si afferma che “Il biogas deve provenire dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche, quali per esempio effluenti di allevamento, prodotti agricoli o borlande di stillazione, purché tali sostanze non costituiscano rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. In particolare, non deve essere prodotto da discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica., Il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti”.

Quindi conclude sul punto la sentenza poiché nella presente fattispecie si tratta di autorizzare la combustione del biogas derivante dal processo di depurazione dei reflui, non vi è dubbio che ai sensi della disposizione citata - che si caratterizza per la specialità per materia - tale autorizzazione debba essere data ai sensi della disciplina dei rifiuti.

Infine secondo la sentenza non può essere accolta la tesi, sostenuta in grado d’appello, per cui il sistema di collettamento e la continuità tra il ciclo di produzione che genera il rifiuto e il corpo recettore farebbero scattare la sola disciplina sulle acque e non quella sui rifiuti: si è infatti in presenza di acque di scarico e di fanghi derivanti dal trattamento delle stesse, per cui le acque di cui si tratta e i relativi fanghi rientrano senz’altro ab initio nella nozione di rifiuto ex art. 183 d.lgs. n. 152 del 2006.

 

 

 

 

 


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