Con apposita DGR (vedi QUI), che
verrà presentata al Consiglio Regionale di oggi, la Giunta Toti ha predisposto
le condizioni per avviare il negoziato con il Governo
per il riconoscimento alla Regione Liguria di forme e condizioni particolari di
autonomia ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
Si tratta di un atto che
tocca molti aspetti delle competenze regionali e statali così come ripartite
dall’articolo 117 della Costituzione tra legislazione concorrente stato e
regioni e legislazione esclusiva statale.
L’ambiente come è noto
rientra tutt’ora nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello stato.
Le ragioni sono state più volte spiegate dalla Corte Costituzionale e possono
così sintetizzarsi: l’ambiente è un bene unitario e va tutelato
complessivamente in tutta la nazione, le regioni possono derogare o integrare
le norme statali ma solo alle condizioni previste dalle leggi ordinarie statali
nel quadro del diritto comunitario in materia e comunque mai peggiorando la tutela
ambientale ma al massimo migliorandola.
La Costituzione prevede però
all’articolo 116 che anche nelle materia di competenza esclusiva dello stato
oltre che in quelle di legislazione concorrente ci sia la possibilità, con
accordi tra la Regione e il Governo nazionale, di ottenere una maggiora
autonomia regionale. È il cosiddetto Regionalismo differenziato.
Vediamo prima di tutto in
cosa consiste questa differenziazione eppoi analizzerò i limiti e la confusione
del testo della delibera regionale nella materia delicatissima di cui mi occupo
da anni: la tutela dell’ambiente e quindi della salute dei cittadini.
CHE COSA È IL REGIONALISMO DIFFERENZIATO
Secondo l'articolo 116 della Costituzione comma 3 è possibile che ciascuna Regione negozi con lo Stato forme
particolari di autonomia concernenti :
1. le materie di legislazione concorrente di cui al comma 3
del nuovo articolo 117
2. le seguenti materie
di legislazione esclusiva statale : organizzazione della giustizia di
pace (lettera l comma 2 articolo 117) ; norme generali di istruzione (lettera n
comma 2 articolo 117) ; tutela dell’ambiente , dell’ecosistema e dei beni
culturali (lettera s comma 2 dell’articolo 117)
Sempre Il comma 3 dell’articolo 116 nell'ultima parte individua la procedura per
ottenere i suddetti ulteriori ambiti di autonomia per le singole Regioni . In particolare si prevede che la ulteriore
autonomia venga riconosciuta con legge statale
su iniziativa della Regione
interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui
all’articolo 119 (tutela delle autonomie locali) . La legge è approvata dalle Camere a
maggioranza assoluta dei componenti , sulla base di intesa fra lo Stato e la
Regione interessata .
Come insegna la dottrina maggioritaria la legge frutto dei
suddetti accordi non potrebbe essere abrogata o modificata se non da una fonte
dello stesso tipo, e comunque finché vi
è accordo tra Stato e singola Regione. dovrebbe poter modificare il contenuto
dell’intesa, ma dovrebbe solo approvarla e costituire l’involucro formale che
la contiene e la tramuta da accordo Stato Regione in fonte normativa
dell’intero ordinamento
ANALISI CRITICA DELLA PROPOSTA DI DGR “AVVIO
DEL NEGOZIATO CON IL GOVERNO PER IL RICONOSCIMENTO ALLA REGIONE LIGURIA DI
FORME E CONDIZIONI PARTICOLARI DI AUTONOMIA AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO
COMMA, DELLA COSTITUZIONE”: SETTORE AMBIENTE
Di seguito analizzo l’elenco
degli obiettivi di autonomia, nel settore ambiente, avanzati dalla Giunta Toti.
I diversi obiettivi sono riportati nel riquadro in blu a cui seguono i miei commenti.
In sintesi il quadro critico che emerge e che descrivo è il seguente:
1. competenze che la Regione ha affidato allo stato pochi giorni fa e che ora vorrebbe tornassero indietro (VIA di progetti e opere)
2. competenze che sono già della Regione (VAS dei Piani regolatori dei porti)
3.competenze che non possono essere trasferite completamente alla Regione (paesaggio)
4. confusione tra autonomia regionale dallo stato e autonomia di enti di controllo da tutti gli enti elettivi con funzioni di amministrazione attiva Regione compresa (Arpal)
5. attribuzione di competenze che trasformerebbero l'Italia in un far west ambientale più di quanto non lo sia già (declassificazione rifiuti a sottoprodotti)
6. competenze già della Regione ma non esercitate (poteri sostitutivi ad es. in materia di gestione rifiuti per evitare infrazioni UE, bonifiche, attribuzione ad enti locali di poteri in materia di VIA)
1. competenze che la Regione ha affidato allo stato pochi giorni fa e che ora vorrebbe tornassero indietro (VIA di progetti e opere)
2. competenze che sono già della Regione (VAS dei Piani regolatori dei porti)
3.competenze che non possono essere trasferite completamente alla Regione (paesaggio)
4. confusione tra autonomia regionale dallo stato e autonomia di enti di controllo da tutti gli enti elettivi con funzioni di amministrazione attiva Regione compresa (Arpal)
5. attribuzione di competenze che trasformerebbero l'Italia in un far west ambientale più di quanto non lo sia già (declassificazione rifiuti a sottoprodotti)
6. competenze già della Regione ma non esercitate (poteri sostitutivi ad es. in materia di gestione rifiuti per evitare infrazioni UE, bonifiche, attribuzione ad enti locali di poteri in materia di VIA)
a) la
correlazione diretta tra il risarcimento del danno ambientale e il territorio
regionale che subisce il danno;
Come è noto, in termini
sostanziali, l’esperienza di bonifiche di siti sia regionali che nazionali ha
dimostrato che il problema vero non sta nella titolarità delle funzioni e/o nella
maggiore autonomia regionale ma nello stanziamento dei fondi. Il Caso del sito
di Pitelli declassificato da nazionale a regionale dimostra che tale
spostamento non ha prodotto assolutamente una accelerazione della bonifica.
Semmai sono state le finanziarie degli ultimi 10 anni a tagliare e successivamente a non ripristinare fondi
adeguati per le bonifiche dei siti inquinati sia nazionali che regionali. Le
Regioni a loro volta poco hanno fatto per compensare questo vuoto anche per le
cifre enormi in ballo.
Detto ciò La frase in se
non ha molto significato giuridico amministrativo.
Dal punto di vista della disciplina delle bonifiche. Attualmente
la normativa (in particolare il TU ambientale (titolo V Parte IV DLgs 152/2006) riconosce alla Regione strumenti
per garantire la correlazione richiesta dal documento proposto dalla Giunta :
accordi di programma (articolo 246), procedura Siti inquinati nazionali
di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale (articolo
252-bis DLgs 152/2006). Senza considerare le norme che permettono accordi con i
privati con procedure semplificate per bonificare i siti inquinati in assenza
di adeguati investimenti pubblici, che elenco QUI. Su questo ultimo
punto il Consiglio Regionale (nel caso del sito di Pitelli declassificato a
sito regionale e quindi di competenza della Giunta Regionale) ha approvato una
mozione a suo tempo che prevedeva impegni presi per la Giunta rimasti in gran
parte lettera morta se non qualche finanziamento limitato ad aree specifiche.
Per non parlare delle aree militari sulle quali la Giunta Regionale avrebbe da
tempo potuto attivarsi in base alle norme dello stesso Codice Militare [NOTA 1]
oltre che dell’articolo 241-bis del DLgs 152/2006
Dal punto di vista della disciplina della prevenzione e risarcimento
del danno ambientale (Parte IV DLgs 152/2006). Se la Giunta intende fare
riferimento all’articolo 306-bis [NOTA 2]
del DLgs 152/2006 (Determinazione delle misure per il risarcimento del
danno ambientale e il ripristino ambientale) queste si riferiscono ai siti di
bonifica di interessa nazionale e comunque questa procedura prevede un ruolo
preciso della Regione nella Conferenza dei Servizi. Qui ci potrebbero essere
margini di riforma/aggiornamento della norma prevedendo un accordo di programma
Stato Regione interessato per approvare in via definitiva la transazione
disciplinata da questo articolo.
Peraltro sarebbe
interessante capire perché la Regione non ha mai attivato l’articolo 309 [NOTA 3] del
DLgs 152/2006 secondo il quale spetta alle Regioni denunciare il potenziale
danno ambientale e chiedere al Ministero dell’Ambiente di intervenire.
Se infine la Giunta
Regionale si riferisce all’articolo 311
DLgs 152/2006 (azione risarcimento
danno ambientale) qui conta la sentenza della Corte Costituzionale n. 126 del
2016.
il giudice che ha rinviato alla Corte Costituzionale prospetta (in
riferimento agli artt. 3, 9, 24 e 32 della Costituzione) che l’accentramento
della legittimazione ad agire in capo ad un solo soggetto (ex articolo 311 DLgs
152/2006: il Ministero dell’Ambiente) non garantirebbe un sufficiente livello di tutela
della collettività e della comunità, nonché degli interessi all’equilibrio
economico, biologico e sociologico del territorio, comportando l’irragionevole
sacrificio di un aspetto ineludibile nel sistema di tutela. Inoltre (art. 3
Cost., principio di ragionevolezza) l’esclusione della possibilità di agire in
giudizio per la Regione e per egli enti territoriali, soggetti esponenziali
della collettività che opera nel territorio leso che è parte costitutiva della
soggettività degli stessi, rispetto allo Stato, darebbe luogo a disparità di
trattamento tra soggetti portatori di identica posizione giuridica.
Secondo la Corte Costituzionale le cose non stanno così:
La Corte, nel ribadire la competenza esclusiva del Ministero dell’Ambiente
nell’esercizio della azione di danno ambientale, la motiva attraverso il
riconoscimento dell’esistenza di un bene ambiente quale «bene immateriale
unitario» non fine a se stesso, ma
funzionale all’affermazione della esigenza sempre più avvertita della
uniformità della tutela, uniformità che solo lo Stato può garantire, senza
peraltro escludere che anche altre istituzioni potessero e dovessero farsi
carico degli indubbi interessi delle comunità che direttamente fruiscono del
bene.
Sul punto la Corte già con
sentenza n. 235 del 2009 affermò che:
“il livello di tutela ambientale non può variare da zona a zona e considerato
anche il carattere diffusivo e transfrontaliero dei problemi ecologici, in
ragione del quale gli effetti del danno ambientale sono difficilmente
circoscrivibili entro un preciso e limitato ambito territoriale”.
Tornando alla Sentenza
della Corte Costituzionale 126/2016 questa ha avuto modo di affermare che con la Direttiva 21 aprile 2004, n. 2004/35/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità
ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale) si è
messo al cento il ripristino ambientale prima compensazione del danno. Per il
ripristino occorre una gestione unitaria proprio per l’esigenza di una tutela sistemica del
bene. È in questo contesto normativo e giurisprudenziale che si inserisce la
nuova disciplina del potere di agire in via risarcitoria (d.lgs. n. 152 del
2006), All’esigenza di unitarietà della
gestione del bene “ambiente” non può infatti sottrarsi la fase risarcitoria.
Essa, pur non essendo certo qualificabile come amministrativa, ne costituisce
il naturale completamento, essendo volta a garantire alla istituzione su cui
incombe la responsabilità del risanamento, la disponibilità delle risorse
necessarie, risorse che hanno appunto questa specifica ed esclusiva
destinazione.
Ciò non
esclude – afferma la sentenza 126/2016 − che ai sensi dell’art. 311 del d.lgs.
n. 152 del 2006 sussista il potere di agire di altri soggetti, comprese le
istituzioni rappresentative di comunità locali, per i danni specifici da essi
subiti. La Corte di cassazione ha più volte affermato in proposito che la
normativa speciale sul danno ambientale si affianca (non sussistendo alcuna
antinomia reale) alla disciplina generale del danno posta dal codice civile,
non potendosi pertanto dubitare della legittimazione degli enti territoriali a
costituirsi parte civile iure proprio, nel processo per reati che abbiano
cagionato pregiudizi all’ambiente, per il risarcimento non del danno
all’ambiente come interesse pubblico, bensì (al pari di ogni persona singola od
associata) dei danni direttamente subiti: danni diretti e specifici, ulteriori
e diversi rispetto a quello, generico, di natura pubblica, della lesione
dell’ambiente come bene pubblico e diritto fondamentale di rilievo
costituzionale.
c) l’estensione delle competenze amministrative di valutazione di
impatto ambientale attribuite alla Regione a tutti gli interventi ricompresi
nel territorio regionale che non concernano infrastrutture statali ‒ fermo restando quanto contenuto nei successivi paragrafi “Grandi reti di trasporto e navigazione”
e “Porti e aeroporti civili”;
La Regione richiede
piena competenza in materia di Valutazione Ambientale nell’approvare
i progetti delle infrastrutture relativi a porti ed aeroporti ricadenti sul
territorio ligure e competenza prevalente sotto il profilo tecnico, ambientale
ed amministrativo, d’intesa con il Governo ed entro un
termine determinato, anche delle infrastrutture di competenza statale
di adduzione ai nodi
della rete TEN-T.
La questione appare inutile
considerata la evoluzione della normativa in materia. Infatti il comma
3-ter dell’articolo 6 del dlgs 152/2006 prevede che:
ai piani regolatori dei
porti (anche quelli di interessa nazionali come Genova, Savona, Spezia ora
nella nuova Autorità di sistema portuale) si applica la Valutazione Ambientale
Strategica e non più la VIA su progetti ed opere
Se il Piano o sua variante
prevede un progetto singolo sottoponibile a VIA questo sarà sottoposto alla VIA
regionale o nazionale secondo gli allegati del Testo Unico Ambientale che
ripartiscono per categorie di opere la competenza Stato Regioni in materia di
VIA.
Ora rispetto a questo
quadro procedurale come dovrebbe essere noto al Presidente Toti la VAS su Piani
Regolatori dei Porti è ora di competenza regionale per il semplice motivo che
ex comma 2 articolo 7 del DLgs 152/2006: “2.
Sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e
programmi di cui all'articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete
alle regioni e province autonome o agli enti locali.”. Il comma 3 articolo
5 della legge quadro sui porti 84/1994 prevede che il PRP sia approvato dalla
Regione. Ciò è confermato anche dal
Protocollo del 2011, pagina 8 punto 1.1., firmato da vari enti compresa la Regione
Liguria “VIA – VAS proposta per il coordinamento e
l’integrazione delle procedure” che al capitolo 2 prevede: “ipotesi di
una procedura VIA – VAS integrata per i
piani regolatori portuali”.
Relativamente alla VIA la
cosa buffa è che poche settimane fa il Consiglio Regionale e quindi la
maggioranza che lo sostiene e che sostiene la Giunta Toti abrogando la legge
regionale sulla VIA ha rinviato agli allegati al DLgs 152/2006 (Testo unico
ambientale) la ripartizione delle categorie di opere sottoposte a VIA statale o
regionale. Questa abrogazione non era obbligatoria come ho dimostrato QUI
http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/2017/12/riforma-della-via-in-liguria-rischio.html
Insomma la Giunta
Toti prima da potere allo Stato, senza
avere l’obbligo di farlo, nel scegliere le opere sottoposte a VIA regionale
eppoi rivendica la VIA regionale sulle categorie di opere che pochi giorni
prima ha gentilmente lasciato allo Stato senza tentare neppure un minimo di
distinzione che la legge gli consentiva!
d)
la potestà di regolare le competenze proprie e quelle degli enti locali sulle
procedure per il rilascio dei provvedimenti di valutazione di impatto
ambientale;
Richiesta ridondante.
Infatti il comma 7 articolo 7 DLgs 152/2006 recita: “7. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
disciplinano con proprie leggi e regolamenti le competenze proprie e quelle
degli altri enti locali in materia di VAS e di AIA.”
Peraltro e non a caso
molte Regioni disciplinano le competenze decentrate agli enti locali in materia
di molte categorie di opere.
Infine occorre dire che
qui la Regione Liguria ha già peccato di inutile centralismo abrogando
totalmente la legge regionale sulla VIA quando la riforma del 2014 del testo
unico ambientale sul punto richiedeva un semplice aggiornamento come hanno
fatto molte Regioni.
e) l’acquisizione
della competenza diretta in ordine a legislazione, pianificazione e gestione
amministrativa in materia di tutela dei beni paesaggistici;
Il paesaggio è, come
tutela, nelle materia di competenza esclusiva dello stato: lettera s) comma 1
articolo 117 e non può essere trasferito alla Regione neppure con la procedura ex
comma 3 articolo 116 della Costituzione.
Rileva, sul punto, la sentenza della Corte Costituzionale n. 210 del 2016 relativa proprio ad una caso
ligure (il rapporto tra pianificazione paesaggistica e territoriale nel caso
piano cave) nella quale si afferma: “questa
Corte, già nella sentenza
n. 407 del 2002, ha ritenuto che la tutela dell'ambiente non possa
identificarsi con una materia
in senso stretto,
dovendosi piuttosto intendere
come un valore
costituzionalmente protetto, integrante
una sorta di «materia trasversale».
Proprio la trasversalita' della
materia implica l'esistenza
di «competenze diverse che
ben possono essere
regionali», con la conseguenza che allo Stato sarebbe
riservato solo «il
potere di fissare standards
di tutela uniformi
sull'intero territorio nazionale,
senza peraltro escludere in questo settore
la competenza regionale alla cura
di interessi funzionalmente collegati con
quelli propriamente ambientali» (sentenza n. 407 del 2002). Successivamente,
peraltro, questa Corte ha
chiarito che alle Regioni non e' consentito apportare deroghe
in peius rispetto
ai parametri di tutela dell'ambiente fissati dalla normativa statale (ex
plurimis sentenza n. 300 del 2013,
secondo cui «la
giurisprudenza costituzionale
e' costante
nell'affermare che la
"tutela dell'ambiente" rientra nelle competenze
legislative esclusive dello Stato e che, pertanto, le disposizioni
legislative statali adottate in tale ambito fungono da
limite alla disciplina
che le Regioni, anche a statuto speciale, dettano
nei settori di
loro competenza, essendo ad esse
consentito soltanto eventualmente di
incrementare i
livelli della tutela ambientale, senza
però compromettere il punto di equilibrio tra esigenze
contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato»). “
f)
l’autonomia nella disciplina dell’organizzazione dei servizi di tutela
ambientale anche con riferimento all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente
Ligure (ARPAL);
Qui occorre prima di tutto
chiarire che l’autonomia dell’Arpal non deve essere confusa con l’autonomia
della Regione verso lo Stato. L’Arpal quale ente di controllo anche della
attività valutativa e autorizzatoria della Regione oltre che degli enti locali,
deve essere il più possibile autonomo da qualsiasi ente elettivo per ovvie
ragioni di distinzione di ruoli e funzioni oltre che per evitare conflitti di
interessi. Ciò è stato recentemente ribadito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 2017[4].
Con tutto il rispetto per
la buona fede di chi ha scritto questo “obiettivo” occorre rilevare che si è
persa una occasione fondamentale per il potenziamento della autonomia non della
Regione ma della Agenzia questione centrale per un modello di governo delle
politiche ambientali fondato sulla reale terzietà tra controllori e
controllati. In quella sede gli
emendamenti presentati da 5stelle sono stati tutti sonoramente bocciati dalla
maggioranza senza neppure discuterli seriamente. Questi emendamenti si
fondavano sui seguenti principi/obiettivi ineludibili per una riforma adeguata
del sistema agenzia anche tenendo conto delle esperienze innovative di altre
Regioni:
1.La terzietà delle
istruttorie che portano ai processi decisionali in particolare quelli
strategici (VIA, VAS, AIA)
Terzietà rispetto al livello politico amministrativo che decide la
conclusione del procedimento
2. La distinzione tra funzioni
di autorizzazione e controllo
L’inserimento degli aspetti di prevenzione sanitaria nei processi
decisionali fin dalla fase della predisposizione dei dati su cui si fondano
progetti e piani/programmi.
3. Le funzioni di Polizia
Giudiziaria delle ARPA
Riconosciuti dal Consiglio
dei Ministri che nella riunione del 24 maggio 2017 ha dato via libera alla legge regionale
Toscana n.12/2013, con la quale sono state definite le modalità di
riconoscimento di tale ruolo per il personale di controllo dell’Agenzia
4. Migliorare il sistema dei controlli pubblici
rendendolo indipendente dal livello sia istruttorio che decisionale
5. Introdurre la prevenzione sanitaria come
elemento costitutivo realizzando un reale coordinamento tra strutture Arpal e
strutture prevenzione ASl.
6. avere reale autonomia finanziaria programmabile
sulla lunga scadenza e non sulla base di programmi annuali decisi dal livello
politico regionale.
g)
l’attribuzione alla Regione del potere di definire a livello sub regionale le
competenze di organismi aventi attualmente competenza ambientale, anche con
poteri sostitutivi e commissariali, in caso di inerzie o inadempimenti sull’attuazione
della programmazione, in particolare ove ricorrano rischi o casi di infrazioni
europee;
Qui occorre dire che già la
legge regionale 18/1999 articolo 10 prevede tra gli altri i seguenti compiti
della Regione
a) la concertazione con lo Stato degli indirizzi generali in materia
ambientale e la determinazione degli obiettivi di qualità e sicurezza e con
l'Unione Europea in relazione alla attuazione delle politiche comunitarie di
settore;
i) i provvedimenti di urgenza ai fini di prevenzione del danno
ambientale.
L’articolo
23 della legge regionale 18/1999 in materia di rifiuti prevede tra le altre la
funzione regionale
c) l'emanazione di atti straordinari per sopperire a situazioni di
necessità o di urgenza
l’articolo
47 della legge regionale 18/1999 prevede poteri sostitutivi e commissari ad
acta per i piani rifiuti di ambito
Per non
parlare, per fare un altro esempio, dei poteri sostitutivi della Regione nei
confronti degli enti locali che non ritengono di partecipare agli ATO per i
servizi pubblici a rilevanza economica.
Peraltro
sul rapporto con enti sub regionali è da tempo dimenticato l’articol 118 della
Costituzione che prevede :” Le
funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni
e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed
adeguatezza. I Comuni, le Province e le
Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di
quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive
competenze “ . Quindi si afferma una regola generale le
funzioni ai Comuni per cui si dovrà ritenere possibile una vera e propria
amministrazione statale solo per le
materie di competenza legislativa esclusiva, mentre nelle materie di competenza
concorrente e per tutte le altre
individuate con clausola generale residuale a favore di regioni ed enti
locali si deve ritenere esistente una vera e propria riserva di amministrazione
regionale e locale.
Non solo ma il fallimento del recente referendum costituzionale ha
mantenuto il ruolo delle Province oltre che delle Città Metropolitane e prima
ancora di parlare di poteri sostitutivi e di commissari sarebbe il caso
affrontare la questione di ridare un ruolo alle Province quale più vicino ai
territori ma allo stesso tempo con una visione di area vasta.
h)
la piena autonomia regionale nella definizione degli ambiti territoriali
ottimali per i servizi pubblici locali in materia ambientale;
La questione va vista alla
luce della giurisprudenza costituzionale in materia : sentenza n. 32 del 2015
(su legge regionale ligure ato idrico) , sentenza 160 del 2016 Obbligo,
per gli enti locali, di adesione agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali
ottimali, istituiti per l'organizzazione dei servizi stessi Esercizio
di poteri sostitutivi da parte del Presidente della Regione in caso di
inosservanza. -
Infatti vengono toccate
materie di competenza esclusiva dello stato: (concorrenza e ambiente) ex
articolo 117. I principi espressi dalla corte costituzionali quindi non possono
essere derogati neppure dalla procedura di cui all’articolo 116 come già
spiegato in precedenza.
j)
la competenza a disciplinare il recupero di specifiche categorie di rifiuti
significative per il territorio ligure e a valutare, in un’ottica
di economia circolare, la possibilita di attribuire la qualifica di “non rifiuto” a specifici prodotti;
Obiettivo questo
assolutamente inaccettabile che se esteso su scala nazionale, sotto il profilo
sostanziale, permetterebbe un far west nella gestione del ciclo dei rifiuti con
il rischio che di migrazioni di rifiuti nelle Regioni con la normativa più
“semplificata” e “favorevole” alla deroga alla normativa sui rifiuti. Il tutto
con buona pace di altri principi costituzionali: libera concorrenza, libertà di
impresa, eguaglianza di fronte alla legge.
Oltre al dato che nella
materia ambiente di competenza esclusiva dello Stato quest’ultimo ha potere di
regolamentazione anche tecnica.
Si veda:
Corte Costituzionale sentenza del 2009
N. 249
“La disciplina dei rifiuti si colloca, per giurisprudenza di questa
Corte, nell'ambito della tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art.117,
secondo comma, lettera s), Cost., anche
se interferisce con altri interessi e competenze, di modo che deve intendersi
riservato allo Stato il potere di fissare livelli di
tutela uniforme sull'intero territorio nazionale,
restando ferma la competenza delle
Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente
ambientali (ex multis, sentenze n.62 del 2008).
Pertanto, anche nel settore dei rifiuti, accanto ad
interessi inerenti in via primaria alla tutela dell'ambiente, possono venire in
rilievo interessi sottostanti ad altre
materie, per cui la «competenza statale non esclude la concomitante possibilità
per le Regioni di intervenire [...]», ovviamente nel rispetto dei livelli uniformi di tutela
apprestati dallo Stato (sentenza n.62
del 2005, altresì, sentenze n.247 del 2006, n.380 e n.12 del 2007). “
Corte Costituzionale 2009 N.233
“nella materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, lo Stato
non si limita a dettare norme di principio, anche riguardo alle funzioni amministrative, la
cui attribuzione può essere disposta in base ai criteri generali dettati
dall'art. 118, primo comma, Cost. (sentenze n.88 del 2009 e n.62 del 2005), del
resto compatibile con la disciplina dell'ambiente (sentenza n. 401 del 2007).
“
Altra cosa è quando la
legge attribuisce poteri alle Regioni anche nella materia ambiente.
Si veda Corte Costituzionale del 2009 N. 249
“ 18.– La Regione Calabria
propone questione di legittimità costituzionale nei confronti dell’art.205,
comma 6, nella parte in cui, prevedendo che le Regioni possano indicare
maggiori obiettivi di riciclo e di recupero dei rifiuti tramite apposita legge, previa intesa con il
Ministro dell’ambiente, produrrebbe un
anomalo vincolo amministrativo sulla funzione legislativa regionale, in
violazione degli artt. 114 e 117 Cost.
La
questione è fondata.
La sottoposizione a vincoli procedimentali
dell’esercizio della competenza
legislativa regionale in tema di individuazione di maggiori obiettivi di
riciclo e recupero dei rifiuti, che la stessa norma statale impugnata
attribuisce ad essa, determina
evidentemente una lesione della sfera di competenza regionale, posto che questa
Corte ha già affermato che l’esercizio dell’attività legislativa sfugge alle procedure di leale
collaborazione (sentenza n.159 del
2008).”
Peraltro la normativa
nazionale sul punto ha già ampiamente previsto la declassificazione di numerose
tipologie di materiali prima considerati rifiuti con problematiche ambientali
ma anche penali note. Sia sufficiente pensare alla questione delle terre e rocce
di scavo.
[NOTA 2] 1. Nel rispetto dei criteri di cui al comma 2 e tenuto
conto del quadro comune da rispettare di cui all’allegato 3 alla presente parte
sesta, il soggetto nei cui confronti il Ministero dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare ha avviato le procedure di bonifica e di riparazione
del danno ambientale di siti inquinati di interesse nazionale ai sensi
dell’articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, dell’articolo 17 del
decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, nonché ai sensi del titolo V della
parte quarta e della parte sesta del presente decreto, ovvero ha intrapreso la
relativa azione giudiziaria, può formulare una proposta transattiva.
2. La proposta di
transazione di cui al comma 1:
a) individua gli interventi
di riparazione primaria, complementare e compensativa;
b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire
l’obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all’impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l’ambiente;
e) tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f) in caso di concorso di più soggetti nell’aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all’intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
g) contiene l’indicazione di idonee garanzie finanziarie.
b) ove sia formulata per la riparazione compensativa, tiene conto del tempo necessario per conseguire
l’obiettivo della riparazione primaria o della riparazione primaria e complementare;
c) ove i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio non siano applicabili per la determinazione delle misure complementari e compensative, contiene una liquidazione del danno mediante una valutazione economica;
d) prevede comunque un piano di monitoraggio e controllo qualora all’impossibilità della riparazione primaria corrisponda un inquinamento residuo che comporta un rischio per la salute e per l’ambiente;
e) tiene conto degli interventi di bonifica già approvati e realizzati ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;
f) in caso di concorso di più soggetti nell’aver causato il danno e negli obblighi di bonifica, può essere formulata anche da alcuni soltanto di essi con riferimento all’intera obbligazione, salvo il regresso nei confronti degli altri concorrenti;
g) contiene l’indicazione di idonee garanzie finanziarie.
3. Il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto,
dichiara ricevibile la proposta di transazione, verificato che ricorrono i
requisiti di cui al comma 2, ovvero respinge la proposta per assenza dei
medesimi requisiti.
4. Nel caso in cui dichiari
ricevibile la proposta di transazione, il Ministero dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare convoca, entro trenta giorni, una conferenza
di servizi alla quale partecipano la regione e gli enti locali territorialmente
coinvolti, che acquisisce il parere dell’Istituto superiore per la protezione e
la ricerca ambientale (ISPRA) e dell’Istituto superiore di sanità. In ogni caso
il parere tiene conto della necessità che gli interventi proposti, qualora non
conseguano il completo ripristino dello stato dei luoghi, assicurino comunque
la funzionalità dei servizi e delle risorse tutelate e colpite dall’evento
lesivo. Della conferenza di servizi è data adeguata pubblicità al fine di
consentire a tutti i soggetti interessati di formulare osservazioni.
5. La conferenza di
servizi, entro centottanta giorni dalla convocazione, approva, respinge o
modifica la proposta di transazione. La deliberazione finale è comunicata al proponente
per l’accettazione, che deve intervenire nei successivi sessanta giorni. Le
determinazioni assunte all’esito della conferenza sostituiscono a tutti gli
effetti ogni atto decisorio comunque denominato di competenza delle
amministrazioni partecipanti alla predetta conferenza o comunque invitate a
partecipare ma risultate assenti.
6. Sulla base della
deliberazione della conferenza accettata dall’interessato, il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare predispone uno schema di
transazione sul quale è acquisito il parere dell’Avvocatura generale dello
Stato, che lo valuta anche tenendo conto dei presumibili tempi processuali e,
ove possibile, dei prevedibili esiti del giudizio pendente o da instaurare.
7. Acquisito il parere di cui
al comma 6, lo schema di transazione, sottoscritto per accettazione dal
proponente, è adottato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare e sottoposto al controllo preventivo di legittimità
della Corte dei conti ai sensi dell’articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio
1994, n. 20.
8. Nel caso di
inadempimento, anche parziale, da parte dei soggetti privati, delle
obbligazioni dagli stessi assunte in sede di transazione nei confronti del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, quest’ultimo,
previa diffida ad adempiere nel termine di trenta giorni e previa escussione
delle garanzie finanziarie prestate, può dichiarare risolto il contratto di
transazione. In tal caso, le somme eventualmente già corrisposte dai contraenti
sono trattenute dal Ministero in acconto dei maggiori importi definitivamente
dovuti per i titoli di cui al comma 1.
[NOTA 3] “1. Le regioni, le province autonome e gli enti
locali, anche associati, nonché le persone fisiche o giuridiche che sono o che
potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse
legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle
misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte
sesta del presente decreto possono presentare al Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, depositandole presso le Prefetture - Uffici
territoriali del Governo, denunce e osservazioni, corredate da documenti ed
informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia
imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela
dell'ambiente a norma della parte sesta del presente decreto.”
[NOTA 4] “il sistema
organizzativo e funzionale
delineato dalle nuove disposizioni sui controlli ambientali e
sull'istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente
appare nel suo
complesso diretto ad innovare profondamente la disciplina del settore.
Il nuovo assetto normativo segue principi che
vedono enucleate le
funzioni tecnico-scientifiche, di consulenza e controllo, da tenere
separate dall'amministrazione attiva e
da esercitare ai
distinti livelli, statale e provinciale
(o regionale), mediante
apposite agenzie, dotate di
autonomia» (sentenza n. 356 del 1994).
Va ricordato che la legge 28 giugno 2016, n. 132
(Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente e
disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca
ambientale), al dichiarato fine
di «assicurare omogeneità
ed efficacia all'esercizio
dell'azione conoscitiva e di controllo
pubblico della qualità
dell'ambiente a supporto delle politiche
di sostenibilità ambientale e
di prevenzione sanitaria
a tutela della
salute
pubblica», ha istituito il Sistema nazionale a rete per
la protezione dell'ambiente, del quale fanno
parte l'Istituto superiore
per la protezione e la ricerca
ambientale (ISPRA) e le ARPA,
rispetto alle quali e' stata
ribadita la natura tecnica delle attività
da esse svolte.
Dal quadro normativo così delineato
dal legislatore statale, discende che l'autonomia diviene
un requisito qualificante
della singola Agenzia, come del sistema in generale, poiché solo grazie
ad esso può essere
garantito il rispetto
dei criteri operativi, puramente tecnico-scientifici, cui
il sistema stesso deve attenersi.”
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