domenica 21 gennaio 2018

Decadenza del PUC di Spezia il centro commerciale area ex SIO si può fermare comunque

Sia il progetto dell’area ex SIO nonchè  l’altro  progetto urbanistico operativo (PUO) per trasformare due capannoni fatiscenti di Acam, in via Fontevivo, in 3 edifici di 5 piani, e 2 strutture commerciali possono essere fermati nonostante  il nuovo Piano Urbanistico Comunale di Spezia sia decaduto. Questo per in motivi che illustro di seguito in questo post sia pure sommariamente e in chiava divulgativa…




LA QUESTIONE DEI PROGETTI URBANISTICI APPROVATI CON IL VECCHIO PIANO URBANISTICO COMUNALE VIGENTE E RELATIVI A NUOVI CENTRI COMMERCIALI
Occorre sgombrare il campo da interpretazioni confuse tra quello che è già previsto dal Piano vigente (i c.d. diritti quesiti) e quello che prevede , o non prevede più, il nuovo Piano decaduto recentemente.
Non è FONDATA LA INTERPRETAZIONE secondo cui nel caso del progetto dell’area ex SIO, e dell’altro  progetto urbanistico operativo (PUO) per trasformare due capannoni fatiscenti di Acam, in via Fontevivo, in 3 edifici di 5 piani, e 2 strutture commerciali, essendo decaduto il nuovo PUC automaticamente i progetti verranno realizzati. Questo per i seguenti motivi:
1. Perché questi progetti riguardano aree da bonificare , quindi sarà il fine bonifica (certificazione) a decidere la futura destinazione funzionale dell’area
2. Perché ad essi deve essere applicata la VAS (almeno come verifica di assoggettabilità)ed ora questa procedura è di competenza del Comune come ho già spiegato sopra. L’obbligo di applicazione della VAS agli strumenti urbanistici attuativi come i PUO a prescindere dalle dimensioni areali degli stessi l’ho spiegato QUI
3. perché il PUO per l’area ex SIO, approvato dallo scorso Consiglio Comunale, è illegittimo in quanto non ha avuto il parere motivato di VAS. DLgs 152/2006 secondo la quale non è possibile adottare un Piano o uno strumento urbanistico senza aver prima ottenuto il parere motivato di VAS. Recita l'articolo 16 del DLgs 152/2006: " "1. Il piano o programma ed il rapporto ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita nell'ambito della consultazione, sono trasmessi all'organo competente all'adozione o approvazione del piano o programma". Quindi prima la VAS poi l'adozione. Il fatto che ora la VAS passerà alla competenza dei Comuni per i piani urbanistici locali non cambia di una virgola quanto sopra anche perchè una cosa è l'Autorità Procedente (che adotta e approva il Piano) altra è quella Competente (che rilascia il Parere motivato di VAS). 
4. Comunque al di la della VAS prima di dare il via libera al centro commerciale (variante o meno, nuovo PUC o meno) occorre la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. Sul punto è intervenuta con chiarezza la stessa Corte Costituzionale (sentenza n. 251 del 28/10/2013 vedi QUI) che ha dimostrato come la stessa legge ligure sulla VIA sul punto sia superata dal Testo Unico Ambientale (DLgs 152/2006).
In sostanze le soglie dimensionali per l’applicabilità della VIA ai centri commerciali sono nettamente più basse di quelle della legge ligure e farebbero sicuramente rientrare il progetto in esame nella applicazione della VIA quanto meno a procedura di Verifica di Assoggettabilità a VIA. Per una analisi di questa importantissima sentenza della Corte Costituzionale vedi QUI.



IL RAPPORTO TRA PIANIFICAZIONE URBANISTICA E APPROVAZIONE DI CENTRI COMMERCIALI
Ma torniamo alla questione urbanistica peraltro come visto non certo slegata da quella ambientale.
Ebbene la giurisprudenza dalla Corte di Giustizia UE fino alla Corte Costituzionale per arrivare al Consiglio di Stato riconosce la possibilità ad un Comune con una variante di modificare la destinazione di un area senza attendere una nuova pianificazione complessiva (un nuovo PUC).

Ecco come stanno le cose giuridicamente parlando:

Come ha affermato la Corte di Giustizia della UE  (Sentenza 24 marzo 2011 n.C400/08) all'interno degli stati membri, l'apertura dei grandi centri commerciali non può essere subordinata a valutazioni di carattere economico. Non si può, cioè, impedire l'insediamento degli ipermercati e/o centri commerciali tipo grandi strutture di vendita perché potrebbero danneggiare il commercio al dettaglio o sulla base del fatto che l'impresa già detenga una fetta consistente del mercato.

Invece le amministrazioni interessate , in primo luogo il Comune, potevano e possono intervenire utilizzando gli strumenti di pianificazione urbanistica, non a caso a presupposto della procedura di autorizzazione di qualsiasi centro commerciale. Infatti la Corte di Giustizia nella sentenza sopra riportata afferma che restrizioni alla libertà di stabilimento di grandi centri commerciali:  “possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che siano atte a garantire  la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso. Fra tali motivi imperativi figurano,  tra gli altri, la protezione  dell’ambiente, la razionale gestione del territorio, nonché la tutela dei consumatori.” .

Nella stessa direzione si veda Corte Costituzionale (sentenza n. 430 del 2007, nel solco di una giurisprudenza più volte confermata:  n. 80 del 2006, n. 242 del 2005): precisa che: ”limitazioni all’apertura di nuovi esercizi commerciali sono astrattamente possibili purché non si fondino su quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite, ossia, in altri termini, sull’apprezzamento autoritativo dell’adeguatezza dell’offerta alla presunta entità della domanda. I principi del Trattato e del nostro ordinamento costituzionale impongono che i poteri pubblici non interferiscano sul libero gioco della concorrenza, astenendosi dallo stabilire inderogabilmente il numero massimo degli esercenti da autorizzare in una determinata area.”  

Quindi non solo la Regione ma ancora più semplicemente una Amministrazione Comunale poteva e può, con apposita variante di indirizzo al PUC, introdurre i criteri di esclusione come delineati  dalla Corte di Giustizia fermando la realizzazione di nuovi centri commerciali, certo avrebbe dovuto motivare bene questo provvedimento con apposita istruttoria ma sotto il profilo formale la legge riconosce questo potere se esercitato nella chiave interpretativa della Corte di Giustizia.

Relativamente ai poteri comunali in materia di pianificazione urbanistica in rapporto ai diritti dei privati, soccorre anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato (ad esempio sentenza n. 02843/2010):  “In sede di adozione di un nuovo strumento urbanistico, l'Amministrazione pubblica può validamente introdurre innovazioni atte a migliorare e ad aggiornare le vigenti prescrizioni urbanistiche alle nuove esigenze anche quando ciò imponga sacrifici ai proprietari interessati e li differenzi rispetto ad altri che abbiano già proceduto all'utilizzazione edificatoria dell'area secondo la previgente destinazione di zona. I piani regolatori, infine, possono dettare norme a tutela dell'ambiente rientrando nell’ampia discrezionalità del Comune la facoltà di orientare gli insediamenti urbani e produttivi in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare determinati equilibri dell'assetto territoriale.”

Si veda anche Consiglio di Stato sentenza n.1202 del  27 febbraio 2013,relativa alla procedura di approvazione di una variante al piano di fabbricazione finalizzata alla realizzazione di una media struttura di vendita alimentare-misto, che conferma l’indirizzo giurisprudenziale sopra riportato. Indirizzo peraltro confermato dalla articolo 31 della stessa legge di liberalizzazione del commercio (Legge 214/2011) secondo il quale l’attività commerciale è liberalizzata ma  nel rispetto della tutela dell’ambiente e dell’ambiente urbano, concetto nel quale è ricompreso anche la razionale gestione del territorio citata anche dalla giurisprudenza comunitaria. 

In particolare secondo la sentenza del Consiglio di Stato n. 1202 del 2013
1. il potere di pianificazione urbanistica si pone su un piano di prevalenza rispetto agli atti di gestione attinenti la materia commerciale (cfr. Consiglio Stato sez. V 12 luglio 2004 n. 5057 ). Si veda anche più recentemente TAR Toscana sentenza n. 1783 del  2012 secondo cui: “Il principio di contestualità tra procedimento urbanistico-edilizio, preordinato alla costruzione di medie e grandi strutture di vendita, e procedimento di rilascio delle connesse autorizzazioni commerciali è finalizzato ad evitare insediamenti commerciali in contrasto con le previsioni urbanistiche”.
2. l'art. 6, DLgs. 31 marzo 1998 n. 114 (riforma della disciplina del commercio, vedi  QUI),  è comunque finalizzato ad assicurare l'integrazione tra la pianificazione territoriale ed urbanistica e la programmazione commerciale, in quanto pone la stretta correlazione tra titoli edilizi e autorizzazioni all'esercizio, nel novero dei criteri di programmazione riferiti al settore commerciale (cfr. Consiglio Stato, sez. IV 08 giugno 2007 n. 3027). Infatti e non a caso tra i criteri che garantiscono tale integrazione c’è anche quello di tenere conto dei centri storici,  al fine di salvaguardare e qualificare la presenza delle attività commerciali e artigianali in grado di svolgere un servizio di vicinato, di tutelare gli esercizi aventi valore storico e artistico ed evitare il processo di espulsione delle attività commerciali e artigianali. 
3.  le prescrizioni e le disposizioni del piano urbanistico sono sempre prevalenti su quelle del piano commerciale, in quanto rispondono all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio, e le relative disposizioni possono legittimamente porre limiti alla libertà di iniziativa economica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI 10 aprile 2012 n. 2060, vedi QUI).



POTERI DI PIANIFICAZIONE DEL COMUNE IN GENERALE
Con sentenza del  11.10.2017 n. 4707  il Consiglio di Stato ha ribadito un indirizzo univoco della giurisprudenza secondo cui:  “sul piano generale, e relativamente ai poteri del giudice, si è ribadito come le scelte di pianificazione urbanistica costituiscano esercizio di ampia discrezionalità da parte dell’amministrazione. con possibilità di censurare le scelte effettuate solo quando queste si presentino come manifestamente illogiche o contraddittorie
La giurisprudenza ha chiarito che: “gli atti di pianificazione urbanistica, in quanto contrassegnati da ampia discrezionalità, non richiedono una particolare motivazione, conformemente – del resto – all’amplissima previsione di cui al comma 2 dell’articolo 3 della l. 241 del 1990 (Cons. Stato, 21 maggio 2015, n. 2668 ma anche Consiglio di Stato sezione V 23 maggio 2017). Ne consegue che, in vista dell’adozione di atti di pianificazione incombe sull’amministrazione l’onere di valutare in modo adeguato il complesso delle circostanze e dei presupposti sottesi all’esercizio della pianificazione, attraverso un iter logico e procedurale scevro da profili di irragionevolezza e abnormità.
Ma una volta che i principi generali della pianificazione siano stati correttamente delineati e impostati, non grava poi sull’amministrazione l’onere di motivare ulteriormente le statuizioni microsettoriali relative a ciascuna posizione individuale (laddove si opinasse in tal senso, l’attività di pianificazione perderebbe il suo carattere di generalità e si tradurrebbe nella sommatoria di un numero inestricabile di situazioni puntuali).”


In questo senso: una destinazione di zona precedentemente impressa non determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute … La motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’Amministrazione Comunale” (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014 n. 1459).

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