martedì 30 maggio 2017

Cosa deve fare un Sindaco per tutelare ambiente e salute...

Siamo, almeno in molti Comuni, in periodo di campagna elettorale. I Candidati, per esempio a Spezia, ma non solo, si dilettano nel proporre impegni e progetti  tutti fondati su parole d’ordine quali: economia circolare, sviluppo sostenibile, green economy.
Concetti sicuramente interessanti ma spesso e volentieri molto astratti. Sulla fattibilità dei progetti che stanno dietro a queste parole d’ordine come dire vedremo quando i Sindaci vincitore si metteranno all’opera. Ma va anche detto che molti di questi progetti sono legati a finanziamenti esterni ai Comuni, sono legati alla capacità di coinvolgere altre Istituzioni (Regioni, Province, Città Metropolitane, Ministeri, istituzioni UE etc.).
Ma intanto sarebbe interessante che i candidati  non si dimenticassero due questioni molto concrete:  
1. il Sindaco ha a disposizione strumenti di amministrazione attiva per tutelare ambiente e salute che spesso e volentieri vengono rimossi come posso testimoniare dalle numerose vertenze ambientali sui territori della Liguria e della Toscana che seguo da anni a fianco di comitati di cittadini attivi
2. il modello di governo delle politiche ambientali per fare uscire la tutela dell’ambiente e della prevenzione sanitaria dal ghetto dove quasi sempre viene lasciata all’interno delle Amministrazioni Comunali. 

Con questo post voglio affrontare proprio queste due questioni
1. gli strumenti di amministrazione attiva del Sindaco in materia ambientale
2. il modello di governo delle politiche ambientali

Intanto però un premessa di cultura politica e istituzionale generale sulle politiche ambientali…  


QUALE CULTURA ISTITUZIONALE NEL RAPPORTO SINDACI - CITTADINI  NELLE  POLITICHE AMBIENTALI
Visto che siamo in campagna elettorale credo che prima di tutto sarebbe utile che i candidati a Sindaco facessero una analisi molto semplici ma utile per capire le loro reali volontà e intenzioni. Faccio un invito diretto ai candidati:
1. prendete la normativa ambientale (europea, nazionale, regionale, regolamenti locali etc.) ....
la avete presa e letta? ...
2. fate delle schede in cui individuate tutti gli obblighi e le scadenze di legge che impegnano il Comune... 
avete fatto? ...
3. sulla base delle schede definite tempi, atti amministrativi, risorse repereribili economiche e professionali per attuare gli obblighi ovviamente quelli inevasi fino ad ora (tanti fidatevi!).

Ma anche questo non basta sempre rimanendo alla visione generale del candidato come ovviamente del futuro Sindaco, vorrei che la Pubblica Amministrazione Comunale prossima si comportasse così:
Dirigenti e amministratori pubblici di fronte ad un rischio ambientale e sanitario non devono limitarsi a fare i notai : "abbiamo fatto i rilievi di legge tutto a posto". 
Dovrebbero invece spiegare ogni volta:
1. quali sono i rilievi di legge, 
2. perchè sono fatti questi rilievi, 
3. quali sostanze o impatti hanno monitorato e quali non hanno monitorato e perchè, 
4. se esistono al di la delle legge protocolli più aggiornati sul monitoraggio della situazione specifica, 
5. quale è la percezione sociale del rischio al di la di quello che dicono i monitoraggi burocraticamente previsti dalla legge
6. come si può rispondere al disagio manifestato anche se apparentemente i limiti di legge sono rispettati
7. se ci sono buchi nella normativa vigente che possano comportare monitoraggi non adeguati 
8. quali sono rischi sanitari anche ai valori rilevati ex lege ma pure a quelli che si potrebbero rilevare etc etc.

Insomma occorre dare l'impressione che si sta facendo tutto quello che è possibile fare non solo formalmente ma anche praticamente soprattutto se sono in gioco l'ambiente la salute e la qualità della vita dei cittadini.


Fatto questo esercizio di cultura generale nelle politiche ambientali dei futuri Sindaci vediamo invece le due questioni poste inizialmente in questo post


GLI STRUMENTI DI AZIONE: PREVENZIONE NELLA TUTELA DELLA SALUTE E PROCEDURA DECISIONALI A RILEVANZA AMBIENTALE

Il rilascio del Parere Sanitario del sindaco nell’AIA
L’autorizzazione integrata ambientale è l’atto che riguarda gli impianti più impattanti sul territorio( industrie chimiche, impianti di gestione rifiuti, centrali termoelettriche etc.). La disciplina di questa procedura autorizzatoria prevede che prima del rilascio dell’AIA il Sindaco emani (anche in sede di Conferenza dei Servizi) un Parere Sanitario ai sensi del Testo Unico delle leggi sanitarie (articoli 216 e 217 per una analisi puntuale su questo strumento vedi QUI
https://www.slideshare.net/MarcoGrondacci/il-parere-sanitario-del-sindaco
)

Si tratta di un atto obbligatorio quindi la mancata emanazione dello stesso costituisce un vizio di legittimità della AIA. Nonostante posso dimostrare che in moltissime vertenze che ho seguito questo Parere non è mai stato esercitato. Alcuni esempi:
1. Centrale termoelettrica di spezia
2. Impianto trattamento rifiuti Vezzano ligure
3. Rigassificatore Panigaglia
4. Discarica lotto 6 Sanremo
5. Discarica rifiuti speciali anche pericolosi ex cava Fornace MS
6. Biodigestore Ferrania SV
7. Deposito bitume SV  (non era prevista l’AIA ma non c’è stato alcun riferimento  alla normativa sule industrie  insalubri  ex articoli 216 e 217 Testo Unico leggi sanitarie)
8. Impianto di stoccaggio e trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi ubicato in Genova in via Laiasso 1r;
9. Raffineria busalla.
10. impianto riciclaggio navi cantiere San Giorgio Genova. Qui c’è una cosa curiosa, la sentenza del TAR Liguria che ha respinto il ricorso del Comitato Porto Aperto sul silenzio del Comune di Genova rispetto alla istanza di avvio della procedura di verifica dell’impatto sanitario non ha sollevato la questione del mancato Parere Sanitario del Sindaco come previsto obbligatoriamente dalla procedura di AIA disciplinata dal DLgs 152/2006.


Richiesta riesame AIA da parte del sindaco
Si veda in questo senso la circolare del MATTM del 27 ottobre 2014 secondo la quale a far data dal 11 aprile 2014, l’autorità competente procede al riesame dell’AIA nei seguenti casi:...”In base a quanto previsto dal co. 7 dell’art. 29-quater, il riesame può essere richiesto anche dal Sindaco qualora lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica e tramite un motivato provvedimento corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell’autorizzazione.”.


Industrie Insalubri
Come è noto mentre la classificazione di una industria insalubre di prima classe è soltanto un atto di ratifica ex lege in rapporto all’elenco ex decreti ministero sanità (da ultimo quello del 1994), quando invece occorre applicare quanto previsto dal comma 5 (NOTA[1]) articolo 216 del Testo unico leggi sanitarie occorre una verifica concreta della pericolosità effettiva dell’azienda.
Non solo ma  l’ industria che abbia adottato certi accorgimenti tecnici – o speciali cautele – che l’abbiano resa meno inquinante, o meno pericolosa, o meno nociva per l’ambiente esterno ed il vicinato, non perde affatto le «caratteristiche» di industria insalubre.

Quindi occorrerebbe predisporre regolamenti e protocolli che monitorizzino in continuo questi impianti secondo evoluzione contesto del sito, normativa, tecnologie e modifiche gestione degli stessi

Afferma la Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità - Direzione Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c: “…la classificazione delle lavorazioni insalubri non può e non deve rimanere fine a se stessa esaurendosi in un mero automatismo burocratico” ma occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità locale”. Il Ministero prosegue affermando: “E’ evidente che qualora da tale esame risulti che le cause d’insalubrità potenziale, che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe  dell’elenco, sono state eliminate o quantomeno ridotte in termini accettabili  si applica il caso previsto dal 5° comma dell’art. 216 T.U.LL.SS.”.
Tutto ciò risulta ancora più necessario quando, come nel caso in esame, la attività produce disagi di tipo ambientale e sanitario ai residenti degli edifici limitrofi.  In questo rilevano emissioni odorigene e incendi ripetuti oltre che periodiche emissioni polverose.


Industrie Insalubri e Poteri del Sindaco : un nuovo ruolo dell’igiene ambientale delle asl
Per le questioni ambientali che si protraggono nel tempo occorre cambiare rotta
Predisporre  rapporti sul potenziale impatto sanitario delle emissioni dall’impianto in oggetto, vale a dire almeno un confronto tra:
1. Descrizione delle caratteristiche dell’impianto, dell’area e della  popolazione potenzialmente esposta. Vale a dire: Spazi, locali, impiantistica in base alla tipologia attività, scarichi e approvvigionamento idrico, gestione acque meteoriche, emissioni in atmosfera, impianti aerazione, ventilazione meccanica, condizionamento,valutazione area circostante all’impianto;
2. Valutazione del possibile impatto dell’impianto sulla salute della popolazione. Si tratta delle procedure di c.d. “health impact assessment” con le quali, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili e considerando le relazioni esposizione-risposta già scientificamente conosciute, si valuta quale potrà essere l’impatto sanitario atteso dell’impianto sulla salute della popolazione;
3. Valutazione degli effetti sanitari dell’impianto ormai operativo sulla base dei primi due punti.

Solo sviluppando i sopra elencati tre punti si poteva comprendere: l’origine delle emissioni odorigene prevalenti, il rischio reale per la salute dei residenti, l’efficacia delle misure predisposte fino ad ora dal gestore dell’impianto

Industrie Insalubri e pianificazione urbanistica del territorio comunale
La normativa sulle industrie Insalubri (ex Testo Unico Leggi Sanitarie del 1934) che deve uscire dal ghetto  per essere invece inserita nella pianificazione comunale come peraltro confermato da una recente sentenza del Consiglio di Stato (vedi QUI)
secondo la quale se è vero che normativa nazionale sulle industrie insalubri (articolo 216 del T.U. n.1265/1934) non prevede un divieto assoluto di collocazione di queste negli abitati,  non è precluso né illogico fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela della salute pubblica (Cons. Stato, V n.338/1996).

A conforto di quanto sopra c’è la giurisprudenza amministrativa in materia. Si veda recentemente
Consiglio di Stato (con sentenza 27/5/2014 n. 2751) ha avuto modo di affermare autorevolmente:  
1. l’opportunità di una diversa ubicazione se l’impianto è sotto i 500 metri dagli abitati
2. la possibilità di ricollocare l’impianto se non corrisponde ad un adeguato livello occupazionale comparabile con i rischi ambientali sanitari e i danni economici alle abitazioni e ai residenti
3. la possibilità di utilizzare le norme tecniche attuative di un piano urbanistico comunale per stabilire  distanze di sicurezza adeguate (la sentenza fa riferimento a distanze sopra i 100 metri) per le industrie insalubri di 1^ classe  rispetto ai confini di zone residenziali o da preesistenti edifici destinati a residenza


Poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria: nella Autorizzazione Unica Ambientale
Ma il ragionamento svolto per gli impianti più impattanti soggetti ad AIA, vale anche per quelli soggetti alla autorizzazione minore la c.d. Autorizzazione Unica Ambientale (AUA per il testo del regolamento vedi QUI) . Si tratta della autorizzazione prevista per impianti più piccoli ma non meno impattanti di quelli soggetti ad AIA: autofficine, lavorazioni inerti etc.
Il regolamento di disciplina dell’AUA al comma 1 articolo 3 elenca le autorizzazioni di settore assorbite dalla procedura di AIA e non si fa alcun riferimento ai poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria ai sensi dell’articolo più volte citato sopra.  
Quindi restano pienamente i poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri.


Un regolamento comunale sulla gestione delle industrie insalubri
I comuni determinano i criteri di localizzazione e le  condizioni per l’attivazione delle industrie classificate insalubri, nonché la  disciplina del relativo procedimento.
Chiunque intenda attivare una fabbrica o un’industria compresa  nell’elenco delle industrie insalubri deve presentare, anche su supporto  informatico, istanza almeno quarantacinque giorni prima di dare inizio  alla messa in esercizio degli impianti .
L’istanza deve essere presentata all’amministrazione comunale e, in  particolare, laddove costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a  descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel  ciclo lavorativo stesso.
L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni  dalla presentazione della stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti dalla normativa vigente.
Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si  avvale dell’ASL, dell’ARPA e degli organismi tecnici a livello territoriale  di cui intenda avvalersi.
Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni  necessarie a garantire la tutela della salute pubblica, l’amministrazione  comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le  condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà  fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste.


Onere Ecologico
La normativa sul c.d. onere ecologico nelle pratiche di rilascio dei permessi di costruire. Tale onere è previsto dall'articolo 19 del testo unico edilizia (vedi QUI) in relazione ad attività industriali artigianali.

Secondo il Consiglio di Stato (Sentenza 2717 del 2014) questo contributo va interpretato come un onere sull'impatto complessivo che l'attività autorizzata ha su un territorio. 

Secondo la sentenza:
1. il Comune può imporre, ai titolari della attività autorizzata, nuovi oneri di tutela ambientale anche se sia già intervenuta apposita convenzione tra gli stessi e la Amministrazione Comunale. Non solo ma questi oneri possono riguardare ulteriori elementi oltre al trattamento delle emissioni dovute alla attività industriale e artigianale.
2. L’onere ecologico può essere imposto anche successivamente al rilascio del permesso di costruire
3. L’onere ecologico può essere imposto successivamente alla firma di convenzioni o al rilascio del permesso di costruire anche nel caso in cui l’Amministrazione Comunale non lo avesse applicato in precedenza per errore
4. l’onere ecologico è applicabile anche se la eventuale convenzione tra il privato concessionato e la Amministrazione non lo prevedeva
5. l’onere ecologico non è finalizzato ad imporre la copertura di spesa di opere che sono comunque dovute in quanto realizzazioni di urbanizzazioni primarie
6. l’onere ecologico riguarda solo le attività industriali a prescindere dalle dimensioni (rileva solo l’impatto potenziale e reale su ambiente e salute) e l’assolvimento dello stesso non comprende quelle opere che sono comunque dovute per leggi specifiche

7. l’onere ecologico quindi va commisurato agli effetti inquinanti complessivi che l’attività industriale produce 

Ovviamente la applicazione dell’onere ecologico sopra descritto dovrà essere, soprattutto nel suo ammontare, adeguatamente motivato. 
Tutto ciò apre una scommessa importante non solo per le Regioni (che devono fissare ex lege i criteri per quantificare l’onere) ma anche per i Comuni che dovranno meglio definire i parametri di qualità e gli obiettivi di prevenzione nella tutela di ambiente e salute della loro circoscrizione territoriale, attraverso:
a. i loro strumenti di pianificazione del territorio,
b. la loro attività di programmazione dei controlli  sulle attività esistenti e le modifiche delle stesse
c. la loro attività di conoscenza della qualità dell’ambiente e dei rischi presenti nella loro circoscrizione territoriale di competenza.


Il ruolo del Sindaco nelle Conferenze dei Servizi
In particolare secondo l’articolo 15-quinquies della legge 241/1990 come modificata dal nuovo DLgs 172/2016: “Contro la determinazione  motivata di conclusione  della conferenza dei servizi,  entro 10  giorni  dalla sua comunicazione, le amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei  cittadini  (quindi anche il Sindaco ndr) possono  proporre  opposizione al Presidente del Consiglio dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato  dissenso prima  della  conclusione  dei  lavori della conferenza”.



IL MODELLO DI GOVERNO LOCALE DELLE POLITICHE AMBIENTALI E DI PREVENZIONE SANITARIA

La riorganizzazione degli Uffici Ambiente
1. adeguare gli uffici ambiente: per rispondere operativamente alla tendenza della normativa comunitaria caratterizzata da un ruolo sempre maggiore della istruttoria tecnica nei processi decisionali
2. l’obiettivo del punto 1 potrà essere raggiunto non solo con l’aggiornamento e la riqualificazione professionale degli uffici ambiente ma soprattutto creando Dipartimenti per la Pianificazione Ambientale anche al fine di integrare le procedure e gli strumenti di controllo strategico dell’ente locale con strumenti di contabilità ambientale e di valutazione ambientale strategica delle scelte di fondo dell’ente. Tutto questo potrà servire per autorizzare non solo le attività e gli impianti compatibili con la normativa di settore o con gli strumenti di pianificazione territoriale e di programmazione anche sovraordinati, come è avvenuto con i risultati che sappiamo,  ma anche tenendo conto degli impatti cumulativi e della specificità ambientale e sanitaria di un dato territorio


Coordinamento tra gli enti  pubblici
In questo campo quindi occorre attuare e rendere permanenti strutture di coordinamento sia volontarie , sia in attuazione delle norme di legge. In questo secondo caso si pensi:
1. alla necessità di rendere operative le strutture di coordinamento in materia di qualità dell’aria,
2. l’ATO sui rifiuti ( affinchè eserciti realmente  competenze tecniche e poteri di vigilanza e sanzionatori) .
3. istituzione, presso ogni Provincia / Città Metropolitana , di un  Comitato provinciale di coordinamento finalizzato a  garantire il necessario coordinamento tecnico delle attività:
dei Dipartimenti provinciali  dell'ARPAL, i Servizi delle rispettive Amministrazioni provinciali e comunali, i  Dipartimenti di prevenzione delle U.S.L.,


Sistema dei controlli pubblici
In questo campo anche per il nostro territorio i soggetti pubblici preposti dovranno riordinare il sistema pubblico dei controlli.
Il sistema locale dei controlli ambientali è caratterizzato dalla assoluta sporadicità dei controlli, dalla mancanza di coordinamento tra i soggetti responsabili, dalla mancanza di procedura di valutazione dell’efficienza dei sistemi di controllo, dalla mancanza di integrazione tra sistema dei controlli e le procedure di amministrazione attiva, dalla mancanza assoluta di un ruolo della prevenzione sanitaria nelle attività di controllo.
In questo campo occorre riprendere, adeguandoli alle diverse realtà locali, gli indirizzi della Raccomandazione UE  2001/331/CE. Secondo questa Raccomandazione, poco conosciuta in Italia e assolutamente non considerata nel nostro territorio, la pianificazione dei controlli ambientali ( a più livelli: nazionale, regionale e locale) dovrà svolgersi seguendo i seguenti  criteri di riferimento:
a. prescrizioni della normativa comunitaria
b. registro degli impianti controllati nell’area del piano di controllo
c. valutazione stato ambiente dell’area del Piano
d. valutazione osservazioni prescrizioni da parte degli impianti controllati

In tal senso quindi anche per il nostro territorio i soggetti pubblici preposti dovranno riordinare il sistema pubblico dei controlli  in modo da
1.  distinguere i servizi competenti alle autorizzazioni da quelli di controllo
2. pianificare i controlli per ecosistemi o sistemi ambientali integrati
3. pianificare i controlli partendo dalla registrazione degli impianti e attività presenti in un’area accompagnati dalla valutazione dei problemi ambientali dell’area interessata. Si veda quanto già indicato nella parte di 3 sui Bilanci Ambientali e l’attività di reporting di area





NOTE 
[1]Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe, può essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato.”



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