La vicenda della discarica
della ex cava Fornace nel Comune di
Montignoso MS è l’ennesimo esempio di come le procedure di scelta di siti per
impianti a rilevante impatto ambientale spesso e volentieri non rispettino sia la volontà dei cittadini residenti che le norme e le buone istruttorie tecnico amministrative in
materia ambientale e della prevenzione sanitaria.
La discarica nata come
discarica di inerti assegnata al servizio dello smaltimento dei residui di
lavorazioni lapidee (marmettola) della zona, è stata con una serie di
autorizzazioni trasformata dal 1993 ad
oggi in una vera e propria discarica per rifiuti speciali sia non che
pericolosi (amianto compreso).
Quella che segue è la versione completa della relazione che ho tenuto lo scorso sabato alla assemblea organizzata dal Comitato contro la discarica.
MANCATA APPLICAZIONE DELLA VIA FIN
DALL’AVVIO NEL 1993
La prima autorizzazione da
parte della Provincia di Massa Carrara è del 1993 per una discarica di inerti.
All’epoca era già da tempo in vigore nel nostro Paese la Direttiva 85/337/CEE secondo la quale la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) era applicabile a tutti gli
impianti di smaltimento dei rifiuti senza alcun tetto giornaliero sulla
quantità degli stessi. Chi, in Italia,
non applicava la VIA ad impianti simili era in palese contrasto con le norme
europee. Non a caso con parere motivato
del 7/7/1993 la Commissione della Comunità Europea aveva aperto una
procedura di infrazione contro lo stato italiano per mancata applicazione della
VIA a tutte le categorie di opere come quella in esame. Quindi all’epoca in
base ad univoca giurisprudenza comunitaria e nazionale qualsiasi autorità
pubblica nazionale (nel caso in esame la Provincia di Massa) era tenuta ad applicare la VIA commettendo in caso contrario una grave
omissione che al di la del rispetto formale della legge poteva produrre un
grave rischio per l’ambiente e la salute dei cittadini.
La violazione è, ancora
più gravemente, continuata negli anni successivi. A cominciare dal 1997 dove viene autorizzata nuovamente
come discarica di categoria 2B.
Nel 2001, sempre senza alcuna VIA, vengono autorizzate ulteriori tipologie
di rifiuti ed in particolare: materiali di costruzione a base di amianto, terre
e rocce, fanghi di dragaggio.
Quindi di fatto e senza
alcuna procedura di Valutazione di Impatto Ambientale che verificasse la
compatibilità della discarica con il sito, la discarica, da semplice discarica
di inerti al servizio del settore lapideo della zona, era già stata
classificata come discarica per rifiuti speciali pericolosi (amianto) e non
pericolosi[1].
LA VIA AVVIATA MA NON SU TUTTA LA DISCARICA
Quando nel 2006 attiva
la procedura di VIA, con 13 anni di ritardo, la Provincia
lo fa con riferimento alla sola
riclassificazione della discarica. Riclassificazione che di fatto era già
avvenuta come abbiamo visto sopra.
In realtà trattandosi di impianto esistente autorizzato in
violazione della normativa europea sulla VIA andava applicata la cosiddetta VIA
ex post. Non a caso con legge regionale n.79 del 2000 era stato abrogato l’articolo
27 della legge regionale 79/1998 (all’epoca la legge che disciplinava la VIA nella
Regione Toscana) secondo il quale non si poteva applicare la VIA a progetti che
avevano già avuto l’autorizzazione. Questo perché tale norma era in contrasto
con la finalità della Direttiva europea sulla VIA per cui questa procedura deve
prevenire gli impatti e non avvallarli passivamente e soprattutto deve valutare
l’intero progetto, compreso quello approvato in precedenza, e non solo le
modifiche parziali attuali.
Questa impostazione tanto
era valida nel 2006 da essere confermata dalla legge regionale toscana
successiva sulla VIA (la legge regionale 10/2010) che al comma 6 articolo 43
(tutt’ora in vigore[2])
prevede che se l’impianto è
sottoponibile anche ad AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) allora la
VIA su impianti esistenti non solo deve essere fatta su tutto l’impianto ma
addirittura deve essere fatta come se fosse un nuovo impianto vale a dire si possono prevedere sia
mitigazioni dell’impatto dell’impianto esistente ma anche la messa in
discussione del sito quindi applicando la
opzione zero nel senso che tra poco spiegherò. Questa norma era ed è
applicabile alla discarica della ex cava Fornace considerato che ad essa è
anche applicabile la Autorizzazione Integrata Ambientale.
Invece è passata l’idea
avanzata dai gestori della discarica per cui, come affermato nella Inchiesta
Pubblica svoltasi nel 2009[3]
: “La
VIA non deve contenere l’opzione zero perché non è in discussione la
realizzazione della discarica in quanto
essa è già stata autorizzata nel 1997”.
Questa idea non è passata
solo nella procedura di verifica di assoggettabilità a VIA svoltasi nel 2008 ma
anche in quella conclusa (dopo apposita Inchiesta Pubblica) nel 2011. Infatti
il giudizio di VIA nel 2011 ha riguardato come risulta dal titolo della
relativa Determina dirigenziale n. 656 del 23/2/2011: ““Progetto
di completamento della discarica per rifiuti speciali non pericolosi
sita in loc. Porta, Comune di Montignoso (MS), Comune di Pietrasanta
(LU),
per il completamento della discarica
(oltre quota + 20 m s.l.m.).”
Occorreva
invece definire, secondo i principi sopraesposti (di derivazione comunitaria[4]) la
compatibilità della discarica complessivamente intesa quindi fin dal suo
nascere nel 1993 con il sito in cui era stata collocata.
In
questo caso trattandosi di impianto esistente e in coerenza con la sentenza
della Corte Costituzionale (citata nella nota 2 alla fine di questo post)
l’opzione zero da valutare consisteva nel mettere al confronto la discarica di
inerti con quella per rifiuti speciali pericolosi e non.
LA BALLA DELLA DISCARICA AL SERVIZIO DEL
SISTEMA INDUSTRIALE DELL’AREA VERSILIA
L’argomentazione avanzata
dai gestori della discarica nel corso della VIA, sia del 2008 che del 2011, fù
che l’opzione zero non era applicabile neppure nella forma limitata del
confronto tra discarica di inerti e discarica di rifiuti speciali perché la
discarica serviva il sistema industriale della zona e aggiungevano i gestori: “siccome serve al territorio è anche
minimizzatrice degli impatti sull’ambiente. “
Come ha dimostrato
l’Inchiesta Pubblica del 2009 questa tesi non ha alcun fondamento economico
oltre che ambientale, vediamo perché…..
1.
il concetto di opzione zero è quello previsto dalla Dgr 1068/1999[5] e non certo quello della interpretazione dei gestori dell'impianto;
2.
l’utilità socio economica dell’impianto per il territorio. I MUD hanno
dimostrato che forse è utile non a questo territorio ma ad altri territori e
allora verrebbe da dire perché non la fanno lì la discarica. Ciò è stato confermato dal Parere finale della
Inchiesta Pubblica[6] sul
progetto di completamento della discarica all’interno del procedimento di VIA
ordinaria concluso nel 2011.
3.
il concetto di mitigazione dell’impatto sull’ambiente vale solo con riferimento
alla marmettola locale (nel senso di trovare una collocazione in sicurezza di questo rifiuto) se si estende ad altri reflui non prodotti nell’area
interessata semmai si aumenta l’impatto
ambientale su tutta l’area facendo
venire meno il concetto di specificità del sito che nella gerarchia dei
principi della VIA prevale sugli aspetti socio economici.
Insomma con
la scusa della marmettola locale hanno progressivamente autorizzato una
discarica per rifiuti speciali in un sito discutibile anche per una discarica
di soli inerti.
SALUTE E VIA
I due procedimenti di VIA
(la verifica di assoggettabilità del 2008 e soprattutto la VIA ordinaria
conclusa nel 2011) hanno totalmente rimosso un altro aspetto tipico delle
procedure di VIA. L’esame dell’impatto sulla salute dei cittadini interessati
dal progetto da valutare.
Sul punto è tutt’ora in
vigore la sezione F (Salute Pubblica[7])
all’allegato 2 al Dpcm 27/12/1988. Questa normativa non è mai stata abrogata ma
solo modificata[8]
ed è la normativa che definisce il contenuto degli studi di impatto ambientale
che devono accompagnare il progetto sottoposto a VIA..
Questo decreto è tutt’ora applicabile
ai progetti ed opere sottoposti a VIA statale (allegato II alla Parte II del
DLgs 152/2006) ma anche, per quanto non
disciplinato a livello regionale, anche ai progetti sottoposti a VIA di
competenza delle Regioni.
Questo Dpcm tutt’ora costituisce attuazione con quanto
previsto dall’allegato VII alla Parte II del DLgs 152/2006 (contenuti dello
studio di impatto ambientale).
Tale sezione F è citata
non a caso nelle linee guida per la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale
e Sanitario (VIIAS) del sistema delle Agenzie Regionali per la Protezione
dell’Ambiente e dell’Ispra pubblicata
nel 2015.
Questo
tipo di autorizzazione in realtà era applicabile alla discarica in esame quanto meno a partire dal 2001 considerato che la disciplina che la regolamenta è
in vigore in Italia dal 1999 (dlgs
372/1999). Invece la prima AIA
l’impianto l’ha avuta solo nel 2008 ma solo per il riposizionamento di rifiuti
stoccati illegalmente e non sull’intero progetto di discarica.
Poi nel 2012 arriva l’AIA dopo la VIA
ordinaria
Anche
per questa procedura che, lo ricordo può essere svolta dopo ma anche in
contemporanea alla procedura di VIA, è stata non solo applicata in Italia ma
non rispettando i dettami fondamentali della normativa che la disciplina.
In
primo luogo è mancato sin dal 2008 il Parere
Sanitario c’è stato da parte del
Sindaco[9].
Parere che, come confermato dal Tar Lazio sezione Latina sentenza n.819 del 2009,
è obbligatorio e se adeguatamente motivato vincolante e può portare a negare il
rilascio dell’AIA[10].
Ovviamente questo Parere non è stato
rilasciato neppure negli aggiornamenti dell’AIA negli anni successivi al 2012
(vedi 2013 o più recentemente 2015)
AGGIORNAMENTI
AIA 2013 E 2015
Dopo l’AIA del 2012 sono arrivati altri due
provvedimenti di AIA della Provincia (2013) e della Regione (2015 per passaggio
competenze a questo ente). In questi atti ci si è limitati burocraticamente a reiterare la
autorizzazione senza alcuna reale verifica degli impatti che tali modifiche
avrebbero prodotto
In realtà non si tratta di un mero aggiornamento
dell’AIA esistente ma semmai di una revisione come conferma la lettura
integrata degli atti del 2013 e del 2015, con la vigente normativa. Infatti
nelle premesse all’atto di aggiornamento risulta che sia stata presentata istanza
apposita da parte della società che
gestisce la discarica. Quindi trattasi di modifica sostanziale che richiede
appunto una nuova revisione dell’AIA ai sensi del comma 2 articolo 29 novies
del DLgs 152/2006.
Ma al di
la di questo aspetto formale siamo di fronte, sia nel 2013 che nel 2015, ad una
modifica sostanziale delle modalità di gestione della discarica e quindi alla
necessità di una revisione dell’AIA proprio sulla base della definizione che il
Testo Unico Ambientale (DLgs 152/2006) fornisce di modifica sostanziale. In
particolare secondo il comma 1 lettera l_bis: “modifica
sostanziale di un
progetto, opera o
di un impianto: la variazione
delle caratteristiche o del funzionamento
ovvero un potenziamento dell'impianto,
dell'opera o della infrastruttura o del
progetto che, secondo l'autorità
competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente”.
A sua
volta la Circolare Ministero Ambiente
del 19/12/2011 ha chiarito che per definire sostanziali o meno le modifiche
non si debba guardare solo a quantità o soglie di materiali, combustibili o
rifiuti (come nel caso in esame) ma anche agli effetti potenziali ambientali
concreti che tali nuovi rifiuti possono produrre nella gestione dell’impianto e/o attività oggetto dell’AIA. Infatti nell’aggiornamento del 2013 si fa
riferimento a nuove tipologie di rifiuti da introdurre in discarica ma la
Provincia non ha considerato ciò
modifica sostanziale. Peccato che la citata Circolare Ministeriale affermi: “ove pertanto, si ritenga non sostanziale la
modifica risulta necessario fornire anche gli elementi in base ai quali si
ritiene che non esistano effetti negativi significativi indotti dalla modifica
sull’ambiente. A tal riguardo dovrebbe essere evidenziato in che modo e misura
le modifiche ridefiniscono i processi produttivi, cambiano le materie prime
impiegate, aumento i consumi o (e soprattutto) modificano il quadro emissivo
(tipo di inquinanti, concentrazione, quantità specifica per unità di prodotto,
quantità nella unità di tempo) e quello più generale degli effetti ambientali”.
D’altronde
come afferma il TAR Calabria n. 1291 del 2016: “la concreta valutazione sugli specifici
effetti ambientali è oggetto della valutazione da svolgersi in sede di Aia e
non in sede di valutazione sulla esigenza di sottoporre ad Aia o meno
l’attività”
Come se
la cava la Provincia di Massa con la questione di valutare i mancati effetti
ambientali della modifica del 2013? Affermando che l’estensione delle nuove
tipologie di rifiuti è stata valutata ambientalmente sostenibile con una
procedura di verifica di assoggettabilità a VIA di qualche mese prima.
Ma la
domanda che si ripropone è “ambientalmente sostenibili rispetto a cosa?" Non
rispetto al sito visto che l’impianto non ha mai avuto una VIA ne preventiva ne
complessiva.
Più che ambientalmente sostenibili
possiamo dire che le nuove tipologie di rifiuti sono “compatibilizzati senza se
e senza ma”. Così
la VIA viene trasformata in una sorta di pre-autorizzazione dovuta a
prescindere e senza neppure qualche prescrizioni aggiuntiva.
Tutto
ciò in palese contrasto con i più recenti indirizzi nella modalità di
svolgimento delle procedure di verifica di assoggettabilità a VIA ex Decreto 30
Marzo 2015[11].
Secondo questo Decreto in cui principi in realtà sono in vigore da decenni come
confermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia[12], la verifica deve essere svolta sono in seguenti sinteticamente:
1. Considerando anche la ubicazione e non solo le soglie e quantità dei materiali o della potenza dell’impianto
2. Valutando gli impatti cumulativi con altre attività anche pregresse
3. Evitando frazionamenti del progetto tra passato presente e futuro
1. Considerando anche la ubicazione e non solo le soglie e quantità dei materiali o della potenza dell’impianto
2. Valutando gli impatti cumulativi con altre attività anche pregresse
3. Evitando frazionamenti del progetto tra passato presente e futuro
PERALTRO RITORNANDO ALL’AIA …. AIA E VIA NON SONO
INTERSCAMBIABILI
….Comunque la
valutazione delle compatibilità di un impianto (come la discarica in
oggetto) dell’AIA NON E’ LA STESSA COSA DELLA VIA.
“la VIA è finalizzata alla
verifica del progetto e la AIA alla verifica dell’attività riguardo a
particolari impianti “ Consiglio di Stato del 17/10/2012 n. 5299 - Consiglio di Stato del 19/3/2012 n.
1541
I PRINCIPI DELLA
DISCIPLINA DELL’AIA NON APPLICATI ALLA DISCARICA DELLA EX CAVA FORNACE
L’istruttoria
per l’AIA iniziale è stata svolta utilizzando i principi più innovativi dell’AIA? Non direi proprio
1. norma di qualità ambientale che permette di imporre prescrizioni
più vincolanti di quelle di legge a seconda delle specificità dei siti dove
vengono collocati gli impianti da autorizzare con AIA.
2. Decreto Ministeriale 1/10/2008 (Emanazione di
linee guida in materia di analisi degli aspetti economici e degli effetti
incrociati per le attività soggette ad AIA) secondo il quale: “le
alternative siano valutate secondo gli effetti ambientali incrociati (Cross-Media Effects) cioè
poter valutare l’effetto dovuto contemporaneamente a più inquinanti
che rilasciano in uno stesso o più corpi ricettori”
3.
manca una integrazione documentale che è diventata obbligatoria da tempo e cioè
la Relazione di Riferimento da allegare alla revisione dell’AIA. La Relazione
di Riferimento come definita dalla lettera vbis comma 1 articolo 5 DLgs
152/2006): “informazioni sullo stato di qualità del suolo e delle acque
sotterranee, con riferimento alla presenza di sostanze pericolose pertinenti,
necessarie al fine di effettuare un raffronto in termini quantitativi con lo
stato al momento della cessazione definitiva delle attività.” questa relazione
costringe a far entrare nella procedura di AIA anche la storia ambientale del
sito dove verrà collocata la installazione da autorizzare. Il riferimento al
sito non è (come chiariscono le linee guida della UE Comunicazione del 2014)
solo quello strettamente limitato al perimetro della installazione ma anche al
territorio circostante per valutare se ci sono inquinamenti in atto e poterli
poi confrontare con la situazione del sito dopo la fine dell’esercizio della
installazione. Per le installazione che non avevano l’AIA (nuove)
al 7 gennaio 2015 la Relazione di Riferimento deve essere presentata al
momento della domanda di AIA; per le
installazioni che avevano l’AIA (esistenti) al 7 gennaio 2015 la Relazione deve
essere presentata entro il 7 gennaio 2016. Quindi quanto meno per
l’aggiornamento dell’AIA del 2016 la Relazione di Riferimento andava presentata
anche nel caso in esame. Peraltro le linee guida della UE considerano la
Relazione di Riferimento obbligatorie anche per le discariche.
AIA ALLA DISCARICA DELLA
EX CAVA FORNACE: L’ULTIMA ILLEGITTIMITÀ
Oltre a quanto sopra descritto le
illegittimità, le interpretazioni discutibili e le applicazioni mancate della
vigente normativa sono continuate anche con il passaggio alla Regione delle
competenze in materia di AIA.
Il gestore della discarica ha
proposto ad aprile 2015 la realizzazione di un impianto di depurazione
dapprima prevedendo lo scarico direttamente nelle acque superficiali,
successivamente chiedendo di collegarsi alla rete fognaria.
Il gestore idrico integrato,
Gaia; ha già evidenziato, che vi sarebbero dei costi e che al momento gli
impianti di ricezione e depurazione male sosterrebbero un incremento di reflui
così importate e costante.
Con decreto dirigenziale
n° 611 adottato in data 17/02/2016 la Regione Toscana decide di autorizzare a
Programma Ambiente Apuane Spa la modifica, ritenuta non sostanziale ,richiesta in data 18 aprile 2015 e di autorizzare agli scarichi
in pubblica Fognatura delle acque domestiche derivanti dai servizi igienici
dell'impianto e delle acque di percolato
derivanti dal banco rifiuti .
Non
potevano emanare questo atto, non in questi termini, andava fatta una revisione
dell'AIA. Si tratta infatti di autorizzazioni
agli scarichi idrici cioè autorizzazioni
assorbite nella AIA generale (vedi allegato IX alla Parte II del DLgs 152/2006)
e quindi avrebbe richiesto una revisione integrazione della stessa CHE
costituiscono impianti tecnicamente connessi[[13]] alla
discarica (ex lettera i-quater comma 1 articolo 5 del DLgs 152/2006).
LA NON CONFORMITÀ
URBANISTICA DELLA DISCARICA
La non conformità
urbanistica fin dalle autorizzazioni successive a quella del 1993 è stata
dimostrata dalla Inchiesta Pubblica del 2009[14].
Questa situazione di non
conformità urbanistica è confermata dalla documentazione istruttoria dell’AIA
del 2012. E non risolvono di certo la
questione le due sentenze del TAR Toscana
215 e 214 del 2009: infatti queste NON RIGUARDANO LA QUESTIONE DI CUI
STIAMO TRATTANDO ma solo dei rapporti tra il regolamento urbanistico comunale di
Montignoso e l’applicazione della VIA ordinaria alla discarica, INFATTI:
“Con quarto motivo deducono che l’art. 55 del Regolamento Urbanistico
del Comune di Montignoso imponeva lo svolgimento di VIA……..
2.4 Il quarto motivo è privo di pregio poiché – a
prescindere dalla considerazione che un regolamento urbanistico comunale non
può né modificare né derogare alle disposizioni della legislazione nazionale in
materia di V.I.A.- il fatto che la norma in questione preveda che si debba
procedere allo studio di impatto ambientale non trae seco la conclusione,
opinata dai ricorrenti, che non si possa- in sede del relativo procedimento-
decidere per l’esclusione dalla procedura VIA secondo le previsioni della legge
e quindi seguire un’interpretazione del regolamento coerente con il dettato
normativo di rango superiore.”
COSA RISPONDONO I GESTORI DELLA DISCARICA
RISPETTO ALLA NON CONFORMITA’ URBANISTICA DELLA DISCARICA E PERCHÉ HANNO TORTO
“1. Rispetto alla VIA la verifica del requisito ulteriore di conformità
urbanistica del progetto avviene solo in
un secondo momento.
2. E’ escluso che il giudizio di VIA abbia ad oggetto
i contenuti degli atti di pianificazione e programmazione territoriale nonché
la conformità dell’opera ai medesimi”
3. I Comuni non possono adottare prescrizioni che
trascendono l’ambito proprio della urbanistica per regolare profili afferenti
alla tutela dell’ambiente e gestione rifiuti. I Comuni non sono competenti a
dettare disposizioni specifiche sulla localizzazione delle discariche”
Intanto sul terzo punto allora a cosa servono i poteri dei
Comuni in materia di industrie insalubri?
Sul secondo punto si veda la Circolare del
Ministero dell’Ambiente 8 ottobre 1996, n. GAB/96/15326
Rientra, invece, nell'ambito
di valutazione, proprio della V.I.A., il giudizio circa la non accettabilità
dello specifico progetto, sotto il profilo ambientale, ove siano ipotizzabili
scelte diverse, ancorché la loro concreta realizzazione richieda un intervento
a monte sugli strumenti di piano e di programmazione in atto. In questo caso,
infatti, il Ministro dell'ambiente ha il potere-dovere di emettere un parere
negativo sul progetto, posto che il suo giudizio non ha ad oggetto i contenuti
degli atti di pianificazione e programmazione, bensì esclusivamente la
sostenibilità per l'ambiente di una determinata opera, ancorché conforme a tali
atti, in comparazione con altre soluzioni accettabili, restando rimessa alla
sede competente ogni decisione circa scelte diverse”.
Sul primo punto,
cioè la non necessità della conformità urbanistica nel Procedimento di VIA,
sia sufficiente esaminare la normativa regionale Toscana in materia[15].
Ma soccorre con chiarezza
anche la giurisprudenza nazionale. Si veda in particolare:
(Consiglio
di Stato (Sez. VI, 28/8/2008 n° 4097
“La conformità urbanistica del progetto
alle previsioni urbanistiche comunali […] costituisce, contrariamente a quanto
prevede l’appellante, elemento indispensabile della valutazione
Consiglio di Stato Sez. III sentenza n. 4689, del
24 settembre 2013: “la
compatibilità urbanistica dell’impianto, benché non espressamente contemplata
dall’art. 216 del d.lgs. 152/2006 e dal d.m. 5 febbraio 1998, non può non
costituire presupposto per il legittimo esercizio dell’attività di recupero dei
rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la
preservazione dell’ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le
specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione
urbanistica dell’area;…”.
TAR Liguria n. 88 del 2015 non è possibile che il valore di variante automatica
di una autorizzazione ambientale valga solo per gli impianti rifiuti: “Simile
esito appare irrazionalmente discriminatorio poiché semmai proprio le attività di
recupero e smaltimento rifiuti dovrebbero essere svolte conformemente alle
indicazioni dello strumento urbanistico e non già derogando alle stesse.”
Le sentenze sopra citate
si inseriscono nella problematica dettata da quanto previsto dal comma
6 articolo 208 del DLgs 152/2006 secondo il quale la autorizzazione
all’impianto di gestione rifiuti: “costituisce, ove occorra, variante allo
strumento urbanistico”.
In altri termini la
verifica della compatibilità urbanistica deve comunque essere svolta quanto
meno sotto il profilo della pericolosità dell’impianto e della sua collocazione
sul territorio.
NON SOLO MA in
coerenza con quanto sopra la questione della conformità dell’opera agli
strumenti di pianificazione deve essere intesa nel
senso che il giudizio di conformità deve essere reso con riferimento
anche agli eventuali profili di tutela ambientale si veda anche TAR
Basilicata 805/2004 (QUI).
Proprio nelle more della stesura della presente relazione è
intervenuta sentenza del TAR Toscana del
22/9/2016 n. 1433[16]. Su Costa Mauro che ha affermato solo che la
mancanza di certificato di agibilità è sanata dalla autorizzazione all’impianto
di gestione rifiuti ma non ha minimamente affermato che la non conformità non debba rilevare
nella procedura di VIA
Concludendo su quanto sopra esposto si ricava come
la improcedibilità della VIA in assenza di conformità urbanistica consegua
a prescindere dalla possibilità di sanare tale non conformità ad esempio con l’autorizzazione in variante
automatica ai piani urbanistici locali prevista in relazione agli impianti di
rifiuti sia dal dlgs 22/1997 che ora dal dlgs 152/2006.
Ma si ricava anche come i
Sindaci dei Comuni interessati (in particolare quelli del Comune di Montignoso)
dalla metà degli anni 90 in poi non abbiano utilizzato per nulla i poteri che la
legge e la giurisprudenza gli riconosce in materia di industrie insalubri di Prima classe[17].
Come è noto mentre la
classificazione di una industria insalubre di prima classe è soltanto un atto
di ratifica ex lege in rapporto all’elenco ex decreti ministero sanità (da
ultimo quello del 1994), quando invece occorre applicare quanto previsto dal comma 5 articolo 216 del Testo unico leggi
sanitarie occorre
una verifica concreta della pericolosità effettiva dell’azienda. Non solo ma l’ industria che abbia adottato
certi accorgimenti tecnici – o speciali cautele – che l’abbiano resa meno
inquinante, o meno pericolosa, o meno nociva per l’ambiente esterno ed il
vicinato, non perde affatto le «caratteristiche» di industria insalubre.
Afferma
la Circolare del 19 marzo 1982, n.
19,
prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità - Direzione Generale dei Servizi
di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c: “…la classificazione delle lavorazioni insalubri non può e non
deve rimanere fine a se stessa esaurendosi in
un mero automatismo burocratico” ma occorre: “… un esame specifico e puntuale (il quale) non può essere realisticamente effettuato - in
dettaglio - che dall’autorità locale”. Il Ministero
prosegue affermando: “E’ evidente che
qualora da tale esame risulti
che le cause d’insalubrità potenziale, che hanno determinato l’inclusione
dell’attività nella Prima classe dell’elenco, sono state eliminate
o quantomeno ridotte in termini
accettabili si applica il
caso previsto dal 5° comma dell’art. 216 T.U.LL.SS.”.
Ovviamente nulla di quanto sopra è stato fatto dai Sindaci che
si sono succeduti in questi anni al governo del Comune maggiormente interessato,
territorialmente e ambientalmente, dalla discarica.
INFINE
SEMPRE SULLA VIA E LOCALIZZAZIONE DELL’IMPIANTO DI DISCARICA SI VEDA IL DECRETO
30 MARZO 2015 : CRITERI VERIFICA VIA PER LE OPERE DI COMPETENZA REGIONALE
6.2. Cumulo con altri progetti e
Valutazione Ambientale Strategica (VAS)
Secondo le Linee
Guida Sono esclusi dall'applicazione del criterio del «cumulo con altri
progetti»:
1. i progetti la
cui realizzazione sia prevista da un piano o programma già sottoposto alla
procedura di VAS ed approvato, nel caso in cui nel piano o programma sia stata
già definita e valutata la
localizzazione dei progetti
oppure siano stati individuati specifici criteri e condizioni per
l'approvazione, l'autorizzazione e la realizzazione degli stessi;
2. i progetti
per i quali la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA è
integrata nella procedura di VAS.
La VAS risulta
essere, infatti, il
contesto procedurale più adeguato a una completa e pertinente
analisi e valutazione di effetti cumulativi indotti dalla realizzazione di
opere e interventi su un
determinato
territorio.
Quanto sopra significa
che se in un procedimento di via emerge
la necessità di una variante anche
automatica alla pianificazione urbanistica locale ci vuole la VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) preventiva su quest’ultima tanto più se il
piano strutturale del comune non ha già avuto una VAS favorevole sulla destinazione funzionale di quell’area
interessata dall’impianto da realizzazione o da modificare.
Una
questione che è ritornata nel dibattito pubblico recente sui rischi ambientali
della discarica in esame è la possibilità che questo impianto abbia ricevuto e
riceva terre di scavo derivanti dalla attività di bonifica dell’area della ex
Farmoplant. Si tratta di rifiuti classificati con CER 17.05.04 quindi già
autorizzati per la discarica in esame anche se occorrerebbe capire se sono
state rispettate le prescrizioni sulle quantità di rifiuti speciali diversi dai
residui lapidei smaltibili nell’impianto.
Resta comunque che nuovi rifiuti sono arrivati o stanno per arrivare in discarica. Questo,
anche alla luce di quanto esposto in precedenza, costituisce una modifica/ampliamento delle quantità dei
rifiuti abbancabili in discarica. Quindi occorreva una nuova revisione
dell’AIA ma soprattutto una nuova VIA quanto meno nella forma della verifica di
assoggettabilità.
Ma al di la
di questo aspetto, considerato che l’impianto continua a ricevere nuove
quantità di rifiuti e visto che riceve anche i pericolosi come quelli con cod.
CER 17.06.05*: materiali da costruzione contenenti amianto sarebbe il caso di
verificare il rispetto del
nuovo decreto ministeriale su 24 giugno
2015[18].
In
particolare si tratterebbe di verificare:
1. L'applicabilità del nuovo decreto 24 giugno2015 sulla
ammissibilità dei rifiuti in discarica che introduce obblighi anche sotto il profilo
della stabilità fisica dei rifiuti pericolosi abbancati in discarica anche alla
luce di quello che voi scrivete nel vostro esposto ai NOE
2. se siano state fatte analisi di questo tipo previste
dal punto 3.2. di detto Decreto:
“3.2. Analisi del particolato aerodisperso contenente amianto.
Vanno adottate le tecniche analitiche
di microscopia ottica
in contrasto di fase (MOCF); per
la valutazione dei
risultati delle analisi si deve
far riferimento ai criteri di
monitoraggio indicati
nel D.M. 6 settembre 1994 del Ministro della sanità.”
ULTERIORI RISCHI IN
VISTA…..
Il 22 di giugno 2016 il
gestore della discarica di ex cava fornace ha presentato una richiesta di
variante ritenuta dallo stesso non sostanziale CONSISTENTE in:
1.
abolizione della limitazione a conferire il 70% di marmettola e inerti contro
il 30% di altri rifiuti speciali non
pericolosi e RCA,
2.
modifiche nella gestione del conferimento dell'amianto,
3.
annullamento dell'esclusione dei fanghi di dragaggio di provenienza marina identificati col CER 17 05 06 (la richiesta di includere questo codice
era già rifiutata all'azienda in sede di richiesta di VIA e di
autorizzazione AIA del 2008),
4.
richiesta di deroga per lo scarico in pubblica fognatura dei limiti già accordati.
CONCLUSIONI
Sulla base di quanto sopra
emergono gravissime e sistematiche violazioni ed omissioni di legge che
potrebbero configurare in questi anni vari reati anche a carico delle Pubbliche Amministrazioni competenti. Questione questa sicuramente
da approfondire.
Resta comunque un dato oggettivamente incontrovertibile. La
discarica è stata autorizzata senza adeguate valutazione dei suoi impatti,
violando la normativa europea in materia di VIA ed AIA, realizzando clamorose
lacune istruttorie nel verificare gli impatti della discarica rispetto alla sua
collocazione (una non trattata sopra, ma analizzata nella Inchiesta Pubblica
del 2009, è quella della presenza del
sito di importanza comunitaria del Lago di Porta).
Proprio alla luce di
quanto sopra ci sono intanto gli estremi per chiedere, alla Regione, la
riapertura del procedimento di VIA ordinario sugli impatti di questa discarica
nella forma della Istanza/Diffida. Ma
questo è solo un suggerimento che si avanza ai comitati e associazioni
ambientaliste che si sono battute fino ad ora contro la presenza di questa
discarica nel territorio dei Comuni di Montignoso e Pietrasanta.
NOTE
[1] Attualmente Programma Ambiente Apuane spa e'
autorizzata a ricevere i seguenti rifiuti:
cod. CER 01.04.12: sterili
ed altri residui del lavaggio e della pulitura dei minerali, diversi da quelli
alle voci 01.04.07 e 01.04.11
cod. CER 01.04.13: rifiuti
prodotti dalla lavorazione della pietra diversi da quelli di cui alla voce
01.04.07
cod. CER 01.05.04: fanghi
e rifiuti di perforazione di pozzi per acque dolci
cod. CER 01.05.07: fanghi
e rifiuti di perforazione contenenti barite, diversi da quelli da quelli di cui
alla voci 01.05.05 e 01.05.06
cod. CER 01.05.99: rifiuti
non specificati altrimenti , con la prescrizione “ rifiuto proveniente dalla
perforazione dei cantieri della linea dell'Alta Velocità identificato con il
cod. CER 01.05.99 dall'autorità giudiziaria, solo se riconducibile come
caratteristiche al cod. CER 17.05.04, e limitato ai cantieri di Firenze, Genova
e Bologna”
cod. CER 17.01.07:
miscugli o scorie di cemento , mattoni, mattonelle e ceramiche diverse di
quelle di cui alla voce 17.01.06
cod. CER
17.05.04: terre e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17.05.03
cod. CER 17.05.06: fanghi di dragaggio, diversi di quelli
di cui alla voce 17.05.05 , con la
prescrizione “ con esclusione dei fanghi di dragaggio provenienti da aree
marine, portuali e lagunari
cod. CER 17.09.04: rifiuti misti dell'attività di
costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17.09.02 e
17.09.03
cod. CER 17.06.05*: materiali da costruzione contenenti
amianto
cod. CER 17.12.09: minerali (ad es. sabbia, rocce)
[2] con sentenza n. 209
del 2011 la Corte Costituzionale salva la norma toscana sulla via ex post e ne definisce i parametri di fondo. La Corte Costituzionale in quella
sentenza ha affermato due principi fondamentali in materia di VIA ex post
o postuma:
1. la VIA ex post serve per "vegliare" a che
l'effetto utile della direttiva n. 85/337/CEE sia
comunque raggiunto, senza tuttavia rimettere in discussione, nella
loro interezza, le localizzazioni di tutte le opere e le attività ab antiquo
esistenti
2. la VIA ex post, cioè svolta in occasione del rinnovo della
autorizzazione o concessione di un progetto od opera che in precedenza non
aveva avuto la VIA, deve essere effettuata sempre sull'intera opera o attività
e non solo sulla parte eventualmente modificata del progetto od opera.
[3] http://www.slideshare.net/MarcoGrondacci/rapporto-finale-inchiesta-pubblica-cava-fornace-ms
[4] Corte
Giustizia causa C-215/06 del 3/7/2008 non si può regolarizzare la VIA
regolarizzando l’autorizzazione al progetto. La sentenza tratta il caso di
regolarizzazione di permesso urbanistico di opera alla quale, violando la
legge, non era stata applicata preventivamente la VIA. Regolarizzando il
permesso non può essere aggirata la mancata VIA precedente per cui
VIA preventiva e VIA "postuma" devono
essere pertanto perfettamente simmetriche e di
pari ampiezza e approfondimento.
[5] Secondo la DGR 1068
del 1999 l’alternativa zero è
intesa come la non realizzazione del progetto, quindi è applicabile anche al
caso in esame che è
riferito alla modifica sostanziale
suscettibile di provocare
notevoli ripercussione sull’ambiente
su impianto esistente . In
particolare in questo caso viene in causa anche il concetto di impatto
cumulativo del progetto rispetto alla situazione esistente.
Secondo la DGR Toscana
1068/1999 (Linee guida per il proponente
nella redazione dello studio di impatto ambientale) per impatto cumulativo o
indiretto secondario si intende: impatto
che si forma per
relazione indiretta, indotta,
cumulativa o sinergica tra le
azioni primarie di progetto e le componenti ambientali, in aree di impatto
e su componenti
ambientali non direttamente
collegate alle attività di
progetto in esame
“Le autorizzazioni per il raggiungimento di
quota +25 sono state giustificate dalla necessità di aiutare il comparto
lapideo locale in un momento segnato da una forte crisi economica internazionale,
ma è stato dimostrato che la discarica non è gestita in tale direzione.
Nonostante tutti gli Enti
interessati, le associazioni di categoria e la Ditta stessa pongono sempre come
fondamentale fattore socioeconomico a favore dell’impianto la necessità di
servire il comparto apuo-versiliese, è
stato dimostrato dall’analisi dei MUD dei conferimenti 2008 che i rifiuti
“locali”, cioè provenienti dalle Province di Massa-Carrara e Lucca,
conferiti in discarica sono solo una piccola parte:
o Nel 2007, con la discarica del Brentino aperta, la marmettola locale è
lo 0%;
o Nel 2008 solo il 38,8 % della marmettola complessiva è locale;
o Nel 2008 solo l’11,4% dell’amianto complessivo è locale;
o Nel 2008 solo il 17,67% dell’amianto viene dall’ATO Costa (compreso
quello locale);
Come si ricava dal nuovo
progetto la marmettola sarà pari solo al 30/50% del peso totale.”
[7] F.
Salute pubblica. Obiettivo della caratterizzazione dello stato di qualità
dell'ambiente, in relazione al benessere ed alla salute umana, è quello di
verificare la compatibilità delle conseguenze dirette ed indirette delle opere
e del loro esercizio con gli standards ed i criteri per la prevenzione dei
rischi riguardanti la salute umana a breve, medio e lungo periodo. Le analisi
sono effettuate attraverso: a) la caratterizzazione dal punto di vista della
salute umana, dell'ambiente e della comunità potenzialmente coinvolti, nella
situazione in cui si presentano prima dell'attuazione del progetto; b)
l'identificazione e la classificazione delle cause significative di rischio per
la salute umana da microrganismi patogeni, da sostanze chimiche e componenti di
natura biologica, qualità di energia, rumore, vibrazioni, radiazioni ionizzanti
e non ionizzanti, connesse con l'opera; c) la identificazione dei rischi
eco-tossicologici (acuti e cronici, a carattere reversibile ed irreversibile)
con riferimento alle normative nazionali, comunitarie ed internazionali e la
definizione dei relativi fattori di emissione; d) la descrizione del destino
degli inquinanti considerati, individuati attraverso lo studio del sistema
ambientale in esame, dei processi di dispersione, diffusione, trasformazione e
degradazione e delle catene alimentari; e) l'identificazione delle possibili
condizioni di esposizione delle comunità e delle relative aree coinvolte; f)
l'integrazione dei dati ottenuti nell'ambito delle altre analisi settoriali e
la verifica della compatibilità con la normativa vigente dei livelli di
esposizione previsti; g) la considerazione degli eventuali gruppi di individui
particolarmente sensibili e dell'eventuale esposizione combinata a più fattori
di rischio. Per quanto riguarda le infrastrutture di trasporto, l'indagine
dovrà riguardare la definizione dei livelli di qualità e di sicurezza delle
condizioni di esercizio, anche con riferimento a quanto sopra specificato.
[8] “Resta
ferma altresì, nelle more dell'emanazione delle norme tecniche di cui al
presente comma, l'applicazione di quanto previsto dal decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 27 dicembre 1988.” Ultima parte comma 1 articolo
34 del DLgs 152/2006
[9] Il Parere Sanitario,
come confermato dal dettato normativo e dalle esperienze in materia,deve
avere la finalità di dimostrare la accettabilità sanitaria della presenza di
una industria insalubre in zona abitate, il che comporta, almeno:
a)
una valutazione della rilevanza sanitaria delle emissioni dell’impianto
b)
una valutazione dello stato sanitario della popolazione interessata
c)
una valutazione della evoluzione del contesto urbanistico interessato
dall’impianto
d)
una valutazione dei rischi di incidenti rilevanti dall’impianto
[10] sentenza
del Consiglio di Stato n. 163 del 20/1/2015:
http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/2015/10/consiglio-di-stato-senza-prevenzione.html
[11] Linee guida per la verifica di
assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza
delle regioni e province autonome, previsto dall'articolo 15 del decreto-legge
24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto
2014, n. 116. (15A02720) (GU Serie Generale n.84 del 11-4-2015)
[12] Corte di Giustizia con sentenza 24/10/1996 (causa C-72/95) - Corte di Giustizia 16/9/1999 (causa C435/97) - Corte di
Giustizia sez. V 21/9/1999 (Causa C – 392/96) -
Corte di Giustizia 1376/2002 causa C-474/99 - Corte Giustizia 10/6/2004 causa C87-02
- Corte Giustizia: causa C-142/07 del 25/7/2008 e causa C‑2/07 del 28 febbraio 2008 - Corte di Giustizia 3/7/2008 causa
C215/06 -Corte di Giustizia 10/7/2008
C156/07 - Corte di Giustizia 20/11/2008 causa C-66/06 - Corte di Giustizia
17/3/2011 (causa 275/09)…..
[13] [1] Circolare del Ministero dell’Ambiente del 27/10/2014:
attività accessoria tecnicamente connessa ad una installazione/attività
soggetta ad AIA (ex allegato VIII) è l’attività:
“a)
svolta nello stesso sito della attività IPPC, o in un sito contiguo e
direttamente connesso al sito della attività IPPC per mezzo di infrastrutture
tecnologiche funzionali alla conduzione dell’attività IPPC. Ai fini della
lettera a) non rilevano le infrastrutture tecnologiche costituite da reti di
distribuzione o di colletta mento (quali reti elettriche, reti idriche,
metanodotti etc…) a meno che non siano in via principale e prioritaria dedicate
alle attività coinsediate, nonché di estensione limitata al sito.” Quindi
per fare un esempio il pontile di attracco delle navi carboniere e il nastro
trasportatore che porta il carbone ad una centrale termoelettrica rientrano nel
concetto di attività accessoria tecnicamente connessa ad una attività soggetta
ad AIA;
“b)
le cui modalità di svolgimento hanno una qualche implicazione tecnica con le
modalità di svolgimento dell’attività IPPC (in particolare nel caso in cui il
luogo fuori servizio determina direttamente i indirettamente problemi
all’esercizio della attività IPPC). Ai fini della lettera b), nel caso in cui
sono le modalità di svolgimento dell’attività IPPC ad avere implicazioni
tecniche con l’altra (e non viceversa), si riconosce al gestore ( o ai gestori)
la facoltà di chiedere comunque di considerare il complesso produttivo quale
un’unica installazione.”
Secondo
il nuovo comma 14 articolo 6 del DLgs 152/2006 per le attività di smaltimento o
di recupero di rifiuti che vengono svolte nell’ambito di installazione
soggette ad AIA, questa ultima costituisce anche autorizzazione unica
all’impianto di smaltimento e recupero (ex articolo 208 DLgs 152/2006) anche
qualora, tali attività, costituiscano solo una parte delle attività svolte
nell'installazione.
[14] E’ emerso un forte contrasto relativamente alla
conformità urbanistica con gli strumenti vigenti dei due Comuni interessati che
la Ditta risolve asserendo che non sta a questi stabilire quali rifiuti vanno
conferiti in discarica perchè ciò è di competenza della Provincia. Di fatto si
ha questa situazione:
1. nel Comune di Montignoso la destinazione urbanistica
prevede una discarica di sola marmettola come dimostra il Certificato di
Destinazione Urbanistica - C.d.U.; o nel
Comune di Pietrasanta il C.d.U. fa riferimento al solo PRG che prevede una
destinazione compatibile mentre il recente Piano Strutturale approvato prevede
una destinazione incompatibile di “area di recupero ambientale”;
2. Il
Sindaco di Montignoso si è espresso favorevolmente sull’aumento ad altri codici
compatibili con il sito in modo da garantire una redditività dello stesso e di
conseguenza ottenere prezzi concorrenziali a favore degli industriali locali,
ottenendo altresì un veloce completamento della discarica; Il Vice Sindaco di
Pietrasanta, confortato da un Atto di Giunta, dichiara che il Comune è
favorevole al solo conferimento di marmettola.
Procedura di Verifica:
“Nell’ambito della domanda di attivazione della procedura di verifica,
in merito agli effetti
urbanistico-territoriali ed ambientali e alle misure necessarie
per l’inserimento nel territorio comunale del progetto, il proponente e’ tenuto a fornire almeno la
seguente documentazione:
Relazione di
conformita’ del progetto
preliminare con le norme ambientali
e paesaggistiche, nonché
con i vigenti
piani e programmi territoriali ed
ambientali”
Procedura di VIA ordinaria
“Punto 3.3. Contenuti dello studio di impatto ambientale
lo studio di impatto ambientale deve contenere:
1. una descrizione degli scopi e degli obiettivi del
progetto;
2. l’illustrazione
della coerenza delle opere e degli interventi proposti con:
- le norme e
prescrizioni di strumenti urbanistici, piani
paesistici e territoriali
e piani di
settore (trasporti, gestione
risorse idriche, gestione rifiuti, ecc.).;…”
Deliberazione
Giunta Regionale n.1069 del 20/09/1999 linee guida per l’autorità
“ 1.2. procedura di
verifica : Come prima
fase della procedura
di verifica, le
strutture operative devono verificare
la completezza degli
elaborati presentati dal proponente con la domanda di avvio della
procedura (art. 11 comma 4). La
compilazione di tale
lista prevede l’indicazione
della presenza o assenza,
tra la documentazione presentata, di tutti gli elaborati richiesti,
e la formulazione
di un eventuale commento sull’adeguatezza degli elaborati rispetto alle esigenze della
procedura di verifica, valutata alla
luce delle proprie conoscenze
sull’ambiente.”
“La mancanza o l’inadeguatezza di alcuni degli elaborati richiesti per
l’avvio della procedura di verifica, comporta la richiesta di integrazioni e
chiarimenti al Proponente” (art. 11 comma 4).
“Per l’espletamento
dell’istruttoria di cui all’art. 11, comma 5, le strutture operative
devono:
a)valutare la coerenza del progetto con le norme
ambientali e paesaggistiche, nonché con
i vigenti piani e programmi territoriali ed ambientali,attraverso l’esame della apposita Relazione di conformità del progetto
presentata dal proponente”
“Punto 1.4.Istruttoria interdisciplinare per l’emanazione della
pronuncia di compatibilità ambientale: “L’istruttoria interdisciplinare di cui
all’art. 16, comma
1, prevede due diversi momenti di verifica: la verifica di adeguatezza dello studio di VIA così come
l’esame degli elementi di compatibilità progettuali possono essere effettuati
con l’ausilio delle liste di controllo riportate nel seguito”
Punto 1.2.3. descrizione
rapporti di coerenza del progetto con le norme e prescrizioni di strumenti
urbanistici piani paesistici servitù e altre limitazioni di proprietà.
[16] La Sentenza è intervenuta sul ricorso della ditta
Costa Mauro che aveva impugnato tra le altre la Nota 7 gennaio 2016 del Comune
di Aulla citata in precedenza in questa sezione della presente relazione. La
sentenza non ha potuto annullare la nota considerata che non costituiva atto
impugnabile ma sotto il profilo interpretativo in relazione alla questione
della mancanza di certificato di agibilità per il capannone relativo al
capannone A dell’impianto Costa Mauro. In particolare secondo il TAR: “La determinazione 24 marzo 2003 n.
DD/8550/2003 del Dirigente del Settore Ambiente-Trasporti della Provincia di
Massa Carrara è stata espressamente adottata ai sensi degli artt. 27 e 28 del
d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (cd. decreto Ronchi, oggi abrogato); deve
pertanto trovare applicazione alla fattispecie la previsione dell’art. 27, 5°
comma del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 che attribuisce al provvedimento di
autorizzazione alla realizzazione dell’impianto valore sostitutivo, ad ogni
effetto, di <<visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi
regionali, provinciali e comunali. L’approvazione stessa costituisce, ove
occorra, variante allo strumento urbanistico comunale, e comporta la
dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.
[17] http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/2014/09/industrie-insalubri-consiglio-di-stato.html
Modifica del decreto 27 settembre 2010, relativo
alla definizione dei criteri di ammissibilita' dei rifiuti in discarica.
(15A06790) (GU Serie Generale n.211 del 11-9-2015)
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