La legge di bilancio 2025 (QUI)
ha modificato la legge sulla caccia prevedendo:
1. i termini per i ricorsi contro i calendari venatori
sono ridotti dai 60 giorni ordinari a 30
2. se la sospensiva del calendario venatorio viene
accolta non succede niente si continua a cacciare fino alla sentenza di merito
3. per stabilire variazioni alle specie cacciabili non
serve più il parere dell'organo scientifico Istituto Nazionale per la fauna
selvatica ma quello del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale (organo
parapolitico con rappresentanza anche delle organizzazioni dei cacciatori.
4. i calendari venatori una volta approvati restano gli
stessi per l'intera annata a prescindere dalle necessità di modificarli anche
per emergenze ambientali e naturalistiche.
La nuova norma proseguo l’attacco al ruolo Istituto Nazionale per la fauna selvatica già iniziato con la legge 197/2022 che avevo descritto QUI.
Vediamo in particolare il testo della nuova legge...
Il comma 551 articolo 1 della legge 207/2024 modifica l’articolo 18 (QUI) della legge 157/1992 (legge quadro sulla caccia). L’articolo 18 elenca i limitati periodi di caccia per varie tipologie di specie cacciabili.
Il suddetto comma 551 introduce una premessa a detto
articolo 18 della legge 157/1992: “L'esercizio
venatorio è legittimato e autorizzato dalla presente legge per ciascuna
intera annata venatoria”. Quindi i
calendari approvati sono salvaguardati per l’intera annata.
Inoltre, il nuovo comma 4 dell’articolo 18 della legge quadro introdotto da
detto comma 551, recita: “Il termine di
impugnazione dei calendari venatori é di trenta giorni decorrenti dalla data della loro pubblicazione nel
Bollettino ufficiale della regione. In caso di impugnazione del calendario
venatorio, le associazioni venatorie riconosciute sono parti necessarie del
giudizio. Qualora sia proposta la
domanda cautelare, si applica l'articolo 119, comma 3, del codice del processo
amministrativo, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104" (QUI).
In particolare detto comma 3 articolo 119 del Codice del Processo Amministrativo prevede che il
tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciare sulla domanda
cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta
l'integrazione dello stesso, se ritiene, a un primo sommario esame, la
sussistenza di profili di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e
irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima
udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di
deposito dell'ordinanza, disponendo altresì il deposito dei documenti necessari
e l'acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti. In caso di rigetto
dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il
Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo grado, la pronuncia di appello
è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione
dell'udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre
dalla data di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del
tribunale amministrativo regionale, che ne dà avviso alle parti.
“Qualora la domanda cautelare sia accolta, fino alla
pubblicazione della sentenza che definisce il merito, l'attività venatoria è
consentita nei termini di cui ai commi 1 e 1-bis e riacquistano efficacia i limiti
di prelievo e gli orari giornalieri
fissati da ciascuna regione con l'ultimo calendario venatorio
legittimamente applicato”.
Per la determinazione delle nuove specie cacciabili e le
variazioni delle stesse il parere dell’Istituto Nazionale per la fauna
selvatica (organo scientifico sotto la vigilanza del Ministero dell’Ambiente) è
sostituito dal parere di Ispra e Comitato tecnico faunistico venatorio
nazionale dove sono rappresentate tutte le associazioni dei cacciatori
riconosciute a livello nazionale.
Una norma filo cacciatori spudorata: in quanto riduce da
60 giorni a 30 il termine di impugnazione e di fatto disattiva ogni efficacia
concreta, ex lege e non a discrezionalità del collegio giudicante, alla
sospensiva del calendario approvato se riconosciuta dal giudice amministrativo.
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