venerdì 3 gennaio 2020

Dragaggi nell’area portuale spezzina: una sentenza della Cassazione impedisce sversamenti in mare

Rileggo anche oggi sul Secolo XIX dichiarazioni da parte di operatori portuali sui ritardi nei dragaggi dell’area portuale che sarebbero alla base dei rallentamenti delle nuove banchine.
Vorrei sommessamente ricordare che i ritardi nei dragaggi del porto sono responsabilità di tutti gli enti preposti oltre di chi ha gestito i cantieri che non hanno rispettato le prescrizioni , non hanno svolto adeguati controlli preventivi, non hanno rispettato gli indirizzi operativi del Progetto preliminare di Icram su un golfo (dentro diga) che, non dimentichiamolo è tutto dentro il perimetro di un sito di bonifica regionale (ma prima nazionale).

Ora vedremo se i nuovi dragaggi rispetteranno non solo la sentenza della Cassazione sul dragaggio spezzino e gli insegnamenti che avrebbe dovuto dare a chi di dovere (vedi QUI e QUI) ma anche una ancor più recente sentenza della Cassazione molto interessante anche per dragaggi del porto spezzino.


Intanto prima di riportare in sintesi la nuova sentenza della Cassazione voglio ricordare agli smemorati di questa città (nel caso del porto: Autorità Portuale, Arpal, operatori portuali) che il sito di bonifica di Pitelli è stata declassificato da nazionale a regionale e grazie a questa assurda declassificazione ( a mio avviso contraria alla legge vedi QUI) al dragaggio in area portuale non si applica la normativa più rigorosa : il decreto ministeriale 15 luglio 2016 n. 172: “Regolamento recante la disciplina delle modalità e delle norme tecniche per le operazioni di dragaggio nei siti di interesse nazionale, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84” (per il testo QUI).


Non essendo più il golfo di Spezia dentro il sito di bonifica nazionale si applica invece il Decreto 15 luglio 2016, n. 173: “Regolamento recante modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini.” Ora questo decreto prevede la possibilità di rimozione di sedimenti senza alcuna procedura autorizzatoria, ma su come interpretare (in termini estensivi) questa semplificazione è intervenuta recentissimamente la Cassazione con sentenza Sez. III n. 45844 del 12 novembre 2019 (QUI).
La sentenza dopo avere ricostruito le procedure di autorizzazione disciplinate dal Decreto 15 luglio 2016 n° 173 così conclude in relazione al dragaggio in area portuale:
Il dragaggio di sedimenti marini per il mantenimento, il miglioramento o il ripristino delle funzionalità di bacini portuali, della riapertura di foci fluviali parzialmente o totalmente ostruite, per la realizzazione di infrastrutture in ambito portuale o costiero o per il prelievo di sabbie a fini di ripascimento sono, invero, attività che denotano complessi interventi di modifica o ricostituzione e riorganizzazione dei siti, dal significativo impatto ambientale. Come tali compatibili, diversamente dalla fattispecie di cui all’art. 2 lett. f)[NOTA1] citata,  con l’interessamento di significative quantità di materiali sommersi e con la previsione e elaborazione di ampi progetti oltre che con lo spostamento di sedimenti anche in aree distanti e/o distinte da quelle di movimentazione. Così da rendere necessario e giustificare un regime di autorizzazione e controllo quale quello espressamente previsto per la predetta fattispecie.”
Insomma dragare in area portuale non è un semplice spostamento di sedimenti (VEDI NOTA 1 in calce al presente post) che non richiede autorizzazioni (vedi lettera b comma 2 articolo 1 Decreto 15 luglio 2016 n°173) ma richiede invece una istruttoria complessa come indicato dagli  articolo 3 e seguenti di detto Decreto n°173 compresa. Tanto più che declassificazione o meno del sito di Pitelli siamo sempre in un sito di bonifica solo caratterizzato e in gran parte non ancora bonificato.  

Ma non è finita qui secondo il Piano Triennale delle opere (2020-2022), come riporto a fianco, si prevede la possibilità di sversare in mare i sedimenti del dragaggio.
Bene leggete questo passaggio della sentenza della Cassazione
Ed invero, a fronte della citata disciplina di cui al suindicato paragrafo 3.4. dell’allegato tecnico al DM 173/2016, il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare con il “Manuale della movimentazione dei sedimenti marini” (agosto 2006) ha significativamente evidenziato come “in ambiente sommerso il semplice spostamento di sedimenti in aree immediatamente contigue è compatibile unicamente in relazione al ripristino della navigabilità in ambito portuale o di corsi d’acqua nonchè al fine di realizzare imbasamenti di opere marittime o agevolare l’operatività portuale. Tale attività viene ritenuta ambientalmente compatibile solo alle seguenti condizioni:
i quantitativi coinvolti siano inferiori a 25 .000 mc3;
i sedimenti coinvolti siano di classe A (1 e 2) o di classe B1 […];
l’area sulla quale vengono spostati i sedimenti abbia le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche dell’area di provenienza;
sia da escludere qualsiasi impatto su biocenosi sensibili presenti in loco”.

Ora i quantitativi rimossi secondo le indicazioni del Piano Triennale sono 1 milione di m3, siamo ben lontani dai 25.000 m3 di cui tratta la sentenza della Cassazione citando il Manuale (QUI)del Ministero dell’Ambiente sulla movimentazione dei sedimenti marini!




[NOTA 1] f) spostamenti in ambito portuale: movimentazione dei sedimenti all'interno di strutture portuali per le attività di  rimodellamento dei fondali al fine  di  garantire  l'agibilità degli  ormeggi,  la sicurezza delle operazioni di accosto ovvero per il ripristino  della navigabilità,  con  modalità che evitino una dispersione dei sedimenti al di fuori del sito di intervento”. 


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