La Corte Costituzionale con sentenza n° 191 del 25 luglio 2022 (QUI) ha confermato come le Regioni possano definire criteri di localizzazione degli impianti di rifiuti che tengano conto di adeguate distanze da siti sensibili sia in termini sanitari (es. scuole asili ospedali) che ambientali (punti emungimento delle falde, aree protette, siti habitat, zone a rischio idraulico e/o idrogeologico.
Soprattutto rileva come la
Corte Costituzionale conferma un indirizzo precedente secondo il quale i
criteri di localizzazione e le localizzazioni degli impianti di rifiuti
spettino alla pianificazione pubblica nelle sue diverse articolazioni (Regione
Province Ambito di gestione) e quindi la localizzazione non possa essere realizzata con legge regionale e neppure fuori della ripartizione di competenze pianificatorie definite dal testo unico ambientale,
Vediamo comunque una sintesi dei passaggi principale della nuova sentenza della Corte Costituzionale...
Viene impugnata la norma
regionale che prevede, nella definizione dei criteri di localizzazione degli impianti di rifiuti, con appositi provvedimenti attuativi, le seguenti
prioritarie azioni: “[...] u) definire, per garantire la tutela della salute
e del territorio, distanze minime e fasce preventive minime dai centri abitati
e dalle funzioni sensibili, come ad esempio asili nido, scuole, centri sportivi
e di aggregazioni, distretti sanitari, ospedali e case di riposo, al di sotto
delle quali la localizzazione di impianti di trattamento e di smaltimento dei
rifiuti è esclusa a priori”.
La Corte Costituzionale con sentenza n° 191 del 25 luglio 2022 non considerata fondata la questione di legittimità costituzionale per le seguenti motivazioni.
Gli artt. 196, comma 1, lettera n), e 199, comma 3, lettera l), testo unico ambiental, evocati quali parametri interposti di legittimità costituzionale, prevedono, rispettivamente, che compete alle Regioni "la definizione di criteri per l'individuazione [...] delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti [...]», e che i Piani Regionali per la gestione dei rifiuti stabiliscono «i criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti".
Questa Corte ha, in effetti, più volte affermato che le aree, non idonee a ospitare le strutture per il trattamento dei rifiuti, vanno individuate in sede di pianificazione, non nella legge regionale; ha, così, chiarito che le previsioni del codice dell'ambiente, le quali riservano alle procedure amministrative l'assunzione di tali decisioni, sono vincolanti e valgono a escludere l'intervento legislativo regionale (sentenze n. 272 del 2020 (QUI) e n. 28 del 2019 (QUI); in senso analogo, in materia di produzione dell'energia, le sentenze n. 121 (QUI), n. 77 (QUI).
L'art. 1, comma 9, lettera u), della legge reg. Abruzzo n. 45 del 2020 - diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente - non individua direttamente le aree nelle quali non si possono localizzare impianti di trattamento dei rifiuti. Esso reca una esemplificazione di luoghi da cui tali strutture dovrebbero essere distanti, lasciando che i successivi atti di pianificazione li identifichino puntualmente e definiscano la misura delle distanze, in conformità con le richiamate previsioni del codice dell'ambiente.
Questo
è l'univoco significato da attribuire alla lettera delle disposizioni
impugnate, specie considerando quanto la legge regionale in esame dispone
subito appresso, al comma 10: "al fine di adeguare la pianificazione
regionale in materia di rifiuti alle disposizioni di cui al presente articolo,
la Giunta regionale avvia [...] il procedimento di aggiornamento del vigente
PRGR, da concludere entro il 31 dicembre 2021, assumendo quali indirizzi
programmatici le azioni previste dal comma 9".
In
conclusione, va dichiarata non fondata la questione dell'art. 1, comma 9,
lettera u), della legge regionale n. 45 del 2020.
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