giovedì 17 aprile 2025

Le allegre sanatorie contro il Paesaggio difese dal Ministero dei Beni Culturali

La legge 105/2024 (di seguito leggina)  permette sanatorie ex post (ad abuso avvenuto) in materia di vincolo paesaggistico in palese contrasto con il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (Codice di seguito), come spiegavo nell'analizzarla  nella News/Ambiente Lex Giugno Luglio Agosto 2024- QUI.

Dopo la leggina ora arriva una Circolare interpretativa del Ministero per aggirare detto contrasto.

In sintesi la Circolare afferma che la sanatoria della leggina, pur contrastando palesemente con il divieto di sanatorie ex post del Codice, è legittima perché comunque c’è il parere vincolante della Soprintendenza. 

Non mi pare che un divieto ex lege possa essere aggirato da un Parere sia pure con il via libera di una circolare ministeriale interpretativa.

Ma vediamo bene sia cosa dice la leggina e come viene interpretata dalla Circolare e perché questa ultima non è per niente convincente e anzi si inserisce in una sistematica azione (QUI) di smantellamento del Codice in atto da anni da vari Governi soprattutto da quello in carica


 

LA LEGGINA CHE INTRODUCE LA SANATORIA EX POST IN MATERIA DI INTERVENTI ABUSIVI CON VINCOLO PAESAGGISTICO

La legge 105/2024 introduce l’articolo 36-bis al Testo unico edilizia che riguarda interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività se eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui ai detti 180 giorni, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente.

Le disposizioni suddette si applicano anche nei casi in cui gli interventi suddetti risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione. Vale a dire anche in questi casi ci vuole la verifica di compatibilità paesaggistica da parte della Soprintendenza.

 




COSA DICE LA CIRCOLARE MINISTERIALE DI INTERPRETAZIONE DELLA LEGGINA

La Circolare (QUI) n° 19 dello scorso 4 aprile 2025 del Ministero della Cultura DIPARTIMENTO PER LA TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE – DiT DIREZIONE GENERALE ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO Servizio V , ha fornito chiarimenti interpretativi sulla norma suddetta in relazione al comma 4 dell’articolo 167 del Codice.

L’art. 167, comma 4, del Codice recita: “L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati.”

Quindi l’articolo 167 quindi prevede l’accertamento ex post sulla compatibilità paesaggistica che invece ordinariamente la preventiva necessità della autorizzazione paesaggistica ex articolo 146 (QUI) del Codice.

La Circolare analizza il contrasto tra quanto affermato dal nuovo articolo 36-bis del Testo unico Edilizio e il sopra richiamato comma 4 articolo 167 del Codice.

L’articolo 36-bis introduce una sanatoria ex post anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati. Questo come abbiamo visto è in netto contrasto letterale con quanto affermato dalla lettera a) comma 4 articolo 167 del Codice.

Secondo la Circolare però l’art. 36-bis del TUE non deroga ai principi del Codice dei beni culturali e del paesaggio in quanto il parere delle SABAP mantiene natura vincolante ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento edilizio già effettuato, sicché non sussiste alcun contrasto con l’art. 183, co. 6, del Codice BCP

La Circolare conclude affermando che il divieto di rilascio in sanatoria dell’autorizzazione paesaggistica non esclude, infatti, che il legislatore possa introdurre, per legge e in via generale, limitate ipotesi in cui sia possibile accertare ex post la compatibilità paesaggistica di un intervento: sic!

 



ANALISI CRITICA DELLA LEGGINA  E DELLA CIRCOLARE

Resta il fatto che la deroga almeno potenzialmente al divieto (fino ad ora ex lege: articolo 167 del codice appunto) di rilascio in sanatoria della autorizzazione paesaggistica è stata introdotta e quindi tutto ora dipenderà dall’attento esercizio del potere di parere vincolante della Soprintendenza nei 90 giorni di legge senza far decorrere tale termine facendo scattare il silenzio assenso.

In altri termini un conto è un divieto di deroga ex lege altro è l’aggiramento del divieto con un parere sia pure vincolante ma rimesso alla discrezionalità della istruttoria della Soprintendenza spesso oberata di pratiche. Come tutto questo si concili con quanto affermato dal comma 6 articolo 183 del Codice (“Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai princìpi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”.), è frutto di una bella forzatura interpretativa della Circolare stessa che utilizza il principio della successione delle leggi nel tempo per avvallare quella che è comunque una operazione legislativa che rende più debole la tutela contro le violazioni in materia paesaggistica. 

Il tutto alla faccia di un principio costituzionale affermato dall’articolo 9 della Costituzione. Principio questo ultimo ripreso da numerose sentenze della Corte Costituzionale che hanno sempre considerato tutte le norme del Codice come affermanti principi non derogabili da leggi ordinarie generali tanto meno dal testo unico edilizia (come nel caso in esame), da ultimo si veda sentenza Corte Costituzionale n° 82 del 10 maggio 2024 analizzata QUI). Per non parlare di altre sentenze come la n° 101 del 2021 (QUI) di cui si riporta questo chiarissimo passaggio: “L’art. 146 cod. beni culturali prosegue affermando che l’autorizzazione paesaggistica «costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio», e che «[l]’autorizzazione è efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l’esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione». La legge statale, dunque, definisce il valore prioritario dell’autorizzazione paesaggistica e ne prescrive i termini di efficacia. Nelle parole della Corte di legittimità, «l’autorizzazione dell’ente preposto alla tutela del vincolo» costituisce, appunto, «un presupposto dell’efficacia» di qualsiasi altro titolo che abiliti a utilizzare il bene paesaggistico, posto che «il permesso di costruire legittima l’esecuzione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio secondo la relativa disciplina e dando concreta attuazione alle scelte operate con gli strumenti di pianificazione, l’autorizzazione paesaggistica concerne una valutazione circa l’incidenza di un intervento sull’originario assetto dei luoghi soggetti a particolare protezione, mentre la concessione demaniale consente il godimento del bene demaniale entro i limiti stabiliti dal provvedimento» (Corte di cassazione, sezione terza penale, sentenza 30 luglio 2013, n. 32966)”.

 

Non solo la Circolare dimentica di citare il comma 2 articolo1 del Testo Unico Edilizia che recita: “2. Restano ferme le disposizioni in materia di tutela dei beni culturali e ambientali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, la normativa di tutela dell'assetto idrogeologico))  e le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia.

 

L’invito finale della Circolare alle Soprintendenze a organizzarsi in modo efficiente, affinché il ricorso al silenzio assenso sia limitato ai soli casi marginali e residuali, appare peraltro patetico e un poco ipocrita. Considerato che spetta la Ministero mette le Soprintendenze semmai di svolgere con efficienza il loro lavoro in termini di risorse economiche e professionali nonché organizzative.

 

 



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