giovedì 3 aprile 2025

Corte dei Conti UE: una analisi critica delle politiche UE su inquinamento marino dalle navi

La Corte dei Conti UE lo scorso 4 marzo ha pubblicato la sua Relazione speciale n° 6 del 2025 (QUIdal titolo significativo: Le azioni dell’UE e degli stati membri, volte a contrastare l’inquinamento marino causato dalle navi, restano inadeguate.

Di seguito troverete una sintesi delle criticità più significative emerse dalla Relazione. Nella seconda parte invece troverete una ricostruzione ragionata delle parti principali della Relazione avendo sempre come riferimento la normativa europea in materia.

 

 

SINTESI DELLE CRITICITÀ EMERSE DALLA RELAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI UE

1. Le norme dell’UE in materia di inquinamento provocato dalle navi stanno migliorando, ma che la loro attuazione e applicazione presentavano debolezze e che i dati erano insufficienti per misurare i risultati. Gli Stati membri spesso non hanno raggiunto le rispettive percentuali-obiettivo obbligatorie per le ispezioni delle navi.

2. L’Agenzia europea per la sicurezza marittima ha fornito agli Stati membri strumenti utili per contrastare l’inquinamento provocato dalle navi, ma gli Stati membri non ne hanno sfruttato appieno il potenziale.

3. Restano grossi limiti nel monitoraggio dell’inquinamento provocato dalle navi, in particolare nel collegare la contaminazione e i rifiuti marini alla rispettiva fonte.

4. La Corte e la Commissione non dispongono una visione d’insieme dei risultati ottenuti né delle modalità con i fondi UE in materia e su come possono essere utilizzati su scala più ampia.

5. Le perdite di container in mare continuano ad essere significative. Le perdite sono ancora più gravi vista la non corretta dichiarazione dei carichi di merci pericolose dimostrata da vari studi citati dalla Relazione ma anche precedenti. Ovviamente i container recuperati corrispondono a percentuali di qualche punto.

6. I container persi in mare, sottolinea la Relazione, possono produrre dispersione di pellet in plastica. Detti pellet costituiscono la terza principale fonte di microplastiche rilasciate involontariamente nell’ambiente dell’UE.

7. Ci sono poi enormi quantità di munizioni abbandonate sul fondo del mare.

8. Le segnalazioni sugli sversamenti in mare da navi, da parte del sistema satellitare della Agenzia per la sicurezza marittima, sono scarsamente controllati dagli stati membri e quando lo fanno avviene in ritardo per cui solo per basse percentuale viene confermato lo sversamento, l’Italia è tra gli stati peggiori con solo il 3% di conferme sul totale delle segnalazioni. La conseguenza è sono pochissimi i casi di applicazioni di sanzioni ai responsabili degli sversamenti

9. Gli stati non rispettano il tetto di almeno 15% di controlli delle navi di approdo nei porti UE compresi i controlli sulle emissioni aeriformi dai camini delle navi. Non solo ma a conferma degli scarsi controlli ci sono la percentuale bassissima di fermi (non oltre il 3-4%) dopo l’accertamento di carenze emerse dalle ispezioni.

10. Per gli impianti di raccolta rifiuti dalle navi nei porti l’Italia non ha fornito alcuna comunicazione sui controlli effettuati.

11. Manca un sistema comunitario di sanzioni per scarichi illegali.

12. Scarse e inadeguate sono le informazioni sulla contaminazione delle acque marine e sui rifiuti marini riconducibili alle navi anche per la difficoltà a reperire le fonti che producono le contaminazioni.

 

Occorre ricordare, sempre a premessa, che la Relazione del 2019 (QUIdell’Agenzia Europea per l’Ambiente confermava le suddette criticità, avendo in particolare constatato che l’80 % delle acque marine dell’UE era costituito da “aree problematiche” in termini di contaminanti mentre il 75 % circa era inquinato da rifiuti dispersi in ambiente marino. Come risulta dalla mappa riportata dalla Relazione qui esaminata anche l’Italia ha vaste aree delle proprie coste problematiche.





TUTTE LE TIPOLOGIE DI NAVI PRODUCONO SVERSAMENTI INQUINANTI IN MARE

Le navi contribuiscono ai rifiuti dispersi in ambiente marino, compresi i rifiuti di plastica e l’attrezzatura da pesca abbandonata, persa o dismessa.

Possono inoltre inquinare i mari con contaminanti quali petrolio, composti organici, metalli pesanti e sostanze pericolose provenienti dalle seguenti fonti:

1. sversamenti accidentali o scarichi operativi (ad esempio, da sentine, dagli astucci di uscita degli assi portaelica e dalla pulizia delle cisterne);

2. scarico di acque reflue e acque “grigie” (da pozzi, docce e lavatrici);

3. perdita di composti tossici da vernici antivegetative (rivestimenti dello scafo per impedire l’accumulo di organismi marini);

4. rilascio di sostanze nocive dalla demolizione delle navi, dalle perdite di container, dai relitti di navi e da munizioni sommerse;

5. scarico di acque inquinate e residui di “scrubber” (sistemi di depurazione dei gas di scarico).




IL QUADRO NORMATIVO SULLA DISCIPLINA DELL’INQUINAMENTO MARINO DALLE NAVI

La Relazione ricostruisce la normativa in materia in particolare dimostrando, come risulta dal riquadro sotto riportato, il coordinamento tra le Convenzioni Internazionale e le Direttive UE.

In particolare:

1. la Direttiva 2005/35/CE “Direttiva SSP” e successive modifiche in fase di approvazione (QUI)

2. la Direttiva 2009/16/CE (“direttiva PSC”- QUI)

3. la Direttiva (UE) 2019/883 (QUI) relativa agli impianti portuali di raccolta (“Direttiva IPR”) e norme attuative (QUI).

4. Regolamento 1257/2013 (QUI): riciclaggio delle navi. 







SMANTELLAMENTO E RICICLO DELLE NAVI: LE CRITICITÀ NELLA APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO UE 1257/2013

Gli armatori possono eludere tale obbligo sostituendo la bandiera dello Stato membro dell’UE con la bandiera di uno Stato non-UE prima di procedere alla demolizione delle proprie navi. Nel 2022 il 14,2 % della flotta mondiale batteva bandiera di uno Stato membro dell’UE, ma solo il 6,1 % delle navi a fine vita batteva bandiera di uno Stato dell’UE.

Non è mai stato approvato uno strumento finanziario atto ad agevolare il riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l’ambiente”, come previsto da una, ormai vecchia, relazione della Commissione UE (QUI).

Sul riciclo delle navi vedi anche questa indagine (QUI) sul mio blog Note di Grondacci.

 

 


CONTAINER PERSI IN MARE

I container persi in mare possono inquinare il mare o essere causa di incidenti. Le perdite continuano ad essere significative anche se variano da anno in anno come risulta dal seguente riportato dalla Relazione.

Esistono obblighi di comunicazione delle perdite a carico del comandante della nave (QUI), obbligo confermato da IMO (QUI) per tutte le perdite a partire dal 2026. Non solo: la Direttiva 2002/59/CE (QUI) impone agli Stati membri di far sì che il comandante di una nave notifichi immediatamente i container persi al pertinente Stato costiero. Inoltre, a norma della Direttiva 2009/18/CE (ora modificata: QUI), gli Stati membri devono registrare nella piattaforma europea d’informazione sui sinistri marittimi i container persi in mare nelle proprie acque o da navi battenti la loro bandiera.

Nonostante i suddetti obblighi normativi, la Relazione conferma che non vi è alcuna garanzia che tutte le perdite siano dichiarate.

La questione è ancora più importante considerato il contenuto potenziale dei container persi. Il Rapporto Allianz Global Corporate & Specialty (QUI) sottolinea il rischio legato agli incidenti gravi su portacontainer per non corretta dichiarazione dei carichi di merci pericolose. Anche questa non è una novità come dimostrava uno studio USA di qualche anno fa (QUI).

Secondo un articolo su TRG (QUI) il carico è dichiarato erroneamente quando i beni fisici e la descrizione di tali beni non sono gli stessi. Secondo il Cargo Incident Notification System, il 27% degli incidenti sulle navi da carico può essere attribuito all'errata dichiarazione delle merci.

30 anni fa, quando gli standard di spedizione erano più permissivi, sarebbe stato sufficiente etichettare le merci come forniture per la cucina o articoli sportivi. Tuttavia, le attuali navi portacontainer possono ospitare 18.000 container da 20 piedi a bordo. Se le merci stoccate all'interno di tali contenitori non sono adeguatamente etichettate, l'equipaggio della nave non sarà in grado di prendere le dovute precauzioni di sicurezza durante il carico e lo stoccaggio. Ciò è particolarmente importante se le merci immagazzinate rientrano nella categoria di pericolose o pericolose, come nel caso del 10% di tutti i contenitori.

Secondo il Rapporto etichettare un carico come pericoloso è più costoso. Per questo motivo, alcune aziende cercano di aggirare il problema identificando, ad esempio, i fuochi d’artificio come giocattoli o le batterie agli ioni di litio come parti di computer”. Diverse grandi compagnie di trasporto container utilizzano la tecnologia per affrontare questo problema, servendosi di software di controllo del carico per individuare registrazioni e dettagli del carico sospetti e i grandi operatori di container stanno cominciando ad imporre sanzioni.

 

Quanto sopra è aggravato dal quanto rilevato dalla Relazione che riporta dati stimati dallo stato francese per cui dei 1200 container persi nelle zone dell’Atlantico e della Manica/Mare del Nord tra il 2003 e il 2014 sono stati recuperati solo 49, il che rappresenta circa il 4 %.

 


La questione dei pellet in plastica persi in mare

I container persi in mare, sottolinea la Relazione, possono produrre dispersione di pellet in plastica. Secondo la valutazione d’impatto della Commissione sull’inquinamento da microplastiche (QUI), i pellet di plastica dispersi in mare o sulla terraferma costituiscono la terza principale fonte di microplastiche rilasciate involontariamente nell’ambiente dell’UE.

La Relazione ricorda che nel marzo 2024, il comitato per la sicurezza marittima dell’IMO (QUI) ha approvato Raccomandazioni (QUI) per il trasporto di pellet di plastica via mare.




RELITTI DI NAVI

La Relazione ricorda che la Convenzione di Nairobi (QUI) del 2007 stabilisce norme sulla rimozione dei relitti che possono avere ripercussioni negative sull’ambiente marino. Al 30 settembre 2024, detta convenzione era stata ratificata da 15 Stati membri dell’UE, 14 costieri e uno non costiero. La Direttiva PSC (QUI), così come modificata nel novembre 2024, incorpora la Convenzione di Nairobi nel quadro normativo dell’UE.

La Relazione sottolinea come di molti relitti non si conosce il carico al momento dell’affondamento (Germania, zone del Baltico e Francia).

 


 

MUNIZIONI IN MARE

Ci sono poi enormi quantità di munizioni abbandonate sul fondo del mare. La Relazione cita la Germania dove si stima che nei mari tedeschi vi siano 1,6 milioni di tonnellate di munizioni convenzionali e circa 5 100 tonnellate di munizioni chimiche. La relazione 2020 (QUI) della Corte dei Conti precedente a quella qui esaminata sull’attuazione del piano d’azione riveduto della strategia per la sicurezza marittima dell’Unione europea menzionava azioni quali eventi di sensibilizzazione e dava avvio alla cooperazione e a due progetti di ricerca. Tuttavia, non è stato menzionato alcun risultato specifico in termini di quantità di munizioni recuperate.

 


 

RIFIUTI IN MARE

La Relazione ricorda che la Convenzione di Londra del 1972 (QUI) vieta in generale lo scarico in mare di rifiuti, comprese le armi chimiche. A livello dell’UE, né la convenzione né il protocollo sono stati integrati nel diritto dell’UE.



 

TENORE DI ZOLFO NEI COMBUSTIBILI MARITTIMI

La Relazione sottolinea che la norma più rigorosa in materia di tenore di zolfo per i combustibili delle navi (0,1 %) rimane 100 volte meno rigorosa di quella, in vigore nell’UE dal 2009, per il diesel da autotrazione e la benzina (0,001 %).

La Relazione critica l’uso degli scrubber che catturano l’ossido di zolfo dai gas di scarico utilizzando acqua, che però si trasforma in acqua di lavaggio contaminata, spesso scaricata in mare dalle navi. Comunque, ai sensi della normativa aggiornata dell’UE in materia di inquinamento provocato dalle navi, è vietato scaricare le acque di lavaggio contenenti zolfo (vedi Normative vigente europea e nazionale e proposta di nuova Direttiva (QUI).

 


 

LE CRITICITÀ SULLA SORVEGLIANZA SATELLITARE DEGLI SCARICHI E SVERSAMENTI DALLE NAVI

L’Agenzia per la sicurezza marittima (EMSA - QUI) assiste gli Stati membri fornendo la sorveglianza satellitare (QUI) delle navi, un drone sperimentale per individuare le navi ad alte emissioni e navi di intervento.

Secondo la Relazione dai monitoraggi e dal Documento (QUI) della Commissione sulla valutazione di impatto della proposta di modifica della Direttiva 2005/35 sull’inquinamento da navi emerge:

1. La maggior parte dell’inquinamento da sversamento di idrocarburi proveniva da scarichi deliberati, come le operazioni di pulizia delle cisterne e gli scarichi di rifiuti.

2. Notevoli lacune nelle informazioni sull’inquinamento da idrocarburi provocato dalle navi in tutta l’UE.

3. I satelliti catturano solo immagini delle aree che stanno sorvolando. Inoltre, possono verificarsi malfunzionamenti.

4. Gli inquinanti chimici sono più difficili da individuare, in quanto sono spesso invisibili. L’EMSA ha creato una rete di esperti (Marine Intervention in Chemical Emergencies Network – MAR-ICE QUI) che fornisce informazioni e consulenza sulle sostanze chimiche coinvolte in emergenze marittime.

5. La proposta di Direttiva che modifica la Direttiva 2005/35 introduce novità importanti sulla gestione delle informazioni dal sistema sopra richiamato. Per una analisi di queste novità vedi la seconda parte di questo post (QUI) nel mio blog Note di Grondacci.

6. Gli Stati membri hanno controllato meno della metà delle segnalazioni di CleanSeaNet, confermando l’inquinamento solo nel 7 % dei casi. l’Italia ha confermato l’inquinamento rilevato da CleanSeaNet molto raramente (3% sul totale delle segnalazioni del sistema CleanSeaNet), nonostante abbia effettuato il maggior numero di controlli in loco (1 046 su un totale di 1 188). Secondo la versione finale della valutazione d’impatto del 2023 (QUI) sulla modifica della direttiva SSP elaborata dalla Commissione, le probabilità di conferma dell’inquinamento dipendono dall’intervallo tra l’acquisizione dell’immagine satellitare ed il controllo dell’inquinamento da parte di uno Stato membro.

La conseguenza di queste basse percentuali è che rari sono stati i casi in cui i responsabili degli sversamenti sono stati sanzionati.

Il basso tasso di conferme dell’Italia rispetto alle segnalazioni è confermato dal seguente grafico tratto dalla Relazione.




I CONTROLLI E LE ISPEZIONI DELLE NAVI NON SONO SUFFICIENTI

Secondo la Relazione tra il 2012 e il 2022, la Commissione ha chiesto all’EMSA di concentrarsi sulla direttiva sul controllo da parte dello Stato di approdo e di ispezionare due volte, nel corso del periodo, ciascuno Stato membro costiero dell’UE. Tuttavia, l’EMSA non ha effettuato visite in merito alla direttiva sull’inquinamento provocato dalle navi.

 

Impianti portuali di raccolta rifiuti 

Dal 2024 EMSA ha avviato controlli su questi impianti negli Stati membri.

La Direttiva IPR (gestione rifiuti nei porti) impone agli Stati membri di ispezionare il 15 % di tutte le navi che fanno scalo nei loro porti. Per la evoluzione della normativa UE e italiana vedi QUI e QUI.

Dalla analisi dei dati dell'EMSA effettuata nella Relazione emerge che solo sei Stati membri hanno rispettato l’obiettivo del 15 % nel 2023. Due Stati membri non hanno comunicato dati: Italia e Svezia).

 

I Controlli sul rispetto della normativa su ispezioni alle navi da parte degli Stati di approdo

Si tratta della Direttiva PSC (QUI) modificata dal Regolamento Fuel EU (QUI)

Dalla Relazione emerge che si è riscontrato che 11 Stati membri non hanno raggiunto i rispettivi valori-obiettivo in materia di ispezioni nel 2023.

Gli Stati membri possono decidere di mantenere le navi in porto fino a quando non siano state affrontate e colmate le gravi carenze individuate durante le ispezioni di cui alla direttiva PSC. Si tratta del cosiddetto “fermo”. La Relazione mostra che il tasso di fermo a seguito delle ispezioni di cui alla direttiva PSC è compreso tra il 3 % e il 4 %.

 


Sanzioni per scarichi illegali

Si fa riferimento alla Direttiva SSP (Direttiva 2005/35 e proposta di modifica) sull’inquinamento da navi e relative sanzioni penali e amministrative.

La Relazione ricorda che dal Documento della Commissione (QUI), già citato in precedenza, sulla valutazione di impatto della proposta di modifica della Direttiva 2005/35 sull’inquinamento da navi si sottolineava che le navi che scaricano illegalmente in mare sostanze inquinanti sono raramente soggette a sanzioni efficaci o dissuasive e che l’azione penale è rara. La direttiva SSP modificata introduce uno strumento obbligatorio tramite il quale gli Stati membri sono tenuti a comunicare le sanzioni applicate.

Però rileva la Relazione, la Direttiva SSP e proposte di modifica non introduce un sistema sanzionatorio a livello dell’UE armonizzato.

 



I FONDI DELL’UE HANNO SOSTENUTO PROGETTI PERTINENTI, MA HANNO INCONTRATO DIFFICOLTÀ A ESTENDERE I RISULTATI

A pagina 38 la Relazione elenca i fondi utilizzabili per finanziare progetti volti a contrastare l’inquinamento provocato dalle navi.

Secondo la Relazione gli auditor della Corte hanno chiesto alle direzioni generali competenti della Commissione, alle agenzie esecutive e agli Stati membri visitati un elenco dei progetti dell’UE volti a contrastare l’inquinamento provocato dalle navi nei mari dell’UE dal 2014 al 2023. In base alle informazioni ricevute, i finanziamenti dell’UE per tali progetti ammontano a oltre 216 milioni di euro nel periodo 2014-2023, destinati principalmente a migliorare gli impianti portuali di raccolta dei rifiuti, ma anche per la raccolta delle reti da pesca e per la ricerca. Tali informazioni sono tuttavia incomplete, in quanto la Corte ha riscontrato altri progetti pertinenti finanziati dall’UE non inclusi nei dati della Commissione. Le autorità francesi e tedesche hanno inoltre fornito solo dati parziali.

 


 

POCHE INFORMAZIONI SULLA CONTAMINAZIONE DELLE ACQUE MARINE E SUI RIFIUTI MARINI RICONDUCIBILI ALLE NAVI

La Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (QUI) impone (Per una sintesi di questa Direttiva vedi QUI) agli Stati membri di determinare il conseguimento di un buono stato ecologico sulla base di “descrittori” qualitativi (allegato 1 QUI), fra cui i contaminanti (“descrittore 8: Le concentrazioni dei contaminanti presentano livelli che non danno origine a effetti inquinanti.”) e rifiuti marini (“descrittore 10: Le proprietà e le quantità di rifiuti marini non provocano danni all’ambiente costiero e marino”). Detta Direttiva impone inoltre agli Stati membri di ridurre l’immissione nell’ambiente marino di sostanze provenienti da fonti specifiche, come le navi.

 

Dalla Relazione, in relazione agli obblighi della Direttiva sulla stategia per l'ambiente marisno si ricava:

1. Raramente è possibile collegare la percentuale di contaminanti monitorati alle fonti perché sono molteplici

2. L’80 % dei rifiuti marini proviene dalla terra e il 20 % dal mare

3. Gli Stati membri erano tenuti a preparare, entro ottobre 2024, una nuova serie di dati su rifiuti e contaminanti per il periodo di sei anni che va dal 2016 al 2021; al dicembre 2024, cinque Stati membri avevano trasmesso la propria serie di dati.

4. metodologie confuse applicate dagli Stati membri per valutare lo stato buono delle aree marine nonostante nel 2017 sia stata emanata apposita Decisione (QUI).

5. Nel 2019, l’Agenzia europea dell’ambiente ha riferito (QUI) che gli Stati membri stavano ancora utilizzando soglie differenti per valutare la concentrazione dei contaminanti.

6. Non esistono dati coerenti sui quantitativi annui di fuoriuscite di petrolio dalle navi nei mari dell’UE anche perché nella vigente normativa comunitaria mancano i livelli che definiscano quanto l’inquinamento sia considerato significativo (vedi definizione generica di inquinamento punto 8 articolo 3 Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino.

7. La Relazione ricorda un documento (QUI) del Centro di Ricerca della UE (JRC) sulla necessità di un’intesa comune sulle soglie minime per la comunicazione degli sversamenti di petrolio ai fini della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino.

La Commissione agevola il dibattito tra esperti nazionali, ma non verifica i dati di base sullo stato ecologico dei mari degli Stati membri e la metodologia utilizzati dalle autorità nazionali.


 

 

STRUMENTI DELL’UE CHE FORNISCONO INFORMAZIONI PUBBLICAMENTE DISPONIBILI SULL’INQUINAMENTO MARINO

La Relazione a conclusione ricorda:

1. il sistema d’informazione sulle acque marine per l’Europa (Marine Water Information System for Europe – WISE-Marine-QUI), ospitato dall’Agenzia europea dell’ambiente, è un portale per la condivisione di informazioni sull’ambiente marino a livello europeo. WISE Marine mostra i dati che ai sensi della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino sono comunicati dagli Stati membri su Reportnet, nonché dati provenienti da altre fonti: 

2. La rete europea di osservazione e di dati dell’ambiente marino (EMODnet QUI), finanziata e gestita dalla Commissione, è una fonte di dati, metadati e relativi prodotti di dati sui mari.

 

La Relazione sottolinea che i portatori di interessi, come le autorità degli Stati membri, possono inserire dati marini in EMODnet su base volontaria. La natura non obbligatoria della comunicazione a EMODnet genera lacune nei dati di quest’ultima.

Non vi è uno scambio sistematico di dati tra EMODnet e WISE-Marine come risulta:

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO Sull'attuazione della direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino (QUI)

COMMISSION STAFF WORKING DOCUMENT EVALUATION of the European Marine Observation and Data Network - EMODnet (QUI).

 


 

RACCOMANDAZIONI FINALI DALLA RELAZIONE

Raccomandazione 1 – Migliorare il funzionamento e l’efficacia degli strumenti di allerta anti-inquinamento dell’EMSA

Raccomandazione 2 – Rafforzare il monitoraggio dei controlli che gli Stati membri sono tenuti ad effettuare a norma delle direttive dell’UE

Raccomandazione 3– Dar seguito alle problematiche relative all’estensione dei progetti finanziati dall’UE che affrontano l’inquinamento prodotto da navi

Raccomandazione 4 – Migliorare la rendicontazione e il monitoraggio sullo stato ecologico delle acque marine.

 

 


Nessun commento:

Posta un commento