venerdì 6 dicembre 2019

Il DDL di abolizione del Parco Magra - Montemarcello – Vara è incostituzionale e anti UE


Il pensiero “forte” che sta dietro la richiesta di abolizione del Parco Montemarcello Magra si riassume in questa frase di uno dei sostenitori più accaniti della abolizione: “L’abolizione del parco non spegne le tutele in sua difesa, non annulla le normative regionali, ma consente ai Sindaci la pianificazione e la gestione delle zone, un’autonomia superiore agli enti locali. Dire che dopo si cementifica gratis è una bugia perché rimangono tutti i vincoli connessi.” 

Questa affermazione dimostra una profonda ignoranza (voluta o meno non mi interessa rilevarlo qui visto che questo è un post a valenza giuridico amministrativa e non certo politica) della normativa che disciplina le aree protette anche regionali e la collocazione di questa materia nell’ambito della Costituzione.

Vediamo perché…




LE RAGIONI DELLA INCOSTITUZIONALITÀ DEL  DDL
Il ddl (testo depositato QUI) è chiaramente incostituzionale perché non riconosce che:
1. le aree protette rientrano nella materia ambientale che è di competenza esclusiva dello Stato
2. l’ente parco a differenza del Comune tutela specificamente il bene ambiente naturale presente nel territorio dell’area protetta, mentre l’ente comunale tutela interessi diversi (la pianificazione territoriale in particolare) che non possono essere in mano allo stesso soggetto istituzionale. Peraltro al di la degli aspetti giuridici sappiamo bene come i territori di pregio naturalistico sono stati gestiti dai Comuni che proprio per ruolo e funzioni sono più influenzabili dagli interessi forti che si muovono sul territorio

A conferma di quanto sopra si veda la sentenza della Corte Costituzionale  n.44 del 2011: “ - Nel rispetto dei livelli uniformi, previsti dalla legislazione statale nell'esercizio  della competenza  esclusiva  in materia di tutela dell'ambiente, di cui all'art.117, secondo comma, lettera s), Cost. - e tale e' la materia delle aree protette, in  cui la legge n. 394 del 1991 costituisce fonte di  principi fondamentali (sentenze n. 20 e n. 315 del 2010; n.366 del 1992) - la Regione esercita la propria potestà legislativa, senza  potervi  derogare, mentre può determinare, sempre nell'ambito delle proprie competenze, livelli maggiori di tutela (sentenze n. 193 del  2010  e  n.  61  del 2009)

Insomma la tesi degli "abolizionisti" esprime un pensiero che visto in generale sulle aree protette cozza direttamente contro la Costituzione!
Si aggiunge che non possono essere accettabili, sempre sotto il profilo costituzionale come sopra riportato, certe proposte di “pseudo riforma”della organizzazione e delle funzioni di un Ente Parco che sopravviverebbe ma praticamente esautorato da ogni potere di pianificazione del territorio dell’area protetta con la eliminazione del potere di nulla osta sulle pratiche urbanistiche ed edilizie.
Infatti l’articolo 25 della legge quadro nazionale sulle aree protette regionali, in relazione agli strumenti di gestione del Parco, recita: “1. Strumenti di attuazione delle finalità del parco naturale regionale sono il piano per il parco e il piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili.
2. Il piano per il parco è adottato dall'organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione. Esso ha valore anche di piano paesisti co e di piano urbanistico e sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello.”



LA QUESTIONE DEL SIC ED IL CONTRASTO DEL DDL CON LA DIRETTIVA HABITAT E LA NORMATIVA NAZIONALE DI RECEPIMENTO DELLA STESSA
Il Parco Montemarcello Magra Vara in provincia della Spezia (Liguria – Italia) è considerato nella sua interezza Sito di importanza Comunitaria per la regione biogeografia mediterranea della Liguria. Si tratta del SIC IT1343502 soggetto alle misure sia generali che sito/specifiche della DGR n. 537 del 4 luglio 2017 sulle misure di conservazione dei SIC- ZSC  che ha integrato le precedenti le DGR 3 febbraio 2015 n. 73, 20 maggio 2016 n. 16 . Il tutto in attuazione della Direttiva del Consiglio del 21 maggio 1992 - 92/43/CEE e s.m.i.: relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
La storia del territorio di questo Parco dimostra che la maggior parte dei danni al territorio della Val di Magra  è stata prodotta prima della istituzione del Parco e anche dl SIC in termini di: escavazione nel letto del fiume, discariche abusive, violazione dei limiti di costruzione dalle aree esondabili, abusivismo edilizio, riduzione dell’habitat, eutrofizzazione per eccesso di inquinanti, interventi idraulici che hanno alterato la naturalità del fiume e della vegetazione spondale.

Queste criticità sono ben evidenziate dalla DGR n. 537 del 4 luglio 2017 che definisce le misure di  conservazione di questo SIC-ZSC.

Non solo ma la prospettata abolizione del Parco Montemarcello Magra Vara comporterebbe anche l’abolizione dell’Ente Parco che ad oggi è anche l'ente gestore del sito IT1343502 “Parco della Magra - Vara” vale a dire dell’Ente che, secondo le misure di conservazione del sito, deve  predisporre il piano di gestione, preferibilmente integrato al Piano del Parco, e le eventuali modifiche nonché il controllo del rispetto dei contenuti di detti Piani come pure della gestione degli strumenti amministrativi previsti dalla normativa nazionale di recepimento della Direttiva Habitat: valutazione di incidenza in primo luogo.
Ne è pensabile che la Provincia, come cerca di fare il ddl in questione, nella sua attuale situazione organizzativa e funzionale possa supplire alla gestione del SIC al posto dell’Ente Parco. Sia sufficiente ricordare che lo stesso ddl  di riforma della legge regionale dei parchi sia all’articolo 2 che all’articolo 18 rimuove le competenze delle Province in materia di istituzione sia dei parchi regionali che delle aree protette di interesse provinciale! E se è vero che l’articolo 10 della legge regionale 28/2009 (tutela e valorizzazione biodiversità) riconosce un ruolo di gestore dei siti natura 2000 alle Provincie lo riconosce in primo luogo agli enti parco quando esistono ( e il Parco Magra esiste per ora) come pure alla Regione. 

In realtà dietro il disegno di legge regionale di abolizione del Parco Montemarcello Magra Vara ci sia la volontà di abolire o quanto meno depotenziare l’organizzazione dei controlli e le procedure amministrative  del SIC-ZSC   IT1343502 “Parco della Magra - Vara” seguendo peraltro una procedura non conforme alle norme comunitarie in materia di tutela della biodiversità.

Il disegno di legge regionale di abrogazione del Parco MonteMarcello Magra Vara classificato SIC come sopra riportato, appare in palese contrasto con l’articolo 9 della Direttiva 92/43/CEE e s.m.i. secondo il quale la procedura per il declassamento di un Sito di Importanza Comunitaria deve avvenire secondo la istruttoria di cui agli articoli 5 e 7 della Decisione 1999/468/CE così come modificata dalla Decisione 2006/512/CE conclusa con valutazione della Commissione UE laddove l'evoluzione naturale riscontrata grazie alla sorveglianza prevista dall'articolo 11 lo giustifichi.

Non a caso la Direttiva Habitat (92/43) all’articolo 2 afferma che: “3. Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali
Tali particolarità vanno tradotte, tra le altre, nelle: “opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all'allegato I e delle specie di cui all'allegato II presenti nei siti.” (comma 1 articolo 6 Direttiva Habitat).

Come si vede la Direttiva tra gli strumenti per tutelare i siti Habitat designati dagli Stati membri, distingue le misure di conservazione e i piani di gestione dalle misure amministrative.  Infatti le Linee Guida della Commissione sulla interpretazione dell’articolo 6 della Direttiva Habitat, a pagina 22,  affermano:  “Le parole <<all’occorrenza>> si riferiscono unicamente ai piani di gestione e non alle misure regolamentari, amministrative o contrattuali. Di conseguenza, anche se uno Statomembro ritiene superfluo un piano di gestione, esso dovrà comunque adottare tali misure”.
E’ indiscutibile che tra le misure amministrative rientrino anche la organizzazione della gestione di detti siti.  Quindi non si tratta di intervenire nelle competenze interne tra diversi enti degli stati membri, cosa non prevista dal diritto comunitario, ma di verificare se il modello organizzativo (misure amministrative appunto)  è adeguato a tutelare il sito Habitat.

Infatti il Decreto Ministeriale 3 settembre 2002 (Linee guida per la gestione dei siti Natura 2000) mette in rilievo principi di modello organizzativo fondamentali ai fini del ragionamento che sottende alla  Petizione presentata al Parlamento UE (su iniziativa del gruppo consiliare regionale 5stelle Liguria) presentata in relazione alla inadeguata tutela dei siti habitat in questa Regione. In particolare secondo detto Decreto:
1. si devono individuare soluzione organizzative che integrino la gestione dei siti habitat con quella dei Parchi, si veda in particolare questo passaggio dove si afferma che: “la  rete  Natura 2000 non intende sostituirsi  alla  rete  dei  parchi,  ma  con  questa integrarsi per garantire  la  piena  funzionalità  di  un certo numero di habitat e l'esistenza  di  un determinato insieme di specie animali e vegetali.”
2. individuare soluzione organizzative che tengano conto delle peculiarità ambientali  locali, dove si afferma: “Laddove sia possibile e adeguato  al  tipo  di funzione svolta, potrà essere scelto anche un altro   soggetto   responsabile  della  gestione  del  territorio  da proteggere  (ad  esempio, comuni, comunità montane, soggetti gestori di  aree  protette)“.
Si ricorda che dette linee guida nazionali non sono automaticamente vincolanti per gli stati membri ma essendo interpretazione ufficiale della Direttiva Habitat gli stati membri devono tenerle in considerazione nella attuazione della stessa.
Le linee guida nazionali (DM del 2002 sopra citato) nelle premesse affermano: “Scopo  di  queste  linee  guida  è l'attuazione della strategia comunitaria e nazionale  rivolta  alla  salvaguardia della natura e della  biodiversità,  oggetto  delle  direttive  comunitarie habitat (dir. n. 92/43/CEE) e uccelli (dir. n. 79/409/CEE). Le  linee  guida  hanno  valenza di supporto tecnico-normativo alla elaborazione  di  appropriate  misure  di  conservazione funzionale e strutturale,  tra  cui  i  piani  di  gestione, per i siti della rete Natura 2000.”

Peraltro l’integrazione tra gestione siti Habitat e Parchi la ritroviamo nel DPR 357/1997  e successive modifiche. Il Dpr costituisce il regolamento di attuazione della Direttiva Habitat in Italia. In particolare detto Dpr 357/1997 all’articolo 4 afferma che: “Qualora le zone speciali di conservazioni ricadano all’interno di aree naturali protette si applicano le misure di conservazione per queste previste dalla vigente normativa”.
Nella suddetta direzione si veda  Consiglio di stato ( Sez. VI n. 6048 del 29 novembre 2012). Secondo questa sentenza pur essendo la procedura di istituzione dei siti habitat distinta da quella delle aree protette, nel caso di sovrapposizione delle due perimetrazioni sussiste una inevitabile (in questo caso ex lege) uniformità nelle misure di conservazione.
Possiamo quindi affermare, pur nella consapevolezza della distinzione delle due normative, la necessità che, prima della approvazione del disegno di legge regionale di  abolizione del Parco Montemarcello Magra Vara, venga attivata la procedura di cui all’articolo 9 della Direttiva Habitat che prevede una valutazione periodica della Commissione UE sulla gestione dei Sic e in questa valutazione come previsto dall'art. 6 di detta Direttiva anche le misure amministrative di gestione del Sic quindi di conseguenza il modello organizzativo di gestione dello stesso.  

Questa richiesta assume una maggiore valenza sistemica se integrata con la già citata Petizione  al Parlamento europeo ai sensi degli articoli 20 e 227 del Trattato CE sulla violazione della normativa comunitaria in materia di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. In particolare in detta Petizione si descrivevano, come nella Regione Liguria, interventi sia in ambito marino che terrestri potessero produrre impatti su Siti di Importanza Comunitaria ai sensi della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche.
Secondo detta Petizione la Regione Liguria e gli altri enti competenti, secondo la normativa nazionale e regionale, hanno più volte sostenuto una applicazione permissiva della  normativa in materia  prevedendo la valutazione di incidenza solo ed unicamente per interventi che rientrano formalmente nel perimetro del SIC.  Tra i casi più o meno recenti che venivano segnalati dalla Petizione: la discarica Lotto 6 di Sanremo (provincia di Imperia), il ripascimento della baia di San Michele  a Rapallo (GE), il dragaggio/ripascimento nella baia di Levanto (SP), Dragaggio del tratto terminale del Magra (SP), Cave Monte Parodi e Fornace (SP).  In data 26 aprile 2017 ad integrazione della Petizione si era inviata una nova segnalazione relativa ad un nuovo ripascimento nella baia di San Michele a Rapallo con rischio di danneggiare la Prateria di Posidonia.


Alla luce di quanto sopra esposto risulta emblematica la risposta del Presidente della Commissione per le Petizioni in relazione alla Petizione presentata dal gruppo consiliare regionale 5stelle della Liguria. La risposta conferma i rischi di contrasto con la normativa Habitat del disegno di legge in questione. 


ma c'è di più dietro questo disegno di legge di abolizione del Parco Montemarcello Magra Vara ... 


DIETRO LA ABROGAZIONE DEL PARCO MAGRA MONTEMARCELLO ESISTE UN DISEGNO DI DEPONTEZIAMENTO DEGLI ENTI PARCO A FAVORE DI UNA GESTIONE CENTRALIZZATA DELLA REGIONE
Il disegno di legge di abolizione del Parco Montemarcello Magra Vara  non è casuale ma si inserisce in un disegno complessivo che mira a trasformare i Parchi liguri in una sorta di enti decentrati della Regione come dimostra la recente riforma della legge regionale sulle aree protette impugnata peraltro dal Governo di fronte alla Corte Costituzionale.
Riporto di seguito il ricorso del Governo,  mettendolo a confronto con il testo della legge regionale  19 aprile 2019 n°3 (che ha modificato la legge quadro regionale sulle aree protette,  relativamente alle parti che riguardano la competenza dello statuto dell’Ente Parco e delle funzioni degli organi dell’Ente Parco. 


1.COMPOSIZIONE COMUNITÀ DEL PARCO

Testo  Legge Regionale impugnata alla Corte Costituzionale
Articolo 7
(Sostituzione dell’articolo 11 della l.r. 12/1995)
1.L’articolo 11 della l.r. 12/1995 e successive modificazioni e integrazioni, è sostituito dal seguente:  
“Articolo 11
(Comunità del parco)
1.I presidenti delle province e i sindaci dei comuni o loro delegati, nei cui territori sono ricomprese le aree naturali protette, costituiscono la Comunità dell’area naturale protetta, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione territoriale calcolata, nel rispetto di quanto previsto dal presente comma, sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale con propria deliberazione
2.Fanno parte, altresì, della Comunità, sei rappresentanti designati dalle organizzazioni professionali agricole e artigianali maggiormente rappresentative a livello regionale, due designati dagli ambiti territoriali di caccia (ATC) e dai comprensori alpini (CA) e dalle associazioni pescasportive maggiormente rappresentative, uno dalle associazioni ambientaliste, uno dalla Direzione scolastica regionale e uno dall’Università di Genova. A tali rappresentanti è riservata una quota di partecipazione fissa, non calcolata su criteri territoriali, pari a due centesimi ciascuno.
3.La composizione della Comunità del parco, secondo i criteri previsti dai commi 1 e 2, e le modalità del suo funzionamento sono stabilite dallo Statuto dell’Ente.”

Testo ricorso Governo alla Corte Costituzionale
I commi 1, 2 e  3  della nuova disposizione regionale attribuiscono alla Giunta regionale il compito di determinare criteri partecipativi degli enti locali alla Comunità del Parco di ogni area  naturale protetta in base a quote di superficie territoriale.
Risulta in tal modo violato  l'art.  24  della  legge  quadro  in materia di aree protette n. 394  del  1991   

Art. 24 - Organizzazione amministrativa del parco naturale regionale
1. In relazione alla peculiarità di ciascuna area interessata, ciascun parco naturale regionale prevede, con apposito statuto, una differenziata forma organizzativa indicando i criteri per la composizione del consiglio direttivo, la designazione del presidente e del direttore, i poteri del consiglio, del presidente e del direttore, la composizione ed i poteri del collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza tecnica e scientifica, le modalità di convocazione e di funzionamento degli organi statutari, la costituzione della comunità del parco.
2. Nel collegio dei revisori dei conti deve essere assicurata la presenza di un membro designato dal Ministro del tesoro.
3. Gli enti di gestione dei parchi naturali regionali possono avvalersi sia di personale proprio che di personale comandato dalla regione o da altri enti pubblici.
che  demanda  la disciplina  dell'organizzazione  amministrativa  del  parco  naturale regionale,  in  relazione  alla  peculiarità   di   ciascuna   area interessata”, alle previsioni di uno specifico statuto. E' tramite lo statuto, infatti, che  va  regolato  il  funzionamento  degli  organi statutari e la costituzione della comunità del parco.


2.FUNZIONI COMUNITÀ DEL PARCO : PIANO PLURIENNALE ECONOMICO SOCIALE

Testo Legge Regionale impugnata alla Corte Costituzionale
Articolo 7
(Sostituzione dell’articolo 11 della l.r. 12/1995)
4. La Comunità concorre all’elaborazione del Piano pluriennale socio-economico nei modi previsti all’articolo 22.”

Testo ricorso Governo alla Corte Costituzionale
Il comma 4 del nuovo articolo 11 della legge regionale si pone in  contrasto con il disposto di cui all'art. 10, comma 3, della  citata  legge  n. 394 del 1991, che prevede che la  Comunità  del  Parco  deliberi  in merito al Piano pluriennale economico sociale.”


3. FUNZIONI COMUNITÀ DEL PARCO: PARERE SUL PIANO PLURIENNALE ECONOMICO SOCIALE

Testo Legge Regionale impugnata alla Corte Costituzionale
Articolo 7
(Sostituzione dell’articolo 11 della l.r. 12/1995)
5. La Comunità ha, inoltre, funzione consultiva dell’Ente di gestione dell’area protetta. In particolare, esprime parere obbligatorio o vincolante, secondo le previsioni dello Statuto:
a) sulle variazioni dello Statuto dell’Ente;
b) sul piano dell’area protetta;
c) sul regolamento dell’area protetta;
d) sul bilancio e sul conto consuntivo;
e) su altre questioni previste dallo Statuto;
f) su altre questioni, a richiesta della maggioranza dei membri del Consiglio direttivo.”

Testo ricorso Governo alla Corte Costituzionale
Il comma 5 del nuovo articolo 11 della legge regionale risulta in palese contrasto con l'art.
10, comma 2, della legge n. 394 del 1991 citata, secondo il quale «2. La Comunità del parco è organo consultivo e  propositivo  dell'Ente parco. In particolare, il suo parere e' obbligatorio». Dalla  lettera della  norma  statale non si evince alcun espresso riferimento all'efficacia vincolante del parere, neppure con rinvio allo  statuto dell'ente parco. A conferma di ciò, si  richiama, altresì,  il comma 3 dell'anzidetto art. 10 della legge n. 394 del 1991 citata, da cui si evince che la Comunità non è  totalmente autonoma neppure nell'approvazione del  piano  pluriennale  economico  e  sociale;  in quella sede istruttoria è, infatti, previsto  il  parere  vincolante del consiglio direttivo dell'ente parco, ma in nessun caso si prevede un parere vincolante della Comunità che resta un organo consultivo,a pena di stravolgere la ratio dell'impalcatura istituzionale dell'ente parco: ente con natura di soggetto amministrativo ad elevata specializzazione tecnico scientifica, con rilevante indipendenza dalle strutture di derivazione politico rappresentativa.


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