martedì 17 dicembre 2019

Autorizzazione progetto biodigestore Vezzano Ligure e pianificazione urbanistica comunale

Alla audizione sul progetto di biodigestore in località saliceti (Vezzano Ligure) nella IV Commissione del Consiglio Regionale ligure ieri si è discusso tra l’altro della questione del contrasto tra la attuale destinazione funzionale del PUC di Vezzano con la localizzazione del sito del biodigestore. Si sono scontrate due tesi: la destinazione funzionale è zona residenziale/agricola mentre per la Regione è industriale/artigianale.

Messa così la diatriba non chiarisce i veri termini della questione che riguarda invece principalmente il rapporto tra la eventuale e cmq futura, per ora, autorizzazione al progetto in questione e la normativa che disciplina il rapporto tra questo atto e la pianificazione urbanistica comunale


LA DISCIPLINA DEL RAPPORTO TRA AUTORIZZAZIONI IMPIANTI RIFIUTI E PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE
La legge interpretata in modo letterale afferma che le autorizzazioni costituiscono varianti automatiche ai piani urbanistici:
1. ex comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006 se l’impianto verrà assimilato agli impianti di rifiuti
2. ex comma 3 articolo 12 DPR 387/2003 se l’impianto verrà assimilato (come il biodigestore previsto per Isola del Cantone)  agli impianti da fonti rinnovabili.


Prima questione da chiarire: il biodigestore è un impianto di gestione rifiuti
Il progetto su Saliceti è sicuramente assoggettabile alla disciplina dei rifiuti (quindi autorizzazione ordinaria ex articolo 208 del DLgs 152/2006 o Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA) ex titolo III-bis alla Parte II del DLgs 15272006 a seconda delle quantità e qualità dei rifiuti trattati). Come afferma recente giurisprudenza  : “Pare quindi non potersi revocare in dubbio che le attività di compostaggio di rifiuti nonché l’attività di trattamento anaerobico di rifiuti finalizzata alla creazione di biogas e, dipoi, alla produzione di energia o calore, debbano essere annoverate tra le attività di recupero dei rifiuti, la quale attività appartiene al ciclo di gestione dei rifiuti (art. 183 lett. n D. L.vo 152/06) ed è quindi soggetta alla relativa disciplina, nella quale è compresa la programmazione territoriale di settore.” [NOTA 1]


La disciplina autorizzatoria applicabile al progetto di biodigestore su Saliceti (Vezzano Ligure)
Quindi si applica, viste le dimensioni del rifiuto organico trattato secondo il progetto, la disciplina dell’AIA.  Secondo il comma 11 articolo 29-quater del DLgs 152/2006: “Le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi del presente decreto, sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco dell'Allegato IX alla Parte Seconda del presente decreto. A tal fine il provvedimento di autorizzazione integrata ambientale richiama esplicitamente le eventuali condizioni, già definite nelle autorizzazioni sostituite, la cui necessità permane”.  Quindi anche l’AIA assorbendo la autorizzazione settoriale ex articolo 208 del DLgs 152/2006 produce l’effetto di variante al piano urbanistico comunale.

Occorre aggiungere per ulteriore precisazione che il procedimento in corso relativo al progetto di biodigestore su Saliceti è disciplinato dall’articolo 27-bis del DLgs 152/2006 (provvedimento autorizzatorio unico regionale, di seguito PAUR) che al comma 7 recita: “La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita”.  Quindi i principi anche in termini di efficacia delle autorizzazioni interne al PAUR restano validi.  Sul punto ha chiarito definitivamente la Corte Costituzionale (sentenza n°198/2018): “Il provvedimento unico non sostituisce i diversi provvedimenti emessi all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale, che possono interessare la realizzazione del progetto, ma li ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi (comma 7, del nuovo art. 27-bis cod. ambiente, introdotto dall’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2017).”



LA INTERPRETAZIONE DELLA GIURISPRUDENZA SULLA DISCIPLINA DEL RAPPORTO TRA AUTORIZZAZIONI IMPIANTI RIFIUTI E PIANIFICAZIONE URBANISTICA COMUNALE
Quindi discorso chiuso? Il Comune territorialmente competente non può fare nulla? Non direi proprio perché le norme sopra descritte vanno intepretate alla luce della giurisprudenza che ha chiarito due questioni essenziali:
1. a che livello di pianificazione (nazionale, regionale, provinciale, locale) si applica la norma che prevede che l’autorizzazione all’impianto rifiuti vada in variante alla pianificazione vigente
2. cosa si intende per automaticità della variante per effetto della autorizzazione
Come vedremo le due questioni si tengono insieme e non possono essere separate.


Livello di pianificazione a cui è applicabile la automaticità della variante
Consiglio di Stato con sentenza n. 5658 del 11/12/2015  interpreta il già citato comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006 ricordando che questo fa riferimento solo allo strumento urbanistico comunale e non ad altri piani sovraordinati al livello locale (ad esempio piani territoriali di coordinamento provinciali, piani regionali territoriali, piani paesaggistici etc.) Afferma il Consiglio di Stato: “il comma 6 dell’art. 208 fa esplicito richiamo allo <<strumento urbanistico>> declinato oltre tutto al singolare, il che rafforza ulteriormente l’idea che la disposizione si riferisce alla compromissione del solo potere urbanistico rilevante per il singolo comune nel cui territorio si vuole installare l’infrastruttura;…”.
In altri termini secondo il Consiglio di Stato l’autorizzazione all’impianto di gestione rifiuti può costituire variante urbanistica, ai sensi del citato comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006, solo con riferimento ai piani di livello comunale e locale. Il che significa che se il prospettato impianto andasse in variante ad altri strumenti di pianificazione non solo non ci sarebbe variante automatica ma addirittura per quei piani occorrerebbe la VAS.
Conclude sul punto il Consiglio di Stato: “la legge statale ha individuato il punto di equilibrio fra i contrapposti interessi coniugando il massimo della semplificazione burocratica facente capo ai tre livelli di governo territoriale (regione, provincia e comune) relativamente agli atti e provvedimenti individuali, con la compromissione dei poteri pianificatori al minore livello possibile (che è quello urbanistico comunale);”.


Quale livello di automaticità della variante per effetto della autorizzazione
Il Consiglio di Stato con sentenza n° 4734 del 2019 (in relazione ad un impianto di trattamento rifiuti) ha avuto modo di affermare che è la Conferenza dei Servizi la sede dove verificare l’applicazione di detta automaticità, per cui solo in quella sede si potrà dimostrare che la applicazione della norma che prevede che la autorizzazione all’impianto costituisce variante automatica al PUC vigente non comporti impatti ambientali sociali ed economici non superabili [NOTA 2].
Secondo detta sentenza del Consiglio di Stato sono corrette le conclusioni cui è pervenuto il Tar – senza impingere certamente nella discrezionalità delle valutazioni rimesse alla conferenza di servizi e all’autorità deliberante – per cui “non è consentito negare l’approvazione del progetto di un impianto ai sensi dell'art. 208, giustificando il diniego con la formale mancanza del previo rilascio di titoli ed autorizzazioni presupposte, in quanto, costituendo il provvedimento regionale finale anche atto sostituivo di quelle, la conferenza diviene proprio il luogo procedimentale in cui deve essere discussa la possibilità attuale di ottenimento di siffatte condizioni presupponenti”.
Conclude il Consiglio di Stato: “La tesi del Tar è condivisibile. Il Collegio osserva che la norma dell’art. 208, comma 6, del d.lgs. n. 152/2006, che attribuisce valenza di variante urbanistica agli atti di approvazione dei progetti di realizzazione/ampliamento di discariche quando l’ente competente approva il progetto, non possa certo essere interpretata nel senso che un progetto debba essere approvato necessariamente”.

Ovviamente il Comune non potrà limitarsi ad un no generico in conferenza dei servizi ma motivare con: “un’indagine in concreto sulla situazione infrastrutturale della zona piuttosto che essere “astrattamente ricondotte alla destinazione urbanistica dell'area.”


Insomma i giochi non sono fatti per niente anche perché la non conformità urbanistica, a prescindere dal ragionamento svolto sopra relativo alla autorizzazione in variante al piano urbanistico comunale deve essere valutata anche nella VIA (e la VIA abbiamo visto fa parte del procedimento di PAUR). 


LA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE E LA NON CONFORMITÀ URBANISTICA
Il Consiglio di Stato (Sez. VI, 28/8/2008 n° 4097, QUI)  ha precisato che nella VIA “La conformità urbanistica del progetto alle previsioni urbanistiche comunali […] costituisce, contrariamente a quanto prevede l’appellante, elemento indispensabile della valutazione."  NON SOLO MA  in coerenza con quanto sopra la questione della conformità dell’opera agli strumenti di pianificazione deve essere intesa nel senso che il giudizio di conformità deve essere reso con riferimento  anche agli eventuali profili di tutela ambientale.  Si veda anche TAR Basilicata 805/2004 (QUI).
Più recentemente TAR Campania n. 2279 del 2018 (vedi QUI) ha affermato che la compatibilità di un impianto di rifiuti con una determinata destinazione funzionale (agricola o meno) prevista dalla pianificazione urbanistica deve essere valutato non in astratto ma in concreto rispetto cioè alle caratteristiche ambientali naturalistiche sanitarie socio economiche del sito interessato. In particolare il TAR Campania precisa: “il riscontrato vizio di non conformità delle opere assentite con le previsioni urbanistiche date dal PRG per l’area di insistenza dell’impianto (avente destinazione a zona E – agricola). Anche in questo caso, allora, ritiene il Collegio che non possano non valere le considerazioni prima svolte circa la non incompatibilità dell’impianto con le ridette prescrizioni di zona, specie allorché non siano state effettuate valutazioni di tipo concreto (e non meramente astratto, come invece fatto dal Comune).”
Valutazioni in concreto appunto ma comunque la non conformità urbanistica è elemento di valutazione per dimostrare la non compatibilità ambientale del sito con il progetto di impianto sottoposto a VIA!








[NOTA 1] TAR Piemonte, Sez. I n. 987  del 30 agosto 2012,  confermato da Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1649, del 8 aprile 2014   QUI ,  confermata da Consiglio di Stato 1649/2014  QUI

[NOTA 2]  “Alla luce di tale natura della conferenza di servizi, la sentenza impugnata ha sottolineato che, in tale sede, i partecipanti non sono chiamati ad esprimersi in qualità di titolari di autonome competenze, ma di interlocutori di un confronto che si conclude con un provvedimento della regione; esso, ove sia di approvazione, ai sensi del citato art. 208, comma 6, secondo periodo, << sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori>>. Perciò, nella conferenza avrebbe concretamente dovuto essere esaminata la conformità alle prescrizioni urbanistiche comunali di una possibile modificazione di destinazione d’uso dell'impianto e della realizzazione di nuove opere connesse,”

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