La Corte Costituzionale con sentenza n° 77 del 25 marzo 2022 (QUI) ha dichiarato la incostituzionalità di una norma regionale che prevedeva, nelle more della approvazione del piano Regionale volto a definire le aree idonee e non idonee per gli impianti da fonti rinnovabili, la sospensione delle procedure di autorizzazione degli stessi.
LA NORMA REGIONALE IMPUGNATA
Nelle more dell'individuazione in via amministrativa delle aree e dei siti inidonei all'installazione di specifici impianti da fonti rinnovabili, così come previsto dal decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti Rinnovabili), sono sospese le installazioni non ancora autorizzate di impianti di produzione di energia eolica di ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a terra e di impianti per il trattamento dei rifiuti, inclusi quelli soggetti ad edilizia libera, nelle zone agricole caratterizzate da produzioni agro-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio rurale.La Giunta regionale è tenuta a proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione di cui al comma 1, ai sensi del decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti Rinnovabili), entro e non oltre il 31 dicembre 2021. 3. Qualora la Giunta non rispetti questo termine, cessano le sospensioni.
LE
MOTIVAZIONI DELLA CORTE COSTITUZIONALE PER DICHIARARE LA INCOSTITUZIONALITÀ
DELLE NORMA REGIONALE IMPUGNATA
La
Corte ricorda preliminarmente che le disposizioni impugnate attengono al regime
abilitativo degli impianti di energia da fonti rinnovabili e, pertanto,
coinvolgono la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale
dell'energia», che l'art. 117, terzo comma, Cost. affida alla legislazione
concorrente di Stato e Regioni.
In
tale ambito - per costante giurisprudenza di questa Corte - le Regioni sono
tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale
e in buona parte racchiusi nel d.lgs. n. 387 del 2003 (ex multis sentenze n. 11
del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020).
In
particolare la disciplina che regola l’autorizzazione degli impianti in oggetto
è data dall’articolo 12 del dlgs 387/2003 e s.m.i. e le linee
guida ministeriali ex Decreto 10 settembre 2010.
Secondo la Corte non è accettabile, sulla base del vigente quadro normativo nazionale di derivazione comunitaria sopra ricordato, che la dilazione dei termini trovi una giustificazione nella funzione che la stessa legislazione statale assegna all'istruttoria affidata alle Regioni e alle Province autonome in merito alla individuazione delle aree e dei siti non idonei.
Al
contrario, la sospensione delle procedure, in attesa del compimento della
citata istruttoria che confluisce nella pianificazione regionale, contraddice
la ratio di tale strumento.
Mentre
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei serve - nel disegno statale -
a semplificare e ad accelerare la valutazione che deve poi, in via definitiva,
compiersi nell'ambito del procedimento di autorizzazione, per converso, nella
prospettazione che emerge dall'art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021,
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei viene indebitamente a
trasformarsi in elemento ostativo delle procedure autorizzative, che comporta
una dilazione dei termini.
Diverso,
invece, è il caso in cui l'intervento legislativo regionale, come in una
questione di recente esaminata da questa Corte (con la sentenza n. 11 del
2022), abbia la finalità di anticipare, sul piano temporale, l'efficacia
dell'atto che individua i siti non idonei; tale anticipazione dell'efficacia si
pone, infatti, in linea di continuità con le esigenze di celerità e non incide
sulla natura dell'atto amministrativo di programmazione, il quale non preclude
eventuali differenti valutazioni effettuate in concreto nell'ambito del
procedimento autorizzativo.
Al
contrario, il ritardo nel completamento dell'istruttoria non giustifica una
sospensione disposta con legge regionale di procedure autorizzative, alle quali
spetta - secondo i principi statali - il precipuo compito di valutare e
contemperare in concreto tutti gli interessi coinvolti, compresi quelli evocati
dalla disposizione regionale impugnata, vale a dire la tutela delle produzioni
alimentari di qualità e di particolare pregio rispetto al contesto
paesaggistico-culturale.
La
mancanza della previa istruttoria effettuata in sede di pianificazione non
comporta - come invece testualmente si legge nell'articolo impugnato della
legge della Regione Abruzzo - il rischio di «compromettere o interferire
negativamente con la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e
del paesaggio rurale». Tutti gli interessi coinvolti, compresi quelli sopra
menzionati, vengono infatti ponderati nella sede del procedimento di
autorizzazione e la mancanza della previa istruttoria regionale implica solo
l'insussistenza di una valutazione di primo livello, che avrebbe reso più
agevole e celere il giudizio da operare in concreto nel procedimento
autorizzativo.
In
definitiva, la moratoria imposta dal legislatore regionale dell'Abruzzo con
l'art. 4 impugnato vìola i principi fondamentali della materia, che affidano a
celeri procedure amministrative il compito di valutare in concreto gli
interessi coinvolti nell'installazione di impianti di produzione dell'energia
da fonti rinnovabili. Tali valutazioni amministrative non possono essere
condizionate e limitate da criteri cristallizzati in disposizioni legislative
regionali (sentenze n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del
2014 e n. 44 del 2011), né a fortiori possono essere impedite e, sia pure temporaneamente,
ostacolate da fonti legislative regionali.
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