Sentenza della Corte Costituzionale n°45 del 28 febbraio 2022 (QUI) che afferma
la incostituzionalità di due norme regionali che:
1. derogano al potere statale di individuazione dei beni culturali e
non attraverso leggi regionali
2. che delegano al Comune la definizione di piani di recupero beni
dichiarati culturali dalla Regione, piani poi da essere recepiti nel Piano
Paesaggistico
MODALITÀ DI INDIVIDUAZIONE EX LEGE REGIONALE DEI BENI CULTURALI
La Regione persegue la valorizzazione del patrimonio storico-culturale della costa molisana promuovendo l'utilizzo dei trabucchi nel rispetto della loro naturale destinazione e della conformità ai valori tradizionali tipici degli stessi e secondo le modalità di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). A norma del successivo comma 2 la legge regionale prevede che “trabucchi [NOTA 1] e l'area circostante fino ad una fascia di 50 metri dal sedime sono considerati beni culturali sottoposti alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 42/2004”.Secondo
la Corte Costituzionale i trabucchi molisani vengono fatti rientrare, ex lege,
nella categoria dei beni culturali, e sottoposti - per espressa previsione
della norma impugnata - alla disciplina dettata dal d.lgs. n. 42 del 2004. Ne
deriva l'effetto giuridico di produrre, su di essi, i vincoli tipici della
speciale tutela dei beni culturali che è prevista da quella stessa fonte
statale, ai fini, tra l'altro, di «preservare la memoria della comunità
nazionale» (art. 1, comma 2, cod. beni culturali).
Intervenendo
nella funzione di "individuazione" dei beni culturali, il legislatore
molisano - peraltro, agendo in antitesi rispetto alle finalità indicate dal
comma 1 dell'art. 1 della legge reg. Molise n. 12 del 2020, protese alla sola
«valorizzazione» dei trabucchi, in coerenza con il riparto costituzionale delle
competenze legislative - ha pertanto violato la competenza legislativa che la
Costituzione riserva in via esclusiva allo Stato nella materia della tutela dei
beni culturali (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.).
Va,
inoltre, evidenziato che, secondo la norma impugnata, sono destinati a rientrare
nella nozione di «bene culturale», con conseguente assoggettamento alla
disciplina della Parte seconda cod. beni culturali, tutti i trabucchi esistenti
sul territorio della Regione, senza distinzione in ordine all'epoca della loro
realizzazione. Anche i trabucchi di più recente costruzione, pertanto, ed anche
quelli che in futuro verranno costruiti sono, così, considerati come «beni
culturali sottoposti alla disciplina di cui al decreto legislativo n. 42/2004».
Ciò determina un ulteriore profilo di contrasto con la disciplina interposta di
cui al d.lgs. n. 42 del 2004, la quale - con disposizione applicabile, tra
l'altro, alle «architetture rurali aventi interesse storico od
etnoantropologico quali testimonianze dell'economia rurale tradizionale» (art.
10, comma 4, lettera l) - esclude che possano essere assoggettate a tutela
culturale le cose che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione non
risalga ad oltre settanta anni (art. 10, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004).
Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimità costituzionale
della norma regionale impugnata ivi compresa la parte che
si riferisce all'«area circostante fino ad una fascia di 50 metri dal sedime»,
in quanto (pur se non specificamente contestata dal ricorrente) strettamente ed
inscindibilmente connessa con l'individuazione dei trabucchi come bene
culturale.
LA LEGGE REGIONALE NON Può TRASFERIRE AI COMUNI LA
DEFINIZIONE DEI CONTENUTI DEL PIANO PAESAGGISTICO
La
secondo norma regionale impugnata affida ai Comuni il compito di redigere piani
per il recupero, il ripristino e la conservazione dei trabucchi, insieme alla
previsione di cui al comma 2, che dispone il recepimento di detti piani
comunali nel Piano paesaggistico regionale.
Secondo la Corte Costituzionale in tema di tutela e di pianificazione paesaggistica, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte ribadito, anche di recente, che «è necessario salvaguardare la complessiva efficacia del piano paesaggistico, ponendola al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle amministrazioni locali» (da ultimo, sentenze n. 24 del 2022, n. 219 e n. 74 del 2021; in precedenza, sentenza n. 182 del 2006). La premessa è la cogenza del piano paesaggistico regionale per gli strumenti urbanistici dei Comuni, delle Città metropolitane e delle Province e la sua immediata prevalenza rispetto alle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici (art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004).
Sempre
secondo la Corte Costituzionale il trasferimento delle decisioni operative
concernenti il paesaggio alla dimensione pianificatoria comunale «si pone in
contraddizione con il sistema di organizzazione delle competenze delineato
dalla legge statale a tutela del paesaggio, che costituisce un livello uniforme
di tutela, non derogabile dalla Regione, nell'ambito di una materia a
legislazione esclusiva statale ex art. 117 Cost., ma anche della legislazione
di principio nelle materie concorrenti del governo del territorio e della
valorizzazione dei beni culturali» (sentenza n. 182 del 2006, punto 2.2.
del Considerato in diritto). La legge regionale non può, dunque, riservare alla
pianificazione comunale interi contenuti del piano paesaggistico regionale,
quale quello delle aree costiere su cui insistono i trabucchi. La prevalenza di
quest'ultimo rispetto agli strumenti urbanistici dei Comuni, stabilita
dall'art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, conduce ad escludere che,
all'inverso, un piano comunale debba essere "recepito - come
impone la norma molisana impugnata - nel piano paesaggistico regionale. Non va,
infatti, compromessa l'«impronta unitaria della pianificazione paesaggistica
che la normativa statale ha [...] assunto a valore imprescindibile, ponendola
al riparo dalla pluralità e dalla parcellizzazione degli interventi delle
amministrazioni locali" (sentenza n. 74 del 2021)» (da ultimo,
sentenza n. 261 del 2021, punto 4.3. del Considerato in diritto).
Va, quindi, dichiarata l'illegittimità costituzionale della
seconda norma regionale impugnata.
[NOTA 1] trabucco" (o
"trabocco")» è una macchina da pesca, completamente realizzata in
legno, consistente in «una piattaforma impostata su pali infissi nel fondo
marino, collegata per mezzo di una passerella con la riva», e spesso dotata di
piccolo locale (o «"capanno"») con funzioni di deposito per le
attrezzature da pesca. Si tratta di una «architettura "povera", non
normata nella sua tecnologia costruttiva», che è caratteristica delle coste
abruzzesi meridionali (area teatina), molisane e pugliesi (Gargano). Riguardo
al territorio molisano, l'esistenza di questo manufatto «è documentata [...] a
Termoli già a partire dalla prima metà del XIX secolo», mentre, presso gli
altri Comuni litoranei della Regione, non ne risulterebbe la presenza, né in
tempi antichi, né ai giorni nostri
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