Oltre a Paesaggio (vedi QUI) e Bonifiche (vedi QUI) la legge di conversione del Decreto Sblocca Italia si
è occupato anche di inceneritori, promuovendoli a impianti strategici per l’interesse
nazionale (sic!) con la scusa del rispetto di norme europee che proprio le
maggioranze che hanno governato fino ad ora hanno contribuito a violare a
livello nazionale e regionale (vedi da ultimo QUI).
Con questo post analizzo l’articolo 35 (per il testo completo dell’articolo vedi QUI) della legge di conversione del Decreto Sblocca Italia
che ci regala un'altra perla di questo Governo del “Fare”.
INDIVIDUAZIONE IMPIANTI DI INCENERIMENTO ESISTENTI O AUTORIZZATI
Secondo il comma 1 articolo 35 della legge di
conversione entro novanta giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione (quindi dal 11/11/2014),
il Presidente del Consiglio dei ministri,
su proposta del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del
mare, sentita la
Conferenza Stato Regioni, con
proprio decreto, individua a
livello nazionale:
1. la capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento
in esercizio o autorizzati a livello
nazionale, con l'indicazione espressa della capacità di ciascun
impianto,
2. gli impianti
di incenerimento con recupero energetico
di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il
fabbisogno residuo, determinato con finalità di progressivo
riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel
rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio,
tenendo conto della pianificazione regionale.
INCENERITORI COME INFRASTRUTTURE
STRATEGICHE DI INTERESSE NAZIONALE
Secondo
l’ultima parte del comma 1 dell’articolo 35 della legge di conversione del
Decreto Sblocca Italia gli impianti così individuati
costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale.
Cosa vuol dire dichiarare come infrastrutture strategiche
gli inceneritori sopra menzionati?
In realtà gli impianti
di gestione rifiuti come gli inceneritori, non solo quelli della Campania,
erano già stati dichiarati infrastrutture di interesse strategico nazionale
dalla legge 123/2008. In particolare secondo questa legge chi cerca di opporsi
alla costruzione o ampliamento di questi impianti rischia reati ad hoc:
1. articolo 682 del codice penale: rubricato come “Ingresso arbitrario in luoghi, ove l’accesso è vietato nell’interesse militare” e prevede l’arresto da tre mesi a un anno ovvero l’ammenda da 52 euro fino a 309 . Questa fattispecie di reato servirà a punire chi cercherà di impedire l’avvio dei lavori di realizzano del sito.
2. Fatta salva l'ipotesi di più grave reato, chiunque impedisce, ostacoli o rende più difficoltosa la complessiva azione di gestione dei rifiuti è punito a norma dell'articolo 340 del codice penale. Questo articolo del Codice Penale è rubricato come “Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità” e prevede la reclusione fino ad 1 anno, mentre i capi e gli organizzatori possono arrivare ad essere puniti fino a 5 anni . Questa fattispecie di reato servirà a punire chi prima o dopo la realizzazione del sito ne ostacolerà la funzionalità.
Quanto sopra è stato stigmatizzato dal documento del Consiglio Superiore della Magistratura di analisi di queste norme (Seduta straordinaria del 9 giugno 2008 ): “L’introduzione di tali nuovi reati sembra riguardare non la sola Campania ma l’intero territorio nazionale e ciò rende ancor più necessaria, per superare i vizi di indeterminatezza che caratterizzano le fattispecie, una maggior precisione nella determinazione delle modalità di individuazione dell'«interesse strategico nazionale», delle condotte rilevanti e del concetto di «gestione dei rifiuti». Con particolare riferimento all’ipotesi di reato introdotta dall’art. 2 comma 9, la mancata precisazione delle modalità dell’azione causale idonea a determinare l’evento del reato potrebbe prestarsi a dubbi di costituzionalità sotto il profilo della tassatività e determinatezza della norma penale imposto dall’art. 25 della Costituzione” .
In secondo luogo
dichiarare gli inceneritori di interesse strategico vuol dire applicare ad essi
il DPCM 8/4/2008: “Criteri per l'individuazione delle notizie, delle
informazioni, dei documenti, degli atti, delle attività, delle cose e dei
luoghi suscettibili di essere oggetto di segreto di Stato”. Questo decreto si applica anche ( vedi QUI al punto 17) agli
impianti civili di produzione di energia e altre infrastrutture critiche. Voglio ricordare che il segreto di stato è
finalizzato tra l’altro a tutelare: “l'integrità della Repubblica, anche in relazione ad
accordi internazionali”, quindi potrebbe essere applicabile al caso in
esame considerata la definita strategicità degli inceneritori ai fini del
rispetto delle Direttive UE sui rifiuti (sul rispetto di queste Direttive ci
tornerò sul punto più avanti in questo post).
Secondo
questo DPCM le notizie, le informazioni, i documenti, gli atti, i luoghi, le
attività ed ogni altra cosa coperti dal vincolo del segreto di Stato sono conservati
nell'esclusiva disponibilità dei
vertici delle
amministrazioni originatrici ovvero
detentrici con modalità
di trattazione e di conservazione tali da impedirne la manipolazione, la
sottrazione o la
distruzione, fissate nelle norme unificate per la protezione e la tutela
delle informazioni classificate ovvero coperte dal segreto di Stato.
Non
solo ma su decisione del Consiglio dei Ministri si potrebbe arrivare anche alla
applicazione di altra norma di questo DPCM secondo la quale nei luoghi coperti
dal segreto di Stato, le funzioni di controllo ordinariamente svolte dalle aziende sanitarie
locali e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sono svolte da autonomi
uffici di controllo collocati a livello centrale
dalle amministrazioni interessate che li costituiscono con
proprio provvedimento.
Infine essendo
considerati questi inceneritori di “rilevanza strategica per l'interesse
nazionale” possono rientrare nella applicazione della recente
legge 56/2012: “Norme in materia di
poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della
sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori
dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.”
Questa legge fino ad ora è stata attuata con riferimento alle reti e infrastrutture energetiche ma la dizione usata dalla legge che converte il decreto sblocca Italia fa chiaramente interpretare che la legge 56/2012 sopra citata sia applicabile anche agli inceneritori individuati secondo la legge di conversione del Decreto Sblocca Italia. E’ vero che manca il regolamento attuativo ma lo Sblocca Italia li ha già definiti strategici ex lege.
Questo significa un
controllo del Consiglio dei Ministri sulle società che gestiscono gli impianti
che può arrivare anche porre il veto su delibere atti e decisioni.
INCENERITORI E SUPERAMENTO PROCEDURA DI
INFRAZIONE DELLA UE CONTO L’ITALIA: UNA
BALLA!
Sempre
l’ultima parte del comma 1 articolo 35 della legge di conversione del Decreto Sblocca
Italia afferma che gli impianti così individuati inoltre attuano un sistema integrato
e moderno di gestione di rifiuti urbani e
assimilati, garantiscono la
sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentono di superare
e prevenire ulteriori procedure
di infrazione per mancata attuazione delle
norme europee di settore
e limitano il
conferimento di rifiuti
in discarica.
Ora
queste procedure di infrazione della UE riguardano
principalmente l’eccesso di discariche come sistema di smaltimento e il
mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata. Peraltro
procedura già andata a sentenza del 15 ottobre del 2014 (vedi QUI).
In
questo caso la legge Sblocca Italia stravolge
volutamente sia il senso delle procedure di infrazione suddette che soprattutto
la vigente normativa comunitaria in materia dei principi di autosufficienza e gerarchia nella gestione dei rifiuti.
Cominciamo
dal principio di autosufficienza.
Davvero questo principio si assolve con gli inceneritori? È così che dice la
norma europea? Ecco cosa dice la norma europea, e anche quella italiana fino ad
ora vigente, in proposito.
Gli
Stati membri adottano, di concerto con
altri Stati membri qualora ciò risulti necessario od opportuno, le misure
appropriate per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti di
smaltimento dei rifiuti e di impianti per il recupero dei rifiuti
urbani non differenziati provenienti dalla
raccolta domestica, inclusi i casi in cui
detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri
produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili.
La
rete permette lo smaltimento dei rifiuti o il recupero di quelli menzionati al
paragrafo 1 in uno degli impianti appropriati più vicini, grazie
all’utilizzazione dei metodi e delle tecnologie più idonei,
al fine di garantire un elevato
livello di protezione dell’ambiente e della salute pubblica.
Secondo
il nuovo articolo 182bis del DLgs 152/2006 lo smaltimento dei rifiuti ed il
recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad
una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori
tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al
fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti
urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali
ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei
rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai
luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti
stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti
specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un
alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
........quindi la
norma europea fa sempre riferimento ad impianti, non esclusivamente ad
inceneritori.
Ma la questione più rilevante è un'altra e riguarda i principi nella gerarchia della gestione dei
rifiuti secondo le norme comunitarie.
La seguente gerarchia dei rifiuti si applica quale ordine di
priorità della normativa e della politica in materia di prevenzione
e gestione dei rifiuti:
a) prevenzione:
misure, prese prima che una sostanza, un
materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto e quindi in primo luogo
evitare la produzione del rifiuto fin dall’inizio
b)
preparazione per il riutilizzo: cioè le operazioni di controllo, pulizia
e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati
rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro
pretrattamento;
c)
riciclaggio: inteso come qualsiasi operazione di recupero attraverso cui
i materiali di rifiuto sono ritrattati
per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la
loro funzione originaria o per altri fini;
d)
recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia: quindi qualsiasi
operazione il cui principale risultato sia di permettere ai
rifiuti di svolgere un ruolo utile
sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per
assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione,
all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II riporta un
elenco non esaustivo di operazioni di recupero; e
e)
smaltimento. L’allegato I riporta un elenco non esaustivo di operazioni di
smaltimento
Si mantiene la priorità alle operazioni di prevenzione e
recupero per materia e solo alla fine recupero di energia e smaltimento che
risultano quindi i meno prioritari e confermano un in indirizzo che vede
l’incenerimento dei rifiuti come ultima ratio messa sullo stesso piano dello
smaltimento, infatti nella definizione di smaltimento rientra anche
l’operazione che ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di
energia. A conferma di ciò si veda l’articolo 12 della Direttiva dove si conferma
che lo smaltimento avviene solo dopo il recupero e alternativamente a questo
ultimo.
Non a caso nella nuova definizione di riciclaggio viene escluso
il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare
quali combustibili o in operazioni di riempimento, il che significa che
gli stati membri dovranno impegnarsi affinché i materiali riciclabili (carta,
plastica raccolti nelle famose campane) non finiscano né in discarica né a
recupero energetico . Questa definizione appare coerente con uno stabilizzato
indirizzo della UE fin dalla Comunicazione
della Commissione del 30/7/1996 secondo la quale il riciclaggio
non doveva comprendere le operazioni di preparazione di combustibile da
destinare a produzione di energia ma solo le operazioni di
recupero del materiale. Ma si veda anche, più recentemente, la Risoluzione del Parlamento europeo su una
strategia tematica per il riciclaggio dei rifiuti che: "esige che
tutti i rifiuti destinati al recupero di energia o all’incenerimento rimangano
rifiuti sottoposti alla direttiva 2000/76 sull’incenerimento degli stessi” .
Questo assume un grande rilievo di principio in chiaro contrasto
con la normativa espressa dal decreto sblocca Italia sopra descritta.
Significativo infine è l’avere introdotto il principio per cui
la suddetta gerarchia può essere in alcune situazioni modificata ma sempre
avendo come base per la decisione il ciclo di vita in relazione agli impatti
complessivi della produzione e della gestione di flussi di rifiuti specifici. E’
chiaro per fare un esempio che invece spostare l’intero modello gestionale a
favore dell’incenerimento come vuole fare il decreto sblocca Italia risulta in
palese contrasto con questo principio appena descritto.
Il nuovo articolo 179 del DLgs 152/2006 riproduce in generale
quanto previsto sul punto dalla Direttiva 2008/98/CE. In particolare si
ribadisce, e non poteva essere così per coerenza con la normativa e gli
indirizzi applicativi della UE, che le misure dirette al recupero dei rifiuti
mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra
operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso
dei rifiuti come fonte di energia.
LA PROCEDURA DI INDIVIDUAZIONE RIGUARDA ANCHE INCENERITORI ESISTENTI
Non si tratta di impianti nuovi ma prevalentemente esistenti
infatti l’articolo 35 afferma che: “Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione
del presente decreto, le autorità competenti provvedono ad adeguare le autorizzazioni
integrate ambientali degli impianti esistenti, qualora la valutazione di impatto
ambientale sia stata autorizzata a saturazione del carico termico[1], tenendo in considerazione lo stato della qualità dell'aria come previsto dal citato decreto
legislativo n. 155 del 2010.[2]”
GLI
INCENERITORI POSSONO RICEVERE RIFIUTI ANCHE DA FUORI REGIONE
Secondo
il comma 6 dell’articolo 35 della legge di conversione del Decreto Sblocca
Italia: “6. Ai sensi del decreto legislativo 3
aprile 2006, n.
152, non sussistendo vincoli di
bacino al trattamento dei rifiuti urbani
in impianti di recupero energetico, nei suddetti impianti deve comunque essere assicurata priorità di
accesso ai rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale fino al
soddisfacimento del relativo fabbisogno e,
solo per la disponibilità residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in altre regioni.”
È ovvio che, nella logica
di questa legge, arriveranno questi rifiuti
da fuori regione perché le ipotesi sono due:
1. o restano le
emergenze e quindi arriveranno per queste,
2. o si va verso
un superamento delle emergenze e gli inceneritori avranno bisogno di rifiuti
per ammortizzare i costi di gestione anche da fuori regione.
Ma
c’è una terza ipotesi quella
cocombustione prevista dalla attuale legislazione, non a caso il comma 3 dell’articolo
35 della legge di conversione dello Sblocca Italia usa il termine generico di: “impianti
di recupero energetico
da rifiuti”, dizione dentro la
quale rientrano sia gli inceneritori dedicati che gli impianti di cocombustione
o di coincenerimento[3]. Peraltro
e ad ulteriore conferma la Direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali
al paragrafo 4 dell’articolo 42: “Se per il trattamento termico dei rifiuti sono utilizzati
processi diversi dall'ossidazione, quali ad esempio la pirolisi, la
gassificazione o il processo al plasma, l'impianto di incenerimento o di
coincenerimento dei rifiuti include sia il processo di trattamento termico che
il successivo processo di incenerimento.”
Infine
ci potrebbe essere una quarta ipotesi quella del CSS di cui ho trattato QUI, la “via
di fuga” per questo governo nel caso in cui gli impianti di incenerimento non
riuscissero a partire nel numero stabilito.
Comunque
l’incenerimento dei rifiuti di un'altra Regione viene lautamente compensato.
Afferma il comma 7 dell’articolo 35 della legge di conversione del Decreto
Sblocca Italia: “7. Nel caso in cui in impianti di recupero energetico
di rifiuti urbani localizzati
in una
regione siano smaltiti
rifiuti urbani prodotti in altre
regioni, i gestori degli impianti sono
tenuti a versare alla regione un
contributo, determinato dalla medesima, nella
misura massima di 20
euro per
ogni tonnellata di
rifiuto urbano indifferenziato di
provenienza extraregionale.”
Quanto sopra appare in netto contrasto con il comma 3
articolo 182 del DLgs 152/2006 secondo il quale: “3. È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in
Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali
accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e
l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza
servita lo richiedano.”
Infatti la procedura di individuazione di questi inceneritori prevede solo di “sentire”
la Conferenza Stato Regioni, tutt’altra cose degli accordi di cui parla il
comma 3 suddetto.
POTRANNO ESSERE BRUCIATI RIFIUTI
PERICOLOSI NEGLI INCENERITORI NATI PER RIFIUTI URBANI
Secondo
il secondo periodo del comma 6 articolo 35 della legge di conversione dello
Sblocca Italia: “Sono altresì
ammessi, in via complementare, rifiuti
speciali pericolosi a solo
rischio infettivo….”. Quei rifiuti
che per ragioni di tutela di chi dovrebbe farlo non sono neppure campionati (ex
lettera b) comma 5 articolo 237septies DLgs 152/2006), ma della salute dei cittadini
invece chi si occupa?
Comunque
sarà possibile bruciare questa tipologia di rifiuti a condizione che l'impianto sia
dotato di sistema di caricamento dedicato a bocca di forno che escluda
anche ogni contatto tra il personale addetto e il rifiuto; a tale fine le autorizzazioni
integrate ambientali sono adeguate ai sensi del presente comma. Vedremo se questa prescrizioni ex lege verrà
rispettata soprattutto negli impianti di coincenerimento!
VALUTAZIONE DI
IMPATTO AMBIENTALE
Secondo
il secondo periodo del comma 8 articolo 35 della legge di conversione del
Decreto Sblocca Italia: “I
termini previsti dalla legislazione vigente
per le procedure di valutazione
di impatto ambientale e di
autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui al comma 1
si considerano perentori”.
Una
norma apparentemente ridicola da una analisi letterale, perché come sa perfettamente chi segue le
istruttorie di VIA e AIA non basta certo scrivere “perentori” per garantire il rispetto dei termini dei
procedimenti, soprattutto quelli complessi come quelli in esame, procedure che
peraltro possono essere integrate in un unico procedimento come dovrebbe essere
noto al legislatore.
Comunque
il legislatore dovrebbe sapere che da tempo è in
vigore una
norma ben più efficace della parolina magica “perentori” per garantire
il rispetto dei termini dei procedimenti. Stiamo parlando della legge 69/2009[4]
secondo la quale la mancata emanazione del provvedimento nei
termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale .
In particolare la legge 69/2009 aggiunge alla legge 241/1990 (sul procedimento
amministrativo) un nuovo articolo 2bis secondo il quale le pubbliche
amministrazioni e i soggetti privati preposti all’esercizio di attività
amministrative (es. gestori servizi pubblici) , sono tenuti al risarcimento del
danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine
di conclusione del procedimento Le controversie relative all'applicazione del
presente articolo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque
anni.
La
legge 69/2009 inoltre aggiunge a quanto sopra che il rispetto dei termini per
la conclusione dei procedimenti rappresenta un elemento di valutazione dei
dirigenti; di esso si tiene conto al fine della corresponsione della
retribuzione di risultato.
Per
non parlare del nuovo Codice del Processo Amministrativo ed in particolare
l’articolo 117 (per le modalità del
ricorso contro il silenzio) e l’articolo 30 sull’azione per risarcimento danni
da inerzia della PA competente alla decisione.
Ma
c’è di più perché il comma 9 articolo 35 della legge di conversione del Decreto
Sblocca Italia afferma che se non vengono rispettati sia i termini per
individuare gli inceneritori considerati strategici, nel senso sopra
esposto, che quelli di VIA e AIA si
applica il potere sostitutivo previsto dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Ricordo che
questo articolo 8 prevede al comma 4: “Nei casi di assoluta urgenza, qualora
l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le
finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei
ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle
Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono
immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza
Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità
montane, che possono chiederne il riesame”. L’articolo 120 della Costituzione non è citato a
caso perché, al secondo comma di questo articolo, tra i motivi di
sostituzione c’è proprio quello del rischio che per responsabilità delle
Regioni si violino impegni comunitari.
Anche
qui il legislatore ha rimosso quanto già previsto dal DLgs 152/2006 che al
comma 2 articolo 26 prevede: “L'inutile decorso dei termini implica l'esercizio del potere
sostitutivo da parte del Consiglio dei Ministri, che provvede, su istanza delle
amministrazioni o delle parti interessate, entro sessanta giorni, previa
diffida all'organo competente ad adempire entro il termine di venti giorni.”
Ma, al di la delle
dimenticanze di un legislatore
tracimante e confuso, come deve
essere interpretato questo potere sostitutivo, deve scattare in automatico alla scadenza dei termini di legge per
concludere il procedimento di VIA? NO ASSOLUTAMENTE!
La
legge che converte il Decreto Sblocca Italia rimuove un'altra norma che tratta
della mancata conclusione del procedimento di VIA nei termini di legge ma in
relazione alla conferenza dei servizi. Si tratta della legge 241/1990 sul
procedimento amministrativo che al comma 4 del’articolo 14ter afferma: “Se la VIA non
interviene nel termine previsto per l'adozione del relativo provvedimento…… l'amministrazione
competente si esprime in sede di conferenza di servizi, la quale si conclude
nei trenta giorni successivi al termine predetto. Tuttavia, a richiesta della
maggioranza dei soggetti partecipanti alla conferenza di servizi, il termine di
trenta giorni di cui al precedente periodo è prorogato di altri trenta giorni
nel caso che si appalesi la necessità di approfondimenti istruttori. Per
assicurare il rispetto dei tempi, l’amministrazione competente al rilascio dei
provvedimenti in materia ambientale può far eseguire anche da altri organi
dell’amministrazione pubblica o enti pubblici dotati di qualificazione e
capacità tecnica equipollenti, ovvero da istituti universitari tutte le
attività tecnico-istruttorie non ancora eseguite. “
Altro
che la speditezza sciocca della legge di conversione del decreto
sblocca Italia. La norma sopra citata della legge 241/1990, tutt’ora in vigore con buona pace del sig.
Renzi, fa capire quello che peraltro la Commissione UE ci ha spiegato da anni, fin da quando era in vigore la precedente
Direttiva sulla VIA quella del 1985 (ora vige la Direttiva 2011/92) e cioè che: nelle procedure integrate come quelle di
VIA e AIA l’importanza non sta tanto nell’atto finale ma nella qualità della
istruttoria svolta che porta ad esso. Si
veda ad esempio la Relazione 2003 della
Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sull'applicazione e sull'efficacia della direttiva
VIA che
afferma: “1. La qualità della decisione dipende
infatti dalla qualità delle informazioni fornite nel processo VIA e d'altro
canto il valore di una VIA
efficace dovrebbe rispecchiarsi in una decisione che accolga adeguatamente e
rifletta la dimensione ambientale messa in luce
con la VIA.”
La
qualità della decisione dipende dalla qualità delle informazioni non dalla
durata di un mese o meno della procedura, appunto!
[1] “l) 'carico termico
nominale': la somma delle capacità di incenerimento dei forni che costituiscono l'impianto,
quali dichiarate dal
costruttore e confermate dal
gestore, espressa come prodotto tra la
quantita' oraria di rifiuti inceneriti ed
il potere calorifico dichiarato dei rifiuti;” lettera l) comma 1 articolo 237ter del DLgs 152/2006
[2] Decreto Legislativo 13
agosto 2010, n.155 "Attuazione
della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per
un'aria più pulita in Europa" http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/testi/10155dl.htm
[3] “c) 'impianto di
coincenerimento': qualsiasi unità tecnica, fissa o mobile, la cui funzione principale consiste
nella produzione di energia o
di materiali e che utilizza rifiuti come combustibile
normale o accessorio o in cui i rifiuti sono sottoposti a
trattamento termico ai fini dello
smaltimento, mediante ossidazione dei
rifiuti, nonché altri processi di trattamento termico, quali ad
esempio la
pirolisi, la gassificazione ed il
processo al plasma, a condizione che le
sostanze risultanti dal
trattamento siano successivamente incenerite.” Lettera
c) comma 1 articolo 237ter DLgs 152/2006
[4] Legge 18 giugno 2009, n. 69 Disposizioni per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile"
(GURI 19 giugno 2009 - Supplemento ordinario n. 95) http://www.parlamento.it/parlam/leggi/09069l.htm
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