Continuano sul territorio della nostra Provincia
conflitti sulla localizzazione di antenne per telefonia mobile ma anche per
radio e TV, da ultimo quello del quartiere Grisei a Sarzana. Spesso i cittadini
preoccupati per l’inquinamento elettromagnetico di questi impianti si rivolgono
ai Comuni perché si attivino a tutela preventiva della salute pubblica e si
vedono rispondere dagli amministratori e burocrati locali che le
Amministrazioni Comunali non possono fare nulla perché la normativa non glielo
permette.
E’ davvero così?
Nel seguito di questo post dimostro che nonostante la normativa degli
ultimi anni abbia sicuramente facilitato la proliferazione delle antenne sul
territorio, i Comuni, con il supporto tecnico dell’ Arpal e dell’ASL, hanno ancora strumenti amministrativi e
tecnici utilizzabili per tutelare i cittadini. Sempre che ne abbiano la volontà
politica ovviamente…….
PIANO ANTENNE E DIVIETI DI INSTALLAZIONE DI SINGOLE STAZIONI RADIO BASE
I Comuni possono pianificare la localizzazione delle
antenne senza stabilire divieti generalizzati ma definendo motivatamente le
aree in cui non è possibile collocare le antenne sia della telefonia che quelle
radioTV
Questo in termini pratici, cioè quando il Comune si
trova di fronte alla domanda di installazione di una specifica antenna, significa che il Comune può rigettare la domanda se incompatibile con il Piano
Antenne a condizione che vengano rispettati i seguenti principi consolidati
dalla giurisprudenza amministrativa (da ultimo sentenza del 23 gennaio 2014 n.
349 (vedi QUI):
1. “ la potestà
assegnata ai Comuni dall’art. 8, comma 6, della legge quadro 36/2001 deve
tradursi nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di
zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico
(ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell’esposizione della
popolazione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che per
destinazione d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili [1]
alle immissioni radioelettriche), ma non può trasformarsi in limitazioni
alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese
porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione
giustificativa (cfr. Cons. Stato,
sez. III, 4.4.2013, n. 1873).”
2. “ La distinzione
tra limiti o divieti di localizzazione, illegittimi, e criteri di
localizzazione, legittimi se e nella misura in cui non impediscano di
reperire soluzioni alternative che consentano la funzionalità del servizio,
vale riguardo alla generalità dei poteri di pianificazione (Cons. St., sez.
III, 10.7.2013, n. 3690).”
3. “il Comune, né
con il Piano Antenne né con i conseguenti atti applicativi, può impedire
immotivatamente ed indiscriminatamente l’installazione di impianti di telefonia
mobile sul proprio territorio, senza consentire agli operatori, nel contempo,
di trovare adeguate soluzioni alternative sul piano tecnico alle
peculiari esigenze che essi rappresentano, esigenze rispetto alle quali
l’intera disciplina dettata dal Codice delle comunicazione è ispirata ad un
evidente favorlegislativo.”
4. “la scelta del Comune di Veroli di localizzare,
nell’ambito dell’intero territorio comunale, l’installazione degli impianti di
telefonia mobile in soli tre siti, si pone in evidente contrasto con la natura
di opere di urbanizzazione primaria delle anzidette strutture, che devono
essere poste al servizio degli insediamenti abitativi e seguire il loro
sviluppo, garantendo una capillare distribuzione sul territorio della rete di
telecomunicazione. Inoltre, come reso evidente dalla stessa intestazione del
regolamento approvato con delibera n. 23 del 2003, la disposizione censurata si
configura indirizzata a scopi di radioprotezione che esulano dalla sfera dei
poteri assegnati al Comune dall’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001
sull’insediamento degli impianti di telecomunicazione nel proprio territorio e
rientrano, invece, nelle attribuzioni degli organi dello Stato individuati
dall’art. 4 della legge citata (cfr. ex multis Cons. St. Sez. VI, n.
1567 del 6 aprile 2007; n. 3332 del 5 giugno 2006). Consiglio di Stato Sez. III, n. 2455, del 13 maggio 2014.
5. “L’applicazione della regole sulla distanza
delle costruzioni dal confine e da altri fabbricati, previste dal regolamento
edilizio del Comune di Lecce , non può essere intesa come un indebito limite
all’espansione della rete di telecomunicazione, che necessariamente deve
estendersi al servizio di tutto il territorio comunale. Nella specie non viene
affatto impedita la localizzazione dell’impianto nella zona prescelta. Non si versa , quindi, a fronte di una
radicale preclusione della capillare espansione della rete di telefonia mobile
- in presenza di prescrizioni restrittive che indirizzino l’installazione degli
impianti solo in talune delle zone in cui lo strumento urbanistico ha
classificato il territorio comunale o in siti all’uopo individuati dal Comune -
ma viene richiesta unicamente l’ osservanza dei limiti di distanza, comuni
ad ogni altra nuova costruzione, in relazione alla collocazione del
manufatto sul lotto asservito all’edificazione.” (Consiglio
di Stato Sez. III, n.2521, del 19 maggio 2014)
Occorre aggiungere che le esigenze di “fare rete” dei
gestori affermato come principio da rispettare da parte degli enti
autorizzatori come riportato nella giurisprudenza sopra citata devono essere
attentamente valutate in sede di
predisposizione del piano antenne e delle singole localizzazioni in rapporto e
contraddittorio con i gestori , considerato quanto affermato nel Rapporto ISPRA
2012 [2]
: “In effetti, al verificarsi di tale
circostanza (il rispetto dei limiti di emissione ex lege ndr.), contribuisce comunque anche il non
utilizzo da parte dei gestori di tutta la potenza effettivamente oggetto di
autorizzazione; fatto presumibilmente dovuto, al momento, ad un
sovradimensionamento degli impianti in fase di richiesta di autorizzazione alla
installazione, come risulta da esperienze comuni nel Sistema delle Agenzie
Ambientali” .
QUINDI il Piano Antenne da solo non basta ma se
costruito bene sia giuridicamente che tecnicamente, nel rispetto dei principi/limiti
di cui sopra, è un ottimo strumento in
mano alle Amministrazioni Comunali per tutelare la salute dei cittadini.
Come ha affermato
il TAR Campania (Salerno) Sez. I, n. 1658, del 22
luglio 2013: “E’ illegittimo il diniego
per ottenere il titolo abilitativo alla installazione di un impianto
tecnologico di radio telecomunicazione per telefonia cellulare, fino alla
concreta pianificazione di siti idonei”.
Un corretto Piano Antenne raggiunge tre obiettivi
per una Amministazione Comunale:
1. Fornire all’Amministrazione
comunale lo strumento operativo capace di acquisire tutte le informazioni
oggettive sull’inquinamento elettromagnetico del territorio in termini di
tipologia di campo elettromagnetico presente in ogni singola area (tipologia di
impianto, frequenza di trasmissione, potenza emessa, direzioni di emissione e
rappresentazione grafica dei livelli di campo emessi) ed indicazione delle aree
a diverso grado di rischio, sia mediante simulazioni previsionali che
misurazioni sul campo;
2. Dotarla di una metodologia per
la valutazione delle scelte anche nell’ambito di processi partecipativi
negoziali che coinvolgano i soggetti gestori degli impianti e soggetti
rappresentanti di interessi diffusi (associazioni di cittadini o
ambientaliste);
3. Fornire criteri validi per la
determinazione delle aree sensibili, ed in funzione di queste formulare le
linee guida per la stesura di regolamenti locali in adozione dei criteri di
cautela ed obiettivi di qualità;
IL
SILENZIO ASSENSO
Fatte salve le procedure in deroga
descritte nel prossimo paragrafo di questo post, la procedura di installazione
delle antenne per telefonia e trasmissioni radioTV è disciplinata dall’articolo
87 del DLgs 259/2003 (Codice delle
Comunicazioni elettroniche - per il testo vedi QUI). In particolare gli impianti
vengono autorizzati
dagli Enti locali, previo accertamento,
da parte dell’Arpa competente
di cui all'articolo
14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilità del progetto
con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di
qualità, stabiliti uniformemente a
livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 f ebbraio
2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione (Dpcm 8/7/2003).
Il comma 9 dell’articolo 87 del DLgs 259/2003 prevede una forma di silenzio
assenso, salvo che il dissenso sulla collocazione dell’impianto sia espresso
da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela
del patrimonio storico-artistico, quindi ad es. ASL, Arpal, Soprintendenze a beni storico
architettonici, paesaggistici e archeologici (comma 8 articolo 87), in questo caso la decisione è
rimessa al Consiglio dei Ministri ma previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati.
In particolare secondo detto comma 9 dell’articolo 87 : “le istanze di autorizzazione e le
denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle
caratteristiche di emissione degli impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro
novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, fatta eccezione
per il dissenso di cui al comma 8 (vedi sopra ndr.), non sia stato comunicato un
provvedimento di diniego. Gli Enti locali possono prevedere termini più brevi per la
conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione
amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma.”
Sulla questione
del silenzio assenso è intervenuta recentemente una interessante sentenza
del Consiglio di Stato (sentenza n. 5455 del 2014) chiarendo che il Comune, quando non si limiti a comunicare semplicemente
il provvedimento negativo sulla installazione dell’impianto (come previsto dall’articolo
87), ma adotti addirittura un preavviso di rigetto (ai sensi dell'articolo 10bis della legge 241/1990 sul procedimento
amministrativo, per il testo di questa vedi QUI ) deve concludere il procedimento con un provvedimento espresso
nel termine di novanta giorni successivo al deposito delle osservazioni o dalla
scadenza del termine per presentarle, formandosi altrimenti il silenzio-assenso
di cui all’art. 87, comma 9, del d. lgs. 259/2003. In particolare secondo
questa sentenza: “La disciplina dell’art.
10-bis della l. 241/1990,
infatti, deve trovare integrale applicazione, sicché al preavviso di rigetto,
quand’anche fondato sul parere negativo della Commissione edilizia, deve
seguire il provvedimento definitivo entro il termine di novanta giorni, stante
altrimenti il formarsi del silenzio-assenso. Tale considerazione è decisiva e assorbente,
nel caso di specie, dato che Ericsson vanta il titolo abilitativo formatosi,
appunto, per silentium ai
sensi dell’art. 87, comma 9, del d. lgs. 259/2003, con conseguente
illegittimità di tutti i provvedimenti adottati dal Comune dopo il formarsi del
silenzio-assenso, intesi a negare l’installazione della radio-base ed impugnati
in prime cure.”
I TITOLI ABILITATIVI EDILIZI E LE PROCEDURE DI AUTOCERTIFICAZIONE PER LA INSTALLAZIONE DELLE ANTENNE
Punto secondo ci vuole la
concessione edilizia (permesso di costruire) perchè non sono considerate
pertinenze degli edifici nel caso vengano collocata su tetti condomini ad es. Qui bisogna distinguere però sulla potenza della stazione radio base
infatti si veda la seguente recente normativa:
Secondo il comma 3 articolo 87 DLgs 259/2003, Codice delle Comunicazioni elettroniche: “Nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità sopra indicati, è sufficiente la segnalazione certificata di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13” ( per il testo del Codice delle Comunicazioni Elettroniche vedi QUI, per il testo dell’allegato 13 vedi QUI) [3]. Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n. 5455 del 2014): ““Il DLgs 259/2003 prevede, nell’art. 87, comma 3, ult. periodo, che “nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, […]è sufficiente – e non già necessaria –la segnalazione certificata di inizio attività”, facoltizzando, pertanto, e non obbligando il gestore a presentare la segnalazione certificata di inizio attività. 23. Il gestore ha quindi la facoltà e non l’obbligo di presentare la segnalazione ed è libero, ove creda, di presentare una istanza di autorizzazione, perché a ciò lo legittima la normativa nazionale che, giova ricordarlo, non può essere derogata in peius dal legislatore regionale, trasformando in obbligo quella che è mera una facoltà del gestore, giacché “le procedure di rilascio del titolo abilitativo per la installazione degli impianti devono essere improntate al rispetto dei canoni della tempestività e della non discriminazione” e richiedono di regola “un intervento del legislatore statale che garantisca l’esistenza di un unitario procedimento sull’intero territorio nazionale, caratterizzato, inoltre, da regole che ne consentano una conclusione in tempi brevi” (Corte cost., sent. n. 336 del 27.7.2005)…… 26. La segnalazione certificata di inizio attività costituisce, infatti, un modulo procedimentale semplificato rispetto all’istanza di autorizzazione, che nel caso di specie non è obbligatorio per il soggetto interessato…. l’art. 87, comma 3, del Codice non vieta al gestore, come è accaduto nel caso di specie, di presentare l’istanza di autorizzazione anziché la s.c.i.a., anche quando ricorrerebbero le condizioni per presentare la s.c.i.a., sicché ogni questione relativa alla relazione tecnica asseverata che il gestore avrebbe dovuto allegare alla s.c.i.a., lungi dall’apparire decisiva, si risolve in uno sterile e ininfluente formalismo, destituito di giuridico fondamento.”
La Legge 15 luglio 2011, n. 111 ha previsto che “ 4. Al fine di agevolare la diffusione della banda ultralarga in qualsiasi tecnologia e di ridurre i relativi adempimenti amministrativi, sono soggette ad autocertificazione di attivazione - da inviare contestualmente all'attuazione dell'intervento all'ente locale e agli organismi competenti ad effettuare i controlli di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 -le installazioni e le modifiche, ivi comprese le modifiche delle caratteristiche trasmissive degli impianti di cui all'articolo 87-bis, degli impianti radioelettrici per trasmissione punto-punto[4] e punto-multipunto e degli impianti radioelettrici per l'accesso a reti di comunicazione ad uso pubblico con potenza massima in singola antenna inferiore o uguale a 10 watt e con dimensione della superficie radiante non superiore a 0,5 metri quadrati.
4-bis.
Ai medesimi fini indicati al comma 4, l'installazione e l'attivazione di
apparati di rete caratterizzati da una potenza massima trasmessa in uplink
inferiore o uguale a 100 mW, e da una potenza massima al connettore di antenna,
in downlink, inferiore o uguale a 5 W, e aventi un ingombro fisico non
superiore a 20 litri, possono essere effettuate senza alcuna comunicazione
all'ente locale e agli organismi competenti ad effettuare i controlli di cui
all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36.”[5]
Resta però fermo quanto affermato dal Consiglio di Stato (da ultimo n. 225 del 2014 vedi QUI): “I
tralicci e le antenne di rilevanti dimensioni debbono essere valutate come
strutture edilizie soggette a permesso di costruire. Orbene, nel caso di
specie, trattandosi, come emerge dalle schede tecniche in atti, di una
struttura di circa 12 metri d’altezza, quest’ultima non può non essere
considerata di “rilevanti dimensioni” e, quindi, come tale avrebbe dovuto
essere autorizzata tramite permesso di costruire, con la conseguenza che
risulta corretta, anche sotto questo profilo, l’impugnata ordinanza di
demolizione emessa dal Comune.”, vedi anche Cons. di Stato, Sez. VI, 8 ottobre 2008, n.
4910 – Consiglio di Stato Sez. III, n. 5313, del 6 novembre 2013)
VALUTARE L’IMPATTO CUMULATIVO CON FONTI DI CAMPI ELETTROMAGNETICI
PREESISTENTI
Già
le vecchie linee guida ANPA [6]
(punto 5) : “Ai fini della minimizzazione
dell’esposizione della popolazione, si può eseguire una valutazione preventiva
all’installazione di nuovi impianti basandosi sull’effettiva potenza degli
stessi, sulle loro caratteristiche radioelettriche e su quelle geometriche e
architettoniche del sito prescelto, per poi eventualmente prescrivere soluzioni
migliorative. La valutazione preventiva deve tener conto del numero degli
impianti e dei valori di campo elettromagnetico già presenti nel sito.
La valutazione
preventiva, anche ai fini della mitigazione dell’impatto paesaggistico,
dovrebbe fondarsi su alcune azioni preliminari da parte dell’autorità
competente:
l'effettuazione di
rilevamenti tecnici, comprese le misurazioni simulate o il confronto con
situazioni preesistenti, tramite le ARPA ove funzionanti e i PMP in loro
assenza;
la valutazione, d’intesa
con le Autorità Sanitarie (Dipartimenti di Prevenzione-ASL) e i loro organi di
consulenza tecnica (ISPESL) in relazione all’esistenza di ricettori
particolarmente sensibili;
l’individuazione di
soluzioni alternative di localizzazione.
Al fine della
valutazione dovrebbero essere richiesti al gestore i dati sulle caratteristiche
tecniche dell’impianto (vedi l’allegato 1
sotto riportato ). Possono essere inoltre considerate previsioni o
richieste di altre installazioni nell’ambito della medesima area urbana o del
medesimo territorio al fine di una valutazione integrata degli impatti complessivi.”
A sua volta
il DPCM 8 luglio 2003 che fissa i
limiti di campi elettromagnetici emessi dalle antenne per telefonia mobile e
impianto trasmissione radio TV afferma al comma 1 articolo 5: “ 1. Nel
caso di esposizioni multiple generate da piu' impianti, la somma dei
relativi contributi normalizzati, definita in allegato C, deve essere
minore di uno. In caso contrario si dovrà attuare la riduzione a conformità
secondo quanto decritto nell'allegato C”. In sostanza se l’equazione di calcolo delle emissioni riportata in
questo allegato supera il valore di 1 dovrà essere ridotta a 0,8.
I METODI DI MISURAZIONE DEI CAMPI AD ALTA FREQUENZA
EMESSA DALLE STAZIONI RADIO BASE DELLA TELEFONIA CELLULARE
Punto quarto con leggine recenti, il Parlamento ha modificato i metodi di
misurazione dei campi ad alta frequenza (quindi il nostro caso) spalmando il
rispetto dei limiti su fasci orarie di 24 ore
e non più dei 6 minuti, probabilmente perchè si erano accorti (sic!)
che i limiti italiani erano molto bassi e quindi non facilmente rispettabili e
soprattutto per aggirare la applicazione del principio di precauzione
utilizzato dalla giurisprudenza nazionale proprio sulla base della precedente
versione del metodo di misurazione del DPCM 8 luglio 2003.
Questo nonostante quanto affermato nel 2012 da un Rapporto dell’ISPRA (vedi QUI), peraltro non particolarmente favorevole ala fascia dei 6 minuti; questo Rapporto (pag. 25 e 28), afferma: “…l’evidenza che, a fronte dei limiti di legge posti a valori di 6 V/m, l’approccio
prudenziale del sistema dei controlli preventivi abbia generalmente garantito
un “clima elettromagnetico” negli ambienti di vita con livelli sostanzialmente
più contenuti rispetto al valore ammesso di 6 V/m. ……. quindi, la normativa italiana,
già di per sé più cautelativa, associata anche ad un approccio gestionale di
tipo conservativo, in linea con la cultura protezionistica del soggetto dedicato
ai controlli, se da un lato ha probabilmente condizionato la progettazione e le
modalità di sviluppo delle reti mobili, dall’altro ha sicuramente garantito una
maggiore tutela per i cittadini.”.
LA AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA O PER I BENI CULTURALI STORICO
ARCHITETTONICI
Punto quinto il decreto sblocca Italia recente non convertito ma
per il momento in vigore prevede che: " non è soggetta ad autorizzazione paesaggistica la installazione o la modifica di
impianti di radiotelefonia mobile, da eseguire su edifici e tralicci
preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne
di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle
medesime antenne non superiore
a 0,5 metri quadrati"...”
Questo in palese contrasto con la legge quadro [7]
in materia di comunicazioni elettroniche che al comma 4 dell’articolo 86 recita: “4. Restano ferme le disposizioni a tutela dei beni
ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n.
490, nonché le disposizioni a tutela delle servitù militari di cui alla legge
24 dicembre 1976, n. 898.”
Non solo ma sempre tale legge quadro al comma 8
articolo 87 esclude l’applicazione del silenzio assenso nel caso di dissenso da
parte della Soprintendenza sulla installazione della antenna.
Ricordo che comunque il DPR 139/2010 [8]
prevede la applicazione della procedura
semplificata di autorizzazione paesaggistica, quindi non la deroga completa al
Codice come afferma la sopra riportata normativa del decreto sblocca italia, ai
seguenti interventi:
“24. Installazione di
impianti di radiocomunicazioni elettroniche mobili, di cui all'articolo
87 del
decreto legislativo 1° agosto
2003, n. 259, che comportino la realizzazione di supporti di antenne non superiori a 6 metri se collocati
su edifici esistenti,
e/o la realizzazione di sopralzi
di infrastrutture esistenti come
pali o
tralicci, non superiori
a 6 metri, e/o la realizzazione di apparati di telecomunicazioni a servizio delle
antenne, costituenti volumi tecnici, tali comunque da non
superare l'altezza di
metri 3 se collocati su edifici esistenti e di metri
4 se posati direttamente a
terra;”.
In
cosa consiste la autorizzazione paesaggistica semplificata prevista dal DPR
139/2010:
1. Si prevede una
relazione paesaggistica semplificata (articolo 2)
2. I termini per la
conclusione del procedimento sono ridotti (articolo 3)
3. Vengono previsti
semplificazioni procedurali per il rilascio della autorizzazione paesaggistica
(articolo 4)
4. Vengono individuati
appositi funzionari presso ogni soprintendenza per seguire la procedura
semplificata (articolo 5)
5. Immediata applicazione
delle procedure semplificate nelle Regioni a statuto ordinario (articolo 6)
CONCLUSIONI: COSA POSSONO FARE
I COMUNI
Approvando i Piani
comunali, nel rispetto dei principi e criteri di legge e della
giurisprudenza sopra descritti, possono:
1. stabilire criteri di localizzazione delle antenne,
2. escludere la localizzazione delle antenne in zone
sensibili,
3. sulla base delle valutazioni dell’Arpal escludere
(individuando siti alternativi nel piano o in sue varianti) la localizzazione
di impianti in zone con un rilevante impatto cumulativo dei campi
elettromagnetici prodotto da impianti e attività preesistenti.
4. applicare il codice dei beni culturali secondo le
modalità indicate sopra nel presente post
È ovvio che se questi Piani non ci sono il Comune si
trova a dover trattare con i gestori senza
un quadro complessivo della problematica
sul territorio di competenza e quindi rischia di essere costretto a dover dare
via libera ad impianti che ex post si possono rilevare pericolosi per la salute
dei cittadini.
Insomma come sempre
se c’è la volontà si può fare molto per i cittadini!
[1] Scuole, ospedali, impianti di accesso
pubblico come parchi, palestre, situazioni con dimostrata presenza di soggetti
a rischio
[2] http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/MLG_95_13_Documento_istruttorio_modifica_norma_CEMRF.pdf
[3] Vedi protocollo di Intesa Ispra e
gestori telefonici http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/MLG_96_13_Protocollo_Intesa_CEM.pdf
[4]“Fanno parte di questa categoria i ponti radio, le telecomunicazioni via
satellite e i radar. Gli impianti generalmente sono situati in aree non
accessibili al pubblico, in modo che le onde elettromagnetiche non incontrino
ostacoli lungo il cammino di propagazione”
Rapporto Apat 73/2006 “Metodologie, tecniche e procedure per la
riduzione delle emissioni dei campi elettromagnetici nell’ambiente”.
[5] Vedi protocollo di Intesa ISPRA e
Telecom spa http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/MLG_97_13_Protocollo_Intesa_Mini_Repeater_UMTS_Telecom.pdf
[6] http://www.ifac.cnr.it/pcemni/normeit/lgadm381.htm#art4_3
[7] Per il testo del Codice delle Comunicazioni
Elettroniche vedi a questo link http://www.altalex.com/index.php?idnot=6497#titolo2
[8]http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2010-08-26&atto.codiceRedazionale=010G0157&elenco30giorni=false
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