domenica 2 novembre 2014

Antenne telefoni radio Tv: cosa devono fare i Comuni.

Continuano sul territorio della nostra Provincia conflitti sulla localizzazione di antenne per telefonia mobile ma anche per radio e TV, da ultimo quello del quartiere Grisei a Sarzana. Spesso i cittadini preoccupati per l’inquinamento elettromagnetico di questi impianti si rivolgono ai Comuni perché si attivino a tutela preventiva della salute pubblica e si vedono rispondere dagli amministratori e burocrati locali che le Amministrazioni Comunali non possono fare nulla perché la normativa non glielo permette. 
E’ davvero così?  Nel seguito di questo post dimostro che nonostante la normativa degli ultimi anni abbia sicuramente facilitato la proliferazione delle antenne sul territorio, i Comuni, con il supporto tecnico dell’ Arpal e dell’ASL,  hanno ancora strumenti amministrativi e tecnici utilizzabili per tutelare i cittadini. Sempre che ne abbiano la volontà politica ovviamente…….



PIANO ANTENNE E DIVIETI DI INSTALLAZIONE DI SINGOLE STAZIONI RADIO BASE  

I Comuni possono pianificare la localizzazione delle antenne senza stabilire divieti generalizzati ma definendo motivatamente le aree in cui non è possibile collocare le antenne sia della telefonia che quelle radioTV

Questo in termini pratici, cioè quando il Comune si trova di fronte alla domanda di installazione di una specifica antenna, significa che il Comune può rigettare la domanda se incompatibile con il Piano Antenne a condizione che vengano rispettati i seguenti principi consolidati dalla giurisprudenza amministrativa (da ultimo sentenza del 23 gennaio 2014 n. 349 (vedi  QUI):

1.la potestà assegnata ai Comuni dall’art. 8, comma 6, della legge quadro 36/2001 deve tradursi nell’introduzione, sotto il profilo urbanistico, di regole a tutela di zone e beni di particolare pregio ambientale, paesaggistico o storico-artistico (ovvero, per ciò che riguarda la minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, nell’individuazione di siti che per destinazione d’uso e qualità degli utenti possano essere considerati sensibili [1] alle immissioni radioelettriche), ma non può trasformarsi in limitazioni alla localizzazione degli impianti di telefonia mobile per intere ed estese porzioni del territorio comunale, in assenza di una plausibile ragione giustificativa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 4.4.2013, n. 1873).”

2.La distinzione tra limiti o divieti di localizzazione, illegittimi, e criteri di localizzazione, legittimi se e nella misura in cui non impediscano di reperire soluzioni alternative che consentano la funzionalità del servizio, vale riguardo alla generalità dei poteri di pianificazione (Cons. St., sez. III, 10.7.2013, n. 3690).”

3.il Comune, né con il Piano Antenne né con i conseguenti atti applicativi, può impedire immotivatamente ed indiscriminatamente l’installazione di impianti di telefonia mobile sul proprio territorio, senza consentire agli operatori, nel contempo, di trovare adeguate soluzioni alternative sul piano tecnico alle peculiari esigenze che essi rappresentano, esigenze rispetto alle quali l’intera disciplina dettata dal Codice delle comunicazione è ispirata ad un evidente favorlegislativo.”

4.  “la scelta del Comune di Veroli di localizzare, nell’ambito dell’intero territorio comunale, l’installazione degli impianti di telefonia mobile in soli tre siti, si pone in evidente contrasto con la natura di opere di urbanizzazione primaria delle anzidette strutture, che devono essere poste al servizio degli insediamenti abitativi e seguire il loro sviluppo, garantendo una capillare distribuzione sul territorio della rete di telecomunicazione. Inoltre, come reso evidente dalla stessa intestazione del regolamento approvato con delibera n. 23 del 2003, la disposizione censurata si configura indirizzata a scopi di radioprotezione che esulano dalla sfera dei poteri assegnati al Comune dall’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del 2001 sull’insediamento degli impianti di telecomunicazione nel proprio territorio e rientrano, invece, nelle attribuzioni degli organi dello Stato individuati dall’art. 4 della legge citata (cfr. ex multis Cons. St. Sez. VI, n. 1567 del 6 aprile 2007; n. 3332 del 5 giugno 2006)Consiglio di Stato Sez. III, n. 2455, del 13 maggio 2014.

5.  “L’applicazione della regole sulla distanza delle costruzioni dal confine e da altri fabbricati, previste dal regolamento edilizio del Comune di Lecce , non può essere intesa come un indebito limite all’espansione della rete di telecomunicazione, che necessariamente deve estendersi al servizio di tutto il territorio comunale. Nella specie non viene affatto impedita la localizzazione dell’impianto nella zona prescelta.  Non si versa , quindi, a fronte di una radicale preclusione della capillare espansione della rete di telefonia mobile - in presenza di prescrizioni restrittive che indirizzino l’installazione degli impianti solo in talune delle zone in cui lo strumento urbanistico ha classificato il territorio comunale o in siti all’uopo individuati dal Comune - ma viene richiesta unicamente l’ osservanza dei limiti di distanza, comuni ad ogni altra nuova costruzione, in relazione alla collocazione del manufatto sul lotto asservito all’edificazione.”  (Consiglio di Stato Sez. III, n.2521, del 19 maggio 2014)

Occorre aggiungere che le esigenze di “fare rete” dei gestori affermato come principio da rispettare da parte degli enti autorizzatori come riportato nella giurisprudenza sopra citata devono essere attentamente valutate  in sede di predisposizione del piano antenne e delle singole localizzazioni in rapporto e contraddittorio con i gestori , considerato quanto affermato nel Rapporto ISPRA 2012 [2] : “In effetti, al verificarsi di tale circostanza (il rispetto dei limiti di emissione ex lege ndr.), contribuisce comunque anche il non utilizzo da parte dei gestori di tutta la potenza effettivamente oggetto di autorizzazione; fatto presumibilmente dovuto, al momento, ad un sovradimensionamento degli impianti in fase di richiesta di autorizzazione alla installazione, come risulta da esperienze comuni nel Sistema delle Agenzie Ambientali” .

QUINDI il Piano Antenne da solo non basta ma se costruito bene sia giuridicamente che tecnicamente, nel rispetto dei principi/limiti di cui sopra,  è un ottimo strumento in mano alle Amministrazioni Comunali per tutelare la salute dei cittadini. 
Come ha affermato  il TAR Campania (Salerno) Sez. I, n. 1658, del 22 luglio 2013: “E’ illegittimo il diniego per ottenere il titolo abilitativo alla installazione di un impianto tecnologico di radio telecomunicazione per telefonia cellulare, fino alla concreta pianificazione di siti idonei”.

Un  corretto Piano Antenne raggiunge tre obiettivi per una Amministazione Comunale:
1. Fornire all’Amministrazione comunale lo strumento operativo capace di acquisire tutte le informazioni oggettive sull’inquinamento elettromagnetico del territorio in termini di tipologia di campo elettromagnetico presente in ogni singola area (tipologia di impianto, frequenza di trasmissione, potenza emessa, direzioni di emissione e rappresentazione grafica dei livelli di campo emessi) ed indicazione delle aree a diverso grado di rischio, sia mediante simulazioni previsionali che misurazioni sul campo;
2. Dotarla di una metodologia per la valutazione delle scelte anche nell’ambito di processi partecipativi negoziali che coinvolgano i soggetti gestori degli impianti e soggetti rappresentanti di interessi diffusi (associazioni di cittadini o ambientaliste);
3. Fornire criteri validi per la determinazione delle aree sensibili, ed in funzione di queste formulare le linee guida per la stesura di regolamenti locali in adozione dei criteri di cautela ed obiettivi di qualità;



IL SILENZIO ASSENSO
Fatte salve le procedure in deroga descritte nel prossimo paragrafo di questo post, la procedura di installazione delle antenne per telefonia e trasmissioni radioTV è disciplinata dall’articolo 87 del DLgs  259/2003 (Codice delle Comunicazioni elettroniche - per il testo vedi QUI).  In particolare gli impianti vengono autorizzati dagli Enti locali,  previo  accertamento,  da parte dell’Arpa competente   di  cui  all'articolo  14  della  legge 22 febbraio  2001, n. 36, della compatibilità del progetto con i limiti di  esposizione,  i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti  uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 f ebbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione (Dpcm 8/7/2003).
Il comma 9 dell’articolo 87 del DLgs 259/2003  prevede una forma di silenzio 
assenso, salvo che il dissenso sulla collocazione dell’impianto sia espresso 
da un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, alla tutela della salute o alla tutela 
del patrimonio storico-artistico, quindi ad es. ASL, Arpal, Soprintendenze a beni storico 
architettonici, paesaggistici e archeologici (comma 8 articolo 87), in questo caso la decisione è 
rimessa al Consiglio dei Ministri ma previa intesa con la Regione  e gli enti locali interessati.   
In particolare secondo detto comma 9 dell’articolo 87 : “le istanze di autorizzazione e le 
denunce di attività di cui al presente articolo, nonché quelle relative alla modifica delle 
caratteristiche di emissione degli  impianti già esistenti, si intendono accolte qualora, entro 
novanta giorni dalla presentazione del  progetto e  della relativa domanda,  fatta  eccezione  
per il dissenso di cui al comma 8 (vedi sopra ndr.), non sia stato comunicato un 
provvedimento di diniego. Gli Enti locali possono prevedere termini più brevi per la  
conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione 
amministrativa,  nel rispetto delle disposizioni stabilite dal presente comma.”

Sulla questione del silenzio assenso è intervenuta recentemente una interessante sentenza del Consiglio di Stato (sentenza n. 5455 del 2014) chiarendo che  il Comune, quando non si limiti a comunicare semplicemente il provvedimento negativo sulla installazione dell’impianto (come previsto dall’articolo 87), ma adotti addirittura un preavviso di rigetto (ai sensi dell'articolo  10bis della legge 241/1990 sul procedimento amministrativo, per il testo di questa vedi QUI ) deve concludere il procedimento con un provvedimento espresso nel termine di novanta giorni successivo al deposito delle osservazioni o dalla scadenza del termine per presentarle, formandosi altrimenti il silenzio-assenso di cui all’art. 87, comma 9, del d. lgs. 259/2003. In particolare secondo questa sentenza: “La disciplina dell’art. 10-bis della l. 241/1990, infatti, deve trovare integrale applicazione, sicché al preavviso di rigetto, quand’anche fondato sul parere negativo della Commissione edilizia, deve seguire il provvedimento definitivo entro il termine di novanta giorni, stante altrimenti il formarsi del silenzio-assenso.  Tale considerazione è decisiva e assorbente, nel caso di specie, dato che Ericsson vanta il titolo abilitativo formatosi, appunto, per silentium ai sensi dell’art. 87, comma 9, del d. lgs. 259/2003, con conseguente illegittimità di tutti i provvedimenti adottati dal Comune dopo il formarsi del silenzio-assenso, intesi a negare l’installazione della radio-base ed impugnati in prime cure.”



I TITOLI ABILITATIVI EDILIZI E LE PROCEDURE DI AUTOCERTIFICAZIONE  PER LA INSTALLAZIONE DELLE ANTENNE
Punto secondo  ci vuole la concessione edilizia (permesso di costruire) perchè non sono considerate pertinenze degli edifici nel caso vengano collocata su tetti condomini ad es.   Qui bisogna distinguere  però sulla potenza della stazione radio base infatti si veda la seguente recente normativa: 

Secondo il comma 3 articolo 87 DLgs 259/2003, Codice delle Comunicazioni elettroniche: “Nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, fermo restando il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità sopra indicati, è sufficiente la segnalazione certificata di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, al modello B di cui all'allegato n. 13”  ( per il testo del Codice delle Comunicazioni Elettroniche vedi QUIper il testo dell’allegato 13 vedi QUI[3]. Secondo il Consiglio di Stato (sentenza n. 5455 del 2014): ““Il  DLgs 259/2003 prevede, nell’art. 87, comma 3, ult. periodo, che “nel caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, […]è sufficiente – e non già necessaria –la segnalazione certificata di inizio attività”, facoltizzando, pertanto, e non obbligando il gestore a presentare la segnalazione certificata di inizio attività. 23. Il gestore ha quindi la facoltà e non l’obbligo di presentare la segnalazione ed è libero, ove creda, di presentare una istanza di autorizzazione, perché a ciò lo legittima la normativa nazionale che, giova ricordarlo, non può essere derogata in peius dal legislatore regionale, trasformando in obbligo quella che è mera una facoltà del gestore, giacché “le procedure di rilascio del titolo abilitativo per la installazione degli impianti devono essere improntate al rispetto dei canoni della tempestività e della non discriminazione” e richiedono di regola “un intervento del legislatore statale che garantisca l’esistenza di un unitario procedimento sull’intero territorio nazionale, caratterizzato, inoltre, da regole che ne consentano una conclusione in tempi brevi” (Corte cost., sent. n. 336 del 27.7.2005)…… 26. La segnalazione certificata di inizio attività costituisce, infatti, un modulo procedimentale semplificato rispetto all’istanza di autorizzazione, che nel caso di specie non è obbligatorio per il soggetto interessato…. l’art. 87, comma 3, del Codice non vieta al gestore, come è accaduto nel caso di specie, di presentare l’istanza di autorizzazione anziché la s.c.i.a., anche quando ricorrerebbero le condizioni per presentare la s.c.i.a., sicché ogni questione relativa alla relazione tecnica asseverata che il gestore avrebbe dovuto allegare alla s.c.i.a., lungi dall’apparire decisiva, si risolve in uno sterile e ininfluente formalismo, destituito di giuridico fondamento.”


La Legge 15 luglio 2011, n. 111 ha previsto che  “ 4. Al fine di agevolare la diffusione della banda ultralarga in qualsiasi tecnologia e di ridurre i relativi adempimenti amministrativi, sono soggette ad autocertificazione di attivazione - da inviare contestualmente all'attuazione dell'intervento all'ente locale e agli organismi competenti ad effettuare i controlli di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 -le installazioni e le modifiche, ivi comprese le modifiche delle caratteristiche trasmissive degli impianti di cui all'articolo 87-bis, degli impianti radioelettrici per trasmissione punto-punto[4]  e punto-multipunto e degli impianti radioelettrici per l'accesso a reti di comunicazione ad uso pubblico con potenza massima in singola antenna inferiore o uguale a 10 watt e con dimensione della superficie radiante non superiore a 0,5 metri quadrati.
4-bis. Ai medesimi fini indicati al comma 4, l'installazione e l'attivazione di apparati di rete caratterizzati da una potenza massima trasmessa in uplink inferiore o uguale a 100 mW, e da una potenza massima al connettore di antenna, in downlink, inferiore o uguale a 5 W, e aventi un ingombro fisico non superiore a 20 litri, possono essere effettuate senza alcuna comunicazione all'ente locale e agli organismi competenti ad effettuare i controlli di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36.”[5]

Resta però fermo quanto affermato dal Consiglio di Stato (da ultimo n. 225 del 2014 vedi QUI): “I tralicci e le antenne di rilevanti dimensioni debbono essere valutate come strutture edilizie soggette a permesso di costruire. Orbene, nel caso di specie, trattandosi, come emerge dalle schede tecniche in atti, di una struttura di circa 12 metri d’altezza, quest’ultima non può non essere considerata di “rilevanti dimensioni” e, quindi, come tale avrebbe dovuto essere autorizzata tramite permesso di costruire, con la conseguenza che risulta corretta, anche sotto questo profilo, l’impugnata ordinanza di demolizione emessa dal Comune.”, vedi anche Cons. di Stato, Sez. VI, 8 ottobre 2008, n. 4910 – Consiglio di Stato Sez. III, n. 5313, del 6 novembre 2013)



VALUTARE L’IMPATTO CUMULATIVO CON FONTI DI CAMPI ELETTROMAGNETICI PREESISTENTI
Già le vecchie linee guida ANPA [6] (punto 5) : “Ai fini della minimizzazione dell’esposizione della popolazione, si può eseguire una valutazione preventiva all’installazione di nuovi impianti basandosi sull’effettiva potenza degli stessi, sulle loro caratteristiche radioelettriche e su quelle geometriche e architettoniche del sito prescelto, per poi eventualmente prescrivere soluzioni migliorative. La valutazione preventiva deve tener conto del numero degli impianti e dei valori di campo elettromagnetico già presenti nel sito.
La valutazione preventiva, anche ai fini della mitigazione dell’impatto paesaggistico, dovrebbe fondarsi su alcune azioni preliminari da parte dell’autorità competente:
l'effettuazione di rilevamenti tecnici, comprese le misurazioni simulate o il confronto con situazioni preesistenti, tramite le ARPA ove funzionanti e i PMP in loro assenza;
la valutazione, d’intesa con le Autorità Sanitarie (Dipartimenti di Prevenzione-ASL) e i loro organi di consulenza tecnica (ISPESL) in relazione all’esistenza di ricettori particolarmente sensibili;
l’individuazione di soluzioni alternative di localizzazione.
Al fine della valutazione dovrebbero essere richiesti al gestore i dati sulle caratteristiche tecniche dell’impianto (vedi l’allegato 1  sotto riportato ). Possono essere inoltre considerate previsioni o richieste di altre installazioni nell’ambito della medesima area urbana o del medesimo territorio al fine di una valutazione integrata  degli impatti complessivi.”

A sua volta il DPCM 8 luglio 2003 che fissa i limiti di campi elettromagnetici emessi dalle antenne per telefonia mobile e impianto trasmissione radio TV afferma al comma 1 articolo 5: “  1.  Nel  caso di esposizioni multiple generate da piu' impianti, la somma  dei  relativi contributi normalizzati, definita in allegato C, deve  essere  minore  di  uno. In caso contrario si dovrà  attuare la riduzione  a conformità  secondo quanto decritto nell'allegato C”.  In sostanza se l’equazione  di calcolo delle emissioni riportata in questo allegato supera il valore di 1 dovrà essere ridotta a 0,8. 



I  METODI  DI MISURAZIONE DEI CAMPI AD ALTA FREQUENZA EMESSA DALLE STAZIONI RADIO BASE DELLA TELEFONIA CELLULARE
Punto quarto con leggine recenti, il Parlamento ha modificato i metodi di misurazione dei campi ad alta frequenza (quindi il nostro caso) spalmando il rispetto dei limiti su fasci orarie di 24 ore  e non più dei 6 minuti,  probabilmente perchè si erano accorti (sic!) che i limiti italiani erano molto bassi e quindi non facilmente rispettabili e soprattutto per aggirare la applicazione del principio di precauzione utilizzato dalla giurisprudenza nazionale proprio sulla base della precedente versione del metodo di misurazione del DPCM 8 luglio 2003.
Questo nonostante quanto affermato nel 2012 da un Rapporto dell’ISPRA (vedi QUI), peraltro non particolarmente favorevole ala fascia dei 6 minuti; questo Rapporto (pag. 25 e 28), afferma: “…l’evidenza che, a fronte dei limiti di legge posti a valori di 6 V/m, l’approccio prudenziale del sistema dei controlli preventivi abbia generalmente garantito un “clima elettromagnetico” negli ambienti di vita con livelli sostanzialmente più contenuti rispetto al valore ammesso di 6 V/m. ……. quindi, la normativa italiana, già di per sé più cautelativa, associata anche ad un approccio gestionale di tipo conservativo, in linea con la cultura protezionistica del soggetto dedicato ai controlli, se da un lato ha probabilmente condizionato la progettazione e le modalità di sviluppo delle reti mobili, dall’altro ha sicuramente garantito una maggiore tutela per i cittadini.”.



LA AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA O PER I BENI CULTURALI STORICO ARCHITETTONICI
Punto quinto il decreto sblocca Italia recente non convertito ma per il momento in vigore prevede che: non è soggetta ad autorizzazione paesaggistica  la installazione o la modifica di impianti di radiotelefonia mobile, da eseguire su edifici e  tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a  1,5  metri e superficie  delle medesime antenne non superiore a  0,5  metri  quadrati"...”
Questo in palese contrasto con la legge quadro [7] in materia di comunicazioni elettroniche che al comma 4 dell’articolo 86 recita: “4. Restano ferme le disposizioni a tutela dei beni ambientali e culturali contenute nel decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, nonché le disposizioni a tutela delle servitù militari di cui alla legge 24 dicembre 1976, n. 898.
Non solo ma sempre tale legge quadro al comma 8 articolo 87 esclude l’applicazione del silenzio assenso nel caso di dissenso da parte della Soprintendenza sulla installazione della antenna.  

Ricordo che comunque il DPR 139/2010 [8]  prevede la applicazione della procedura semplificata di autorizzazione paesaggistica, quindi non la deroga completa al Codice come afferma la sopra riportata normativa del decreto sblocca italia, ai seguenti interventi:
24. Installazione  di  impianti  di  radiocomunicazioni  elettroniche mobili, di cui all'articolo 87  del  decreto  legislativo  1°  agosto 2003, n. 259, che comportino la realizzazione di supporti di  antenne non superiori a 6 metri se collocati su  edifici  esistenti,  e/o  la realizzazione di sopralzi di infrastrutture  esistenti  come  pali  o
tralicci, non superiori a 6 metri, e/o la realizzazione  di  apparati di telecomunicazioni a servizio  delle  antenne,  costituenti  volumi tecnici, tali comunque da  non  superare  l'altezza  di  metri  3  se collocati su edifici esistenti e di metri 4 se posati direttamente  a
terra;”.  
In cosa consiste la autorizzazione paesaggistica semplificata prevista dal DPR 139/2010:
1. Si prevede una relazione paesaggistica semplificata (articolo 2)
2. I termini per la conclusione del procedimento sono ridotti (articolo 3)
3. Vengono previsti semplificazioni procedurali per il rilascio della autorizzazione paesaggistica (articolo 4)
4. Vengono individuati appositi funzionari presso ogni soprintendenza per seguire la procedura semplificata (articolo 5)
5. Immediata applicazione delle procedure semplificate nelle Regioni a statuto ordinario (articolo 6)




CONCLUSIONI: COSA POSSONO FARE I COMUNI
Approvando i Piani comunali, nel rispetto dei principi e criteri di legge e della giurisprudenza sopra descritti, possono:
1. stabilire criteri di localizzazione delle antenne,
2. escludere la localizzazione delle antenne in zone sensibili,  
3. sulla base delle valutazioni dell’Arpal escludere (individuando siti alternativi nel piano o in sue varianti) la localizzazione di impianti in zone con un rilevante impatto cumulativo dei campi elettromagnetici prodotto da impianti e attività preesistenti.
4. applicare il codice dei beni culturali secondo le modalità indicate sopra nel presente post

È ovvio che se questi Piani non ci sono il Comune si trova a  dover trattare con i gestori senza un  quadro complessivo della problematica sul territorio di competenza e quindi rischia di essere costretto a dover dare via libera ad impianti che ex post si possono rilevare pericolosi per la salute dei cittadini.

Insomma come sempre se c’è la volontà si può fare molto per i cittadini!




[1] Scuole, ospedali, impianti di accesso pubblico come parchi, palestre, situazioni con dimostrata presenza di soggetti a rischio
[2] http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/MLG_95_13_Documento_istruttorio_modifica_norma_CEMRF.pdf
[3] Vedi protocollo di Intesa Ispra e gestori telefonici  http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/MLG_96_13_Protocollo_Intesa_CEM.pdf
[4]Fanno parte di questa categoria i ponti radio, le telecomunicazioni via satellite e i radar. Gli impianti generalmente sono situati in aree non accessibili al pubblico, in modo che le onde elettromagnetiche non incontrino ostacoli lungo il cammino di propagazione”  Rapporto Apat 73/2006 “Metodologie, tecniche e procedure per la riduzione delle emissioni dei campi elettromagnetici  nell’ambiente”.
[5] Vedi protocollo di Intesa ISPRA e Telecom spa    http://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/manuali-lineeguida/MLG_97_13_Protocollo_Intesa_Mini_Repeater_UMTS_Telecom.pdf
[6] http://www.ifac.cnr.it/pcemni/normeit/lgadm381.htm#art4_3
[7]  Per il testo del Codice delle Comunicazioni Elettroniche vedi a questo link http://www.altalex.com/index.php?idnot=6497#titolo2
[8]http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2010-08-26&atto.codiceRedazionale=010G0157&elenco30giorni=false

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