venerdì 7 novembre 2014

La Liguria, in ritardo, si adegua alle norme UE sulle discariche: pagano i cittadini!

La Regione Liguria con delibera della giunta regionale del 5/11/2014  n. 1293 (vedi QUIha approvato le linee guida per le attività di trattamento sui rifiuti preliminari al conferimento in discarica

La questione va un minimo ricostruita per capire il significato di questa delibera della Giunta Regionale e soprattutto del clamoroso ritardo da parte della Regione nell’adeguarsi alle norme europee in materia di discarica e di  criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica. 



LA NORMATIVA SULLE MODALITÀ DI AMMISSIONE DEI RIFIUTI IN DISCARICA: CONTRASTI CON LA NORMATIVA COMUNITARIA
Il Decreto Legislativo 36/2003 (attuativo della Direttive europea 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti) prevede che: “I rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento , salvo i rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile e i rifiuti il cui trattamento non contribuisce al riduzione della quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente.

Il DLgs 36/2003 conteneva una deroga al suddetto obbligo di trattamento ma solo a queste condizioni:
a) ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile;
b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all'art. 1  riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente (rifiuti biodegradabili).
Le finalità dell’articolo 1 del DLgs 36/2003 sono: “prevenire o a ridurre il più possibile la ripercussioni negative sull'ambiente, in particolare l'inquinamento delle acque superficiali, delle acque sotterranee, del suolo e dell'atmosfera, e sull'ambiente globale, compreso l'effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle discariche di rifiuti, durante l'intero ciclo di vita della discarica.”

Invece che applicare correttamente la suddetta normativa, di fronte alle solite difficoltà del sistema italiano di adeguarsi ai principi di legge sopra citati, con Circolare del 30.6.2009 il Ministero dell’Ambiente si è inventato una propria deroga per cui:  
1. a predeterminate condizioni la “raccolta differenziata spinta” può far venir  meno l’obbligo di trattamento ai fini del conferimento dei rifiuti in discarica;
2. la indicazione di cui sopra ha natura “transitoria” senza stabilire, però, in  modo espresso il termine finale di applicazione di tale regime; termine individuato con un  generico rinvio alla definitiva entrata a regime della normativa sull’ammissibilità dei  rifiuti in discarica di cui al DLgs 36/2003 ed al D.M. 3 agosto 2005 (quest’ultimo abrogato e sostituito dal Decreto 27 settembre 2010).

Sul punto la Commissione UE  (nell’ambito della procedura di infrazione contro l’Italia n. 2011/4021) ha avuto modo di precisare due concetti fondamentali:
1.  “…un trattamento che consiste nella mera compressione e/o triturazione di rifiuti  indifferenziati da destinare a discarica, e che non includa un’adeguata selezione delle  diverse frazioni dei rifiuti e una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica  dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni negative  sull’ambiente e i rischi sulla salute umana…” ai sensi della normativa comunitaria;
2. “…il metodo relativo alla raccolta differenziata…non potrebbe costituire un trattamento  ai sensi dell’art. 6 lettera a) della direttiva 199/31/CE letto alla luce del combinato  disposto dell’art. 1 della direttiva 199/31/CE e degli 4 e 13 a) della direttiva 2008/98/CE  in quanto il fatto che la percentuale di raccolta differenziata venga aumentata non  autorizza a concludere che la parte di rifiuto che rimane indifferenziato non debba essere  sottoposto ad un trattamento adeguato, comprensivo di stabilizzazione della frazione  organica dei rifiuti stessi, prima della messa in discarica e pertanto non è tale da evitare o  ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi per la salute  umana…” . 


Con Circolare del 2013 il Ministero dell’Ambiente prot. n. 0042442 /GAB del 6.8. 2013 (vedi QUIper rispondere anche alla procedura di infrazione e far venire meno il regime interpretativo transitorio della Circolare del 2009, si è precisato che:
1. il trattamento deve modificare chimicamente il rifiuto prima di portarlo in discarica e non solo fisicamente (vedi tritovagliatura),
2. occorre quindi includere un’adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la  stabilizzazione della frazione organica. Infatti, le operazioni e i processi che soddisfano i requisiti minimi per rispettare il vincolo del  conferimento in discarica dei soli rifiuti trattati sono il trattamento effettuato mediante tecnologie più  o meno complesse come ad esempio la bioessiccazione e la digestione anaerobica previa selezione, il  trattamento meccanico biologico e l’incenerimento con recupero di calore e/o energia.
3. la raccolta differenziata spinta non può essere definita come trattamento perché conta la qualità del rifiuto raccolto e non solo la percentuale se, oltre alla prova di aver conseguito gli obiettivi progressivi di  riduzione dei rifiuti urbani biodegradabili da collocare in discarica (art. 5 D.Lgs. 36/2003 ), non viene data anche la  dimostrazione (art. 7 D.Lgs. 36/2003 ) che il trattamento non contribuisce a prevenire o a ridurre il più possibile le  ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi per la salute umana e non è indispensabile ai fini del  rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente.

   

LA NUOVA DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONE LIGURIA
Alla luce di questa evoluzione dei rapporti tra stato italiano e UE la Regione Liguria ha approvato la delibera citata all’inizio di questo post, con la quale si inizia l’adeguamento a quanto sopra. 
Si inizia quello che dovrebbe essere già realizzato da anni, infatti: la procedura di infrazione della UE è  del 2011, la normativa che obbligava al trattamento era in vigore addirittura dal 2003 nel nostro Paese.
Soprattutto la deroga al trattamento prima della ammissione in discarica andava interpretata non certo come ha fatto, fino alla Circolare del 2013, il Ministero dell’Ambiente  e di seguito la Regione Liguria (con una prima delibera regionale del 2007, per il testo vedi QUI),  ma richiedeva che venissero rispettati i principi di fondo della normativa sui rifiuti in generale e sulle discariche in particolare (come afferma il sopra citato articolo 7 del DLgs 36/2003) e come confermato dalla nuova delibera del 2014, di cui stiamo trattando,  che cita, nelle sue premesse,  il documento del  coordinamento tecnico della Commissione ambiente ed energia della Conferenza delle Regioni  nel quale si è affermato che la deroga all’ obbligo di trattamento disciplinata dall’art.7 c.1 del DLgs.36/2003 si deve riferire solo a quei territori in cui, oltre al rispetto degli obblighi previsti dalla normativa nazionale sulla raccolta differenziata, sugli obiettivi di riciclaggio e recupero e sulla riduzione dei rifiuti urbani biodegradabili (RUB), siano state attivate modalità idonee ed efficaci per l’intercettazione del rifiuto organico di cucine e mense e del rifiuto verde, tali da ottenere un rifiuto residuo che non provochi ripercussioni negative sull’ambiente e rischi per la salute umana. Ovvio che questo non è di certo il caso della Regione Liguria visto che, per rimanere solo gli obiettivi della raccolta differenziata, questi sono lontanissimi di quelli di legge. 



CONSEGUENZE   DEI RITARDI DI STATO ITALIANO E REGIONE LIGURIA
Il risultato di tutto ciò è che, per i ritardi prima dello Stato italiano e poi della Regione Liguria, la gran parte degli impianti di smaltimento liguri esistenti non rispettano attualmente la suddetta normativa europea.
Afferma infatti la nuova delibera della Regione Liguria:  “Fino alla attuazione delle previsioni del Piano regionale, il sistema gestionale ligure, basato, in parte maggioritaria, su impianti di smaltimento  a discarica deve comunque essere sottoposto ad un complessivo processo di adeguamento al fine di conseguire la conformità ai disposti della Circolare ministeriale dell’agosto 2013, ed alle sopra richiamate indicazioni tecniche conseguenti, tramite l’introduzione di processi di trattamento che prevedano almeno una adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della frazione organica”.

La conseguenza di tutto questo per ora quale è? La troviamo in un'altra delibera della Giunta Regionale la n. 1292 del 2014 (per il testo vedi QUIcon la quale si dispone: “Disposizioni per la gestione dell'emergenza rifiuti in Liguria. Nulla osta al conferimento rifiuti ad impianti piemontesi.”
La disposizione riguarda la provincia di Genova ma la delibera fa capire che il problema si pone almeno per altre due province di Savona ed Imperia, la soluzione per queste ultime è rinviata alle Conferenze Provinciali e vedremo cosa succederà……

Tutto ciò ha un costo che sarà a carico delle casse pubbliche cioè dei cittadini e questo costo è dovuto ai ritardi di Stato e Regioni, in questo caso Regione Liguria.

Qualcuno potrebbe sottolineare che la Regione Liguria fino al 2013 si è limitata ad applicare la legge come veniva interpretata dal Ministero dell’Ambiente con la sopra citata Circolare del 2009. In realtà le cose non stanno così.

La Regione poteva e doveva intervenire a prescindere dalle interpretazioni del Ministero dell’Ambiente, intanto perché una Circolare non può derogare ad una norma di legge nazionale (articolo 7 DLgs 36/2003) e tanto meno ad una Direttiva (Direttiva 1999/31/CE). Nel caso in esame non c’era bisogno neppure di utilizzare il principio di disapplicazione della norma nazionale in contrasto con quella  comunitaria, bastava applicare il criterio di gerarchia delle norme per cui la norma europea attuata con la legge nazionale (il DLgs 36/2003) prevale automaticamente sulla circolare del 2009 del Ministero dell’Ambiente. 
Quindi la Regione poteva chiedere agli impianti liguri la applicazione corretta della legge già dal 2003 e comunque dal 2011! Come? Non con semplici richieste generiche come viene citato nella delibera n. 1292 del 2014, peraltro le note sono tutte del 2014: nota 28.1.2014 (PG /2014/17744) e nota del 21.5.2014 (PG 2014/75991)!
Invece la Regione poteva utilizzare i  poteri di ordinanza e di potere sostitutivo che la legge regionale gli riconosce dal 1999. Ma è chiaro che qui ci sono anche responsabilità da parte degli enti che hanno autorizzato gli impianti e che hanno la titolarità di controllarne il rispetto delle autorizzazioni e della legge in generale: le Province!










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