La
Regione Liguria con delibera della giunta regionale del 5/11/2014 n. 1293 (vedi
QUI) ha
approvato le linee guida per le attività di trattamento sui rifiuti preliminari
al conferimento in discarica
La
questione va un minimo ricostruita per capire il significato di questa delibera
della Giunta Regionale e soprattutto del clamoroso ritardo da parte della
Regione nell’adeguarsi alle norme europee in materia di discarica e di criteri di ammissibilità dei rifiuti in
discarica.
LA NORMATIVA
SULLE MODALITÀ DI AMMISSIONE DEI RIFIUTI IN DISCARICA: CONTRASTI CON LA NORMATIVA
COMUNITARIA
Il
Decreto Legislativo 36/2003
(attuativo della Direttive europea 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti) prevede che: “I rifiuti possono essere collocati in
discarica solo dopo trattamento , salvo i rifiuti inerti il cui trattamento
non sia tecnicamente fattibile e i rifiuti il cui trattamento non contribuisce
al riduzione della quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e
l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti
fissati dalla normativa vigente. “
Il
DLgs 36/2003 conteneva una deroga al
suddetto obbligo di trattamento ma solo a queste condizioni:
a)
ai rifiuti inerti il cui trattamento non sia tecnicamente fattibile;
b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all'art. 1 riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente (rifiuti biodegradabili).
b) ai rifiuti il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle finalità di cui all'art. 1 riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana e l'ambiente, e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa vigente (rifiuti biodegradabili).
Le
finalità dell’articolo 1 del DLgs 36/2003 sono: “prevenire o a ridurre il più possibile la ripercussioni negative
sull'ambiente, in particolare l'inquinamento delle acque superficiali, delle
acque sotterranee, del suolo e dell'atmosfera, e sull'ambiente globale,
compreso l'effetto serra, nonché i rischi per la salute umana risultanti dalle
discariche di rifiuti, durante l'intero ciclo di vita della discarica.”
Invece che applicare
correttamente la suddetta normativa, di fronte alle solite difficoltà del sistema
italiano di adeguarsi ai principi di legge sopra citati, con Circolare del 30.6.2009 il Ministero dell’Ambiente
si è inventato una propria deroga per cui:
1. a predeterminate
condizioni la “raccolta differenziata
spinta” può far venir meno l’obbligo
di trattamento ai fini del conferimento dei rifiuti in discarica;
2. la indicazione di cui
sopra ha natura “transitoria” senza
stabilire, però, in modo espresso il
termine finale di applicazione di tale regime; termine individuato con un generico rinvio alla definitiva entrata a
regime della normativa sull’ammissibilità dei
rifiuti in discarica di cui al DLgs 36/2003 ed al D.M. 3 agosto 2005
(quest’ultimo abrogato e sostituito dal Decreto 27 settembre 2010).
Sul
punto la Commissione UE (nell’ambito della procedura di infrazione
contro l’Italia n. 2011/4021) ha avuto modo di precisare due concetti
fondamentali:
1. “…un trattamento che consiste nella mera
compressione e/o triturazione di rifiuti
indifferenziati da destinare a discarica, e che non includa un’adeguata
selezione delle diverse frazioni dei
rifiuti e una qualche forma di stabilizzazione della frazione organica dei rifiuti stessi, non è tale da evitare o
ridurre il più possibile le ripercussioni negative sull’ambiente e i rischi sulla salute umana…”
ai sensi della normativa comunitaria;
2. “…il metodo relativo
alla raccolta differenziata…non potrebbe costituire un trattamento ai sensi dell’art. 6 lettera a) della
direttiva 199/31/CE letto alla luce del combinato disposto dell’art. 1 della direttiva
199/31/CE e degli 4 e 13 a) della direttiva 2008/98/CE in quanto il fatto che la percentuale di
raccolta differenziata venga aumentata non
autorizza a concludere che la parte di rifiuto che rimane
indifferenziato non debba essere
sottoposto ad un trattamento adeguato, comprensivo di stabilizzazione
della frazione organica dei rifiuti
stessi, prima della messa in discarica e pertanto non è tale da evitare o ridurre il più possibile le ripercussioni
negative sull’ambiente e i rischi per la salute
umana…” .
Con
Circolare del 2013 il Ministero dell’Ambiente
prot. n. 0042442 /GAB del 6.8. 2013 (vedi QUI) per
rispondere anche alla procedura di infrazione e far venire meno il regime
interpretativo transitorio della Circolare del 2009, si è precisato che:
1. il trattamento deve
modificare chimicamente il rifiuto prima di portarlo in discarica e non solo
fisicamente (vedi tritovagliatura),
2. occorre quindi includere un’adeguata selezione delle
diverse frazioni dei rifiuti e la
stabilizzazione della frazione organica. Infatti, le operazioni e i processi che soddisfano i requisiti minimi
per rispettare il vincolo del
conferimento in discarica dei soli rifiuti trattati sono il trattamento
effettuato mediante tecnologie più o
meno complesse come ad esempio la bioessiccazione e la digestione anaerobica
previa selezione, il trattamento
meccanico biologico e l’incenerimento con recupero di calore e/o energia.
3. la raccolta
differenziata spinta non può essere definita come trattamento perché conta la
qualità del rifiuto raccolto e non solo la percentuale se, oltre alla prova di aver conseguito gli obiettivi progressivi
di riduzione dei rifiuti urbani
biodegradabili da collocare in discarica (art. 5 D.Lgs. 36/2003 ), non viene
data anche la dimostrazione (art. 7
D.Lgs. 36/2003 ) che il trattamento non contribuisce a prevenire o a ridurre il
più possibile le ripercussioni negative
sull’ambiente e i rischi per la salute umana e non è indispensabile ai fini
del rispetto dei limiti fissati dalla
normativa vigente.
LA NUOVA
DELIBERA DELLA GIUNTA REGIONE LIGURIA
Alla
luce di questa evoluzione dei rapporti tra stato italiano e UE la Regione
Liguria ha approvato la delibera citata all’inizio di questo post, con la quale
si inizia l’adeguamento a quanto sopra.
Si inizia quello che dovrebbe essere già realizzato da anni, infatti: la procedura di infrazione della UE è del 2011, la normativa
che obbligava al trattamento era in vigore addirittura dal 2003 nel nostro
Paese.
Soprattutto la deroga al trattamento prima della ammissione in discarica
andava interpretata non certo come ha fatto, fino alla Circolare del 2013, il Ministero
dell’Ambiente e di seguito la Regione
Liguria (con una prima delibera regionale del 2007, per il testo vedi QUI), ma
richiedeva che venissero rispettati i principi di fondo della normativa sui
rifiuti in generale e sulle discariche in particolare (come afferma il sopra
citato articolo 7 del DLgs 36/2003) e
come confermato dalla nuova delibera del
2014, di cui stiamo trattando, che cita, nelle sue premesse, il documento del coordinamento tecnico della Commissione
ambiente ed energia della Conferenza delle Regioni nel quale si è affermato che la deroga all’
obbligo di trattamento disciplinata dall’art.7 c.1 del DLgs.36/2003 si deve
riferire solo a quei territori in cui, oltre al rispetto degli obblighi
previsti dalla normativa nazionale sulla raccolta differenziata, sugli
obiettivi di riciclaggio e recupero e sulla riduzione dei rifiuti urbani
biodegradabili (RUB), siano state attivate modalità idonee ed efficaci per
l’intercettazione del rifiuto organico di cucine e mense e del rifiuto verde,
tali da ottenere un rifiuto residuo che non provochi ripercussioni negative
sull’ambiente e rischi per la salute umana. Ovvio che questo non è di certo il
caso della Regione Liguria visto che, per rimanere solo gli obiettivi della raccolta differenziata, questi sono lontanissimi di quelli di legge.
CONSEGUENZE DEI
RITARDI DI STATO ITALIANO E REGIONE LIGURIA
Il
risultato di tutto ciò è che, per i ritardi prima dello Stato italiano e poi
della Regione Liguria, la gran parte degli impianti di smaltimento liguri esistenti non
rispettano attualmente la suddetta normativa europea.
Afferma
infatti la nuova delibera della Regione Liguria: “Fino
alla attuazione delle previsioni del Piano regionale, il sistema gestionale
ligure, basato, in parte maggioritaria, su impianti di smaltimento a discarica deve comunque essere sottoposto
ad un complessivo processo di adeguamento al fine di conseguire la conformità
ai disposti della Circolare ministeriale dell’agosto 2013, ed alle sopra
richiamate indicazioni tecniche conseguenti, tramite l’introduzione di processi
di trattamento che prevedano almeno una adeguata selezione delle diverse
frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della frazione organica”.
La
conseguenza di tutto questo per ora quale è? La troviamo in un'altra delibera della Giunta Regionale la n. 1292
del 2014 (per il testo vedi QUI) con
la quale si dispone: “Disposizioni per la
gestione dell'emergenza rifiuti in Liguria. Nulla osta al conferimento rifiuti
ad impianti piemontesi.”
La
disposizione riguarda la provincia di Genova ma la delibera fa capire che il
problema si pone almeno per altre due province di Savona ed Imperia, la
soluzione per queste ultime è rinviata alle Conferenze Provinciali e vedremo
cosa succederà……
Tutto
ciò ha un costo che sarà a carico delle casse pubbliche cioè dei cittadini e
questo costo è dovuto ai ritardi di Stato e Regioni, in questo caso Regione
Liguria.
Qualcuno
potrebbe sottolineare che la Regione Liguria fino al 2013 si è limitata ad
applicare la legge come veniva interpretata dal Ministero dell’Ambiente con la
sopra citata Circolare del 2009. In realtà le cose non stanno così.
La
Regione poteva e doveva intervenire a prescindere dalle interpretazioni del Ministero
dell’Ambiente, intanto perché una Circolare non può derogare ad una norma di
legge nazionale (articolo 7 DLgs 36/2003) e tanto meno ad una Direttiva
(Direttiva 1999/31/CE). Nel caso in esame non c’era bisogno neppure di utilizzare il principio di disapplicazione
della norma nazionale in contrasto con quella
comunitaria, bastava applicare il criterio di gerarchia delle norme per
cui la norma europea attuata con la legge nazionale (il DLgs 36/2003) prevale
automaticamente sulla circolare del 2009 del Ministero dell’Ambiente.
Quindi la Regione poteva
chiedere agli impianti liguri la applicazione corretta della legge già dal
2003 e comunque dal 2011! Come? Non con semplici richieste generiche come viene citato nella
delibera n. 1292 del 2014, peraltro le note sono tutte del 2014: nota 28.1.2014 (PG /2014/17744) e nota del 21.5.2014 (PG 2014/75991)!
Invece la Regione poteva
utilizzare i poteri di ordinanza e di
potere sostitutivo che la legge regionale gli riconosce dal 1999. Ma è
chiaro che qui ci sono anche responsabilità da parte degli enti che hanno
autorizzato gli impianti e che hanno la titolarità di controllarne il rispetto
delle autorizzazioni e della legge in generale: le Province!
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