venerdì 14 novembre 2014

Sblocca Italia: Attacco al Paesaggio e logica decisionista!

L’attacco al Paesaggio si accompagna ormai da tempo ad un continuo tracimante intervento di modifica legislativa sia al Codice del Paesaggio che alle norme ad esso coordinate come la legge 241/1990 sul procedimento amministrativo.  A questo si accompagna una logica decisionista anche a livello degli Enti Locali e delle Regioni che tende sempre di più ad escludere le comunità locali e soprattutto i cittadini attivi da un coinvolgimento nelle decisioni che riguardano la tutela del Paesaggio, la identità di parti storiche di città e borghi.
L’ultimo esempio è il decreto sblocca Italia ora convertito in legge definitivamente, di cui tratterò in questa sede solo per la parte paesaggistica anche se novità negative per la tutela del territorio, intesa anche in senso estetico paesaggistico e culturale e non solo strettamente ambientale, si trovano in questo decreto nel Capo V sulle misure per il rilancio della edilizia, solo leggermente modificate nella legge di conversione.
Ma il modello del Decreto Sblocca Italia va al di la della questione Paesaggistica anzi, usa l’obiettivo specifico di rimozione degli ostacoli procedurali a scelte anti paesaggistiche, per definire un nuovo modello di governo degli usi del territorio fondato sulla emergenzialità  e l’accentramento dei poteri verso il Governo come spiego alla fine di questo post.

Vediamo di seguito le novità della legge di conversione del Decreto Sblocca Italia....  



ELIMINAZIONE DELLA AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA PER NUOVE TIPOLOGIE DI INTERVENTI
Il Decreto Sblocca Italia all’articolo 25 (vedi QUI)  rinvia  ad un nuovo regolamento per escludere la autorizzazione paesaggistica per nuove tipologie di interventi minori e per quelli di lieve entità ulteriori rispetto all’elenco previsto dal DPR  n.139 del 2010. Ora questo DPR già semplificava notevolmente le procedure di rilascio della autorizzazione paesaggistica per numerosissimi interventi c.d.  di lieve entità ma che "comportino un'alterazione dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici".   In cosa consiste la semplificazione in vigore dal 2010 con il sopra citato DPR n. 139:           
1. si prevede una relazione paesaggistica semplificata (articolo 2)
2. i termini per la conclusione del procedimento sono ridotti (articolo 3)
3. vengono previsti semplificazioni procedurali per il rilascio della autorizzazione paesaggistica (articolo 4)
4. vengono individuati appositi funzionari presso ogni soprintendenza per seguire la procedura semplificata (articolo 5)
5. immediata applicazione delle procedure semplificate nelle Regioni a statuto ordinario (articolo 6)

Ma questa semplificazione, esistente come abbiamo visto da oltre 4 anni,  non è sufficiente perché è chiaro l’intento di questo Governo depotenziare sempre di più lo strumento autorizzazione paesaggistica lasciandolo peraltro nelle mani della politica amministrativa locale ed ora nazionale come vedremo di seguito in questo post,  e sempre meno dei tecnici delle Soprintendenze.
Peraltro abbiamo un precedente di proposta di provvedimento (un DPR) che mirava ad allargare l’elenco delle opere per le quali si prevedeva la autorizzazione paesaggistica semplificata, passato dal parere della Conferenza Unificata Stato Regioni Città il 24 gennaio 2013 e poi arenatosi.
Ebbene il Consiglio di Stato su quello schema di provvedimento espresse un parere il 13 marzo 2013 con il quale mise in rilievo la necessità di circoscrivere gli interventi che godono della semplificazione per evitare abusi.



SILENZIO ASSENSO PER IL PARERE DELLA SOPRINTENDENZA NELLA AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA
Così sempre l’articolo 25 del Decreto sblocca Italia, modificando il comma 9 dell’articolo 146 del Codice del Paesaggio,  prevede che se entro 60 giorni dalla ricezione degli atti relativi alla domanda di autorizzazione paesaggistica la Soprintendenza non si esprima attraverso la conferenza dei servizi, l’amministrazione competente (leggi il Comune di solito o comunque l’ente subdelegato dalla Regione: Provincia Ente Parco) provvede comunque al rilascio della autorizzazione paesaggistica. La norma precedente ora abrogata prevedeva che se il Soprintendente non avesse fornito nei termini il proprio parere si passava attraverso una conferenza dei servizi con la partecipazione del soprintendente o l’invio di un parere scritto dello stesso. Solo dopo la conferenza dei servizi se nulla era arrivato dalla Soprintendenza l’autorità competente rilasciava la autorizzazione paesaggistica.  Quindi una forma indiretta  di silenzio assenso era già stata introdotta nel testo del Codice dei Beni Culturali con la modifica del DLgs 157 del 2006, ma almeno il silenzio della Soprintendenza veniva verificata in una apposita riunione pubblica formalmente convocata: la conferenza dei servizi. Con il Decreto Sblocca Italia invece l’autorità competente rilascia l’autorizzazione paesaggistica senza neppure sollecitare una volta la Soprintendenza.
Siamo quindi di fronte ad un vero e proprio  silenzio assenso diretto per i beni paesaggistici.
    
D’altronde del perché possa fare paura ai “semplificatori dell’uso del territorio” il Parere della Soprintendenza lo ha spiegato, paradossalmente,  lo stesso Ministero dell’Ambiente con una Circolare del 22/1/2010 secondo la quale, relativamente alle finalità del parere: “il parere reso dai Soprintendenti riguarda anche il merito della trasformazione del territorio  oggetto della richiesta di autorizzazione ed è, al momento, non soltanto obbligatorio ma  anche vincolante e sarà tale fino a che, con riferimento a tutte le fonti del vincolo  paesaggistico che in concreto assumono rilevanza per il progetto di trasformazione del territorio  sottoposto ad autorizzazione, non ricorrano le condizioni indicata dal Codice.”.
Non solo ma la Circolare del Ministero dell’Ambiente prevede l’obbligatorietà del parere ancorché si entrerà nel regime per cui tutti i piani urbanistici interessati da interventi in aree a vincolo paesaggistico siano stati dichiarati compatibili con i nuovi piani paesaggistici regionali da parte degli organi ministeriali.   Quindi nessuna ipotesi di  autorizzazione senza parere della Soprintendenza.  

Ovviamente il signor Renzi non si è mai preoccupato del vero blocco alla realizzazione dei progetti in aree vincolate che consiste proprio nel fatto che fino ad ora solo due Regioni (Toscana e Puglia) hanno co-pianificato  con il Ministero l’uso del loro paesaggio aprendo alla semplificazione delle procedura sopra descritta.

La modifica del Decreto Sblocca Italia sopra descritta ha un unico scopo: depotenziare ulteriormente il ruolo di controllo delle Soprintendenze nelle aree a vincolo paesaggistico.
La semplificazione è peraltro una scusa visto che i commi 10 e 11 dell’articolo 146 del Codice del Paesaggio disciplinano le procedure sostitutive a salvaguardia proprio di chi ha presentato la domanda di autorizzazione paesaggistica. Tali procedure sostitutive consistono:   
a) l'inutile scadenza dei 60 giorni sopraindicati senza che l’Amministrazione  competente per delega abbia adottato il provvedimento definitivo consente all'interessato di rivolgersi in via sostitutiva alla Regione che provvederà entro 60 giorni dalla ricezione dell'istanza. Per tale attività la Regione può anche avvalersi di un Commissario ad acta,
b) In tutti i casi nei quali la Ragione abbia mantenuto a sé le competenze paesaggistiche e non provveda ad adottare il provvedimento, l'interessato può presentare al Soprintendente la richiesta di autorizzazione paesaggistica, affinché questo ultimo si pronunci in via sostitutiva, entro gli stessi termini indicati. (Circolare Ministero Beni Culturali 22/1/2010).



Ma la legge di conversione non si accontenta di quanto aveva già fatto il decreto legge e quindi va a modificare anche la disciplina sulla conferenza dei servizi all’interno della quale possano essere coinvolti gli enti preposti alla tutela del paesaggio a cominciare ovviamente dalle Soprintendenze. In particolare viene modificato il comma 3 dell’articolo 14quater della legge 241/1990 (Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi).
Il comma 3  dell’articolo 14quater disciplina il  caso del dissenso, espresso in conferenza dei servizi, da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della  pubblica incolumità. 
La norma era già stata modificata nel 2010  (legge 122/2010) prevedendo che il conflitto, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della  Costituzione,  venga rimesso  dall'amministrazione  procedente alla deliberazione del Consiglio dei  Ministri, che si pronuncia  entro sessanta giorni, previa intesa:
1. con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali,
2. ovvero previa intesa con la  Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Già la legge del 2010 modificava in modo significativo il comma 3 dell’articolo 14 quater della legge 241/1990, rispetto al testo precedente;  infatti se nel nuovo testo (post 2010)  la questione del dissenso di un’amministrazione preposte a tutela di interessi ambientali e/o paesaggistici viene rinviata sempre al Consiglio dei Ministri, nella vecchia versione (ante 2010) invece la questione era così rimessa :
1. al Consiglio dei ministri, in caso di dissenso tra amministrazioni statali;
2. alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali;
3. alla Conferenza unificata  Stati Regioni Città  in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.

Sempre secondo il comma 3 dell’articolo 14quater della legge 241/1990 se l'intesa non é raggiunta nei successivi trenta  giorni (allo scadere dei 60 giorni di cui sopra), la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso é espresso da una Regione o da una Provincia  autonoma in una delle materie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.  L’ulteriore novità è che nel caso di non raggiungimento dell’Intesa Stato- Regione nel caso di un motivato dissenso espresso da una Regione in una materia di propria competenza il Consiglio dei Ministri delibera con potere sostitutivo sia pure con la partecipazione non vincolante della Regione interessata, mentre nel vecchio testo invece la decisione era provvisoriamente inviata alla competente Giunta regionale
che doveva assumere la determinazione sostitutiva nei successivi trenta giorni; solo qualora la Giunta regionale non provvedeva entro il termine predetto, la decisione era rimessa al Consiglio dei ministri, che deliberava con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate.

Come si vede il quadro emerso dalla riforma del 2010 forniva già ampi poteri al Consiglio dei Ministri, ma il Decreto Sblocca Italia vuole ulteriormente rafforzare tale potere e lo fa con due modifiche apparentemente piccole ma in realtà moto significative.

1. Intanto definisce la decisione del Consiglio dei Ministri che “risolve” il conflitto ad esempio con una Soprintendenza (tanto per non fare nomi) o (ma la vedo più difficile conoscendo la cultura di molti amministratori  e burocrati locali) ad un Comune particolarmente attento alla tutela del paesaggio, questa decisione ha natura di atto di alta amministrazione. Ora come è noto gli atti di alta amministrazione rientrano nella categoria degli atti politici. La definizione applicata al caso in esame crea il dubbio che si sia voluto utilizzarla per applicare l’articolo 7 del Codice del Processo Amministrativo secondo il quale: “Non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal  Governo nell’esercizio del potere politico”.  L’utilizzo però della categoria degli atti di alta amministrazione appare poco adatta la caso in esame considerato che tali atti esprimono la funzione di indirizzo politico non quella esecutiva del Governo, in altri termini L’alta amministrazione si esprime attraverso atti normativi, atti di carattere generale, di programmazione e di indirizzo, incapaci tuttavia di produrre effetti giuridici diretti nelle situazioni giuridiche soggettive.
D’altra parte la Corte Costituzionale sul punto ha avuto modo di chiarire, con sentenza n. 81 del 2012, che: “gli spazi della discrezionalità politica trovano i loro confini nei principi di natura giuridica posti dall’ordinamento, tanto a livello costituzionale quanto a livello legislativo; e quando il legislatore predetermina canoni di legalità, ad essi la politica deve attenersi, in ossequio ai fondamentali principi dello Stato di diritto. Nella misura in cui l’ambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo che connota un’azione di governo, è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano l’esercizio, il rispetto di tali vincoli costituisce un requisito di legittimità e di validità dell’atto, sindacabile nelle sedi appropriate.” In altri termini e traducendo al caso in esame se la decisione di alta amministrazione del Consiglio dei Ministri risultasse in contrasto con norme di legge, ad es. il Codice del Paesaggio, sarebbe certamente impugnabile. 
Resta comunque il maldestro tentativo del Governo Renzi che potrebbe anche precludere ad un riforma del Codice del Processo Amministrativo che aggiri i limiti posti dalla attuale normativa e soprattutto dalla Corte Costituzionale.

2. Il decreto sblocca Italia introduce un'altra modifica al comma 3 articolo 14quater della legge 241/1990, prevedendo che una volta raggiunta l’Intesa con la Regione e con gli enti locali interessati (nel caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali) deliberi “motivando un'eventuale decisione  in  contrasto  con  il  motivato dissenso”. Questa modifica appare ridondante per due motivi:
1.se c’è stata l’Intesa è ovvio che la deliberazione del Consiglio dei Ministri non possa far altro che recepire la stessa
2.se ritiene di non aderire alla Intesa e questa non è raggiunta nei termini stabiliti dalla legge (30 giorni dalla scadenza dei 60 giorni per raggiungere l’Intesa) avrà la possibilità di usare il potere sostitutivo come ho illustrato in precedenza.
Salvo che non si voglia dire che nonostante l’Intesa raggiunta il Consiglio dei Ministri possa predisporre una propria e distinta motivazione nella sua decisione. Ma questa sarebbe palesemente in contrasto con gli indirizzi della Corte Costituzionale in materia di Intese Stato Regioni Città: in caso di contrasto tra Regione e Governo, il rinvio al Consiglio dei Ministri della decisione finale, non può essere sostitutivo della Intesa con la Regione (sentenze n. 303/2003 ; 6/2004 ; 27/2004 su opere pubbliche ed energia).“



L’USO ABNORME DEL POTERE SOSTITUIVO DEL GOVERNO RISPETTO A REGIONI ED ENTI LOCALI
Il riferimento costituzionale del potere sostitutivo da parte del Governo, di cui sopra, è nel comma 2 dell’articolo 120  della Costituzione, che  recita: “ Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”.
Una norma apparentemente simile  si trova nell’articolo 72 della Costituzione federale tedesca secondo il quale il Parlamento nazionale interviene  con propria legge tra l’altro “ in quanto ….. 3) lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica , ed in particolare modo la tutela dell’uniformità delle condizioni di vita, prescindendo dai confini territoriali d’ogni singolo Land ”.  La differenza con l’Italia è che  però l’articolo 72 della legge tedesca si riferisce esplicitamente al potere legislativo dello Stato (il Parlamento) mentre l’articolo 120 comma 2 nuova versione della Costituzione italiana si riferisce ai poteri sostitutivi del Governo . Quindi si viene a determinare ( a differenza del sistema tedesco) uno spostamento  della titolarità della competenza , visto che  in molti casi in cui occorreranno interventi legislativi non disponibili da parte del Governo se non nella forma limitata del decreto legge . Non solo ma la dizione “tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica “ è talmente ampia che potrà spianare la strada ad interventi pesanti  del Governo .
Sul punto autorevole dottrina (A. Azon in “La Riforma dell’ordinamento regionale” pag. 65 ed. Giuffrè 2001) ha affermato che la formula dell’articolo 120 prefigura la possibilità che lo Stato si appropri di competenze  delle regioni con un mero atto amministrativo , privo di garanzie adeguate ( tra tutte , la specifica base legislativa), introducendo uno strumento ben più pericoloso per l’assetto dei rapporti Stato Regioni di quanto sia attualmente il tanto criticato ricorso all’interesse nazionale, che almeno avviene con legge e con i limiti e controlli elaborati dalla Corte Costituzionale. Il nuovo potere sostitutivo si presenta come un grimaldello capace di aprire qualsiasi varco e di consegnare nelle mani del Governo nazionale la disponibilità della linea di distinzione  tra le competenze nazionali e locali, finendo così per svalutare quella che viene presentata come la novità più spiccatamente federalista della riforma in esame, il rovesciamento del criterio dell’enumerazione delle competenze.

La modifica apportata dal Decreto Sblocca Italia (ma anche dalla normativa precedente) relativamente alla disciplina del dissenso in sede di Conferenza dei Servizi, che ho descritto sopra è un esempio di come il rischio teorico insito nell’attuale versione dell’articolo 120 della Costituzione stia diventando prassi della legge ordinaria. 



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