Ancora
una nota dell’amico Avvocato che
sostiene il progetto Buren. Nota che merita un chiarimento per i toni civili
con cui è svolta e per le argomentazioni non banali sotto il profilo tecnico
giuridico.
Afferma l’Avvocato “La sospensione
(si badi: non la revoca) dell'originaria autorizzazione, imposta dalla
circostanza che le alberature fossero d'età lievemente superiore a settant'anni
(estemporaneo pretesto dell'ultim'ora escogitato dagli eterni oppositori a
prescindere), potrà sfociare in un definitivo via libera ai lavori al termine
del supplemento istruttorio.”
No non ci siamo ho avuto modo di
spiegare più volte anche in pubblico che l’età degli alberi in se, è relativa in
questa vicenda, ma va rapportata al resto della piazza….ma vedo che c’è sempre
qualcuno che riprova a mescolare le carte. Vediamo perché……
SULLA QUESTIONE DELLA SOSPENSIONE DEI LAVORI
NELLA PARTE CENTRALE DELLA PIAZZA
Da settimane sostengo la tesi che la
autorizzazione dello scorso novembre 2012 è stata sospesa nella sua esecuzione e non
annullata. Come ho scritto lo scorso 26 giugno: “la nota della Soprintendenza
è stata emessa ai sensi del comma 2 articolo 28 del Codice di Beni
Culturali. Secondo questo comma il Soprintendente può inibire o sospendere
interventi relativi ai beni soggetti a vincolo culturale se non è ancora
intervenuta la procedura di verifica dell’interesse culturale.”
Siamo cioè di fronte ad una sospensione amministrativa (ex articolo
21 quater della legge 241/1990) che riconosce tale potere alla PA competente
(in questo caso la Soprintendenza) per “gravi
ragioni”. Nel caso in esame le gravi ragioni consistono nell’aver rilevato
il realizzarsi del silenzio inadempimento del Comune nell’avviare la “necessaria” (come viene definita
nell’autorizzazione della Soprintendenza del novembre 2012 alla realizzazione
del progetto Buren Vannetti), procedura
di verifica dell’interesse storico ai sensi dell’articolo 12 del Codice dei
Beni Culturali.
Quindi l’atto degli organi periferici del
Ministero dei Beni Culturali del 17/6/2013, sospende temporaneamente la esecutività
della autorizzazione del novembre 2012 ,
in attesa di detta procedura di verifica, la quale potrebbe concludersi
(entro 120 giorni dal 17/6/2013 il che
garantisce la temporaneità della sospensione ex lege), con una nuova
autorizzazione alla demolizione o modifica degli elementi che compongono
l’interesse storico architettonico della
stessa (come ammesso da detto atto del 17/6/2013). In tal caso quindi avremo una revoca dell’autorizzazione del novembre
2012 in quanto quell’atto risulterebbe
inficiato da vizi di merito in quanto sarebbero sopravvenuti nuovi elementi di
valutazione dell’interesse pubblico originario tutelato: in questo caso
l’interesse storico culturale e architettonico della piazza e degli elementi
che la compongono.
L’Avvocato poi afferma che la
sospensione sia dovuta allo “estemporaneo
pretesto” della età dei pini. In realtà basterebbe leggere l’atto della
Direzione Regionale cui ha fatto seguito il provvedimento sospensivo dei lavori
e quindi della esecutività della autorizzazione del novembre 2012, per capire
che le cose non stanno assolutamente così.
La Direzione Regionale dei Beni Culturali
nella nota del 17/6/2013 afferma che la documentazione
utile alla procedura di verifica dell’interesse storico culturale dovrà
riguardare: la piazza, le sue pertinenze, e i vegetali arborei ivi presenti.
Quindi la procedura di verifica non è stata
ordinata solo per l'età dei pini ma perché, non avendola avviata come previsto dalla
autorizzazione del novembre 2012, il
Comune ha realizzato un silenzio inadempimento che ha prodotto la sospensione
della esecutività di detta autorizzazione.
C’è stato quindi un vizio di procedura che potrebbe, come spiegato
sopra, produrre un vizio di merito fino ad arrivare alla inevitabile revoca
della autorizzazione del novembre 2012 e ad una nuova autorizzazione.
Questa è la verità giuridico amministrativa
altro che “pretesti dell’ultima ora”,
il pretesto era conosciuto e quindi conoscibile sin dal novembre 2012, come
dire carta canta Egregio Avvocato.
SULLA PROCEDURA DI VERIFICA
Relativamente alla procedura di
verifica dell’interesse storico culturale della Piazza l’Avvocato afferma: “potrà
sfociare in un definitivo via libera ai lavori al termine del supplemento
istruttorio”
L’Avvocato, forse per carenza di conoscenza della normativa
tecnica in materia (che infatti non cita mai nella sua nota) ha una visione minimalista di questa procedura
verifica, come se tutto si potesse risolvere nel verificare l’età dei pini o al più in un bollo da mettere sulla pratica.
Non è così.
L’età
settantennale vale fino a quando
non è avviata la procedura di verifica. Vale a dire ex articolo 12 le opere
immobili ultrasettantennali sono soggette a vincolo: “fino a quando non sia stata effettuata la verifica…”
Una volta avviata la verifica questa dovrà valutare il
permanere della esistenza dell’interesse storico architettonico, non più
secondo l’età, ma secondo la valutazione di come la piazza è venuta a definirsi
compiutamente nella prima metà del secolo scorso arrivando fino ai giorni
nostri.
Una volta verificato l’interesse storico culturale quindi
qualsiasi progetto, che intervenga sulla piazza, dovrà rispettare quella
definizione e non potrà stravolgerla.
“L’espletamento di
ufficio (come nel caso in esame vedi atti della Direzione regionale e della
Soprintendenza citati ndr.) della verifica si configura come facoltà della
autorità ministeriale che vi darà corso per lo più nei casi in cui stimi di
potere pervenire ad un esito positivo circa la sussistenza dell’interesse
culturale, ma , al contempo questo ultimo risulti dubbio o comunque opinabile”
(commento al Codice Beni Culturali ed. Giuffrè 2012 pag. 142).
Quindi anche nel caso
in esame la procedura di verifica non servirà a stabilire se la Piazza sia o
meno soggetta a vincolo culturale (cosa ormai assodata) ma a definire la
portata, gli elementi costitutivi del vincolo (qui sta il concetto di opinabilità del commento al Codice sopra citato), come risulta dal Decreto
Ministeriale del 2004.
D’altronde che la procedura di verifica
sia tutt’altro che un passaggio scontato lo dimostrano le schede tecniche
descrittive (allegate al Decreto) dell’immobile Piazza Verdi, che gli uffici
comunali dovranno riempire, per poi essere valutate dagli organi periferici del
Ministero.
In particolare:
1. Definizione
dell’immobile
2. Data di realizzazione
nella sua facies come si presenta oggi
3. Localizzazione
4. Riferimenti catastali
compresi quelli delle particelle confinanti
5. Destinazione di uso:
principali e secondarie
6. Documentazione
fotografica per ogni elemento componente l’immobile
7. Stralcio
planimetrico: La planimetria catastale, in scala 1:1.000 o 1:2.000, deve
individuare con esattezza la localizzazione
del bene, mediante perimetrazione della particella.
8. Descrizione della
struttura fisica, della tipologia architettonica e degli elementi
architettonici.
9. Descrizione sintetica
della storia edilizia del bene e delle principali trasformazioni d’uso,
corredata da una bibliografia di
riferimento.
10. Presenza
di elementi significativi: compresi elementi ornamentali interni (es. mosaici
palazzo poste) o esterni
11. Eventuale
altra documentazione allegata (planimetrie, cartografie, foto aree, grafici di rilievo, immagini, relazioni, atti
amministrativi, schede di dettaglio).
Quindi alla fine della procedura di verifica, come peraltro affermato nella
nota della Soprintendenza del 17/6/2013 ribadita da quella del 21/6 , se si confermerà (e definirà precisamente aggiungo) l’interesse storico
architettonico della piazza occorrerà
una nuova autorizzazione: “agli
interventi di demolizione e rimozione”.
Il che significa che la procedura potrà
comportare una revoca della autorizzazione del novembre 2012, come già spiegato
sopra, e soprattutto una modifica del progetto Buren Vannetti, altro che una
sorta di timbro formale del progetto attuale come vuol far credere l’Avvocato.
Voglio far notare all’Avvocato che o, ho
ragione io nella mia interpretazione, oppure, se ha ragione lui, la Soprintendenza ha commesso un abuso di
ufficio nell’imporre una procedura che, secondo l’Avvocato era totalmente
inutile e ridondante, facendo perdere due mesi di tempo ad un cantiere
autorizzato regolarmente (secondo l’Avvocato ovviamente). Mi chiedo se le cose stanno così perché
l’Avvocato non ha suggerito di impugnare la decisione della Direzione Regionale
che sospendeva i lavori e quindi l’autorizzazione del novembre 2012? Misteri dei difensori d’ufficio del progetto
Buren Vannetti.
LA PROCEDURA DI VERIFICA E IL RUOLO DEI PINI
L’Avvocato poi si avventura in una
dichiarazione coerente con la visione
minimalista della procedura di verifica in corso . Afferma: “l'inserimento
successivo delle alberature centrali, in luogo di un semplice ed esile
marciapiede, ha determinato un incomprensibile e radicale mutamento
dell'originario contesto architettonico; con quel maldestro intervento sono
state cancellate le prospettive lungo la direttrice via Chiodo-via Veneto, che
oggi verrebbero ripristinate con una forte caratterizzazione moderna.”
La natura storico architettonico dell’inserimento
delle alberature dovrà essere dimostrata definitivamente dalla procedura di
verifica sopra descritta e non può deciderlo l’avvocato con le scopiazzature
della relazione della dott.sa Ratti (direttrice delle Istituzioni Culturali
spezzine) allegata al bando che ha selezionato il progetto. Relazione peraltro rivelatasi errata proprio
in relazione alla data di inserimento delle alberature. Le alberature si
inseriscono nella piazza nello stesso periodo in cui la stessa definisce la sua
facies. Quanto all’aggettivo maldestro,
qui di maldestri ci sono solo gli uffici comunali che hanno combinato il
pateracchio che ha prodotto lo stallo attuale.
Non solo ma al di la delle
alberature, il problema di mantenere la
direttrice Via Chiodo, Via Veneto dovrà essere sempre rapportato con il resto
della piazza e relative conclusioni della procedura di verifica dell’interesse
storico architettonico. Con questo dovranno fare i conti i portali di Buren!
LA QUESTIONE DELLA MONUMENTALITÀ DEI PINI
Afferma l’Avvocato: “ l'anno della
collocazione arborea diventa assolutamente irrilevante; inoltre non v'è
catalogazione in termini di "monumentalità", che comporterebbe,
questa sì, una tutela assoluta degli alti fusti. “
Questo non è un ragionamento giuridico, ma è un errore di definizione giuridica. Cosa c’entrino i pini con il concetto di
monumentalità ai sensi della legge regionale sugli alberi monumentali lo sa
solo il nostro Avvocato.
Questa
legge fa riferimento agli alberi
monumentali naturali i quali sono
considerati tutelabili ex se:” ovunque
radicati, quando costituiscono patrimonio di particolare interesse
naturalistico, ambientale o storico-culturale della Regione.” (articolo 12
Legge Regionale 4/1999). Invece nel nostro caso i pini sono tutelabili proprio
perché parte della piazza contribuendo a definirne l’interesse storico
culturale e architettonico, come si è venuto a definire nella sua facies definitiva (come
arrivata ai nostri giorni).
Quanto
alla monumentalità potrebbe rilevare, non con riferimento ai catasti regionali degli alberi monumentali naturali fa riferimento l’Avvocato, ma ai sensi della
recente legge dell’inizio 2013 che ha introdotto il concetto di albero monumentale urbano, stabilendo
una sorta di regime di congelamento del
taglio di tutte quelle tipologie di alberature che possono rientrare nella
definizione di albero monumentale urbano fornita da detta legge, in attesa del
decreto ministeriale che ne definisca l’attuazione e soprattutto le modalità di
censimento da parte dei Comuni.
L’Avvocato dovrebbe sapere che è principio generale del diritto
amministrativo quello della irretroattività.
Infatti secondo la giurisprudenza costituzionale, “il legislatore ordinario può….
emanare norme retroattive, purché trovino adeguata giustificazione sul piano
della ragionevolezza e non si pongano in contrasto con altri valori ed
interessi costituzionalmente protetti, così da non incidere arbitrariamente
sulle situazioni sostanziali poste in essere dalle leggi precedenti, se queste
condizioni sono osservate, la retroattività, di per se da sola, non può
ritenersi elemento idoneo ad integrare un vizio della legge” (sent. n. 432 del 1997).
come d'abitudine le argomentazioni di Grondacci
RispondiEliminasono precise e puntuali.Ma a me che non sono un
giurista queste lunghe disquisizioni fanno venire il mal di testa.Andando per sintesi ritengo che,il sindaco pro tempore con tutta la sua giunta,siano stati sorpresi a metà del guado ed abbiano tentato di accelerare il passo per
giungere a riva.Ma il decisionismo(che non è la prepotenza in questione),diventa virtuoso se tutte le procedure sono state rispettate alla lettera.
Nel caso,siamo ben lontani da questa precisione asburgica e purtroppo per loro,una cittadinanza apatica è stata svegliata da questa protervia.
La giunta non vuol perdere la faccia,ma anche i
cittadini,non più sudditi imbelli,non vogliono perdere la loro.Intanto la Soprintendenza,che pure aveva "sentenziato"sulla scorda di una relazione rivelatasi errata(Marzia Ratti),prende le distanze dall'operato del Comune,ricordando che si tratta di luoghi e di relative componenti,
"soggetti a tutela".