Come ho avuto modo di scrivere più volte su fb, e sul mio
blog , il fronte del Si al progetto Buren Vannetti su piazza Verdi, non ha mai
prodotto analisi di merito se non insulti, battute e sollazzi.
Solo sul portale informativo La Speziaoggi sono riuscito a
leggere un post (vedi QUI) che finalmente cerca di argomentare in toni civili ed
entrando nel merito di vari questioni storiche, urbanistiche, giuridiche, la
critica alle tesi del fronte del NO.
Ma proprio perché i toni dell’intervento sono civili risulta
ancor di più interessante contestare nel merito questo post, non solo perché
nel merito è pieno di errori e di stravolgimenti delle reali questioni in ballo
in questa vicenda, ma perché nonostante i detti toni in realtà nasconde una
cultura della democrazia, e, dei processi decisionali che da essa dovrebbero
scaturire, assolutamente non
condivisibili.
Vediamo cosa afferma (tra virgolette ed in corsivo e in rosso)
questo post con, a seguire, le mie contestazioni punto per punto e nel merito come è nello stile di questo blog.
“ Attribuire
a quegli alberi una forza centripeta, un ruolo di catalizzatore dello sguardo
significa mortificare o annullare l’azione centrifuga svolta dai mirabili segni
architettonici e dalle visioni prospettiche, allo stato attuale solo suggerite,
peraltro in modo caotico e frammentato, se non addirittura totalmente
vanificate”
Ancora, una volta qui si avanza, sia pure cercando di
argomentare, la tesi della centralità
della questione dei pini in questa
vicenda.
Sotto il profilo mediatico è sicuramente così, ma sotto il
profilo della definizione del bando nonché
della successiva istruttoria e procedura autorizzatoria del progetto, le
cose non stanno assolutamente così.
I pini non rilevano in quanto tali, sotto il profilo storico
architettonico, ma rilevano in rapporto
alla definizione della facies della piazza che si forma in modo definitivo, in
rapporto alla successiva vicenda storica della stessa, negli anni 30. Quindi al di la della età dei pini (che
comunque è ultrasettantennale come ampiamente dimostrato) se questi ultimi si
dimostrassero, attraverso la procedura di verifica in corso, uno degli elementi
fondanti del profilo storico architettonico e culturale della piazza non
potrebbero essere abbattuti e se anche
si dimostrasse che fossero instabili, dovrebbe essere mantenuto il disegno
della loro presenza al centro della piazza magari con una nuova piantumazione.
Ne è possibile sostituire alberi con strutture artificali
perché in questo modo si
snaturerebbe la visione prospettica
della piazza come si è venuta definendo nella storia della stessa.
“...peraltro
frutto di un’opera di rimaneggiamento rispetto al progetto originario, privi
del requisito della monumentalità (se così non fosse, tenendo presente che un
buon 80% del territorio provinciale è ricoperto da boschi……..“ Si vada ad ammirare la maestosità
e l’imponenza della plurisecolare Quercia della Gira alla Foce.”
Qui si afferma una visione superata della monumentalità degli alberi.
Fino ad ora gli alberi monumentali erano disciplinati da legge regionali salvo
casi in cui non rientrassero in siti protetti per altre normative: riserve
naturali, siti di importanza comunitaria ad esempio. Con la
legge 10/2013 (vedi QUI) all’articolo
7, e ad integrazione delle vigenti norme regionali vigenti, si introducono disposizioni per la tutela
degli alberi monumentali in aree urbane.
“.....ricercare ossessivamente
l’errore o il vizio procedurale o sostanziale nella complessa procedura,… “
Sinceramente qui da un lato si fa
una affermazione pericolosissima, si
sottovaluta l’importanza del rispetto della legge sia sotto il profilo dei
principi di una democrazia costituzionale, sia sotto il profilo del rispetto di
istruttorie corrette al fine di decisioni ponderate. E’ noto come, soprattutto
dietro il mancato rispetto delle regole del procedimento amministrativo, si
producano gravi errori nelle scelte concrete: questo vale nel campo dei beni
culturali come in generale nel campo ambientale.
“.....utilizzare
indiscriminatamente gli esposti in Procura che, lungi dall’essere strumento di
affermazione della tanto decantata democrazia partecipativa, si risolvono,
nella loro ridondanza rispetto al procedimento amministrativo,.....”
Come ho già avuto modo di spiegare gli esposti arrivano
quando non ha funzionato la democrazia partecipativa non sono alternativi ad
essa. Ora è chiaro come in questa vicenda di democrazia partecipativa non si sia vista l’ombra. Uno potrebbe obiettare non era obbligatoria. Non è proprio così, in realtà i regolamenti sui fondi UE prevedono il coinvolgimento delle comunità
locali interessate, ma resta il fatto che l’obiezione del fautore del Si risulti
in questo caso assolutamente infondata.
“risibili le richieste
di utilizzo dei fondi per la realizzazione di altre opere o servizi pubblici,
perché, appunto, di illecita distrazione di fondi vincolati si tratterebbe”
Qui di risibile mi pare ci sia la non conoscenza delle regole
che disciplinano le procedure di allocazione dei fondi UE, in particolare del
regolamento regionale sulla assegnazione dei finanziamenti del Fondo FESR.
“lì sì si
continua a cementificare (non nel progetto di Piazza Verdi dove il “cemento” è,
in realtà, travertino al posto del gres di cui, credo, andrebbe conservata una
porzione a memoria di ciò che c’era e del bitume) ferendo irrimediabilmente una
fascia collinare di grande fascino e bellezza per di più esposta ed un elevato
rischio idro-geologico. “
Il punto sul progetto Buren non è il travertino o il cemento ma
piuttosto che questi portali risultano assolutamente alieni ad una piazza
pensata nell’800 e definita al massimo negli anni 30 del secolo scorso. Quanto
alla cementificazione del resto del territorio spezzino sinceramente il nostro
fautore del SI dovrebbe rivolgersi a chi ha governato fino ad ora il nostro
Comune: gli stessi del progetto Buren Vannetti!
E poi vogliamo parlare della prossima cementificazione del golfo?
“l’autorizzazione
endoprocedimentale c’è stata, ribadita, senza timore di possibili
fraintendimenti, nella risposta fornita dalla stessa Soprintendenza al Comitato
del no nel mese di Aprile 2013.”
L’autorizzazione endo procedimentale è nel caso in esame, una
sorta di istituto da fantadirittoamministrativo. L’unica autorizzazione vera è quella del
novembre 2012 e poi l’atto di sospensione della esecutività della stessa il
17/6/2013 da parte della Direzione Regionale prima e della Soprintendenza poi.
Il documento a cui fa riferimento il nostro fautore del SI costituisce solo una
lettera di chiarimenti ad un esposto
fatto da privati cittadini.
“l’incapacità
di affrontare un’analisi il più possibile obiettiva della vicenda che non
trascuri, accantonando per un attimo l’eccessiva rigidità delle proprie
posizioni, di valutare e mettere a fuoco tutti gli interessi pubblici e privati
coinvolti, contemperandoli tra di loro in modo non dissimile dal processo
decisionale dell’agire amministrativo.”
Esatto è proprio quello che è mancato nella gestione del
processo/procedimento decisionale di questo progetto. Non a caso è mancata la procedura di verifica
dell’interesse storico architettonico della piazza, come pure un reale
coinvolgimento della comunità interessata.
“L’ambizione,
in ultimo, di portare alla ribalta nazionale un “non caso” come quello di
Piazza Verdi è, già di per sé, a mio parere, una forzatura che assume toni che
sconfinano nella tristezza”.
Definire
un “non caso” quello di Piazza Verdi è un vecchio e scontato tentativo delle
tecniche di comunicazione da regime: invece che spiegare le ragioni di un
conflitto si rimuove il conflitto dichiarando che non esiste.
Questa conclusione sminuisce non poco, per la
sua grettezza, il tentativo di argomentare le ragioni del SI da parte del
nostro interlocutore.
Quasi
come se il nostro interlocutore arrivato alla fine del suo intervento si guardasse
indietro e si rendesse conto della inconsistenza delle proprie tesi tornando così
alla polemica apodittica (sic!).
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