Un noto avvocato spezzino tenta di contestare, sul suo profilo di fb, da un punto di vista giuridico,
l’Esposto presentato da un gruppo di cittadini. Lo fa con
argomentazioni per niente convincenti a
mio modesto parere.
Sulla applicabilità o meno del falso ideologico e degli
altri reati valuterà la magistratura, infatti abbiamo presentato un esposto non
a caso, e comunque la giurisprudenza in materia è tutt’altro che univoca
rispetto alla interpretazione data dall’Avvocato. Peraltro
l’interpretazione, dell’Avvocato, per
cui il falso ideologico sarebbe: ”concepibile unicamente per gli atti a
contenuto descrittivo o narrativo, ma non anche per quelli che contengano
l’espressione di un giudizio,...” risulta, rapportata al caso in esame, assolutamente
infondata. E’ chiaro infatti che la relazione rispetto alla parte centrale
della Piazza e alla sua evoluzione storica abbia dichiarato, descritto, narrato
(per usare il linguaggio dell’avvocato) il falso come spiegherò di seguito.
Ma
sono molto interessanti altre
motivazioni dell’avvocato totalmente infondate anzi assolutamente non veritiere
perché citano a sproposito la relazione della dott.sa Ratti anche e soprattutto in rapporto alle
sue finalità e allo stesso Codice dei Beni Culturali.
Afferma l’Avvocato “La relazione allegata al bando di Piazza
Verdi, svolta dal dirigente dei servizi culturali, rappresenta un contributo
storico culturale di eccellente livello”. Viene da dire intanto che questa relazione
è stata così eccellente che la stessa autrice ha dovuto già in parte smentirla
come si è visto ieri sulla Nazione.
Ancora
l’Avvocato. “è curioso che il
fronte del NO invochi il dialogo, la partecipazione e, nello stesso tempo,
chieda ad un Pm di verificare se, per puro caso, ci siano i presupposti per
mandare in galera, fino a sei anni, un dirigente che ha espresso un parere”.
Di fronte ad un atto istruttorio di natura prescrittiva
(parole dell’assessore competente in
consiglio comunale ) allegato ad un bando pubblico, che secondo gli esponenti
avrebbe sfalsato lo stesso concorso (su questo tornerò a breve), cosa avrebbero
dovuto fare, fare finta di niente? Mi
chiedo e la necessità che in questo
territorio si svolgano istruttorie e procedure autorizzatorie corrette e
rispettose della legge non è questione dirimente in una democrazia sana? Stiamo
scherzando? Fa specie che un Avvocato sollevi questo tema, me lo sarei
aspettato da un politico ma tant’è andiamo oltre.
Afferma
l’Avvocato: “ la collocazione dei
pini viene - del tutto incidentalmente - fatta risalire al dopoguerra anziché,
come parrebbe arguirsi da alcune immagini, a qualche anno successivo”.
Qualche anno successivo?.... ma stiamo scherzando? Qui si parla di oltre 20
anni di differenza, questo giusto per parlare dei fatti veri ma anche qui torno
subito in modo più sistematico dal punto di vista della istruttoria di cui
stiamo parlando, commentando la prossima frase riportata dalla nota
dell’Avvocato.
Afferma l’Avvocato:
“L’erroneo presupposto della denuncia
poggia, quindi, su una circostanza inveritiera (avvincente paradosso degli
estensori della denuncia) e cioè che detta consulenza avesse come esclusiva
finalità quella di attestare lo stato dei luoghi (rectius: la presenza o meno
di alberi) in una determinata epoca storica”.
In nessuna parte
dell’esposto è scritto che scopo della relazione fosse quello e solo quello di
dimostrare l’epoca storica della collocazione dei pini.
Intanto è l’Avvocato
che rimuove (volutamente?) la vera finalità della Relazione che è a valenza
giuridico amministrativa e non certo semplicemente un parere storico
architettonico.
Come ho già scritto
sopra la Relazione della dott.sa è allegata al Bando pubblico per il concorso
finalizzato alla selezione del progetto di riqualificazione della piazza.
Recita infatti l’articolo 2 di detto Bando: “il progetto è inserito in
un Programma Integrato di rigenerazione del Centro città proposto nell’ambito
del bando regionale POR-FESR, i cui elementi principali sono descritti ed
illustrati nella relazione allegata al presente bando. Nella medesima relazione sono indicati e
illustrati, quali elementi di riflessione per la formulazione di corrette
ipotesi di intervento, le caratteristiche della piazza, le sue trasformazioni
nel tempo, il suo ruolo nell’organizzazione della struttura urbana della città
e quindi l’attuale quadro delle esigenze pubbliche e private.”
In secondo luogo,
e forse proprio perché non è chiaro con
nettezza all’avvocato il fine della relazione, è indiscutibile che il problema
non sia tanto l’età dei pini ma come i pini vengono definiti nell’ambito della
evoluzione nel tempo dell’interesse storico architettonico della piazza.
Nella sua relazione la dott.sa sostiene
:” Nel 1933 la facies della piazza può dirsi conclusa: le due cortine
nord e sud sono state realizzate, il collegamento con via Veneto è stato
attuato e l’unica direttrice via Chiodo-via Veneto è ben percepibile dalla
piazza che non ha alberature centrali, che saranno messe a dimora
solo nel dopoguerra con incomprensione totale del senso della piazza stessa e
delle prospettive che da essa si aprivano su via Chiodo da una parte e su via
Veneto dall’altra. La piazza come completata negli anni Trenta si presentava
come slargo delimitato dalle cortine continue dei palazzi pubblici e privati ed
aveva dei larghi marciapiedi centrali, in luogo degli attuali pini marittimi”
La Relazione dichiara esplicitamente che
i pini essendo stati inseriti nel dopoguerra, quindi molti anni dopo,
costituiscono una “incomprensione” totale del senso della piazza
storica. Risulta chiaramente come il
punto non sia in se, la questione della data dei pini, ma che la non corretta
datazione della loro collocazione contribuisca a fornire una visione complessiva della piazza
sotto il profilo della sua definizione storico architettonico totalmente
sfalsata.
Tutto ciò non è un elemento marginale, e questo proprio per la
finalità della Relazione come definita dal Bando, quale documento prescrittivo
: “per la formulazione di corrette ipotesi di
intervento…”. La suddetta erronea interpretazione, riportata nella Relazione, costituisce non solo potenziale
presupposto per la realizzazione delle fattispecie del reato di falso
ideologico ma va ad incidere sul
corretto e trasparente svolgimento del concorso promosso dal Bando più volte
citato, con la possibilità di realizzare anche le altre fattispecie di reati
indicati nell’Esposto.
Infine afferma l’Avvocato: “Ma anche qualora, per assurdo, si dovesse ipotizzare una qualche
astratta configurabilità dell’ipotesi delittuosa dal punto di vista materiale,
occorrerebbe ulteriormente valutare, soggettivamente, se la condotta di
infedeltà sia determinata da consapevole intenzione di rendere una falsa
rappresentazione della realtà, oppure da un’incompleta ricostruzione delle
circostanze, dovuta ad una conoscenza errata; tale approfondimento va compiuto
anche per la particolare difficoltà a reperire, specie se non appositamente
richiesto, materiale informativo su un argomento di trascurabile (oserei
dire marginalissimo) interesse storico.”
Intanto
è proprio questa verifica sulla dolosità
o meno del contenuto falso della relazione
che abbiamo chiamato ad indagare, se lo riterrà opportuno, la Procura.
Quanto
alla marginalità dell’argomento ho
già scritto sopra e non aggiungo altro.
Sulla
difficoltà di reperire il materiale
direi che invece qui è l’Avvocato che gioca con le parole. Intanto perché lo
stesso Bando dimostra la non difficile reperibilità di detto materiale. Recita
sempre l’articolo 2 del Bando: “E’
inoltre disponibile una bibliografia storica contenente i testi reperibili
presso la Biblioteca della Palazzina delle Arti del Comune della Spezia, dove
poter reperire ulteriori informazioni di carattere storico-artistico relative
alla Piazza.”
Questa
comporta che l’attività descrittiva di cui tratta, all’inizio del suo post, anche l’avvocato in relazione alla configurabilità
del falso ideologico, sia stata svolta eccome con i risultati che sappiamo e
che sono stati riconosciuti in parte errati dalla stessa Dott.sa. Ora la bibliografia riportata in allegato
alla Relazione non comprendendo atti documentali , fotografie e addirittura
riprese filmate che erano dentro l’archivio storico della Biblioteca Mazzini ,
dimostra la superficialità con la quale la relazione è stata stesa non solo in
relazione alla datazione della collocazione dei pini ma in generale alla evoluzione storico architettonica della parte
centrale della piazza quale elemento fondante, anche se non unico dell’immobile
complessivamente sottoposto a vincolo.
Sul
concetto di interesse storico secondo il Codice di Beni Culturali per tale si
deve intendere non solo ciò che è palesemente di rilevanza storica da un punto
di vista dell’età e della estetica ma tutto ciò che possa incidere sul pregio
complessivo dell’immobile e sia quindi in grado di incidere sulla sua
prospettiva, la sua luce e la conservazione dell’ambiente e del decoro (articolo 45 del Codice dei Beni
Culturali).
Infine
una riflessione che viene completamente rimossa dall’argomentare dell’Avvocato
è quella relativa alle stesse dichiarazioni della dott.sa ai quotidiani locali
di ieri.
Se
la segnalazione dell’erronea valutazione della collocazione storica della
evoluzione della parte centrale della piazza è stata davvero inviata dalla
dott.sa al Comune allora sorgono tutte le domande che ho svolto QUI e a seconda delle risposte potrebbero emergere
anche altri profili di illeciti penali.
CONCLUSIONI TRA
IL POLITICO E IL GIUDIZIARIO
Trovo
insopportabile, lo dico proprio così e
non mi viene nessun aggettivo diverso magari più politicamente
corretto, il titolo del post
dell’avvocato. Proprio perché fatto da un avvocato quel titolo “Politica per via giudiziaria” appare molto
discutibile.
Mi
chiedo se chiedere il rispetto delle regole su procedure, istruttorie, chiedere
che i funzionari pubblici esercitino le
loro funzioni con rigore, legittimità e legalità sia usare la politica per via
giudiziaria. Non voglio rispondere con
parole mie ma con quelle di un giurista ben più autorevole di me: “ I diritti fondamentali sono la sostanza ma
la sostanza può essere messa a rischio, addirittura cancellata dalla forma. Per
evitarlo la Costituzione precisa le
forme, le procedure, i sistemi attraverso cui le istituzioni gestiscono
se stesse e i rapporti con i cittadini e questi ultimi si relazionano tra loro”. (Gherardo Colombo “Sulle Regole”).
Insomma
è la cattiva politica, il cattivo uso del potere tra cui rientra il non
corretto (sia sotto il profilo della
illegittimità che della illegalità) svolgimento dei processi/procedimenti
decisionali, che costringe alla via giudiziaria.
Non
è un caso che la stessa direttiva UE sulle informazioni ambientali abbia tre
elementi fondanti strettamente intrecciati: L’accesso alle informazioni, la
partecipazione attiva dei cittadini fin dal’avvio di processi decisionali,
l’accesso alla giustizia, quale ultima ratio proprio per garantire una migliore tutela dell’ambiente in senso lato (Corte di Giustizia 11/4/2013 causa
C-260/11).
CONCLUSIONI:
QUELLO CHE SPESSO GLI AVVOCATI NON CAPISCONO DI QUESTA VICENDA DA UN PUNTO DI
VISTA AMMINISTRATIVO
Una delle questioni che, indirettamente,
vuole affrontare l’esposto è la
questione dei contenuti dei processi
decisionali, quella che in gergo giuridico amministrativo si definisce istruttoria.
Qui accenno solo la problematica ma è di
grande rilievo perché riguarda tutti i processi/procedimenti a rilevanza ambientale
territoriale ed urbanistica. Dai limiti dell’attuale
modello decisionale italiano ( e la vicenda di Piazza Verdi ne è uno dei
tanti esempi) emerge la necessità di superarlo proprio perché tale modello è da sempre più attento
alla forma, al procedimento e non al processo decisionale, all’atto
amministrativo invece che alla qualità della istruttoria, ad un rapporto
unidirezionale tra PA e cittadino invece che a percorsi condivisi. Come afferma
un grande giurista, purtroppo scomparso, :
“ Le regole che disciplinano il processo
decisionale e il modello di organizzazione che lo sottende come in generale la
legislazione ambientale devono costituire una frontiera avanzata nella
elaborazione dell’uso del diritto da parte della scienza giuridica. Non si
tratta solo di adattare il diritto alla tematica nuova dell’ambiente ma
di generare a causa dell’ambiente nuove tecniche di intervento nella società
usando il diritto” (Federico Spantigati (in RGA 2/2002 pag. 246 e
RGA N.3-4/2005 pag. 515-520).
Tornando a Piazza Verdi quando io affermo che in
questa vicenda i vizi procedurali (la famosa procedura di verifica) sono il
prodotto di carenza istruttorie significative (come dimostra anche ma non solo la
relazione della Dott.sa Ratti) mi riferisco non solo e non tanto alle possibili
fattispecie penali, ma ad un modo diverso di condurre i percorsi che portano
alle decisioni traducibili in atti formali.
Quello che è
mancata in questa vicenda è proprio la fase propedeutica al procedimento
formale, quella valutativa, dove per valutazione
si intende non la decisione ma
la predisposizione di tutti gli elementi di conoscenza per decidere nel modo
più ponderato possibile rispetto agli interessi in campo e alla specificità
ambientale, territoriale, sociale e storica dell’ambito in cui la decisione
inciderà: queste sono le nuove tecniche di cui scrive lo Spantigati della
citazione di cui sopra.
E’ mancata
ancora una volta la visione della
decisione in rapporto non al procedimento formale di legge ma al processo
decisionale. Cioè all’insieme di procedure, processi e quindi
cultura di governo del decisore,formazione del personale politico e amministrativo,
soggetti e istituti di garanzia della trasparenza e partecipazione del
processo-procedimento
In conclusione su Piazza Verdi l’analisi valutativa è mancata del tutto, si è decisa a priori una
idea progettuale poi tradotta nel bando e supportata da una relazione e
tradotta in una procedura. Alla fine l’errore valutativo ha prodotto lacune
istruttorie e vizi formali e, ma questo lo deciderà la magistratura, forse
anche illeciti penali.
Senza poi tener conto del disagio procurato a coloro che frequentano le varie scuole della piazza,prima tra tutte la scuola elementare.
RispondiEliminaC'è da augurarsi non accada mai nulla all'interno e non si verifichi un'emergenza perchè,mi domando,come potrebbero arrivare i soccorsi?O cosa accadrebbe in caso di evacuazione della scuola stessa?