La
Direttrice delle Istituzioni
Culturali spezzine anche oggi sul Secolo XIX
prova a difendersi sulla questione età dei pini di Piazza Verdi: “nel 2009
avevano oltre sessant’anni. Quindi, per la legge di allora, erano pienamente tutelati
ed io non ho falsificato un bel nulla.”.
Non
è vero ed ecco perché…..
I
pini per essere davvero tutelati vanno contestualizzati con il resto della piazza,
se li separi possono non essere più considerati tra gli elementi fondanti l’interesse
culturale dell’intero immobile piazza verdi a prescindere dalla loro età. La
dott.sa dovrebbe sapere infatti che è la piazza nel suo insieme ad essere
tutelata e gli elementi che compongono la piazza sono tutelati in quanto parte
dell’interesse storico architettonico della stessa.
La
dott.sa non solo dichiara che i pini sono stati collocati, nella piazza, dopo gli anni 50 ma proprio per questo motivo
costituiscono una “incomprensione”
rispetto al resto della piazza in termini di interesse storico architettonico della stessa ai sensi del Codice dei Beni Culturali. In questo modo la loro eventuale eliminazione
non solo non modificherebbe la prospettiva, la luce, le condizioni di ambiente
della piazza (vedi articolo 45 del Codice dei Beni Culturali sul vincolo
indiretto) ma anzi sanerebbe un presunto vulnus alla stessa commesso dalla
collocazione dei pini molti anni dopo gli anni 30, quelli in cui secondo la
relazione della dott.sa Ratti: “la facies
della piazza può dirsi conclusa”.
Peccato
che tutto questo non sia vero e quindi questa operazione di rimozione del ruolo storico della presenza
dei pini nella definizione della facies
(l’insieme delle caratteristiche) della piazza, venga fatta dalla dott.sa rimuovendo numerosi atti a
disposizione del pubblico, oltre che della dott.sa stessa, in quanto custoditi
nell’archivio storico della Biblioteca civica Mazzini.
Peraltro
la frase, riportata all’inizio di questo post, della Dott.sa dimostra ulteriormente
la sua confusione sulla questione.
Se i pini fossero stati tutelati ex lege all’epoca della stesura della
relazione (2009) e grazie anche alla sua relazione, non si comprende come abbia
potuto vincere il concorso un progetto
che prevedeva ( e prevede tutt’ora) l’abbattimento dei pini).
Infatti
se è vero che gli immobili, e/o le loro componenti, soggetti a vincolo storico architettonico possono essere modificati a determinate condizioni decise dalla istruttoria di autorizzazione (articolo 21 del Codice
dei Beni Culturali) e/o di valutazione
(procedura di verifica dell’interesse culturale ex articolo 12 del Codice dei
Beni Culturali), è altrettanto vero che
è proprio grazie alla relazione della dott.sa che questo è stato potenzialmente
possibile. Scrivo potenzialmente perché senza
l’intervento del Ministero all’ultimo momento utile ora i pini sarebbero stati
tagliati.
Ripeto
è il legame, che la Dott.sa esprime
nella sua relazione, tra collocazione
temporale dei pini e contrasto di essi con la evoluzione storica della piazza,
che ha costituito elemento fondante sia per la vittoria di un progetto che
comporta l’eliminazione degli stessi, che per la autorizzazione della
soprintendenza del novembre 2012.
Un
errore della dott.sa? Possibile. Peccato che questo errore è contenuto in un
atto a valenza giuridico amministrativa in quanto allegato al bando che
promosse il concorso che portò alla scelta del progetto Buren - Vannetti. Il valore formale della relazione della
dott.sa Ratti è inoltre clamorosamente confermato dalla stessa Amministrazione
Comunale nella risposta dell’Assessore competente al Question Time del
24/6/2013 dove si legge relativamente alla risposta alla domanda n. 4 : “La relazione della dott.sa Ratti era tra i
documenti disponibili e prescrittivi per la progettazione”.
Da
qui nasce il potenziale effetto penale di questa relazione ma anche della
intera istruttoria svolta dal Comune e dalla Soprintendenza. Infatti una
procedura che poteva colmare le lacune di ricostruzione storica sulla natura
del vincolo sulla Piazza prodotte dalla relazione della dott.sa Ratti, era
proprio quella verifica ex articolo 12
del Codice dei Beni Culturali, che l’Amministrazione Comunale ignorando
(volutamente?) la indicazione della
autorizzazione della Soprintendenza del novembre 2012, non ha voluto svolgere
nei tempi e nelle forme di legge.
Procedura
che ora è stata imposta dal Ministro dei Beni Culturali e, in esecuzione della indicazione ministeriale, dagli organi
periferici del Ministero stesso ai sensi del comma 2 dell’articolo 28 del
Codice del Paesaggio.
A
conferma che la procedura fosse necessaria (al di della iniziativa di ufficio
del Ministero) lo dimostra la confusa ed
ambigua dichiarazione del responsabile
del procedimento Ing. Canneti nella lettera che invia in data 17/6/2013 in
risposta all’ordine di sospensione lavori del cantiere da parte degli organi
periferici del Ministero. Il dirigente del Comune afferma: “pare altresì che anche le essenze arboree
poste sull’asse longitudinale della Piazza abbiano subito nel tempo impianti e
rimaneggiamenti così che l’età delle essenze arboree ivi presenti potrebbero
avere meno di anni 70”. Sic! Un esercizio di equilibrismo dialettico
temporale clamoroso: “pare… potrebbero,…meno……”, come dire che forse
la relazione della Dott.sa non fornisce
certezze assolute; ma questa relazione è stata allegata al bando del concorso e
quindi è diventata atto pubblico!
Certo
gli effetti penali come le relative responsabilità personali di chi è stato
coinvolto per competenze e funzioni , dovranno essere verificate dalla Procura.
L’esposto quindi non trancia
giudizi o sentenze, ne vuole perseguitare nessuno; si limita ad esporre fatti e
a produrre atti e fotografie ed ha lo scopo di capire se nella nostra città
anche le istruttorie in materia di vincolo storico architettonico siamo o meno
condotte con perizia e rispetto della legge e delle regole e buone pratiche
ufficiali.
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