La
Dott.sa Ratti stamani ha cercato di rispondere quasi anticipatamente
all'esposto presentato in procura questa mattina. La Dott.sa sostiene che all'epoca in cui venne stesa la sua
relazione allegata al bando (2009) era in vigore non il limite dei 70 anni ma
quello di 50 anni per considerare ex
lege soggetti a vincolo storico architettonico sia la piazza che i pini che ne
fanno parte.
Peccato
che sia l’esposto che in generale l’intera questione posta con questo atto
rendano irrilevante quanto affermata
dalla Dott.sa. Vediamo perché….
Intanto
a prescindere dai 50 anni o 70 anni la relazione della dott.sa non dichiara la verità in quanto afferma testualmente: “attuali pini marittimi che furono collocati
circa dieci anni dopo la seconda guerra mondiale”. Ora come dimostrato dall’ampia
documentazione allegata all’esposto i pini furono certamente installati prima
degli anni 40 del secolo scorso.
Questa
documentazione era alla portata della dott.sa, in primo luogo per il ruolo che ricopriva e ricopre tutt’ora, visto che si trova
negli archivi della Biblioteca Mazzini.
Se è stata ritrovata da una insegnante volenterosa tanto più avrebbe
dovuto cercarla una dirigente professionalmente rigorosa.
Già
questo comportamento rileva la inadeguatezza della relazione svolta dalla dott.sa
Ratti. Ma soprattutto il falso ( o l'errore ma su questo si pronuncerà eventualmente la magistratura) viene
commesso all’interno di un atto a rilevanza giuridica amministrativa in quanto
allegato al bando per il concorso sul progetto di riqualificazione di Piazza
Verdi. Ciò potrebbe configurare il reato ex articolo 479 Codice Penale (falso
ideologico) secondo il quale è perseguibile penalmente il pubblico ufficiale
che attesti falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Ma
c’è di più. Nella sua relazione la dott.sa sostiene :” Nel 1933 la facies della piazza può dirsi conclusa: le due cortine
nord e sud sono state realizzate, il collegamento con via Veneto è stato
attuato e l’unica direttrice via Chiodo-via Veneto è ben percepibile dalla
piazza che non ha alberature centrali, che
saranno messe a dimora solo nel dopoguerra con incomprensione totale del
senso della piazza stessa e delle prospettive che da essa si aprivano su via
Chiodo da una parte e su via Veneto dall’altra. La piazza come completata
negli anni Trenta si presentava come slargo delimitato dalle cortine continue
dei palazzi pubblici e privati ed aveva dei larghi marciapiedi centrali, in
luogo degli attuali pini marittimi”
Ecco
che la visione storico architettonico del rapporto tra la presenza dei pini e
la piazza risulta completamente sfalsata nella relazione in oggetto. Infatti si
dichiara esplicitamente che i pini essendo stati inseriti nel dopoguerra quindi molti anni dopo costituiscono una “incomprensione” totale del senso della
piazza storica. Invece le foto
dimostrano come i pini fossero, da decenni prima, elementi fondanti la piazza
definita slargo nella relazione come effettivamente è sempre stata, fino ad
ora.
Quindi
a prescindere dai 50 o 70 anni i pini
sono venuti a configurarsi come elementi fondanti, insieme con i palazzi
e la conformazione urbanistica della piazza, dell’interesse storico
architettonico.
Aggiungo
che la questione dei 50 o 70 anni riguarda non i pini presi separatamente ma l’intero
immobile piazza verdi (ad esso fa
riferimento l’articolo 12 del Codice dei Beni Culturali sia nella versione del
2006 che del 2011). E’ al rapporto storico
architettonico tra i pini e l’intero immobile che la relazione avrebbe dovuto fare riferimento, invece la
relazione afferma che i pini costituiscono quasi un inserimento alieno alla
storia della piazza, cosa non vera, sia
storicamente che dal punto di vista della definizione dell’interesse storico
architettonico ex Codice dei Beni Culturali.
Non
solo ma la relazione, dolosamente o meno non sta a me giudicare ma alla
magistratura, rimuove un ulteriore elemento
normativo che poco ha a che fare con i 50 o i 70 anni ed è la questione
del vincolo indiretto.
Recita
l’articolo 45 del Codice dei Beni Culturali: “Il Ministero ha facoltà di prescrivere le
distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in
pericolo la integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la
prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”.
Risulta chiaramente come la relazione, rimuovendo il dato della presenza storica
dei pini nella piazza e considerandolo, in modo totalmente immotivato e in
contrasto con la documentazione ufficiale esistente (atti amministrativi degli
anni 30 e fotografie dell’epoca), una “incomprensione
del senso della piazza”, rimuova la questione del sopracitato vincolo
indiretto, in quanto non si riconosce che i pini ormai caratterizzano la
prospettiva della piazza.
Quindi
con la sua relazione la Dott.sa oltre a configurare potenzialmente, ma ripeto
sarà la magistratura a verificare ciò, il reato di falso ideologico, potrebbe configurare
anche quelli ex articoli 353 (turbata libertà degli incanti), e 353 bis turbata
libertà del procedimento di scelta del contraente. Infatti la relazione rimuovendo, artatamente e in modo assolutamente non motivato, sotto il
profilo della documentazione storica ufficiale, la valenza storico
architettonica dei pini in relazione alla piazza, ha influenzato in modo anomalo il concorso per
la scelta del progetto di riqualificazione della piazza.
INFINE il fatto che la questione dei 50 o 70 anni non
abbia alcun rilievo relativamente ai limiti della relazione sopra citata è
dimostrato dalla relazione stessa che non cita minimamente, nel passaggio
relativo ai pini, la norma in questione.
Nessun commento:
Posta un commento