La
Corte di Giustizia con una sentenza recentissima (dello
scorso 11 aprile, vedi QUI) interviene
su una questione di grande rilievo nelle vertenze a tutela dell’ambiente. La questione
è come devono essere interpretate le norme di diritto comunitario che
favoriscono l’accesso alla giustizia dei cittadini, comitati, associazioni
ambientaliste e non contro le decisioni a rilevanza ambientale con particolare
riferimento a quelle sulla Valutazione
di Impatto Ambientale (di seguito VIA) dei progetti e delle opere e quelle sulla Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA). Si pensi a progetti come quelli relativi a
centrali termoelettriche, impianti di gestione rifiuti, industrie con emissioni
inquinanti potenzialmente rilevanti etc.
La
sentenza al di la del caso specifico affrontato, relativo ad una vicenda
inglese, costituisce un indirizzo rilevante anche e soprattutto per la
giurisprudenza nazionale italiana.
I PALETTI
DELLA NORMATIVA EUROPEA A TUTELA DEI
CITTADINI RICORRENTI CONTRO DECISIONI A RILEVANZA AMBIENTALE E IN PARTICOLARE
SULLA VIA E L’AIA
La
Direttiva sulla Valutazione di Impatto Ambientale
(di seguito VIA) e la Direttiva sulla
Autorizzazione Integrata Ambientale ( di seguito AIA), sia nella vecchia versione che nella versione
attuale prevedono il principio per cui i cittadini possono impugnare di fronte
agli organi di giustizia nazionali (nel caso italiano TAR e in appello
Consiglio di Stato) le decisioni che concludono i procedimenti di VIA ed AIA. La
Procedura giurisdizionale deve secondo queste Direttive essere: giusta, equa,
tempestiva e non eccessivamente onerosa.
Tali
norme sono frutto della Convenzione di
Aarhus (vedi QUI) sull'accesso alle informazioni, la
partecipazione pubblica ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia
ambientale. In particolare il paragrafo 4 articolo 9 di tale Convenzione
afferma che le procedure che disciplinano i ricorsi giurisdizionali nazionali contro
le decisioni in materia ambientale: “….devono
offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente,
provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive eque e rapide e non eccessivamente onerose”.
LA QUESTIONE SPECIFICA
DA CUI E’ PARTITO IL RICORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
Il
caso esaminato dalla sentenza della Corte di Giustizia, qui trattata, riguarda
il ricorso in appello effettuato da una cittadina inglese contro la mancata applicazione della VIA ad un
cementificio che avrebbe dovuto bruciare anche rifiuti. La cittadina si è vista
respingere il ricorso dalla Corte di Appello inglese ed è stata condannata al
pagamento delle spese giudiziali comprese quindi quelle della controparte di
25.000 sterline. La cittadina attraverso vari passaggi della giustizia inglese,
che non riporto perché ininfluenti dal punto di vista del nostro diritto
nazionale, è arrivata alla Supreme Court of the United Kingdom, dove ha chiesto
se la condanna al pagamento delle spese così onerose non fosse contraria alle
norme delle Direttive AIA e VIA sopra riportate.
LE DOMANDE
POSTE DAL GIUDICE NAZIONALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLA UE
La
Supreme Court of the United Kingdom ha deciso di sospendere il giudizio e di
sottoporre alla Corte di Giustizia della UE le seguenti questioni
pregiudiziali:
DOMANDA 1) In che modo un giudice
nazionale debba affrontare la questione della condanna alle spese di un
privato, rimasto soccombente come ricorrente in una controversia in materia
ambientale, alla luce delle prescrizioni dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione
di Aarhus, quale attuato dalle Direttive sulla VIA e l’AIA;
DOMANDA 2) Se la questione
se il procedimento sia da considerarsi “eccessivamente oneroso” o meno, ai
sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, quale attuata
dalle Direttive su AIA e VIA, debba
essere decisa sulla base di criteri oggettivi (considerando, ad esempio, la
capacità di un soggetto privato “medio” di far fronte all’eventuale pagamento
delle spese giudiziali), o di criteri soggettivi (considerando i mezzi di cui
dispone un ricorrente in particolare), o sulla base di una combinazione di tali
due criteri.
DOMANDA 3) Oppure se si
tratti invece di una questione che rientra interamente nel diritto interno
degli Stati membri, a condizione che sia conseguito l’obiettivo prefissato
dalle Direttive su AIA e VIA, ossia che il procedimento di cui trattasi non sia
“eccessivamente oneroso”.
DOMANDA 4) Se sia
rilevante, al fine di valutare se il procedimento sia o meno “eccessivamente oneroso”, che il
ricorrente non sia stato, di fatto, dissuaso dal proporre ricorso o dal
proseguire il procedimento.
DOMANDA 5) Se, in fase i) di
appello o ii) di ulteriore impugnazione, sia ammissibile un approccio a tali
questioni diverso da quello che occorre adottare in primo grado.
DOMANDE 1 e 3: LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SUL RAPPORTO TRA LA NOZIONE DI PROCEDIMENTO «NON ECCESSIVAMENTE
ONEROSO» AI SENSI DELLE DIRETTIVE SULLA VIA E L’ AIA E IL DIRITTO NAZIONALE
DEGLI STATI MEMBRI
La
Corte afferma in primo luogo alcuni principi generali:
1. Non è vietato ai giudizi nazionali di procedere ad una condanna
delle spese,
2. il carattere eccessivamente oneroso deve essere valutato
globalmente, tenendo conto dell’insieme
dei costi economici derivanti dalla partecipazione al procedimento
giurisdizionale,
3. essendo
il riferimento alla non eccessiva onerosità contenuto in norme di diritto
comunitario che non fanno riferimento esplicito a norme nazionali di
recepimento specifiche, la questione sul concetto di eccessiva onerosità non rientra nel solo diritto nazionale,
4. l’obiettivo perseguito
dal principio di prevedere procedure giurisdizionali non eccessivamente onerose, obiettive , eque e
rapide deve essere inquadrato nell’obiettivo generale, della Convenzione di Aarhus, sull’accesso
del pubblico alla giustizia contro le decisioni a rilevanza ambientale a sua
volta inquadrato nella volontà del legislatore
dell’Unione di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente e
di assegnare al pubblico un ruolo attivo a tal fine. In altri termini poter accedere alla giustizia da parte dei
cittadini è uno degli strumenti attivi per garantire una migliore tutela dell’ambiente.
5. Il requisito inerente al procedimento “non
eccessivamente oneroso”, nel settore ambientale, contribuisce al rispetto del diritto ad un ricorso effettivo,
sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea (vedi QUI), nonché del principio di effettività secondo cui le modalità procedurali dei
ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza
del diritto dell’Unione non devono rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento
giuridico dell’Unione.
6. Il documento della UNECE “ La
convenzione di Aarhus, guida all’applicazione” precisa che le spese di un ricorso ai sensi
della convenzione o per fare applicare il diritto nazionale dell’ambiente non
devono essere tanto elevate da impedire
ai membri del pubblico di proporre ricorso ove lo reputino necessario.
Tale Guida non costituisce atto vincolante ( vedi Corte di Giustizia 16/2/2012,
QUI)
ma essendo documento di una istituzione internazionale ufficiale costituisce ulteriore
elemento di indirizzo nella interpretazione delle norme comunitarie in esame
come affermato peraltro dalla citata sentenza del 16/2/2012.
Conclusioni della Corte sul principio
di “non eccessivamente oneroso”
Secondo la Corte tale principio implica
che alle persone ivi contemplate non
venga impedito di proporre o di proseguire un ricorso giurisdizionale
rientrante nell’ambito di applicazione di tali articoli a causa dell’onere
finanziario che potrebbe risultarne. Qualora un giudice nazionale sia chiamato
a pronunciarsi sulla condanna alle spese di un privato rimasto soccombente, in
qualità di ricorrente, in una controversia in materia ambientale o, più in
generale, qualora sia tenuto, a prendere
posizione, in una fase anteriore del procedimento, su un’eventuale limitazione
dei costi che possono essere posti a carico della parte rimasta soccombente,
egli deve assicurarsi del rispetto di tale requisito tenendo conto tanto
dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti quanto
dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente.
DOMANDA 2: LA
CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SU QUALI CRITERI PER VALUTARE IL CONCETTO DI “NON ECCESSIVAMENTE ONEROSO”
Secondo
la Corte di Giustizia per valutare su
cosa debba consistere il concetto di non
eccessiva onerosità il giudice nazionale
chiamato a statuire sulle spese deve assicurarsi del rispetto di tale concetto tenendo conto contemporaneamente:
1. dell’interesse della
persona che desidera difendere i propri diritti
2. dell’interesse generale
connesso alla tutela dell’ambiente.
Questo
significa che la situazione economica dell’interessato deve essere valutata
alla luce della ratio della normativa sull’accesso alla giustizia in
materia ambientale e in particolare al principio per cui i privati e le
associazioni sono naturalmente chiamati a svolgere un ruolo attivo nella tutela
dell’ambiente.
In
tal senso, le spese di un procedimento:
a) non devono superare le capacità finanziarie dell’interessato
b) non devono apparire, ad
ogni modo, oggettivamente irragionevoli
c) non devono essere
valutate avendo come riferimento un
ricorrente medio poiché siffatti dati possono avere soltanto un esile
collegamento con la situazione dell’interessato.
I
parametri sopra indicati sono quelli prioritari per valutare il concetto di non
eccessivamente onerosi. Altri parametri di valutazione , che
dovranno però rispettare quelli prioritari, sono:
d) situazione delle parti in causa,
e) ragionevoli possibilità di successo
del richiedente,
f) importanza della posta in gioco per il
richiedente nonché per la tutela dell’ambiente,
g) la complessità del diritto e della
procedura applicabili,
h) il carattere eventualmente temerario
del ricorso nelle varie sue fasi.
DOMANDA 4: LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SE PER VALUTARE
IL CONCETTO DI NON ECCESSIVAMENTE ONEROSO SIA RILEVANTE CHE IL RICORRENTE SIA
STATO DISSUASO DAL PROPORRE RICORSO O PROSEGUIRE NEL PROCESSO
Secondo la Corte di Giustizia la
circostanza, addotta dalla Supreme Court of the United Kingdom, che
l’interessato non sia stato in concreto dissuaso dall’esercitare la sua azione
non è sufficiente, di per sé, per considerare che il procedimento non sia
eccessivamente oneroso ai sensi delle norme viste della Convenzione di Aarhus e
delle Direttive sulla VIA e l’AIA.
DOMANDA 5: LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA
POSSIBILITà DI UNA DIVERSA INTERPRETAZIONE
DEL CONCETTO DI “NON ECCESSIVAMENTE
ONEROSO” A SECONDA CHE SI TRATTI DEL
PRIMO O DEI SUCCESSIVI GRADI DI GIUDIZIO
La Corte di Giustizia rileva che nella
normativa citata sulla Convenzione di Aarhus e delle Direttive su AIA e
VIA non c’è alcuna distinzione tra primo
e successivi gradi di giudizio, anche perché, precisa la Corte: “una siffatta interpretazione non sarebbe
atta a rispettare pienamente l’obiettivo perseguito dal legislatore
dell’Unione, che è quello di garantire un ampio accesso alla giustizia e di
contribuire al miglioramento della tutela dell’ambiente. Il
requisito del carattere non eccessivamente oneroso del procedimento
giurisdizionale non può quindi essere valutato in modo diverso da un giudice
nazionale a seconda che egli statuisca in esito ad un procedimento di primo
grado, ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione”.
CONCLUSIONI
I principi affermati da questa sentenza
sono rilevanti anche se visti alla luce delle recenti riforma nazionali sul
processo di fronte alla giustizia amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) che
hanno la chiara finalità di dissuadere i cittadini organizzati a ricorrere
contro decisioni di devastazione del territorio
e comunque spesso e volentieri totalmente in contrasto con le norme
europee ma anche nazionali in materia ambientale.
Si procede a criminalizzare
il conflitto ambientale come nel caso della introduzione di specifiche sanzioni penali per chi si oppone ad impianti
rifiuti dichiarati come strategici o al segreto di stato imposto agli impianti
energetici civili:
Nello
stesso tempo si cerca di rendere sempre più difficile ricorrere per in semplici
cittadini alla giustizia amministrativa, si vedano: la riduzione termini per
ricorsi al TAR per le opere considerate strategiche o
la previsione della giurisdizione esclusiva del TAR Lazio su controversie per
gli impianti energetici.
Ma
soprattutto con la recente riforma del
processo amministrativo sono aumentati notevolmente i costi per i ricorsi alla giustizia amministrativa.
Basi pensare che il contributo è stato portato dai 340 euro agli attuali 650
con un aumento di 325 se c’è l’impugnazione al
Consiglio di Stato ed un ulteriore contributo di 650 euro se si perde il
ricorso, con la possibilità di una ulteriore contribuzione fino a 3250 euro se
il ricorso viene considerato come temerario cioè non adeguatamente motivato nei
profili di illegittimità sollevati.
Ovviamente
queste spese già significative per dei semplici cittadini si vanno ad aggiungere a quelle dei legali anche della controparte
visto che è si sta affermando sempre più la tendenza a non compensare le spese
e a farle pagare tutte alla parte soccombente.
Quindi
questa sentenza della Corte di Giustizia
chiarendo molto bene che i cittadini che agiscono contro le decisioni ad
impatto ambientale potenzialmente rilevante lo fanno per finalità di tutela
dell’ambiente , può essere un bell’ostacolo alla tendenza nazionale sopra
riportata…….. Lo faremo pesare nelle prossime controversie anche spezzine!
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