martedì 23 aprile 2013

Costi dei ricorsi ambientali: la Corte di Giustizia difende i cittadini!


La Corte di Giustizia con una sentenza recentissima (dello scorso 11 aprile, vedi  QUI) interviene su una questione di grande rilievo nelle vertenze a tutela dell’ambiente. La questione è come devono essere interpretate le norme di diritto comunitario che favoriscono l’accesso alla giustizia dei cittadini, comitati, associazioni ambientaliste e non contro le decisioni a rilevanza ambientale con particolare riferimento a quelle sulla Valutazione di Impatto Ambientale (di seguito VIA) dei progetti e delle opere  e quelle sulla Autorizzazione Integrata Ambientale (di seguito AIA).   Si pensi a progetti come quelli relativi a centrali termoelettriche, impianti di gestione rifiuti, industrie con emissioni inquinanti potenzialmente rilevanti etc.
La sentenza al di la del caso specifico affrontato, relativo ad una vicenda inglese, costituisce un indirizzo rilevante anche e soprattutto per la giurisprudenza nazionale italiana.



I PALETTI DELLA NORMATIVA EUROPEA  A TUTELA DEI CITTADINI RICORRENTI CONTRO DECISIONI A RILEVANZA AMBIENTALE E IN PARTICOLARE SULLA VIA E L’AIA  
La Direttiva sulla Valutazione di Impatto Ambientale (di seguito VIA) e la Direttiva sulla Autorizzazione Integrata Ambientale ( di seguito AIA),  sia nella vecchia versione che nella versione attuale prevedono il principio per cui i cittadini possono impugnare di fronte agli organi di giustizia nazionali (nel caso italiano TAR e in appello Consiglio di Stato) le decisioni che concludono i procedimenti di VIA ed AIA. La Procedura giurisdizionale deve secondo queste Direttive essere: giusta, equa, tempestiva e non eccessivamente onerosa.
Tali norme sono frutto della Convenzione di Aarhus  (vedi QUIsull'accesso alle informazioni,  la partecipazione  pubblica  ai  processi  decisionali  e l'accesso alla giustizia in materia ambientale. In particolare il paragrafo 4 articolo 9 di tale Convenzione afferma che le procedure che disciplinano i ricorsi giurisdizionali nazionali contro le decisioni in materia ambientale: “….devono offrire rimedi adeguati ed effettivi, ivi compresi, eventualmente, provvedimenti ingiuntivi, e devono essere obiettive eque e rapide e  non eccessivamente onerose”.



LA QUESTIONE SPECIFICA DA CUI E’ PARTITO IL RICORSO ALLA CORTE DI GIUSTIZIA  
Il caso esaminato dalla sentenza della Corte di Giustizia, qui trattata, riguarda il ricorso in appello effettuato da una cittadina inglese contro  la mancata applicazione della VIA ad un cementificio che avrebbe dovuto bruciare anche rifiuti. La cittadina si è vista respingere il ricorso dalla Corte di Appello inglese ed è stata condannata al pagamento delle spese giudiziali comprese quindi quelle della controparte di 25.000 sterline. La cittadina attraverso vari passaggi della giustizia inglese, che non riporto perché ininfluenti dal punto di vista del nostro diritto nazionale, è arrivata alla Supreme Court of the United Kingdom, dove ha chiesto se la condanna al pagamento delle spese così onerose non fosse contraria alle norme delle Direttive AIA e VIA sopra riportate.



LE DOMANDE POSTE DAL GIUDICE NAZIONALE ALLA CORTE DI GIUSTIZIA DELLA UE
La Supreme Court of the United Kingdom ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di Giustizia della UE le seguenti questioni pregiudiziali:
DOMANDA 1)   In che modo un giudice nazionale debba affrontare la questione della condanna alle spese di un privato, rimasto soccombente come ricorrente in una controversia in materia ambientale, alla luce delle prescrizioni dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, quale attuato dalle Direttive sulla VIA e l’AIA;
DOMANDA 2)    Se la questione se il procedimento sia da considerarsi “eccessivamente oneroso” o meno, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus, quale attuata dalle  Direttive su AIA e VIA, debba essere decisa sulla base di criteri oggettivi (considerando, ad esempio, la capacità di un soggetto privato “medio” di far fronte all’eventuale pagamento delle spese giudiziali), o di criteri soggettivi (considerando i mezzi di cui dispone un ricorrente in particolare), o sulla base di una combinazione di tali due criteri.
DOMANDA 3)    Oppure se si tratti invece di una questione che rientra interamente nel diritto interno degli Stati membri, a condizione che sia conseguito l’obiettivo prefissato dalle Direttive su AIA e VIA, ossia che il procedimento di cui trattasi non sia “eccessivamente oneroso”.
DOMANDA 4)     Se sia rilevante, al fine di valutare se il procedimento sia o meno “eccessivamente oneroso”, che il ricorrente non sia stato, di fatto, dissuaso dal proporre ricorso o dal proseguire il procedimento.
DOMANDA 5)    Se, in fase i) di appello o ii) di ulteriore impugnazione, sia ammissibile un approccio a tali questioni diverso da quello che occorre adottare in primo grado.



DOMANDE 1  e 3: LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA  SUL RAPPORTO TRA LA  NOZIONE DI PROCEDIMENTO «NON ECCESSIVAMENTE ONEROSO» AI SENSI DELLE DIRETTIVE SULLA VIA E L’ AIA E IL DIRITTO NAZIONALE DEGLI STATI MEMBRI
La Corte afferma in primo luogo alcuni principi generali:

1. Non è vietato ai giudizi nazionali di procedere ad una condanna delle spese,
2.  il carattere eccessivamente oneroso deve essere valutato globalmente, tenendo conto dell’insieme dei costi economici derivanti dalla partecipazione al procedimento giurisdizionale,
3. essendo il riferimento alla non eccessiva onerosità contenuto in norme di diritto comunitario che non fanno riferimento esplicito a norme nazionali di recepimento specifiche, la questione sul concetto di eccessiva onerosità non rientra nel solo diritto nazionale,
4. l’obiettivo perseguito dal principio di prevedere procedure giurisdizionali non  eccessivamente onerose, obiettive , eque e rapide deve essere inquadrato nell’obiettivo  generale, della Convenzione di Aarhus, sull’accesso del pubblico alla giustizia contro le decisioni a rilevanza ambientale a sua volta inquadrato nella volontà del legislatore dell’Unione di preservare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente e di assegnare al pubblico un ruolo attivo a tal fine. In altri termini poter accedere alla giustizia da parte dei cittadini è uno degli strumenti attivi per garantire una migliore tutela dell’ambiente.
5. Il requisito inerente al procedimento “non eccessivamente oneroso”, nel settore ambientale, contribuisce al rispetto del diritto ad un ricorso effettivo, sancito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (vedi  QUI),  nonché del principio di effettività secondo cui le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione.
6. Il documento della UNECE La convenzione di Aarhus, guida all’applicazione”  precisa che le spese di un ricorso ai sensi della convenzione o per fare applicare il diritto nazionale dell’ambiente non devono essere tanto elevate da impedire ai membri del pubblico di proporre ricorso ove lo reputino necessario. Tale Guida non costituisce atto vincolante ( vedi Corte di Giustizia 16/2/2012,   QUI) ma essendo documento di una istituzione internazionale ufficiale costituisce ulteriore elemento di indirizzo nella interpretazione delle norme comunitarie in esame come affermato peraltro dalla citata sentenza del 16/2/2012.

Conclusioni della Corte  sul principio di “non eccessivamente oneroso
Secondo la Corte tale principio implica che alle persone ivi contemplate non venga impedito di proporre o di proseguire un ricorso giurisdizionale rientrante nell’ambito di applicazione di tali articoli a causa dell’onere finanziario che potrebbe risultarne. Qualora un giudice nazionale sia chiamato a pronunciarsi sulla condanna alle spese di un privato rimasto soccombente, in qualità di ricorrente, in una controversia in materia ambientale o, più in generale, qualora sia tenuto,  a prendere posizione, in una fase anteriore del procedimento, su un’eventuale limitazione dei costi che possono essere posti a carico della parte rimasta soccombente, egli deve assicurarsi del rispetto di tale requisito tenendo conto tanto dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti quanto dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente.



DOMANDA 2: LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SU QUALI CRITERI PER VALUTARE  IL CONCETTO DI “NON ECCESSIVAMENTE ONEROSO
Secondo la Corte di Giustizia per valutare  su cosa debba consistere il concetto di  non eccessiva onerosità  il giudice nazionale chiamato a statuire sulle spese deve assicurarsi del rispetto di tale  concetto  tenendo conto contemporaneamente:
1. dell’interesse della persona che desidera difendere i propri diritti
2. dell’interesse generale connesso alla tutela dell’ambiente.

Questo significa che la situazione economica dell’interessato deve essere valutata alla luce della ratio della  normativa sull’accesso alla giustizia in materia ambientale e in particolare al principio per cui i privati e le associazioni sono naturalmente chiamati a svolgere un ruolo attivo nella tutela dell’ambiente.
In tal senso, le spese di un procedimento:
a) non devono superare le capacità finanziarie dell’interessato
b) non devono apparire, ad ogni modo, oggettivamente irragionevoli
c) non devono essere valutate avendo come riferimento un ricorrente medio poiché siffatti dati possono avere soltanto un esile collegamento con la situazione dell’interessato.

I parametri sopra indicati sono quelli prioritari per valutare il concetto di non eccessivamente onerosi.  Altri parametri di valutazione , che dovranno però rispettare quelli prioritari, sono:
d) situazione delle parti in causa,
e) ragionevoli possibilità di successo del richiedente,
f) importanza della posta in gioco per il richiedente nonché per la tutela dell’ambiente,
g) la complessità del diritto e della procedura applicabili,
h) il carattere eventualmente temerario del ricorso nelle varie sue fasi.



DOMANDA 4: LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SE PER VALUTARE IL CONCETTO DI NON ECCESSIVAMENTE ONEROSO SIA RILEVANTE CHE IL RICORRENTE SIA STATO DISSUASO DAL PROPORRE RICORSO O PROSEGUIRE NEL PROCESSO
Secondo la Corte di Giustizia la circostanza, addotta dalla Supreme Court of the United Kingdom, che l’interessato non sia stato in concreto dissuaso dall’esercitare la sua azione non è sufficiente, di per sé, per considerare che il procedimento non sia eccessivamente oneroso ai sensi delle norme viste della Convenzione di Aarhus e delle Direttive sulla VIA e l’AIA.



DOMANDA 5: LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA SULLA POSSIBILITà DI UNA DIVERSA  INTERPRETAZIONE DEL CONCETTO DI “NON  ECCESSIVAMENTE ONEROSO”  A SECONDA CHE SI TRATTI DEL PRIMO O DEI SUCCESSIVI GRADI DI GIUDIZIO
La Corte di Giustizia rileva che nella normativa citata sulla Convenzione di Aarhus e delle Direttive su AIA e VIA  non c’è alcuna distinzione tra primo e successivi gradi di giudizio, anche perché, precisa la Corte: “una siffatta interpretazione non sarebbe atta a rispettare pienamente l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione, che è quello di garantire un ampio accesso alla giustizia e di contribuire al miglioramento della tutela dell’ambiente.  Il requisito del carattere non eccessivamente oneroso del procedimento giurisdizionale non può quindi essere valutato in modo diverso da un giudice nazionale a seconda che egli statuisca in esito ad un procedimento di primo grado, ad un appello o ad un’ulteriore impugnazione”.



CONCLUSIONI
I principi affermati da questa sentenza sono rilevanti anche se visti alla luce delle recenti riforma nazionali sul processo di fronte alla giustizia amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) che hanno la chiara finalità di dissuadere i cittadini organizzati a ricorrere contro decisioni di devastazione del territorio  e comunque spesso e volentieri totalmente in contrasto con le norme europee ma anche nazionali in materia ambientale.
Si procede  a criminalizzare il conflitto ambientale come nel caso della introduzione di specifiche  sanzioni penali per chi si oppone ad impianti rifiuti dichiarati come strategici o al  segreto di stato imposto agli impianti energetici civili:
Nello stesso tempo si cerca di rendere sempre più difficile ricorrere per in semplici cittadini alla giustizia amministrativa, si vedano: la riduzione termini per ricorsi al TAR per le opere considerate strategiche o la previsione della giurisdizione esclusiva del TAR Lazio su controversie per gli impianti energetici.

Ma soprattutto con la recente riforma del processo amministrativo sono aumentati notevolmente i costi  per i ricorsi alla giustizia amministrativa. Basi pensare che il contributo è stato portato dai 340 euro agli attuali 650 con un aumento di 325 se c’è l’impugnazione al  Consiglio di Stato ed un ulteriore contributo di 650 euro se si perde il ricorso, con la possibilità di una ulteriore contribuzione fino a 3250 euro se il ricorso viene considerato come temerario cioè non adeguatamente motivato nei profili di illegittimità sollevati.
Ovviamente queste spese già significative per dei semplici cittadini si vanno ad aggiungere a quelle dei legali anche della controparte visto che è si sta affermando sempre più la tendenza a non compensare le spese e a farle pagare tutte alla parte soccombente.

Quindi questa sentenza della Corte di Giustizia chiarendo molto bene che i cittadini che agiscono contro le decisioni ad impatto ambientale potenzialmente rilevante lo fanno per finalità di tutela dell’ambiente , può essere un bell’ostacolo alla tendenza nazionale sopra riportata…….. Lo faremo pesare nelle prossime controversie  anche spezzine!








  






  

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