mercoledì 10 maggio 2023

Rischi e potenzialità occupazionali nelle Regioni UE a transizione energetica

Parere di iniziativa del Comitato economico e sociale europeo (QUI) sul tema “Politica energetica e mercato del lavoro: conseguenze per l'occupazione nelle regioni in transizione energetica”.

Nel suo parere il CESE sottolinea inoltre che i rischi ambientali (l'emergenza climatica) e i rischi energetici (la dipendenza dai combustibili fossili) incidono in modi diversi sulle attività economiche e su tutte le misure politiche correlate, determinando un forte impatto sulle regioni, sui settori economici, sui lavoratori e sui gruppi demografici più vulnerabili. Pertanto, il CESE ritiene che sia necessario concentrarsi in particolare sulle regioni interessate dalla transizione giusta, nelle quali esiste un legame più intenso tra lo sviluppo del settore energetico e le esigenze del mercato del lavoro e in cui saranno necessari interventi specifici.

Il Parere è interessante anche perché fa una ricostruzione delle politiche e normative in atto della UE su una transizione ecologica ed energetica giusta in quanto prenda in considerazione la tutela sociale ed occupazionale nella diversità delle varie regioni europee.

In particolare, il Parere si suddivide in:

1. Dimostrazione su come la transizione energetica potenzialmente possa garantire l’occupazione

2. I rischi occupazione e sociali della transizione energetica nel breve e medio periodo

3. La necessità di coinvolgere la società nelle sue varie articolazioni economiche e territoriali nella transizione energetica

4. La necessità che qualsiasi misura di compensazione nel passaggio dal vecchio modello di produzione/consumo energetico al nuovo non metta in discussione gli obiettivi della transizione energetica verso la neutralità climatica.

 

 



LA TRANSIZIONE STRATEGICAMENTE PUÒ GARANTIRE PIÙ OCCUPAZIONE

Gli studi più affidabili mostrano che la riuscita della transizione verde in generale, e della transizione energetica in particolare, potrebbe dar luogo a un aumento del PIL (alcuni studi stimano che tale aumento sarà pari al 5,6 % entro il 2050) e dei livelli di occupazione secondo Organizzazione Intermazionale del lavoro (OIL) e l'Agenzia Internazionale per le energie rinnovabili (IRENA), i posti di lavoro creati saranno quattro volte superiori a quelli che andranno persi), come pure della qualità dell'occupazione stessa, alla luce delle più elevate qualifiche richieste. L'abbassamento dei costi dell'energia grazie all'aumento delle fonti di energia disponibili, in particolare quelle rinnovabili, individuate e incentivate attraverso un'adeguata tassonomia verde europea, migliorerà l'accesso a questi servizi e anche la produzione, generando in tal modo maggiore occupazione. I posti di lavoro creati nel settore delle energie rinnovabili sono in genere più difficili da delocalizzare e quindi andranno a beneficio di molte regioni, in particolare di quelle che presentano un rischio più elevato di spopolamento. Vanno altresì considerati gli effetti positivi sulla salubrità degli ambienti di lavoro.

L'OIL stima tuttavia che, sebbene la decarbonizzazione dell'economia comporterà la perdita di circa 6 milioni di posti di lavoro, i posti di lavoro creati aumenteranno di quattro volte, passando da 11 a 43 milioni nel 2030 per i paesi che beneficiano del sostegno di IRENA QUI) . In tutti gli scenari elaborati dall'Agenzia internazionale per l'energia, l'occupazione nel settore dell'energia pulita risulta destinata ad aumentare, compensando la perdita di posti di lavoro nei settori dei combustibili fossili. Lo scenario a zero emissioni nette per il 2050 prevede il passaggio di 16 milioni di lavoratori a nuovi ruoli connessi all'energia pulita. La relazione elaborata dal governo statunitense concernente la situazione dell'energia e dell'occupazione per gli Stati Uniti relativa al 2022 (USEER, U.S. Energy and Employment Report QUI) contiene stime analoghe: l'occupazione nel settore dell'energia pulita ha fatto registrare un aumento del 4 % (mentre l'occupazione in generale è cresciuta solo del 2,8 %).





I RISCHI DELLA TRANSIZIONE NEL BREVE MEDIO PERIODO: COME AFFRONTARLI

Secondo il Parere se positivi sono gli effetti strategici quelli a breve termine invece stanno e possono produrre danni alle economie e agli strati sociali più deboli anche alla luce della guerra in Ucraina e dei suoi effetti sui prezzi dell’energia.

I nuovi posti di lavoro nel settore dell'energia pulita non si trovano sempre nello stesso luogo di quelli che essi vanno a sostituire e richiedono nuove competenze. Pertanto, le legislazioni nazionali e le relative politiche energetiche dovrebbero mirare a garantire che lo sviluppo delle capacità per la transizione sia efficace e che, per quanto possibile, rechi vantaggio alla maggioranza dei cittadini. Inoltre, sebbene nel settore delle energie rinnovabili la percentuale di donne nella forza lavoro (32 %) sia più elevata rispetto ad altri ambiti del settore energetico, nel settore dell'energia eolica tale quota arriva appena al 21 %, a dimostrazione che — in questo settore — permangono degli stereotipi di genere. Pertanto, la legislazione nazionale e le relative politiche di attuazione devono porre l'accento sugli obiettivi di parità di genere nei nuovi posti di lavoro.

Il Comitato propone che gli Stati membri esaminino opportune modalità per integrare meglio le politiche del mercato del lavoro nei quadri normativi e nelle politiche ambientali ed energetiche (incentivi all'occupazione sostenibile e di qualità come valore aggiunto della transizione energetica; fondi per la condivisione dei costi dei processi di ristrutturazione, sia temporanei che permanenti; programmi di riqualificazione professionale per migliorare l'occupabilità in un'economia decarbonizzata ecc.) e nelle politiche sociali (garanzie di accesso universale ai servizi energetici, offerta di accesso a un reddito sostitutivo e a un reddito minimo adeguato ecc.).

Il CESE ribadisce la sua convinzione che, per conseguire efficacemente gli obiettivi della politica climatica e della transizione energetica, si debba utilizzare in modo più efficace il meccanismo per una transizione giusta, tenendo conto di un ritmo compatibile con la situazione delle imprese piccole e grandi. In tali condizioni, è necessario attuare nuove azioni complementari a livello regionale per preservare per quanto possibile l'occupazione e garantire che i nuovi posti di lavoro siano di buona qualità, sempre con un coinvolgimento reale ed effettivo delle parti sociali attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva, nonché dei soggetti dell'economia sociale. La Commissione deve promuovere questo rafforzamento della dimensione sociale. Tutte le misure o politiche prese in considerazione devono sempre essere formulate in modo da rispettare le caratteristiche dei sistemi nazionali di relazioni industriali nonché i ruoli, le competenze e l'autonomia delle parti sociali. Il CESE chiede di migliorare i programmi per l'accesso delle PMI ai finanziamenti, rendendoli più agili e semplici e accompagnandoli a servizi di sostegno e assistenza permanente.

Il Fondo per una transizione giusta (QUI) ha i suoi limiti, che devono essere rettificati, e non costituisce una risposta onnicomprensiva alle sfide di una transizione giusta, ma può essere sostenuto da misure politiche aggiuntive a livello degli Stati membri.

Occorre tenere conto dell'indicatore relativo al potenziale di occupazione generato dalla decarbonizzazione nelle diverse regioni NUTS (QUI). Nell'ottica di ottenere dati relativi all'impatto della nuova crisi energetica sull'occupazione, la banca dati dell'Osservatorio sulla ristrutturazione in Europa (ERM, European Restructuring Monitor) di Eurofound (QUI) contiene un numero rilevante di esperienze registrate.

Il CESE chiede altresì di accelerare e migliorare l'attuazione del meccanismo per una transizione giusta (QUI). Il Comitato plaude alla mobilitazione di 55 miliardi di EUR entro il 2027 nelle regioni più colpite dalla transizione energetica al fine di conseguire l'obiettivo di «non lasciare indietro nessuno» compensando gli effetti socioeconomici della transizione verso un'economia climaticamente neutra attraverso tre pilastri: un nuovo Fondo per una transizione giusta (oltre 25 miliardi di EUR di investimenti), il regime InvestEU per una transizione giusta (15 miliardi di EUR destinati al settore privato) e il nuovo strumento di prestito per il settore pubblico (che mobiliterà 18,5 miliardi di EUR di investimenti pubblici).

 

 

 



COINVOLGERE LA SOCIETÀ NELLE POLITICHE DI TRANSIZIONE

Il CESE invita la Commissione e il Parlamento europeo, gli Stati membri e le regioni dell'UE a coinvolgere in modo più innovativo ed efficace le parti sociali e le altre organizzazioni della società civile nell'elaborazione e nell'attuazione di politiche di transizione energetica ad alto valore aggiunto in termini di occupazione e di protezione sociale, nonché nel monitoraggio e nella valutazione delle stesse.
Il CESE raccomanda inoltre di rafforzare la partecipazione dei prosumatori (consumatori passivi di energia che diventano protagonisti attivi nella produzione di energia rinnovabile) e dei cittadini (comunità energetiche) al fine di accelerare la transizione energetica in Europa. Il CESE ritiene che i piani territoriali di transizione energetica debbano essere accompagnati da opportune convenzioni o accordi per un'equa consultazione sociale. 

Tuttavia, conclude il Parere, le esperienze attuali in materia di dialogo sociale e contrattazione collettiva nel contesto della transizione energetica a livello delle politiche macroeconomiche non sono positive.

I dati tratti da studi di caso a livello di impresa (ad esempio Renault e Siemens Energy QUI) mostrano che, quando sono stati coinvolti i dipendenti, l'adozione dei cambiamenti ha portato a risultati positivi (maggiori competenze professionali, produttività e qualità dei prodotti).

Nella maggior parte dei paesi, il coinvolgimento delle parti sociali nella progettazione, nell'attuazione e nello sviluppo delle politiche relative alla duplice transizione (digitale e verde) è considerato insufficiente.



Alla luce dell'esperienza maturata da alcuni paesi, è possibile affermare che questo insufficiente coinvolgimento sia dovuto a due ordini di sfide con cui si confrontano le parti sociali:

1. la varietà dei quadri istituzionali è un dato di fatto. Cionondimeno, in tutti questi quadri mancano misure volte a promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva nella definizione dei diritti sociali e del lavoro legati alla transizione energetica giusta (ad esempio in Italia, Spagna, Polonia, Germania ecc.);

2. gli interlocutori hanno mostrato un'insufficiente capacità di partecipare adeguatamente ai dibattiti sul futuro del lavoro nella transizione energetica, di formulare priorità e portare avanti efficacemente i rispettivi programmi, nonostante la legislazione nazionale, come quella spagnola, promuovendo accordi di consultazione sociale per una transizione energetica giusta (legge 7/2021).

Il Comitato, ad esempio, prende atto del successo dell'esperienza francese (legge n. 2021-1104): in tale paese, il concetto di «sfide della transizione verde» è stato inserito nel codice del lavoro con competenze per gli accordi di settore, sistemi di gestione prospettica di posti di lavoro e competenze per affrontare le sfide specifiche della transizione verde ed energetica (articolo L 2242-20), nonché il diritto sindacale all'allarme ambientale e alla salute pubblica (L 4133-L 4133-4). Pertanto, pur rispettando rigorosamente l'autonomia e la diversità dei vari sistemi europei di relazioni industriali, il Comitato invita la Commissione a promuovere iniziative per lo scambio di buone pratiche tra i diversi Stati membri e le diverse regioni.

 



LE MISURE DI COMPENSAZIONI SOCIALE NON DEVONO LIMITARE GLI OBIETTIVI DI DECARBONIZZAZIONE

Le misure di investimento economico e sociale (ad esempio, aiuti destinati a compensare i costi più elevati a carico delle imprese, garanzia di risorse per prevenire la povertà energetica etc.) non devono però rendere meno ambiziosi gli obiettivi di decarbonizzazione sottoscritti: gli effetti negativi di nuovi rallentamenti, infatti, sarebbero superiori a quelli innescati da un'accelerazione a medio e lungo termine.

Il CESE è convinto che, in linea con le relazioni dell'IRENA e dell'OIL (QUI), il potenziale delle energie rinnovabili di generare posti di lavoro dignitosi e sostenibili sia un chiaro indizio del fatto che non è necessario scegliere tra la sostenibilità ambientale e la creazione di posti di lavoro.


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