PREMESSA
Il caso studio riguarda una ditta che gestisce una
cementificio e chiede di utilizzare il Combustibile Solido Secondario (CSS),
con semplice Comunicazione di inizio
utilizzo, nel ciclo produttivo di detto impianto.
La questione che si pone
in questo caso, ma estendibile a casi simili, è se l’utilizzo del CCS (come è
noto declassificato da rifiuto a semplice combustibile vedi QUI)
comporti o meno la
necessità di una “modifica sostanziale” ai sensi della disciplina della
Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)
nonché la applicabilità della Procedura di Valutazione di Impatto
Ambientale (VIA), quanto meno nella modalità di Verifica di Assoggettabilità.
La seconda parte del comma 2 articolo 13 del DM 22/2013 [Nota 1]
nei cementifici e nelle centrali termoelettriche è possibile bruciare CSS ma rispettando: “le disposizioni del
decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, applicabili al
coincenerimento, quali le disposizioni relative
alle procedure di consegna e ricezione, le condizioni di esercizio, i residui,
il controllo e la sorveglianza, le prescrizioni per le misurazioni nonché ai
valori limite di emissioni in atmosfera indicati o calcolati secondo quanto
previsto nell'allegato 2 del medesimo decreto legislativo, e le deroghe
di cui al medesimo allegato.”
La ratio della norma è
chiara: impedire che l’utilizzo del CSS possa mettere in discussione il
principio di “garantire un elevato grado
di tutela dell'ambiente e della salute
umana”, principio che deve essere attuato in tutte le politiche e gli atti
che derivino da norme comunitarie, nel caso in esame l’AIA e la VIA.
Quindi secondo il succitato paragrafo i principi che stanno alla base delle
politiche della UE e quindi degli Stati membri sono:
1. un livello elevato di
protezione della salute umana
2. la prevenzione delle
malattie
In secondo luogo l’altro
principio, che viene in causa nel caso in esame e nella relativa normativa che
lo disciplina, è quello di prevenzione che si lega con quello di precauzione
anch’esso riconosciuto dal TFUE
Il principio di prevenzione è strettamente legato a quello
di precauzione come
conferma l'articolo succitato ma anche la giurisprudenza in materia della quale
si riporta un esempio relativamente recente di seguito:
Questo principio viene ripreso dalla definizione di VIA del
DLgs 152/2006: “b) valutazione ambientale
dei progetti, nel seguito valutazione d'impatto ambientale, di seguito VIA: il
procedimento mediante il quale vengono preventivamente individuati gli effetti
sull'ambiente di un progetto, “
La prima parte del comma 2 articolo 13 del DM 22/2013 precisa ulteriormente: “Fatte salve le diverse prescrizioni
più restrittive contenute nella rispettiva
autorizzazione integrata ambientale
vigente alla data di entrata in
vigore del presente regolamento”.
Questo
significa che il bruciare il CSS comporta solo una deroga alla normativa sui
rifiuti non essendo più tale materiale (una volta ottenuta la dichiarazione di
conformità ex comma 1 articolo 4
del DM 22/2013)
classificabile come rifiuto, ma non comporta alcuna deroga alla normativa
sull’AIA. Questo vuol significare la
affermazione contenuta nella sopra citata prima parte del comma 2 articolo 13 del DM 22/2013.
Quindi alla combustione
del CSS in impianti soggetti ad AIA si applicano tutti i principi della
disciplina di questa autorizzazione:
1. norma di qualità ambientale (articolo 29-septies del DLgs
152/2006);
2. valutazione degli effetti incrociati degli impatti sui diversi
fattori ambientali (acqua, aria, suolo etc.): Decreto Ministeriale 1/10/2008;
3. parere sanitario del Sindaco obbligatorio e se adeguatamente
motivato anche vincolante (comma 6 articolo 29-quater DLgs 152/2006);
4. applicazione dell’articolo 29-nonies del DLgs 152/2006:
modifica degli impianti e variazione del gestore.
In particolare
dalla applicazione di quanto indicato dal punto 4 di cui sopra deriva come
conseguenza la necessità che a una istruttoria come quella in oggetto
(possibilità di bruciare CSS in impianto già assoggettato ad AIA) non si possa non applicare la ordinaria procedura di
revisione dell’AIA.
Questo per due ragioni che derivano dalla lettera dell’articolo 29-nonies.
Prima di tutto perché
trattasi di norma introdotta da un decreto ministeriale, atto non avente forza
di legge ordinaria, quindi in base al principio costituzionale sulla gerarchia
delle fonti la fonte superiore prevale su quella
inferiore e di conseguenza la fonte inferiore non può contraddire quella
superiore. In altri termini nel caso in
esame la deroga prevista dal comma articolo 16 del decreto 22/2013 non può
contrastare con la normativa dell’AIA (DLgs 152/2006 Titolo III-bis Parte II)
la quale come vedremo subito pone dei vincoli chiari ad un uso meramente
semplificatorio dell’uso del CSS nella cocombustione in impianti esistenti
soggetti ad AIA.
Secondo l’articolo 29-nonies del DLgs 152/2006 la comunicazione
intesa come mera autocertificazione è prevista solo ed unicamente dal comma 4
che recita: “4. Nel caso in cui
intervengano variazioni nella titolarità della gestione dell'impianto, il
vecchio gestore e il nuovo gestore ne danno comunicazione entro trenta giorni
all'autorità competente, anche nelle forme dell'autocertificazione ai fini
della volturazione dell'autorizzazione integrata ambientale.”
Negli altri casi, come si
rileva dai primi tre commi dell’articolo 29-nonies, abbiamo le seguenti
ipotesi:
1.
la comunicazione finalizzata all’aggiornamento per eventuali modifiche non
sostanziali all’impianto (comma 1 articolo 29-nonies DLgs 152/2006)
2.
la comunicazione finalizzata ad una nuovo domanda di AIA in caso di modifiche
sostanziali all’impianto (comma 2 articolo 29-nonies DLgs 152/2006).
Quindi anche l’ipotesi a)
viene distinta, dall’articolo esaminato, dalla comunicazione relativa
all’aggiornamento per mera volturazione e non
a caso richiede un periodo di tempo in cui l’autorità competente possa
verificare gli impatti della modifica senza alcun automatismo autocertificativo
. Infatti la lettera della norma afferma
che : “L'autorità competente, ove lo
ritenga necessario, aggiorna l'autorizzazione integrata ambientale o le
relative condizioni,”. Quindi
comunque occorre una istruttoria dell’autorità competente che dimostri che non
sussistono rischi di peggioramento dell’impatto prodotto dalla modifica fosse
anche non sostanziale e soprattutto come affermato dalla prima parte del comma
2 articolo 13 del DM 22/2013 dimostri coerenza con le prescrizioni dell’AIA
esistente all’impianto con necessità in caso non fossero sufficienti di
modificarle. Solo dopo questa verifica si potrebbe dimostrare la “non
necessità” di avviare quanto meno un aggiornamento dell’AIA e quindi una sua
revisione non essendo disciplinato specificata l’aggiornamento della stessa ma
solo la revisione/rinnovo (articolo 29-octies DLgs 152/2006) o la modifica
(articolo 29-nonies DLgs 152/2006).
Questo conferma , a
differenza della interpretazione che si può ricavare dalla comunicazione della
ditta del caso studio, come non sia sufficiente la dimostrazione della
dichiarazione di conformità del CSS da bruciare come garanzia quasi automatica
(autocertificazione) della tutela dell’ambiente e della salute nel sito
interessato ma occorra precisa istruttoria di merito.
In sostanza al caso in
esame o si applica l’ipotesi a) o b) ma non quella dell’aggiornamento in
autocertificazione come nel caso della volturazione (comma 4 articolo
29-nonies) come invece sembrerebbe interpretare la ditta con la sua Comunicazione
nel caso studio.
Ma al caso in esame ad
avviso dello scrivente non si applica neppure il caso a) sopra esposto, perché
siamo chiaramente di fronte ad una modifica sostanziale.
La definizione di modifica
sostanziale è riportata nella ex lettera l-bis) comma 1 articolo 5 DLgs 152/2006, secondo la
quale è modifica sostanziale: ” la
variazione delle caratteristiche o del
funzionamento ovvero un potenziamento dell'impianto, dell'opera o della infrastruttura o del progetto che, secondo l'autorità competente, producano effetti
negativi e significativi sull'ambiente.”
E’ indiscutibile che bruciare combustibile derivato da rifiuti urbani e
speciali assimilabili (ancorché non più classificabile formalmente come rifiuto)
costituisca quanto meno variazione delle caratteristiche e del funzionamento dell’impianto. È vero che la lettera l-bis prosegue affermando
che per la disciplina AIA modifica sostanziale è quando “in particolare” la
stessa produca variazioni delle soglie degli inquinanti di cui all’allegato
VIII (parte II del DLgs 152/2006, ma questa specificazione semmai conferma che
agli impianti soggetti ad AIA si applica anche la prima parte delle nozione di
modifica sostanziale quella riguarda
variazione delle caratteristiche, del funzionamento e della potenza
dell’impianto.
Quindi trattandosi di modifica sostanziale viene in gioco in primo
luogo quanto previsto dal già citato comma 2 articolo 29-nonies DLgs 152/2006
secondo il quale: “2. Nel caso in cui le modifiche
progettate, ad avviso del gestore o a seguito della comunicazione di cui al
comma 1, risultino sostanziali, il gestore invia all'autorità competente una
nuova domanda di autorizzazione…”
Non solo ma la suddetta
interpretazione di una modifica che deve considerarsi sostanziale è rilevante anche ai fini dell’applicazione al
caso in esame della procedura di revisione dell’AIA
secondo l’articolo 29-octies del DLgs 152/2006 il riesame/revisione dell’AIA è necessario
qualora siamo di fronte a: “…eventuali
nuovi elementi che possano condizionare l'esercizio dell'installazione. “
Questo inciso va letto in
modo coordinato con le condizioni di revisione dell’AIA descritti dal comma 4
dell’articolo 29octies del DLgs 152/2006 (introdotto dal DLgs 46/2014):
Punto 1. livello di inquinamento eccessivo dell’impianto
con la necessità di adeguarlo alle migliori tecnologie disponibili
Punto 2. le migliori tecniche disponibili hanno subito
modifiche sostanziali, che consentono una notevole riduzione delle emissioni
Punto 3. a giudizio di una
amministrazione competente in materia diigiene e sicurezza del
lavoro, ovvero in materia di sicurezza o di tutela dal
rischio di incidente rilevante, la sicurezza di esercizio del
processo o dell'attività richiede l'impiego di altre tecniche
Punto 4. sviluppi delle norme di qualità
ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o
regionali lo esigono.
Punto 5. necessità di aggiornare l'autorizzazione per
garantire che, in condizioni di esercizio normali,
le emissioni corrispondano ai "livelli di emissione associati
alle migliori tecniche disponibili
La revisione di cui sopra
si avvia in qualsiasi momento se esistono le condizioni sopra esposte.
L’impianto in esame è
assoggettabile a verifica di VIA ai
sensi della lettera p) punto 3
allegato IV alla Parte II del DLgs 152/2006.
Con riferimento alle
soglie massime di produzione di cui alla suddetta lettera p la Corte
Costituzionale con sentenza n. 93 del 23 Maggio 2013 ha affermato che la
procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (screening) deve essere svolta: “avvalendosi
degli specifici criteri di selezione definiti nell’allegato III della stessa
direttiva (vedi
allegato V alla parte II al DLgs 152/2006 ndr.) e concernenti, non solo la dimensione, ma anche altre caratteristiche
dei progetti (il cumulo con altri progetti, l’utilizzazione di risorse
naturali, la produzione di rifiuti, l’inquinamento ed i disturbi ambientali da
essi prodotti, la loro localizzazione e il loro impatto potenziale con
riferimento, tra l’altro, all’area geografica e alla densità della popolazione
interessata). Tali caratteristiche sono, insieme con il criterio della
dimensione, determinanti ai fini della corretta individuazione dei progetti da
sottoporre a VIA o a verifica di assoggettabilità nell’ottica dell’attuazione
dei principi di precauzione e di azione preventiva (considerando n. 2) ed in
vista della protezione dell’ambiente e della qualità della vita (considerando
n. 4)…….”
A conferma
di ciò il DM 30 Marzo 2015, nel suo allegato [Nota 2], ha affermato che la sussistenza di più criteri ex allegato V
comporta sempre la riduzione del 50% delle soglie fissate nell'allegato IV della
parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 (punto 5
delle Linee Guida).
La lettera t) punto 8
allegato IV al DLgs 15272006 prevede che sono sottoponibili a
verifica di assoggettabilità a VIA le modifiche dei progetti elencati in tale
allegato.
In particolare il
riferimento al termine modifica senza aggettivo sostanziale comporta che il
riferimento al concetto di modifica vada riferito alla definizione della lettera l) comma 1 articolo 5 del DLgs 152/2006 secondo il
quale: “la variazione di un piano,
programma, impianto o progetto approvato, compresi, nel caso degli impianti e
dei progetti, le variazioni delle loro caratteristiche o del loro
funzionamento, ovvero un loro potenziamento, che possano produrre effetti
sull'ambiente; “
Quindi tale definizione di modifica potrebbe
essere interpretata nel senso che le
modifiche sono sottoponibili a VIA
anche in relazione a semplici nuove opere edilizie che possano produrre
genericamente effetti sull’ambiente, mentre un indirizzo diffuso della
giurisprudenza in precedenza (avendo
come riferimento il concetto di “modifica sostanziale”) ha spesso reputato come sottoponibili a VIA
solo quelle modifiche concretamente ed oggettivamente peggiorative della
situazione ambientale.
Nel caso in esame risulta
indiscutibile che l’introduzione di un nuovo combustibile come il CSS
costituisca modifica ai sensi della normativa sulla VIA sopra riportata con
possibili effetti sull’ambiente che possono essere verificati soltanto ed
almeno con l’applicazione di una procedura di verifica di assoggettabilità ai
sensi dell’articolo 20 del DLgs 152/2006.
Visti
i principi di diritto
comunitario ambientale applicabili ex lege anche alla utilizzazione del CSS
Visto
che la deroga del regolamento (DM
22/2013) ad utilizzare il CSS come
modifica non sostanziale deve essere interpretata ai sensi del Titolo III-bis
della Parte II al DLgs 152/2006 sulla disciplina dell’AIA
Visto che alla modifica in oggetto,
sostanziale o meno, si deve applicare comunque la procedura di Verifica di
Assoggettabilità a VIA.
Si ritiene che al caso in esame e in casi simili non sia
comunque applicabile la procedura semplificata di comunicazione all’utilizzo
del CSS ex comma 2 articolo 16 DM 22/2013, in quanto si realizzerebbe una palese illegittimità della procedura
(vizi sia di merito che di legittimità) comportando la non adeguata
valutazione preventiva dell’impatto
potenziale e reale sull’ambiente di questa modifica.
Al caso in esame occorre
applicare come descritto nel presente Parere:
1.la
procedura di modifica dell’AIA (comma 2 articolo 29-nonies DLgs 152/2006) con
la presentazione di una nuova domanda di AIA o comunque una revisione della
stessa ai sensi del comma 2 articolo 29-octies DLgs 152/2006;
2.
comunque anche a prescindere dal punto 1: la procedura di verifica di
assoggettabilità a VIA ex articolo 20 DLgs 152/2006.
NOTE
[1] Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di
impatto ambientale dei progetti di competenza delle
regioni e province autonome
[2] Regolamento recante disciplina della
cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili
solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. (13G00061) (GU Serie Generale n.62 del 14-3-2013)
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