Vedo che la questione del
futuro dell’area Enel appassiona molto il dibattito cittadino. C’è addirittura chi
mette le mani avanti e propone già soluzioni:
fantasiose: uno sorta di gardland spezzina
pericolose: il biodigestore, impianti che in Liguria ormai vanno
di “moda” senza valutare gli impatti che possono produrre oltre che la loro non
coerenza con i principi di gerarchia nella gestione dei rifiuti secondo la
Direttiva quadro UE.
astratte: mantenimento attività industriale, si va dalla fonti
rinnovabili, ad attività artigianali, insomma di tutto di più ma ovviamente con
la parolina magica aggiunta: DI QUALITÀ!
Poi ci sono quelli che...
non propongono ufficialmente nulla ma vanno avanti
con la politica del fatto compiuto. Con l’attuazione
del Piano Regolatore del Porto, terzo bacino in primis, l’area Enel sarebbe un boccone interessante per un
porto votato ad uno sviluppo “smisurato”. Tutto questo senza discussione sul
futuro della portualità anche in termini economici prima ancora che socio
ambientali: vedi QUI e QUI.
Il Comune con la sua
solita logica contemporaneamente strumentale e confusa, ha istituito un tavolo di confronto che per ora è stato una passerella di
comunicazioni di aria fritta. Non c’è un metodo non c’è una regola che
stabilisca come farlo funzionare con caratteri di terzietà e non come mera
cassa di risonanza delle “idee” della Amministrazione Federici.
Come sempre in questa
città la discussione sull’uso del territorio presente o futura viene fatta
senza metodo, senza analisi di scenari a confronto, senza un percorso
trasparente anche e soprattutto sotto il profilo delle informazioni su dati e
ricerche in materia nonché sulla normativa applicabile in un percorso di
riconversione di un area così rilevante ma allo stesso tempo così inquinata
dagli anni 60 del secolo scorso.
Chiunque voglia occuparsi
del futuro della centrale in modo non strumentale, trasparente, partecipato ma
anche tecnicamente e amministrativamente credibile deve affrontare, con o senza
tavoli, questi 8 temi che descrivo di
seguito basati sul principio che Passato Presente e Futuro si tengono
sempre insieme:
1.
Intanto partiamo da un dato la centrale continua a funzionare e
ad inquinare. Quindi occorrerebbe, prima di tutto il resto, una analisi
della attuale situazione della centrale presentata e discussa pubblicamente.
Questa analisi dovrebbe riguardare:
1.1. lo
stato delle prescrizioni AIA;
1.2. lo
stato dei monitoraggi sulla salute in particolare stato delle indagini delle autorità
pubbliche;
1.3. tempistica di
dismissione sulla quale sarebbe assolutamente necessario un pronunciamento del
Ministero Sviluppo anche in relazione alla disciplina della durata
revisione aggiornamento dell'AIA: vedi QUI e QUI;
1.4. rischio di incidente rilevante, normativa
rimossa bellamente: vedi QUI;
1.5. avviare
un confronto con Enel, anche alla luce delle sentenze di condanna per
l’inquinamento prodotto nel passato, sul risarcimento del danno ambientale
da riconoscere alla città a prescindere dalla bonifica che è invece un obbligo
di legge. (vedi NOTA 1[1]). Questo aspetto è stato volutamente rimosso
dalla ultima convenzione ((per il testo completo vedi QUI) del
Comune di Spezia con Enel (vedi NOTA 2[2])
2.
ricognizione di tutta la normativa interferente con bonifiche analizzando
specificamente gli spazi che, la vigente normativa e la giurisprudenza della
corte di giustizia e nazionale, conferiscono alle amministrazioni pubbliche nell’imporre
la bonifica in base al principio chi inquina paga e nel coinvolgere investitori
privati: vedi ad es. QUI
3.
buone pratiche di bonifiche di aree con ex centrali a carbone
4.
ricognizione dei sistemi di finanziamento europei e anche privati (banche
istituti di crediti, fondi) per riconversioni di aree
5.
ricognizione di buone pratiche di riconversione di aree industriali
assimilabili
6.
verifica sulle modalità di coinvolgimento della industria locale in progetti di
industria da economia circolare
7.
elaborazione, anche attraverso ricognizione di esperienze concrete italiane ed
estere, di un modello di valutazione per scenari sia sotto il profilo
ambientale economico che sociale
8.
elaborazione, anche attraverso ricognizione di esperienze concrete italiane ed
estere, di un modello di governance partecipata per la elaborazione,
valutazione approvazione di un progetto di riuso dell'area ex Enel. Partendo da un accordo tra gli enti interessati che ne definisca i passaggi amministrativi.
NOTA 1 La Perizia Annovi, Cocheo,
Cruciani, (Perizia tecnica in incidente probatorio nei procedimenti n°
2540/91 R.G. notizie di reato e n° 6656/91 R.G. GIP contro Benedetti Luigi ed
altri – Ufficio del GIP della Pretura Circondariale di La Spezia. Vol. I, Vol.
II, Appendice) già nel gennaio 1993 affermava senza ombra di dubbio che:
“Esiste un rapporto di causalità fra emissioni della CTE Enel e ricadute
nelle zone limitrofe duplice, riguardando sia le immissioni non visibili
che quelle visibili dalla popolazione” e che “ E’ stato accertato che
esiste un nesso di causalità fra funzionamento della centrale ed aumento
della deposizione gravinometrica in alcune località
limitrofe all’impianto”.
Sulla base di quella
perizia i dirigenti Enel patteggiarono la pena ammettendo la loro
responsabilità per le ripetute emissioni anomale.
Nel procedimento penale
relativo alla violazione della legge Merli (in vigore all’epoca, siamo
negli anni 90) il giudice, utilizzando le perizie dell’USL 12 e dell’IRSA
relative al giudizio di legittimità davanti al TAR (sull’ordinanza di
chiusura della CTE Enel per violazione dei limiti agli scarichi termici),
stabilì che si fosse verificato un danno ambientale condannando i due
direttori della CTE e riconoscendo i diritti alle parti civili attraverso
una provvisionale di £. 50.000.000; tale somma doveva essere considerata un
anticipo sul risarcimento totale del danno che, secondo la perizia a firma
Prof. Finzi Contini (che sosteneva essere già in atto, e da tempo, una
gravissima compromissione ambientale del golfo della Spezia), veniva
prudenzialmente quantificato in 229 miliardi del vecchio conio.
Ovviamente le varie
Amministrazioni succedutesi in questi anni non solo non hanno mai attivato le
cause civili possibili sulla base delle suddette sentenze penali ma neppure
hanno posto la questione del risarcimento del danno ambientale sia al momento
della autorizzazione del 1996 che ora in sede di rilascio dell’AIA e della
relativa convenzione allegata. Anzi hanno perfino rimosso una relazione
commissionata dalla stessa Amministrazione Comunale, grazie soprattutto alla
azione dell’allora Avvocato Civico Accordon che nel Marzo 2000 aggiornava
i costi dei danni ambientali prodotti dalla presenza della centrale nel nostro
territorio.
NOTA 2 La Convenzione limitandosi a chiedere qualche generico finanziamento alle fonti
rinnovabili e ad una limitata attività di formazione e ricerca rimuove il
problema del risarcimento del danno ambientale prodotto dalla centrale al
nostro ecosistema e alla nostra economia soprattutto marina.
Tutto ciò avviene quindi
in totale violazione del principio chi inquina paga come tradotto dalla
Direttiva sul risarcimento danno ambientale e dalla più recente giurisprudenza,
ad esempio TAR Campania 3727/09: “ Il principio comunitario “chi inquina paga”,
piuttosto che ricondursi alla fattispecie illecita integrata dal concorso
dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa e dall’elemento materiale,
imputi il danno a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi, cioè imputa
il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della “cost-benefit
analysis”, per cui lo stesso deve sopportarne la responsabilità per essersi
trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarlo
in modo più conveniente.".
Questo articolo 6 ci porta
lontani anni luce dalla interpretazione prevalente nella UE del principio chi
inquina paga; dove questo principio (proprio perché distinto specificamente nel
Trattato di funzionamento delle Istituzioni UE) assume i caratteri di
principio orizzontale:
1. la precauzione
deve ispirare l’azione preventiva
2. l’azione
preventiva deve essere preferita alla correzione
3. la correzione alla
fonte degli inconvenienti ambientali deve imporsi rispetto alle forme di
risarcimento per equivalente
4. il risarcimento
del danno fondato sui meccanismi della responsabilità civile riveste la
funzione di strumento di chiusura del sistema in grado di fornire un minimo di
protezione a tutte le situazioni non altrimenti tutelabili.
In altri termini il
principio chi inquina paga se correttamente applicato e introdotto nella
Convenzione in esame avrebbe costituito lo strumento di chiusura dei
principi tipici dell’AIA a cominciare da quello di precauzione della
specificità del sito.
Vale a dire che
1. definiti
scientificamente il danno ambientale e le criticità sanitarie del sito
interessato dalla centrale (principio di specificità del sito)
2. applicate misure
di modifica del modello gestionale dell’impianto in chiave di tutela
sanitaria (principio di precauzione)
3. si passava a
quantificare il danno ambientale sotto il profilo socio economico e su
questa base si andava ad elaborare una proposta di convenzione (principio chi
inquina paga)
Che non ci sia la volontà
di applicare questo successione istruttoria, peraltro perfettamente
ammessa dalla legge vigente, lo dimostrano le premesse della bozza di
convenzione dove non solo si rimuovono tutte le problematiche incidentali emerse
in decenni di funzionamento della centrale ma soprattutto si
accettano le dichiarazioni di principio di Enel su interventi di
risanamento ambientale in gran parte non realizzati come ha dimostrato molto
bene il Comitato Spezia via dal carbone nei suoi documenti ufficiali e nei suoi
esposti, nonché nel suo comunicato sulla bozza di Convenzione.
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