lunedì 8 aprile 2013

Perché a Spezia i controlli ambientali non funzionano? Alcuni esempi!


Nel territorio comunale spezzino nonostante le proteste di movimenti ambientalisti, comitati di cittadini si continua a non fornire dati attendibili sullo stato reale del rapporto tra emissioni inquinanti (porto, centrale enel ad esempio) e la salute dei cittadini.

Le Autorità preposte ai controlli continuano: 1. ad interpretare, nella migliore delle ipotesi, in modo formale i limiti di legge,  senza tener conto delle specificità ambientali 
2. si continuano produrre indagini parziali che non arrivano mai a chiarire la reale situazione sanitaria della popolazione sotto il profilo della eziologia delle malattie di origine ambientale, 
3. si continuano a dare incarichi (vedi QUIche non affrontano i problemi dell’inquinamento in maniera preventiva.




UN ESEMPIO: LA CAMPAGNA DI MONITORAGGIO DELLE POLVERI NELLA ZONA DI FOSSAMASTRA
Questa campagna  (vedi  QUIgestita dall’Arpal e promossa da un protocollo con Provincia, Comune di Spezia, Autorità Portuale, aveva lo scopo di misurare lo stato di qualità dell’aria nella zona di Fossamastra (limitrofa al porto mercantile e allo scarico del carbone della centrale enel). A proposito perché l'Autorità Portuale non pubblica la versione integrale di questo studio.... che invece pubblico io? Nel sito della AP c'è solo una sintesi molto di parte (vedi QUI). 

Come risulta dalla versione completa della campagna, in modo totalmente arbitrario, questi Enti hanno deciso di monitorare solo le Polveri Totali Sospese (di seguito PTS), motivandolo con il fatto che queste erano maggiormente indicative della correlazione tra inquinamento e sbarco del carbone.

Il problema è che il limite di legge delle PTS è molto alto quindi ormai completamente superato dagli studi epidemiologici degli ultimi decenni che rilevano pericolosi sanitari  a limiti ben inferiori per il particolato. Non solo ma anche se fossero emerse violazione dei limiti di legge non potevano essere usati dal Sindaco per intervenire con ordinanze di chiusura  o limitazione della attività inquinante (ad esempio quella dello sbarco del carbone), perché da anni non sono più previsti limiti di legge per le PTS.


Come ormai è assodato sia da un punto di vista scientifico che normativo il monitoraggio delle PTS  ha senso solo se scomposto a seconda delle dimensioni delle particelle.
Così si  distinguono
Particolato grossolano : dimensioni superiori a 10 μm ( milionesimi di metro)
PM10: dimensioni sotto i 10 μm 
PM2,5 : dimensioni sotto il 2,5 μm 

Non solo ma i limiti di riferimento presi ad esempio dalla campagna dell’Arpal sono assolutamente inaccettabili in termini sanitari e ormai anche normativi.  I valori di riferimento sono stati infatti quelli di una vecchia normativa ormai superata dal 2004:
150  μg/m3 come media annuale  
300  μg/m3 come media giornaliera.

Valoro altissimi che se parametrati sulle nuove  unità di misura (PM10 e PM2,5) comporterebbero automaticamente la chiusura di ogni attività

Dal campionamento sono emersi valori di PTS  di 60 μg/m3. Ora questo valore anche solo da un punto di vista normativo sarebbe fuorilegge se applicato alle PM10 (50 μg/m3). Invece nelle conclusioni di Arpal si afferma: “Le concentrazioni di PTS, oggi non più normato, rilevate in tutte le postazioni, in particolare a “Fossamastra”, non presentano criticità anche in presenza dello scarico del carbone”.  
Ora un conto è dire che le PTS sono nei limiti della legge (una legge che peraltro non c’è più come abbiamo visto), un conto è dire che i valori di 60 μg/m3 non costituiscono una criticità ambientale…….

Basi pensare che per l’OMS i valori di sicurezza sanitari per il particolato fine più pericoloso non devono superare i 10 μg/m3, mentre i limiti di legge nuovi sono di 25 μg/m3 comunque ben lontani da quelli indicati dal campionamento dell’Arpal.

Certo le polveri totali sono una cosa e le PM 2,5 sono un'altra cosa, nel senso che queste ultime sono più facilmente inalabili dal nostro organismo, ma questo non dimostra non ci siano criticità sanitarie......... 
Non solo perché il valore di 60 μg/m3 rilevati di PTS  è significativo dal punto di vista della evoluzione della normativa e delle conoscenze scientifiche ma anche perché si va ad inserire in una zona (Fossamastra) dove i valori rilevati delle PM 2,5  nella centralina Arpal sono sempre stati in questi anni oscillanti tra i 15 e i 20 μg/m3: quindi nei limiti formali di legge, ma sempre ben al di sopra, spesso del doppio, al limite di sicurezza sanitaria dell’OMS.

Su richiesta della Commissione europea, nel quadro della revisione 2013 della politica dell’aria, è stato prodotto uno studio  dell’OMS  intitolato REVIHAAP – “Review of evidence on health aspects of air pollution” (vedi  QUI), che suggerisce lo sviluppo di malattie collegate al sistema neurologico, al danneggiamento delle funzioni cognitive e in grado di provocare il diabete, da esposizioni di Pm 2,5 superiori ai 10 μg/m3.
Secondo questo studio oltre l’80% degli europei sono esposti a livelli di particolato (PM) superiori a quanto disposto dalle Linee guida di qualità dell’aria dell’OMS risalenti al 2005. Questo, in media, priva ogni cittadino di 8,6 mesi di vita!


Il Commissario Europeo per l’Ambiente Janez Potočnik, nel presentare questo studio, ha dichiarato: “La politica dell’UE sull’aria deve essere basato sulla scienza più recente. È per questo che abbiamo chiesto all’OMS di intraprendere questa ricerca. I collegamenti che sono stati trovati tra inquinamento atmosferico e salute umana rafforzano la necessità di rivedere la nostra politica: sarà un contributo essenziale al 2013 per la revisione della politica della qualità dell’aria.”
Ha aggiunto Zsuzsanna Jakab, Direttore Regionale dell’OMS per l’Europa:  “Solo pochi anni fa, in assenza di prove certe, gli standard di inquinamento dell’aria e i regolamenti non sono stati sufficientemente modificati per salvaguardare la salute umana. Siamo certi che questa nuova conoscenza alla fine porterà a politiche anti inquinamento più severe e di controllo dell’aria per proteggere la salute dei cittadini europei “.


ULTERIORI ELEMENTI MANCANTI PER UN ADEGUATO MONITORAGGIO DELL’INQUINAMENTO
Ma oltre a quanto scritto sopra un ulteriore limite di questi campionamenti svolti dalle autorità locali spezzine è nel mancato utilizzo di quelle metodologie di monitoraggio integrato degli inquinanti come quella del PM10 secondario. che si forma in atmosfera a partire da altri inquinanti primari come ossidi di azoto, ossidi di zolfo, ammoniaca e composti organici. Il PM10 secondario contribuisce alla concentrazione in aria di polveri sottili per oltre il 50% (fonte APAT Rapporto sull’inquinamento nelle aree urbane).
Non solo ma continua a mancare nella zona di cui stiamo parlando maggiormente interessata dalle emissioni dello sbarco del carbone associate a quelle della attività portuale e del traffico automobilistico, il monitoraggio dei micro inquinanti cancerogeni quali: l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici.
Basti pensare che le centraline che li rilevano attualmente ( non con regolarità peraltro) sono situate  in Viale Amendola e alla Maggiolina (sic!)
Ora questi microinquinanti sono emessi dalla combustione del carbone. Quindi un campionamento che voglia misurare lo stato ambientale e sanitario di un’area interessata dalle emissioni dello scarico del carbone, del porto etc. deve tener conto anche di questo ulteriore fattore di impatto.


CONCLUSIONI 
Il monitoraggio dell'area di Fossamastra conferma una serie di limiti nella azione degli enti preposti ai controlli ambientali, peraltro presenti anche per altre situazioni e problematiche ambientali: 
1. il monitoraggio  svolto ha utilizzato un indicatore: le PTS  superato normativamente e scientificamente;
2. i valori prodotti dal monitoraggio se parametrati ai nuovi valori di qualità dell’aria  del particolato fine sarebbero fuori legge;
3. i valori prodotti dal monitoraggio non tengono conto dei nuovi limiti di qualità dell’aria dell’OMS ben inferiori a quelli di legge anche più recenti;
4. il monitoraggio  non tiene conto di indicatori integrati dell’impatto ambientale degli inquinanti come il c.d. PM10 secondario;
5. il monitoraggio non tiene conto dell’impatto cumulativo dei microinquinanti  rispetto alle emissioni di polveri totali rilevate.












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