martedì 20 agosto 2019

Nuova autorizzazione impianto rifiuti Cerri di Follo: illegittimità e rischi non valutati per i residenti


La Provincia spezzina ha approvato una nuova autorizzazione (QUI) all’impianto di trattamento rifiuti che svolge attività di messa in riserva con selezione, cernita, recupero  stoccaggio di rifiuti pericolosi in località Cerri di Follo (SP).
La nuova autorizzazione conferma la capacità di trattamento dell’impianto già autorizzato con Determina n° 80 del 2008 e successivamente n° 76 del 2015:  potenzialità massima annua di 30.000 tonnellate ed una potenzialità media giornaliera di 100 tonnellate.  

N.B. sopra la foto dell'impianto di pochi giorni fa! 

Come dovrebbe essere noto ai signori della Provincia che istruiscono e  prendono le decisioni in materia ambientale: il tipo di autorizzazione e quindi la procedura che la precede dipendono proprio dal tipo di attività e dalla quantità dei rifiuti che vengono trattati potenzialmente.

Vista la tipologia dell’impianto, come sopra riportato in sintesi, possiamo sostenere che la procedura scelta dalla Provincia non risponda per niente al dettato della legge, non solo ma non rispetta neppure gli impegni presi pubblicamente non solo dagli Amministratori Provinciali ma anche da quelli del Comune di Follo (passata sindacatura) come pure della ditta che gestisce l’impianto in questione.

Le norme violate riguardano:
1. La mancata applicazione dell'Autorizzazione Integrata Ambientale  
2. La mancata applicazione della Valutazione di Impatto Ambientale nella forma della via ex post
3. Il piano di emergenza esterno obbligatorio per legge da circa due anni al fine di prevenire incidenti dall’impianto. Impianto incendiatosi più volte fino ad costringere i residenti ad evacuare le loro abitazioni (QUI, QUI e QUI).
4. La preventiva valutazione di impatto sanitario come previsto da apposita circolare ministeriale (questi parlano solo di verifiche degli odori e oltretutto non gli danno neppure prescrizioni specifiche come oggi la legge consentirebbe)
5. Il parere del Sindaco, previa istruttoria dell’ASL o altra istituzioni competente come l’Istituto Superiore di Sanità, sulla compatibilità dell’impianto nella attuale conformazione con il sito in base alla normativa sulle industrie insalubri di prima classe.

per non parlare della questione della lavorazione dei rifiuti nel piazzale antistante l'impianto a due passi dalla residenze civili... 


Non solo ma si conferma la possibilità alla ditta di gestire stoccaggi  e trattamenti nei piazzali antistanti i capannoni dell’impianto. Un impianto collocato a pochi metri da molte abitazioni civili.
Sul punto ricordo che in audizione in Comune a Follo (ero presente e ho i verbali completi – VEDI STRALCIO QUI A FIANCO) la ditta si era impegnata a presentare un progetto per gestire i rifiuti esclusivamente nei capannoni.






Vediamo quindi tutti i profili di illegittimità e le carenze istruttorie delle modalità autorizzative di questo impianto…



1. LA  QUESTIONE DELLA MANCATA APPLICAZIONE DELL’AIA  - foto a fianco gennaio 2019
Se andiamo a vedere gli allegati alla Parte II del DLgs 152/2006 che descrivono l’elenco delle categorie di impianti sottoponibili, obbligatoriamente ad AIA possiamo notare che l’impianto in questione sia per il suo ciclo di lavorazione che per le quantità e tipologia di rifiuti trattabili, rientra pienamente tra quelli sottoponibili ad AIA.
L’impianto svolge, sotto il profilo del ciclo di lavorazione, attività di messa in riserva, selezione cernita recupero e stoccaggio di rifiuti pericolosi e non. Infatti:   
1. L’impianto rientra sia nella categoria 5.1 dell’allegato VIII alla Parte II del DLgs 152/2006. Infatti questa categoria fa riferimento sotto il profilo del ciclo di lavorazione alla attività di recupero dei rifiuti pericolosi . In particolare nella attività di recupero (allegato C alla Parte IV del DLgs 152/2006) rientra anche la messa in riserva all’interno della quale rientrano tutte le possibili attività di recupero.  Per quanto riguarda la quantità trattabile il limite è di 10 tonnellate giorno di rifiuti.
2. L’impianto rientra anche nella categoria 5.3 lettera b) che fa riferimento alla attività di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 75 tonnellate giorno.  

Ora se le cose stanno così come ho avuto modo di spiegare più volte l’impianto andrebbe definitivamente fermato, a prescindere dal sequestro attuale che riguarda solo lo stoccaggio e la lavorazione abusiva nel piazzale antistante l’impianto, fino al suo adeguamento alla disciplina dell’AIA.
Infatti secondo la vigente normativa (vigente da anni) i termini per adeguare gli impianti esistenti all’AIA  sono:
a) entro il 7 Settembre 2014 il gestore dell'impianto (ora vengono definiti installazioni) doveva presentare la domanda di AIA
b) entro il 7 luglio 2015 l'Autorità Competente deve rilasciare l'AIA.   
La Circolare del Ministro dell’Ambiente del 17 giugno 2015  e un decreto legge del 4 luglio  2015 hanno chiarito molto bene su come debbano essere interpretate le date suddette. La Circolare ha chiarito con nettezza che per le installazioni che non hanno ottenuto l’AIA entro il 7  luglio 2015 (data ormai superata) le autorizzazioni previgenti decadono automaticamente. Quindi  non essendo più autorizzate queste installazioni non devono più funzionare fino all’adeguamento  all’AIA. Il Decreto Legge aveva ulteriormente precisato che le installazioni suddette potevano continuare a funzionare a condizione che il gestore (previa verifica della autorità  competente al rilascio dell’AIA) dimostrasse che le autorizzazioni previgenti erano state sufficientemente aggiornate per garantire il rispetto del titolo III-bis della Parte II del DLgs 152/2006 cioè della disciplina dell’AIA. N.B. Il Decreto Legge come da comunicato del Ministero della Giustizia (vedi QUI) non è stato convertito in legge quindi è decaduto. Ciò è confermato   anche dal comma 3 articolo 1 Legge  6/8/2015 n. 125.
La conseguenza è che, fatti salvi i provvedimenti emessi nel periodo di vigenza del Decreto Legge (nessuno per l’impianto in oggetto), vale solo quanto chiarito nella Circolare sopra riportata secondo la quale le autorizzazioni vigenti degli impianti che non hanno avuto  l'AIA entro il 7 luglio 2015 decadono automaticamente alla scadenza di questo termine. Peraltro è noto a tutti come la dimostrazione da parte dei gestori dell’impianto in oggetto di rispettare comunque la disciplina dell’AIA pur non avendo ancora ottenuto questa autorizzazione, non sia mai stata presentata quindi si è violato pure il suddetto Decreto Legge peraltro, come visto sopra, decaduto.   
Infine, sul punto, la infrazione della norma comunitaria dell'AIA, per l'impianto di Saliceti, risale al 2005 e quindi non è possibile sanare, la violazione di una norma comunitaria, con una legge intervenuta quasi 10 anni dopo, legge che comunque abbiamo visto non c'è più.

A fianco foto come veniva presentato l'impianto in teoria 












2. LA RIMOZIONE DELLA VIA EX POST
Come è noto, soprattutto alla Provincia spezzina, alla Regione e al Comune di Follo, l’impianto in  questione non è mai stato sottoposto ad una procedura di VIA. L'impianto in questione era, fin dall’inizio (autorizzazione del 2008), ai sensi delle lettere r) e t) del punto 7 allegato IV alla Parte II del DLgs 152/2006, sottoponibile quanto meno a procedura di verifica della  applicabilità della VIA  ordinaria. A conferma  delle carenze procedimentali e istruttorie nelle procedura di autorizzazione dell’impianto in oggetto si veda sentenza TAR Liguria n. 975 del  29 settembre 2001 che già all’epoca rilevava: “un difetto di istruttoria” da parte della Regione Liguria nella sua decisione  di  escludere l’applicazione della VIA ordinaria all’impianto in oggetto.    
  
Quindi siamo di fronte attualmente ad un impianto che ha avuto una nuova autorizzazione (secondo la Provincia non sostanziale) ma che in realtà doveva andare ad altra autorizzazione, AIA, come dimostrato sopra. senza che detto impianto abbia mai avuto una procedura di VIA.
Sul punto la Corte di Giustizia della UE da anni ha chiarito (da ultimo Corte di Giustizia sentenza 28 febbraio 2018 causa C117-017 vedi QUI) che in questi casi l’impianto, di fronte ad una nuova autorizzazione (sia anche un mero rinnovo  o una modifica non sostanziale)  deve espletare una VIA ex post. La ratio della giurisprudenza comunitaria in materia è quella di evitare che la VIA venga evasa ulteriormente  magari in sede di nuove  autorizzazioni e che una volta applicata la VIA ex post (fino ad allora la mancante) questa rispetti le  finalità della Direttiva comunitaria sulla VIA secondo la quale:
1. La VIA deve valutare  preventivamente l’impatto ambientale di un progetto
2. Per valutare l’impatto ambientale del progetto occorre considerare tutti i criteri per misurare tale impatto a cominciare da quello della localizzazione.

a fianco foto sulla vicinanza dell'impianto a residenze civili, rimossa dalle varie autorizzazioni rilasciate in questi anni all'impianto.  












Non solo ma la Corte Costituzionale con sentenza n. 209 del 2011  ha affermato due principi fondamentali in materia di VIA ex post o postuma:
1. la VIA ex post serve per "vegliare" a che  l'effetto utile della  direttiva  n.  85/337/CEE  sia   comunque raggiunto  
2. la VIA ex post, cioè svolta in occasione del rinnovo della autorizzazione o concessione di un progetto od opera che in precedenza non aveva avuto la VIA, deve essere effettuata sempre  sull'intera opera o attività e non solo sulla parte eventualmente modificata del progetto od opera.
Guardate non si tratta di un fatto formale ma sostanziale.
Il TAR Toscana (sentenza n. 156 pubblicata il 30 gennaio 2018, QUI) ha affermato che se la VIA o VINCA (valutazione di incidenza) ex post dimostrino un rilevante impatto ambientale dell’impianto/progetto esistente si può arrivare anche ad annullare in sede di autotutela la  autorizzazione allo stesso. Aggiunge il TAR che questo  può avvenire solo se si dimostra l’esistenza di un superiore interesse pubblico (ambientale sanitario) a quello imprenditoriale nel caso  specifico. Questo è possibile (come è avvenuto nel caso trattato dalla sentenza del TAR Toscana) solo svolgendo una corretta e completa istruttoria di VIA/VINCA ex post secondo i principi sopra  esaminati.

foto dell'incendio del 16 aprile 2017


3. LA MANCANZA DEL PIANO DI EMERGENZA ESTERNO
Dai documenti ufficiali fino ad ora presentati come pure dall’ultima autorizzazione analizzata in questo post il Piano di emergenza esterno per l’impianto in questione non è stato presentato.
Dopo l’articolo 26-bis della legge 132/2018 ha introdotto per i gestori di impianti (esistenti e nuovi) di stoccaggio e trattamento rifiuti di elaborare Piani di Emergenza Interni ed Esterni , interviene la Circolare del Ministero dell’Ambiente N° 2730 DEL 13/2/2019 (QUI).
Il Piano di Emergenza  Interna per gli impianti esistenti deve essere predisposto entro 90 giorni a partire dal 4/12/2018. Per il Piano di Emergenza Esterno una volta inviati dal gestore al Prefetto i dati utili, quest’ultimo deve redigerlo entro 12 messi da detto invio.

L’articolo 26-bis rinvia ad un DPCM la definizione di come redigere i suddetti piani. La Circolare del Ministero Ambiente, in attesa del DPCM, fornisce le prime indicazioni:
1. sui dati che i gestori devono fornire ai Prefetti per la elaborazione dei Piani di Emergenza  Esterni
2. sui contenuti minimi dei Piani di Emergenza Interni.

Le previsioni contenute nel citato art. 26-bis, infatti, sono volte a disciplinare ipotesi di rischio genericamente individuate, al fine di minimizzare il più possibile i pericoli per la salute umana e per l’ambiente che possono prodursi per effetto delle attività che si svolgono nei diversi impianti di gestione dei rifiuti.

foto incendio 5 luglio 2015 (fonte Gazzetta della Spezia)


I gestori sono tenuti ad effettuare una descrizione dell’impianto fornendo adeguate informazioni tra le altre:  
1.Descrizione dell’attività svolta e dei relativi processi, indicazione del numero degli addetti;
2. Planimetria generale dalla quale risultino l'ubicazione dell’attività, il contesto territoriale circostante, le condizioni di accessibilità all'area e di viabilità
3. Piante in scala adeguata degli edifici e delle aree all’aperto utilizzate per le attività recanti l’indicazione degli elementi caratteristici: layout dell’impianto, con identificazione delle aree di accettazione in ingresso, delle aree di stoccaggio e trattamento e degli impianti tecnici, degli uffici e delle misure di sicurezza e protezione riportate nella relazione tecnica
4. Relazione tecnica contenente tra l’altro la descrizione delle misure di sicurezza e protezione adottate, anche in relazione alla gestione dell’impianto
5. Descrizione, dei possibili effetti sulla salute umana e sull’ambiente che possono essere causati da un eventuale incendio, esplosione o rilascio/spandimento;  
6. Descrizione delle misure adottate nel sito per prevenire gli incidenti e per limitarne le conseguenze per la salute umana, per l'ambiente e per i beni;

Quindi il Piano deve essere presentato sulla base della Circolare suddetta entro il 4 marzo 2019! 

Non solo ma la documentazione allegata alla nuova autorizzazione all'impianto in questione non dimostra di rispettare la Circolare Ministeriale sulla prevenzione incendi per gli impianti rifiuti (vedi QUI



4. LA PREVENZIONE SANITARIA NON VALUTATA NE PRIMA NE CON L’ULTIMA AUTORIZZAZIONE
Come abbiamo visto al punto 3 la questione sanitaria deve essere intanto valutata in riferimento anche agli eventuali incidenti da prevenire con il Piano di Emergenza Esterno. Ma la necessità di valutare preventivamente il rischio sanitario di questo impianto  è stata rimossa anche per altri aspetti:
1. non andando ad AIA è stato impedita la possibilità di emanare il Parere Sanitario obbligatorio da parte del Sindaco
2. ma il Sindaco di Follo poteva da anni usare i poteri di Autorità Sanitaria essendo l’impianto in questione industria insalubre di prima classe. Poteri mai usati grazie anche ai deliranti parere della Provincia di Spezia che considera gli impianti rifiuti non classificabili come industrie insalubri sic!
3. Non avendo mai avuto una procedura di VIA gli aspetti di compatibilità sanitaria dell’impianto con il sito in questione non sono mai stati valutati.



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