domenica 4 dicembre 2016

Bonifica Pitelli: nuova delibera Regione, confusione degli Amministratori spezzini

La Regione Liguria ha approvato una delibera che prevede la possibilità di avviare, da parte della pubblica amministrazione, azioni di bonifica all’interno del sito di Pitelli per poi rivalersi sui proprietari anche se non sono soggetti inquinatori. 
Non mi sono piaciute le battute dell’assessore all’Ambiente del Comune di Spezia che, riprendendo il tipico stile arrogante e confusionario del Sindaco Federici, ha fatto due affermazioni false:
1. È merito della amministrazione Comunale spezzina se si è arrivati a questa delibera della Regione 
2. La declassificazione del sito di Pitelli da nazionale a regionale ha semplificato le procedure il problema sono i finanziamenti”. 

Per entrambe queste affermazioni possiamo dire che sono i fatti e gli atti a dimostrarne la infondatezza. 
Sulla prima non ho da dire molto siamo alle solite polemicucce politichesi: “Io sono arrivato prima di te…” etc. etc. 
La seconda invece esprime una totale disonesta intellettuale. Ormai è noto che la rimozione dei finanziamenti alle bonifiche dei siti di interesse nazionale è stata opera dei governi di centro sinistra poi confermate da quelli di centro destra. Quindi,  la scelta di tagliare i fondi alle bonifiche dei Siti di bonifica nazionali è stata portata avanti dai governi del PD come ha dimostrato non solo il sottoscritto in vari post di questo blog ad esempio vedi QUI, ma un documento della stessa CGIL nazionale (per il testo vedi QUI)
Quanto alle procedura semplificate. Quelle sono rimaste le stesse tranne il trasferimento di competenze da Stato a Regione e Comuni con le conseguenze che sappiamo. Perché il problema non stava nelle procedure. Il problema stava e sta in due questioni:
1. i finanziamenti pubblici 
2. il mancato coinvolgimento dei privati. 
Sul punto 1 ho scritto sopra, sul punto 2 invece è bene soffermarsi in modo più articolato in questo post. 
La strada della azione di bonifica per poi rivalersi sui proprietari, inquinatori o meri titolari di diritti reali sui terreni inquinati,  è tutt’altro che semplice e rischia di diventare un boomerang se non si utilizzano gli strumenti che la normativa prevede per coinvolgere i privati, anche e soprattutto in termini di finanziamenti, nelle procedure di bonifica. 




LA QUESTIONE DELLE RESPONSABILITÀ DEL PROPRIETARIO DEI TERRENI NELLA BONIFICA
Sul punto sono intervenute due decisive pronunce della Corte di Giustizia: sentenza del 4/4/2015 causa C534-13 (QUI) e ordinanza del 6/10/2015 causa C156/14 (QUI). 

Le sentenze sono state promosse dal rinvio pregiudiziale del Consiglio di Stato ((vedi QUI)) che ha chiesto alla Corte UE di pronunciarsi sulla interpretazione della normativa in chiave di diritto comunitario in particolare ex Direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. 
Il rinvio pregiudiziale non è un ricorso contro un atto europeo o nazionale, bensì un quesito sull’applicazione del diritto europeo. La decisione della Corte di giustizia è passata in giudicato. Essa è obbligatoria non solo per la giurisdizione nazionale che ha avviato il rinvio pregiudiziale ma anche per tutte le giurisdizioni nazionali degli Stati membri.

Secondo queste pronunce l'Autorità Pubblica non può imporre interventi di bonifica al proprietario dell'area che non sia responsabile dell'inquinamento del sito e per il quale non sia possibile neppure individuare l'inquinatore precedente.

Invece dette sentenze riconoscono la possibilità alla Autorità Pubblica di chiedere a detto proprietario il rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dalla Autorità stessa nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi.  
Il punto è che queste due sentenze pur essendo cogenti sono di indirizzo devono poi essere articolate nella loro esecutività negli stati membri. Su come interpretare queste sentenze in termini applicativi nel nostro Paese è intervenuto recentissimamente il Consiglio di Stato con la sentenza n. 765 del 25/2/2016 (vedi QUI).

Il Consiglio di Stato ha precisato, sul punto quanto segue: 
1. occorre vedere storicamente il legame tra la costituzione del diritto reale sul terreno e l’avvenuto sversamento inquinante
2. le due pronunce della Corte di Giustizia del 2015 escludono la compatibilità comunitaria di una disciplina nazionale che preveda una responsabilità oggettiva discendente dalla mera qualifica di titolare di un diritto reale sul bene.
3. i proprietari dei terreni inquinanti sono responsabili della bonifica solo se si dimostra una loro responsabilità colposa nel fenomeno inquinante
4. si riconosce sia la responsabilità del proprietario di un terreno sul quale siano depositati rifiuti, nel caso in cui il terreno sia oggetto di un rapporto di locazione (cfr. Cass. civ. Sez. III, 22 marzo 2011, n. 6525), sia la responsabilità di qualunque soggetto che si trovi con l'area interessata in un rapporto, anche di mero fatto, tale da consentirgli - e per ciò stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente. Quindi se tale custodia non stata svolta con adeguata perizia ed attenzione sia il proprietario locante, che colui che conduce in locazione possono risultare responsabili per l’inquinamento dei suoli. Ma ovviamente tutto ciò va provato. 

In sostanza la bonifica con rivalsa sui proprietari è tutt’altro che una passeggiata. Allora non si può fare nulla? 
Secondo me si può fare molto. Ovviamente se ci sono casi che rientrano nei parametri definiti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale sopra citata, si può agire in sede di bonifica in danno, ma se non si rientra in questi parametri bisogna utilizzare le procedure che la legge prevede con il coinvolgimento dei privati 




COME COINVOLGERE I FINANZIAMENTI PRIVATI SENZA COMPLESSI CONTEZIOSI LEGALI 
Le procedure di coinvolgimento dei privati (intesi quindi non solo come proprietari inquinatori o meno ma anche come investitori) esistono eccome ma nessuna amministrazione locale e regionale le ha attivate in questi anni. Peraltro molte di queste ma non tutte sono applicabili ai siti di bonifica di interesse nazionale ma questo non esclude, trattandosi di procedure che devono prevedere accordi specifici a livello locale che vengano usate come riferimento anche per i siti di bonifica regionali come ora è diventato quello di Pitelli.

Quindi riporto di seguito l’elenco di queste procedure come promemoria per i nostri amministratori smemorati: 
1. Dal 2005 è in vigore una norma contenuta nel comma 434 della legge finanziaria 2006  che prevede, al fine di consentire nei  siti di bonifica di interesse nazionale (vedi Pitelli) la  realizzazione degli  interventi di messa in sicurezza d'emergenza - caratterizzazione - bonifica e  ripristino ambientale delle aree inquinate per le quali sono in atto procedure fallimentari, siano sottoscritti accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, la regione, le province, i comuni interessati con i quali sono individuati la destinazione d'uso delle suddette aree, anche in variante allo strumento urbanistico, gli interventi da effettuare, il progetto di valorizzazione dell'area da bonificare, incluso il piano di sviluppo e  di  riconversione delle aree, e il piano economico e finanziario degli interventi, nonché le risorse finanziarie necessarie per ogni area, gli impegni di ciascun soggetto sottoscrittore e le modalità per individuare il soggetto incaricato di sviluppare l'iniziativa. 
2. Per non parlare della legge finanziaria 2007 che al comma 996 articolo 1  che ha 
permesso di effettuare il dragaggio e la bonifica, contemporaneamente, aggirando la necessità di bonificare le aree più inquinate e la verifica del collegamento tra le diverse aree inquinate del sistema golfo. 
3. sotto il profilo penale il Decreto legislativo n.22/1997 – c.d. “Decreto Ronchi” – all’art. 51bis definiva il reato di “omessa bonifica”. Questo reato è stato abrogato e riformulato dall’art. 257 D.Lgs. n. 152/2006 in modo «più favorevole al reo ai sensi dell’art. 2 comma 4 cod. pen.(…)». La nuova formulazione e strutturazione del reato è talmente complessa da rendere, concretamente, quasi impossibile la sua punizione come ha confermato il Procuratore della Repubblica di Mantova, Antonino Condorelli, alla Commissione bicamerale d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti: «Dal nostro punto di vista abbiamo subito dal Parlamento – chiedo scusa ma è così – un totale disarcionamento, nel senso che quando è stata modificata la norma sul reato di omessa bonifica – la Cassazione è tassativa sul punto e ci sono molte sentenze – è stato eliminato il reato di non partecipazione al procedimento di bonifica. Senza un progetto approvato, quindi, il responsabile che si rifiuti di attuarlo non può essere sanzionato penalmente. Mentre prima al primo atto di procedimento rifiutato si ravvisava la responsabilità penale e quindi ci era possibile intervenire, oggi non è più così»
4. Articolo 252 bis al DLgs 152/2006 (c.d. Testo Unico Ambientale) che, in deroga alle procedure di bonifica ordinarie, prevede la individuazione di siti di interesse pubblico ai fini dell'attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, praticamente tutti i siti industriali inquinati visto che il 2006 è una data piuttosto vicina al presente. Peraltro questa norma è contenuta nell’articolo10 della attuale LR  10/2009  che ha sostituito la LR 18/1999 sopra citata. In particolare la norma regionale del 2009 prevede che insieme con il progetto di bonifica sia già definita la destinazione urbanistica dell’area.
5. Legge 13/2009 che, all’articolo 2  prevede una procedura alternativa a quella definita dalla legislazione vigente in materia di copertura di oneri di bonifica e risarcimento danno ambientale nei siti di bonifica di interesse nazionale. Questa norma mette in discussione un principio fondamentale come quello della riduzione in pristino (cioè del riportare l'area da bonificare allo stato precedente all’inquinamento) in palese contrasto con la Direttiva sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e e riparazione del dannoambientale. 
6.  Decreto legge c.d. Salva Italia (comma5 articolo 40 Decreto Legge 201/2011  ). La norma prevede la possibilità di effettuare la bonifica di siti inquinati di livello regionale (quindi ora anche per il sito di Pitelli declassato a livello locale) in modo che il progetto di bonifica possa essere articolato per fasi progettuali distinte al fine di rendere possibile la realizzazione degli interventi per singole aree o per fasi temporali successive. Inoltre sempre al comma 9 dell’articolo 242 del DLgs 152/2006 viene aggiunta la possibilità di autorizzare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza degli impianti e delle reti  tecnologiche, purché non compromettano la possibilità di effettuare o completare gli  interventi di bonifica che siano condotti adottando appropriate misure di  prevenzione  dei rischi.Concetto  ulteriormente rafforzato con la legge 27/2012 per il dragaggio nei siti di bonifica nazionale proprio come quello di Pitelli: norma finalizzata chiaramente a favorire e semplificare le procedura di autorizzazione dei dragaggi per i porti commerciali, per un commento di questa ultima norma vedi QUI
7. l’articolo 57 del Decreto Legge semplificazioni (convertito con Legge 35/2012) al comma 9 ha previsto che: “9. Nel caso di  attività  di reindustrializzazione  dei  siti  di interesse nazionale, i sistemi di sicurezza operativa  già in atto possono continuare a essere eserciti senza necessità  di  procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto  di riutilizzo delle aree interessate, attestante la non compromissione di  eventuali successivi interventi di bonifica”, quindi non c’è bisogno di bonifica se l’obiettivo è quello della reindustrializzazione del sito inquinato  limitandosi solo a chiedere di garantire un non peggioramento dell’inquinamento.  
8. articolo 4 legge 9/2014:  accordi di programma delle istituzioni pubbliche con uno o più proprietari di aree contaminate o altri soggetti interessati ad attuare progetti integrati di messa  in sicurezza o bonifica,  e  di  riconversione  industriale  e  sviluppo economico in siti di interesse  nazionale promuovere il riutilizzo di tali  siti  in  condizioni  di  sicurezza sanitaria e ambientale, e di preservare  le  matrici  ambientali  non contaminate.  L’accordo di programma prevederà, tra l’altro, anche l’entità dei contributi pubblici alla bonifica dei siti interessati. 
L'attuazione da parte dei soggetti interessati degli impegni  di messa in sicurezza,  bonifica,  monitoraggio,  controllo  e  relativa gestione, e di riparazione,  individuati  dall'accordo  di  programma esclude  per  tali  soggetti  ogni  altro  obbligo  di   bonifica   e riparazione ambientale e fa venir meno  l'onere  reale   per  tutti  i fatti antecedenti all'accordo medesimo.  La revoca dell'onere reale per tutti i fatti antecedenti all'accordo di programma previsto dalle misure volte a favorire la realizzazione delle bonifiche dei siti  di interesse nazionale e' subordinata, nel caso di soggetto  interessato responsabile della contaminazione, al rilascio  della  certificazione dell'avvenuta bonifica e messa in sicurezza  dei  siti  inquinati  ai sensi  dell'articolo  248.   Nel   caso   di   soggetto   interessato responsabile della contaminazione, i contributi e le  misure non potranno riguardare le  attivià   di messa in sicurezza, di bonifica e di riparazione del danno ambientale di competenza dello stesso soggetto, ma esclusivamente l'acquisto  di beni strumentali  alla  riconversione  industriale  e  allo  sviluppo economico dell'area.  
9. comma 9 articolo 13 del Decreto Legge 91/2014 che estende l’utilizzo delle somme stanziate dal fondo previsto dalla legge di stabilità 2014 (combinato disposto commi 6 e 7 articolo 1) non solo ai siti di bonifica di interesse nazionale ma anche a quelli che contengano inquinamento da amianto,




OLTRE A QUANTO SOPRA RESTA POI IL PROBLEMA DELL’INQUINAMENTO DIFFUSO NELLE COLLINE PITELLI NON ANCORA CARATTERIZZATO SIA NELLE AREE CIVILI CHE MILITARI 
Languono in Consiglio Comunale di Spezia e della Regione Liguria due mozioni (la prima presentata dalla Consigliera Maria Grazia Frjia e la seconda dai Consiglieri regionali di 5stelle) approvate entrambe che IMPEGNAVANO e IMPEGNANO le Amministrazioni competenti a realizzare un vero e proprio piano di governo per la bonifica del sito di Pitelli. Tra gli impegni contenuti in queste mozioni ce ne sono alcuni che riguardano proprio la problematica dell’inquinamento non ancora accertato, questione tutt’altro che secondaria visto che ogni volta che si scava su quelle colline vengono fuori nuovi stoccaggi abusivi di rifiuti anche pericolosi. Vediamo questi impegni totalmente inevasi da parte delle amministrazioni pubbliche competenti: 
1. Attivare tutti i mezzi a sua disposizione per fare chiarezza su quanto sta emergendo dagli ultimi ritrovamenti di stoccaggi abusivi utilizzando anche i poteri di massima autorità sanitaria sul territorio comunale
2. avviare, con la collaborazione di Regione Liguria, Provincia ed Arpal una immediata campagna di monitoraggio integrativa di quella svolta fino a ora, a partire dalle aree ancora non caratterizzate,  utilizzando strumenti geodiagnostici adeguati
3. convocare la conferenza dei servizi prevista dalla vigente normativa anche per i siti di interesse regionale al fine di valutare la revisione/integrazione dell’attuale caratterizzazione (verifica dei livelli di inquinamento) anche alla luce della campagna di cui al punto 1

Per le aree militari poi siamo alla totale rimozione anche  mnemonica oltre che amministrativa, eppure anche in queste aree molto si potrebbe fare come ho spiegato QUI.

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