Secondo l'Autorità di
Sistema Portuale (AdSP), ieri audita in Commissione del Consiglio Comunale
spezzino (su richiesta dal gruppo LeAli), per lo sversamento dei fanghi di dragaggio del porto: "non si
sarà uno sversamento ma una distribuzione sul fondale con tubazioni".
Beh vorrei anche vedere! Non è che il materiale dragato può essere sversato a secchiate! Quindi la "distribuzione", come la chiamano i rappresentanti della AdSP, è regolata dal Decreto 173/2016 (QUI)che prevede di impedire la dispersione dei fanghi sversati. Insomma dalle dichiarazioni dei rappresentanti della AdSP sembra che la c.d "distribuzione" sia una loro concessione ma invece è un obbligo di legge.
INTANTO UNA
PRIMA RIFLESSIONE SULLE QUANTITÀ DA “DISTRIBUIRE” IN MARE DI FANGHI DI
DRAGAGGIO
L’Autorità di Sistema
Portuale afferma, come riportato anche dal Secolo XIX di oggi (vedi titolo riportato all'inizio del post), che: “i primi 50.000
metri cubi dragati dal canale di accesso potrebbero dunque finire in una zona
individuata con la Regione Liguria a 7 miglia dalla costa”!
Ora come fanno alla AdSP a produrre una dichiarazione di questo tipo visto che la caratterizzazione (attività
che verifica il livello di inquinamento presente nei fanghi di dragaggio) finirà
a marzo (parola della AdSP)?
La norma (Decreto 173/2016) prevede semplificazioni particolari nella gestione dei fanghi asportati nei canali di accesso ai porti? Non direi proprio quello che conta è cosa si trova dentro i fanghi e questo lo puoi sapere solo a fine caratterizzazione che secondo il punto 2.2.1 dell’allegato al Decreto 173/2016: “deve consentire una caratterizzazione rappresentativa dell'intera superficie e del volume di materiale da sottoporre a movimentazione.”
Quindi cosa è quella della
AdSP una previsione teorica, un auspicio? Non è dato sapere.
LE TECNICHE
DI DRAGAGGIO
L’AdSP ieri in audizione
non ha spiegato quali tecniche di dragaggio userà. Nel dragaggio precedente la tecnica
usata provocò un danno enorme al golfo e alle attività di miticoltura e
itticoltura ivi esistenti anche per le violazioni delle prescrizioni e i mancati controlli ma pure per non adeguatezza del progetto approvato. Vogliamo rischiare di nuovo tutto questo?
L’allegato al Decreto 173/2016
non fa una scelta precisa sulla tecnica di dragaggio ma afferma un principio
importante la cui violazione nei dragaggi precedenti ha prodotto il danno al
golfo riconosciuto anche dalla Cassazione ma perfino dalla sentenza del
Tribunale che ha mandato assolti i responsabili del cantiere di dragaggio
precedente (QUI).
Il punto 3.2. dell’allegato
al Decreto 173/2016 afferma: “l'attività di escavo, trasporto e immersione, qualsiasi
modalità venga scelta (dragaggio meccanico o idraulico) e seguendo il principio
di gradualità a seconda della classe di qualità e del potenziale
trasferimento della contaminazione alla colonna d'acqua e al biota, devono essere
programmate in dettaglio e monitorate, ponendo particolare attenzione alle
vie/aree di eventuale dispersione del materiale verso zone di valenza ambientale.“
La parola d’ordine nel
caso di attività di dragaggio e sversamento in mare è GRADUALITÀ.
L’AdSP parla genericamente di migliori tecnologie disponibili ma senza entrare in questa sede nella discussione sulle tecniche di dragaggio migliori, i signori della AdSP hanno un riferimento a cui attingere ed è il dimenticato ma sempre efficace (anche in termini giuridico amministrativi) Progetto Preliminare di Bonifica del golfo spezzino all’interno del sito di bonifica di Pitelli (sito declassificato a regionale ma sempre perimetrato come sito da bonificare soprattutto l’area a mare e non solo).
Il Progetto
Preliminare di bonifica della parte a mare del sito di Pitelli,
progetto predisposto dall’ICRAM (vedi QUI)
costituisce tutt’ora atto prescrittivo preliminare vincolante per qualsiasi
intervento di dragaggio bonifica nel golfo spezzino. Da pagina 127 in poi il
Progetto analizzava varie tecniche di dragaggio. Quindi anche alla luce della
evoluzione tecnologica di questi anni (il suddetto Progetto Preliminare è del
2005) era ed è necessario che in modo trasparente e sulla base della
caratterizzazione del sito da dragare si mettano a confronto le migliori
tecniche e si renda pubblica questa istruttoria. Soprattutto il progetto
preliminare indicava come prioritaria la scelta di tecniche che eliminassero
quasi del tutto la possibile dispersione nella colonna d’acqua del punto di
dragaggio solidi in sospensione evitando altresì fenomeni di torbidità. Questo
dimostra che oltre agli inquinanti anche la semplice torbidità o concentrazioni
di fanghi possono danneggiare l’ecosistema marino e le attività ittiche e di
mitilicoltura esistenti!
Afferma in modo
chiarissimo il Progetto Preliminare a pagina 127: “Nel caso particolare
dell’area marina perimetrata come sito di bonifica di interesse nazionale di
Pitelli, in considerazione dell’elevata contaminazione riscontrata nei
sedimenti e della presenza di obiettivi sensibili ai potenziali effetti delle
attività di dragaggio (impianti di mitilicoltura all’interno della diga foranea
ed in località Porto Venere, praterie di Posidonia oceanica in località Porto
Venere, etc.), nella breve descrizione riportata nel seguito delle tipologie di
draghe ambientali utilizzabili, sarà data priorità all’analisi della
produzione di torbidità e dell’aumento dei solidi in sospensione.”
VALUTARE L’AREA
VASTA IN CUI AVVERRANNO I DRAGAGGI E LA POTENZIALE “DISTRIBUZIONE” DEI FANGHI
ESCAVATI
Per sversare in mare i
fanghi non è solo la normativa sul dragaggio che va rispettata nella procedura
di autorizzazione. Ancora una volta i tecnici della AdSP ragionano come se il
porto e le sue conseguenze esistessero in una bolla artificiale e non in un
complesso ecosistema marino.
Il punto 3.2.1 dell’allegato al Decreto 173/2016: “Le operazioni di immersione in mare dei materiali di escavo devono avvenire attuando un monitoraggio ambientale che ponga particolare attenzione alle vie di eventuale dispersione verso le zone costiere o di particolare valenza ambientale”.
Quindi intanto il termine “distribuzione” dei fanghi di dragaggio se lo sono inventati in Autorità di Sistema Portuale perché la legge parla di immersione, insomma della serie i fanghi non sono “distribuiti” ma immessi in mare termine più vicino a sversati che a distribuiti o no?
Comunque al di là delle questioni terminologiche (che comunque in una normativa tecnica sono importanti) la norma sopra riportata chiarisce che l’autorizzazione alla attività di dragaggio e poi di immersione deve essere autorizzata valutando l’area vasta che sta intorno sia alle zone di dragaggio che a quelle dove verrà realizzata la immersione dei fanghi di dragaggio.
Nel caso del golfo di Spezia sussiste la presenza sia di aree protette che di siti Habitat a cominciare il Parco naturale regionale di Portovenere ed essere inserita come Zona Speciale di Conservazione IT1345104 “ISOLA PALMARIA” nell’ambito della rete Natura 2000. E’ indiscutibile che questo aspetto debba essere considerato nella istruttoria della autorizzazione. Il fatto che sia il punto di escavo che quello di possibile immersione possa non rientrare nella perimetrazione di detti siti protetti non è sufficiente considerato che secondo la Corte di Giustizia (sentenza 7 novembre 2018 causa C461-17 (QUI) la normativa sui siti habitat: “sottopone al meccanismo di tutela ambientale ivi previsto qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito”. Non solo ma le stesse Linee guida UE sulla valutazione di incidenza affermano che: “Relativamente al campo di applicazione geografico, le disposizioni dell’articolo 6 paragrafo 3 della Direttiva 92/42/CEE non sono limitate a piano e progetti concernenti esclusivamente un sito protetto e prendono anche in considerazione sviluppi al di fuori del sito ma che possono avere incidenze significative su esso.”.
Da quanto sopra esposto risulta che nel caso in oggetto e tenuto conto di una lettura integrata del comma 8 articolo 4 (Decreto 173/2016) con la giurisprudenza europea sopra riportata, nella istruttoria per il rilascio della autorizzazione all’escavo e immersione occorra coinvolgere il gestore dell’ente Parco nonché del sito habitat contermine alla zona di cantiere.
Detto comma 8 articolo 4 recita: "8. L'autorizzazione all'immersione deliberata in mare, in zone ricadenti in aree protette nazionali di cui alle leggi 31 dicembre 1982, n. 979 e 6 dicembre 1991, n. 394, è rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo nulla osta dell'ente parco o dell'ente gestore dell'area marina protetta, nel rispetto delle specifiche misure di salvaguardia, per i soli materiali di escavo che, in base alle risultanze della caratterizzazione, risultino compatibili con la classe di gestione A di cui all'allegato del presente decreto.”.
Non solo ma la sentenza della Corte di
Giustizia cita l’articolo 6 della Direttiva Habitat 92/43/CEE che al comma 3
richiede una valutazione di incidenza per gli interventi che possano in qualche
modo danneggiare il sito protetto, interventi come abbiamo visto anche (in
termini areali) esterni al perimetro del sito Habitat.
CONCLUSIONI
Quelle sopra sono prime
annotazioni alla luce delle dichiarazioni dei rappresentanti della AdSP in
audizione al Consiglio Comunale spezzino. Ci sono però altre due questioni che
affronterò successivamente per non allungare troppo questo post.
Le questioni sono le
seguenti:
1. la normativa tecnica dei dragaggi applicabile al golfo
spezzino è quella, come si è visto, del Decreto 173/2016, mentre in realtà
esiste un altro Decreto il 172 del 2016 (QUI) che si applica ai siti di bonifica
nazionale (SIN) e che è più vincolante sotto il profilo ambientale. Visto che
il golfo di Spezia è tutt’ora nel sito di bonifica di Pitelli anche se è stato
declassificato a regionale resta sempre un sito inquinato, mi chiedo e per ora mi
domando solo: perché se è dentro un sito di bonifica l’area di dragaggio debba
vedere applicata una normativa più permissiva. L’AdSP potrebbe impegnarsi
volontariamente ad applicare il decreto sui SIN.
2. la procedura di autorizzazione del progetto di dragaggio a mio avviso anche per la peculiarità del sito in cui si colloca richiederebbe una valutazione di impatto ambientale e una valutazione di incidenza preliminari a qualsiasi dragaggio.
Questi due punti verranno
sviluppati e motivati prossimamente ma già da quello che ho scritto si capisce che
le dichiarazioni della AdSP a mio avviso ad oggi sono insufficienti per
giustificare la immersione in mare dei fanghi di dragaggio.
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