domenica 12 novembre 2017

La discarica ex cava Fornace in provincia di MS: analisi critica ultime novità

Di seguito pubblico la comunicazione che ho tenuto alla assemblea organizzata dal Movimento 5stelle di Montignoso sulla situazione della discarica di rifiuti pericolosi (in particolare amianto ma non solo) in località ex cava Fornace nei Comuni di Montignoso e Pietrasanta
Nella mia relazione analizzerò le principali novità intervenute in questi mesi in relazione a questa discarica.
In particolare:
1. la risposta della Regione alla richiesta di riavvio della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) sulla discarica
2. la risposta della Commissione UE alla interrogazione dei parlamentari europei di 5stelle  in relazione alla contraddizioni tra la presenza della discarica  e il piano regionale rifiuti della Regione Toscana
3. la reiterata violazione delle prescrizioni autorizzatorie nella gestione della discarica e le conseguenze sotto il profilo sia amministrativo che penale
4. la richiesta di archiviazione della inchiesta sulla discarica da parte della Procura di Pietrasanta
5. l’uso improprio del concetto di modifica sostanziale nelle autorizzazioni rilasciate negli ultimi anni alla discarica



LA RISPOSTA DELLA REGIONE ALLA RICHIESTA DI RIAVVIO DELLA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE SULLA DISCARICA
La richiesta è stata avanzata non solo dal Comitato dei cittadini che da anni di battono contro la presenza della discarica ma anche, con apposite deliberazioni, dai Consigli Comunali di Pietrasanta, Seravezza, Forte dei Marmi e in maniera più sfumata anche Montignoso.
La richiesta, soprattutto quella sottoscritta dal Comitato dei cittadini, si fondava sul dato oggettivo della mancata applicazione della VIA a tutto l’impianto, essendosi limitata la procedura applicata fino ad ora (peraltro in gravissimo ritardo) alla sola valutazione delle nuove tipologie di rifiuti ammessi in discarica compresa la riclassificazione della stessa.  Infatti senza alcuna procedura di Valutazione di Impatto Ambientale che verificasse la compatibilità della discarica con il sito, la discarica, da semplice discarica di inerti al servizio del settore lapideo della zona, era già stata classificata come discarica per rifiuti speciali pericolosi (amianto) e non pericolosi. Quando nel 2006 attiva la procedura di VIA, con 13 anni di ritardo secondo le norme europee,  la Provincia di Massa Carrara  lo fa con riferimento alla sola riclassificazione della discarica. Riclassificazione che di fatto era già avvenuta.

Non solo ma , trattandosi di impianto esistente autorizzato in violazione della normativa europea sulla VIA, andava applicata la cosiddetta VIA ex post in vigore dal 2000 in Toscana e poi confermata dalla successiva legge regionale 10/2010.

 Afferma il comma 6 articolo 43 della legge regionale toscana 10/2010: “6. Le domande di rinnovo di autorizzazione o concessione relative all’esercizio di attività per le quali all’epoca del rilascio non sia stata effettuata alcuna valutazione di impatto ambientale e che attualmente rientrino nel campo di applicazione delle norme vigenti in materia di VIA, sono soggette alla procedura di VIA, secondo quanto previsto dalla presente legge.” Tale norma è stata recentemente regolamentata dalla DPGR 19R del2017 (NOTA 1) in relazione proprio al coordinamento tra VIA ex post e Autorizzazione Integrata Ambientale.
Sulla finalità della VIA ex post La Corte Costituzionale con sentenza n. 209 del 2011, nel giudicare la legge regionale Toscana sulla VIA ex post,  aveva già affermato due principi fondamentali in materia di VIA ex post o postuma validi in assoluto:
1. la VIA ex post serve per "vegliare" a che l'effetto utile della  direttiva  UE sulla VIA  sia  comunque raggiunto, senza tuttavia rimettere in discussione,  nella  loro interezza, le localizzazioni di tutte le opere e le attività ab antiquo esistenti
2. la VIA ex post, cioè svolta  in occasione del rinnovo della autorizzazione o concessione di un progetto od opera che in precedenza non aveva avuto la VIA, deve essere effettuata sempre sull'intera opera o attività e non solo sulla parte eventualmente modificata del progetto od opera. 

Più recentemente è intervenuta una sentenza della Corte di Giustizia (vedi QUI)  che ha ulteriormente chiarito le finalità della VIA ex post. Secondo questa sentenza una VIA effettuata dopo la realizzazione e la messa in servizio di un impianto non può limitarsi all’impatto futuro di quest’ultimo sull’ambiente, ma deve prendere in considerazione altresì l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione. In altri termini la VIA deve riguardare non solo la compatibilità ambientale delle ultime modifiche del progetto od impianto ma quella dell’intero impianto con il sito in cui è collocato.

Tutto questo non è mai stato applicato alla discarica ex cava Fornace.

La Regione Toscana con una lettera inviata al Comitato dei cittadini contro la discarica ha rigettato la richiesta di riavvio della VIA secondo i principi della VIA ex post affermando che la giunta regionale non poteva avviare tale procedura essendo questa un atto tecnico quindi non di competenza della giunta regionale.  Tutto ciò non corrisponde prima di tutto al dettato della stessa normativa regionale toscana in materia. Infatti L’articolo 45 comma 2 della legge regionale 10/2010 recita: “2. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale di cui all’articolo 26 del d.lgs. 152/2006 e il parere di cui all’articolo 63, sono espressi dalla Giunta regionale, tenuto conto delle valutazioni tecniche del Nucleo regionale di valutazione - VIA di cui all'articolo 47 bis. Come si vede dal testo della norma l’ultima parola sotto il profilo anche formale spetta alla Giunta non al responsabile del procedimento. Non solo ma la decisione della Giunta non è un una semplice registrazione notarile. Infatti non si afferma che la Giunta “prende atto” delle conclusioni della istruttoria di VIA con il Parere del Comitato Tecnico ma che la Giunta “tiene conto” di questo Parere.
Non solo ma la DGR 356 del 2001 nell’assegnare la competenza della decisione finale nei procedimenti di VIA alla Giunta motivava in questo modo: “… la pronuncia di valutazione dell`impatto ambientale, unitamente alla imprescindibile  componente  tecnico-amministrativa,  volta  alla individuazione, descrizione, e valutazione  degli  effetti  dei singoli progetti di opere ed interventi, comporta una altrettanto insopprimibile   necessità    di   apprezzamento,    di   natura squisitamente  politica,   sottesa  alla   valutazione  circa  la compatibilità, coerenza ed utilità  dei progetti stessi rispetto all`interesse   pubblico   inerente   la   tutela   dell`ambiente complessivamente considerato”

Siamo, usando un gergo tecnico giuridico, nel campo degli atti a discrezionalità mista (tecnico amministrativo). La differenza con le autorizzazioni ordinarie è netta. In queste se il progetto è dentro i parametri tecnici di legge (tutti ovviamente non solo quelli ambientali) deve essere autorizzato con prescrizioni ma autorizzato. Nella VIA invece i margini di discrezionalità nella valutazione della compatibilità del progetto con il sito sono più grandi: giocano fattori anche legati agli aspetti sociali, al consenso da parte della comunità, all’impatto con altre attività presenti nella zona, a limiti e rischi di uso del territorio in futuro (NOTA 2)  dopo che il progetto venisse realizzato etc. etc.

Nella stessa direzione si vedano due sentenze del Consiglio di Stato che confermano autorevolmente quanto sopra: Cons. Stato Sez. V n.1640 del 22 marzo 2012 e Cons. Stato Sez. V n.3254 del 31 maggio 2012: “…alla stregua dei principi comunitari e nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; …da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933)”.  Non può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale sia un mero atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici (urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico – sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale.”



LA RISPOSTA DELLA COMMISSIONE UE ALLA INTERROGAZIONE DEI PARLAMENTARI EUROPEI DI 5STELLE  IN RELAZIONE ALLA CONTRADDIZIONI TRA LA PRESENZA DELLA DISCARICA  E IL PIANO REGIONALE RIFIUTI DELLA REGIONE TOSCANA
L’interrogazione poneva, tra le altre, la seguente problematica:  secondo il Piano regionale di gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati della regione Toscana e in specifico dell’allegato 4 dove si tratta dei siti dove non devono ricadere le discariche e relativi criteri penalizzanti, le discariche come quella della ex cava Fornace non dovrebbero essere ubicate in: Zone a rischio di inondazioni e/o ristagno,  area carsica comprensiva di grotte e doline, le aree caratterizzate dalla presenza di terreni con elevata permeabilità primaria e secondaria, adiacenza ad opere storiche , zone ZPS  e SIC ( Area lago di porta)  e soggetta a frane e a terremoti .(tutte peculiarità della zona dove è ubicata la discarica di Montignoso).
La Commissione (NOTA 3) rispondendo a questa interrogazione ha ribadito che: Il sito indicato dagli onorevoli deputati fa parte della rete Natura 2000 ed è soggetto agli obblighi previsti dalla direttiva 92/43/CEE del Consiglio, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (NOTA 4). A norma dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva, gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della direttiva. Conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito, le autorità nazionali competenti approvano il piano o progetto soltanto dopo aver accertato che esso non pregiudicherà l’integrità del sito interessato.”

Quanto sopra conferma un ulteriore lacuna istruttoria nelle procedure di autorizzazione a valutazione fino ad ora svolte sulla discarica ex cava Fornace. Non a caso proprio recentemente il nostro Consiglio di Stato Sez. IV (sentenza n. 4327 del 13 settembre 2017) ha avuto modo di ribadire che:  “La valutazione d’incidenza, per come costantemente interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia e delle Corti nazionali, si applica pertanto sia agli interventi che ricadono all’interno delle aree Natura 2000 (e delle Zone di protezione speciale), sia a quelli che, pur collocandosi all’esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito. L’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, infatti, subordina il requisito dell’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste qualora non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato. La valutazione del rischio dev’essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto



LA REITERATA VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI AUTORIZZATORIE NELLA GESTIONE DELLA DISCARICA E LE CONSEGUENZE SOTTO IL PROFILO SIA AMMINISTRATIVO CHE PENALE
La REGIONE TOSCANA  ha avviato una procedura di diffida per violazione di varie prescrizioni,previste dalla autorizzazione, nella gestione operativa della discarica ex cava Fornace . In particolare le violazioni riguardano:  
1. mancato rispetto dei quantitativi di rifiuti ammessi a discarica, nelle proporzioni indicate nell’AIA;
2. presenza di triclorometano nei piezometri Pz5 e Pz10,
3. quantitativi di acqua prelevati dal pozzo per i servizi dell’impianto.

La procedura avviata dalla Regione è disciplinata dal comma 9 dell’articolo 29 decies del DLgs 152/2006. Secondo questo comma:  in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie l'autorità competente (in questo caso la Regione) procede:
a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonché un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l'autorità competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all'anno;
c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente;
d) alla chiusura dell'installazione, nel caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione.

Occorre aggiungere che ex comma 10 dell’articolo 29-decies le violazioni delle prescrizioni autorizzatorie sono comunicate ai Sindaci territorialmente competenti (in questo caso Montignoso e Pietrasanta) che, con il supporto dell’ASL, devono verificare se la violazione delle prescrizioni possano comportare un rischio per la salute e l’ambiente, in questo caso i Sindaci possono esercitare i poteri di ordinanza riconosciuti dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie articolo 217.
Non solo ma sulla base della ricevuta comunicazione delle violazioni delle prescrizioni, soprattutto se reiterate nel tempo, i Sindaci possono, ex comma 7 articolo 29-quater DLgs 152/2006, chiedere alla Regione l’avvio di una immediata revisione della autorizzazione (AIA).

La Circolare del Ministero dell’Ambiente 27 ottobre 2014 precisa le modalità applicative di quanto previsto dal suddetto comma 9 articolo 29-decies in relazione a due ipotesi:
1. reiterate violazioni delle prescrizioni non immediatamente pericolose per salute e ambiente
2. reiterate violazioni delle prescrizioni immediatamente pericolose per salute e ambiente

Non avendo, neppure i Sindaci competenti avviato alcuna verifica sui rischi sanitari in atto dalla discarica in oggetto (come invece avrebbero dovuto fare ai sensi delle norme sopra citate)  possiamo dire che nel caso in esame siamo nella ipotesi 1. In questo caso la Circolare precisa che occorre comunque intervenire almeno per attuare la sospensione della attività nel caso in cui:
ci siano state almeno per due volte violazioni delle stesse prescrizioni nell’anno solare precedente.
È indiscutibile che le violazioni individuate dall’Arpat sono state reiterate in questi anni più volte, lascio quindi a chi legge valutare se ci siano o meno le condizioni per attuare quando indicato dalle norme e della Circolare interpretativa sopra riportate.

Quanto sopra sotto il profilo amministrativo, mente sotto il profilo penale rileva quanto indicato dalla Cassazione anche recentemente (sentenza  34522/2017) secondo cui integra il reato di discarica non autorizzata anche la reiterata violazione delle prescrizioni. Questo può comportare che l’autorità competente, ma in teoria anche la stessa magistratura penale, possa  arrivare ad imporre la chiusura  dell’impianto come se non avesse la autorizzazione formale, considerate appunto le sistematiche violazioni delle prescrizioni autorizzatorie.

Alle violazioni delle prescrizioni autorizzatorie, come evidenziato dagli atti della Inchiesta Pubblica svolta, sulla discarica in oggetto, in sede della VIA parziale di qualche anno fa ma anche da documenti delle Amministrazioni comunali interessate, si aggiungono quelle riguardanti  il rispetto delle polizze fideiussorie che devono accompagnare la domanda di autorizzazione per impianti come quello in oggetto. Secondo la Cassazione  (sentenza 40318 del 16 giugno 2016) realizza il reato di discarica abusiva (non autorizzata) anche  la reiterata violazione  negli anni del non rispetto della polizza fideiussoria.



LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DELLA INCHIESTA SULLA DISCARICA DA PARTE DELLA PROCURA DI PIETRASANTA : L’USO IMPROPRIO DEL CONCETTO DI MODIFICA SOSTANZIALE NELLE AUTORIZZAZIONI RILASCIATE NEGLI ULTIMI ANNI ALLA DISCARICA

La Procura di Lucca ha chiesto l’archiviazione dell’esposto presentato dal Comitato dei cittadini contro la discarica ex  cava Fornace. La richiesta non ha nell’immediato conseguenze sostanziale essendo comunque aperta l’inchiesta della Procura di Massa Carrara sullo stesso oggetto. La richiesta della Procura di Lucca rileva  solo ai fini di una analisi delle ragioni amministrative e penali che la sottendono, analisi utile in questo caso per chiarire meglio la situazione della discarica in oggetto sotto il profilo autorizzatorio e di violazione delle vigenti normative.

Afferma che Procura che: “ la chiesta verifica di eventuali ipotesi di reato, da ricollegarsi alle fasi della procedura autorizzativa infine è, oltreché generica in termini, in questa sede comunque in conducente trattandosi di progetto approvato dalla Provincia di Lucca tra il dicembre 1992 e il febbraio 1993, con conseguente già maturata prescrizione.”

Quanto sopra affermato non risponde alla verifica degli atti ma anche della giurisprudenza in materia.
Intanto perché, sotto il profilo degli atti dopo quelli del  1992 e il 1993 ci sono state ulteriori autorizzazioni che hanno permesso sia la riclassificazione della discarica da inerti a rifiuti speciali anche non pericolosi sia l’ampliamento della tipologia dei rifiuti abbancati.
Non a caso, e giusto per citare uno degli atti più significativi dopo il 1993, il giudizio di VIA nel 2011, rilasciato dalla Provincia di Massa Carrara ha riguardato come risulta dal titolo della relativa Determina dirigenziale n. 656 del 23/2/2011: ““Progetto di completamento della discarica per rifiuti speciali non pericolosi sita in loc. Porta, Comune di Montignoso (MS), Comune di Pietrasanta (LU), per il completamento della discarica (oltre quota + 20 m s.l.m.).

Ancora e più precisamente si rileva come  dopo l’AIA del 2012 sono arrivati altri due provvedimenti di AIA della Provincia (2013) e della Regione (2015 per passaggio competenze a questo ente). In questi atti ci si è limitati burocraticamente a reiterare la autorizzazione senza alcuna reale verifica degli impatti che tali modifiche avrebbero prodotto.
In realtà non si tratta di un mero aggiornamento dell’AIA esistente ma semmai di una revisione come conferma la lettura integrata degli atti del 2013 e del 2015, con la vigente normativa. Infatti nelle premesse all’atto di aggiornamento risulta che sia stata presentata istanza apposita da parte della società  che gestisce la discarica. Quindi trattasi di modifica sostanziale che richiede appunto una nuova revisione dell’AIA ai sensi del comma 2 articolo 29 novies del DLgs 152/2006.
Ma al di la di questo aspetto formale siamo di fronte, sia nel 2013 che nel 2015, ad una modifica sostanziale delle modalità di gestione della discarica e quindi alla necessità di una revisione dell’AIA proprio sulla base della definizione che il Testo Unico Ambientale (DLgs 152/2006) fornisce di modifica sostanziale. In particolare secondo il comma 1 lettera l bis: “modifica  sostanziale  di  un  progetto,  opera  o  di  un impianto: la variazione delle  caratteristiche o del funzionamento ovvero  un potenziamento dell'impianto, dell'opera o della infrastruttura o del  progetto che, secondo  l'autorità competente, producano effetti negativi e significativi sull'ambiente”.
Comunque la non esistenza della modifica sostanziale non è mai stata adeguatamente motivata dalla ditta che gestisce la discarica e dalla autorità competente che ha rilasciato le nuova autorizzazioni, come invece esplicitamente richiesto dalla Circolare del Ministero dell’Ambente n.0031502 del 19/12 /2011.

Oltre a quanto sopra descritto le illegittimità, le interpretazioni discutibili e le applicazioni mancate della vigente normativa sono continuate anche con il passaggio alla Regione delle competenze in materia di AIA.
Il gestore della discarica ha proposto ad aprile 2015 la realizzazione di un impianto di depurazione dapprima prevedendo lo scarico direttamente nelle acque superficiali, successivamente chiedendo di collegarsi alla rete fognaria.
Il gestore idrico integrato, Gaia; ha già evidenziato, che vi sarebbero dei costi e che al momento gli impianti di ricezione e depurazione male sosterrebbero un incremento di reflui così importate e costante.
Con decreto dirigenziale n° 611 adottato in data 17/02/2016 la Regione Toscana decide di autorizzare a Programma Ambiente Apuane Spa la modifica, ritenuta non sostanziale ,richiesta in data  18 aprile 2015 e di autorizzare agli scarichi in pubblica Fognatura delle acque domestiche derivanti dai servizi igienici dell'impianto e  delle acque di percolato derivanti dal banco rifiuti .
Non potevano emanare questo atto, non in questi termini, andava fatta una revisione  dell'AIA.  Si tratta infatti di autorizzazioni agli scarichi idrici cioè  autorizzazioni assorbite nella AIA generale (vedi allegato IX alla Parte II del DLgs 152/2006)  e quindi avrebbe richiesto una revisione integrazione della stessa CHE costituiscono impianti  tecnicamente connessi (NOTA 5) alla discarica (ex lettera i-quater comma 1 articolo 5 del DLgs 152/2006).

Per non parlare delle prescrizioni violate come già analizzato in precedenza in questo post, a cui occorre aggiungere che l’impianto in questi anni ha continuato a ricevere nuove quantità di rifiuti e visto che riceve anche i pericolosi come quelli con codice CER 17.06.05*: materiali da costruzione contenenti amianto sarebbe il caso di verificare il rispetto del nuovo decreto ministeriale su 24 giugno 2015  .
In particolare si tratterebbe di verificare:
1. L'applicabilità del nuovo decreto 24 giugno2015 (NOTA 6) sulla ammissibilità dei rifiuti in discarica che introduce obblighi anche sotto il profilo della stabilità fisica dei rifiuti pericolosi abbancati in discarica
2. se siano state fatte analisi di questo tipo previste dal punto 3.2. di detto Decreto:
“3.2. Analisi del particolato aerodisperso contenente amianto.
Vanno adottate le tecniche  analitiche  di  microscopia  ottica  in contrasto di fase (MOCF); per  la  valutazione  dei  risultati  delle analisi si deve far riferimento ai criteri di  monitoraggio  indicati
nel D.M. 6 settembre 1994 del Ministro della sanità.”

Per non parlare del rapporto di Arpat del 23/2 /2017 che ha confermato una dispersione di fibre di amianto che dimostrano una gestione non ottimale della discarica.
Si conferma quindi, quanto già analizzato in precedenza,  la potenziale realizzazione del reato di discarica abusiva (ex comma 3 articolo 256 del DLgs 152/2006) esplicitamente richiamato dall’articolo 16 del DLgs 36/2003 ( recepimento direttiva UE discariche) relativamente alle modalità di ammissione dei rifiuti in discarica.
Si ricorda infatti che il reato di discarica abusiva persiste  fino al funzionamento della stessa, quindi anche post-mortem (recupero dell’area interessata), così come confermato dalla sentenza della Cassazione n.39781 del 2016.




NOTE 

[Nota 1] DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE 11 aprile 2017, n. 19/R Regolamento regionale recante disposizioni per il coordinamento delle procedure di VIA e AIA e per il raccordo tecnico istruttorio di valutazione delle modifiche di installazioni e di impianti in ambito di VIA, AIA, autorizzazione unica rifiuti ed AUA, in attuazione dell’articolo 65 della l.r. 10/2010 - Capo IV Disposizioni per lo snellimento e il raccordo procedurale dei procedimenti di VIA postuma e di AIA di competenza regionale

[Nota 2] TAR Lombardia Milano sez. I 27/1/1998 n. 97
il corretto svolgimento della procedura di VIA  postula necessariamente la prospettazione e la verifica del progetto in tutte le sue potenzialità espansive e con riguardo alla globalità degli interventi. Ciò del resto risponde alla logica propria della valutazione di impatto ambientale che deve considerare, oltre all’incidenza determinata dai singoli segmenti dell’impianto da realizzare, anche l’impatto complessivo indotto sul sistema ambientale dell’opera, quale risulti globalmente considerata nel progetto . Di talchè tale valutazione non potrebbe essere compiuta se non avendo riguardo anche alle utilizzazioni che, benché  differite nel tempo , siano comunque previste per garantire la piena funzionalità dell’opera stessa

[Nota 3] E-008852/2016 Risposta di Karmenu Vella a nome della Commissione (9.2.2017)

[Nota 4]   GU L 206 del 22.7.1992.

[Nota 5] Circolare del Ministero dell’Ambiente del 27/10/2014: attività accessoria tecnicamente connessa ad una installazione/attività soggetta ad AIA (ex allegato VIII) è l’attività:
“a) svolta nello stesso sito della attività IPPC, o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito della attività IPPC per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla conduzione dell’attività IPPC.  Ai fini della lettera a) non rilevano le infrastrutture tecnologiche costituite da reti di distribuzione o di colletta mento (quali reti elettriche, reti idriche, metanodotti etc…) a meno che non siano in via principale e prioritaria dedicate alle attività coinsediate, nonché di estensione limitata al sito.” Quindi per fare un esempio il pontile di attracco delle navi carboniere e il nastro trasportatore che porta il carbone ad una centrale termoelettrica rientrano nel concetto di attività accessoria tecnicamente connessa ad una attività soggetta ad AIA;
“b) le cui modalità di svolgimento hanno una qualche implicazione tecnica con le modalità di svolgimento dell’attività IPPC (in particolare nel caso in cui il luogo fuori servizio determina direttamente i indirettamente problemi all’esercizio della attività IPPC). Ai fini della lettera b), nel caso in cui sono le modalità di svolgimento dell’attività IPPC ad avere implicazioni tecniche con l’altra (e non viceversa), si riconosce al gestore ( o ai gestori) la facoltà di chiedere comunque di considerare il complesso produttivo quale un’unica installazione.”
Secondo il nuovo comma 14 articolo 6 del DLgs 152/2006 per le attività di smaltimento o di  recupero di rifiuti che vengono svolte nell’ambito di installazione soggette ad AIA, questa ultima costituisce anche autorizzazione unica all’impianto di smaltimento e recupero (ex articolo 208 DLgs 152/2006) anche qualora, tali attività,  costituiscano solo una parte delle attività svolte nell'installazione

[Nota 6] MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE - DECRETO 24 giugno 2015 
Modifica del decreto 27 settembre 2010, relativo alla definizione dei criteri di ammissibilita' dei rifiuti in discarica. (15A06790) (GU Serie Generale n.211 del 11-9-2015)


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