Di seguito pubblico la
comunicazione che ho tenuto alla assemblea organizzata dal Movimento 5stelle di
Montignoso sulla situazione della discarica di rifiuti pericolosi (in particolare
amianto ma non solo) in località ex cava Fornace nei Comuni di Montignoso e
Pietrasanta
Nella mia relazione
analizzerò le principali novità intervenute in questi mesi in relazione a
questa discarica.
In particolare:
1.
la risposta della Regione alla richiesta di riavvio della Valutazione di
Impatto Ambientale (VIA) sulla discarica
2.
la risposta della Commissione UE alla interrogazione dei parlamentari europei
di 5stelle in relazione alla
contraddizioni tra la presenza della discarica
e il piano regionale rifiuti della Regione Toscana
3.
la reiterata violazione delle prescrizioni autorizzatorie nella gestione della
discarica e le conseguenze sotto il profilo sia amministrativo che penale
4.
la richiesta di archiviazione della inchiesta sulla discarica da parte della
Procura di Pietrasanta
5.
l’uso improprio del concetto di modifica sostanziale nelle autorizzazioni
rilasciate negli ultimi anni alla discarica
LA RISPOSTA DELLA REGIONE ALLA RICHIESTA DI
RIAVVIO DELLA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE SULLA DISCARICA
La richiesta è stata
avanzata non solo dal Comitato dei cittadini che da anni di battono contro la
presenza della discarica ma anche, con apposite deliberazioni, dai Consigli Comunali di Pietrasanta, Seravezza, Forte dei Marmi e in maniera più sfumata
anche Montignoso.
La richiesta, soprattutto
quella sottoscritta dal Comitato dei cittadini, si fondava sul dato oggettivo
della mancata applicazione della VIA a tutto l’impianto, essendosi limitata la
procedura applicata fino ad ora (peraltro in gravissimo ritardo) alla sola
valutazione delle nuove tipologie di rifiuti ammessi in discarica compresa la
riclassificazione della stessa. Infatti
senza alcuna procedura di Valutazione di Impatto Ambientale che verificasse la
compatibilità della discarica con il sito, la discarica, da semplice discarica
di inerti al servizio del settore lapideo della zona, era già stata
classificata come discarica per rifiuti speciali pericolosi (amianto) e non
pericolosi. Quando
nel 2006 attiva la procedura di VIA, con 13 anni di ritardo secondo le norme europee, la
Provincia di Massa Carrara lo fa con riferimento alla sola
riclassificazione della discarica. Riclassificazione che di fatto era già
avvenuta.
Non solo ma , trattandosi
di impianto esistente autorizzato in violazione della normativa europea sulla
VIA, andava applicata la cosiddetta VIA ex post
in vigore dal 2000 in Toscana e poi confermata dalla successiva legge regionale
10/2010.
Afferma il comma 6
articolo 43 della legge regionale toscana 10/2010: “6. Le
domande di rinnovo di autorizzazione o concessione relative all’esercizio di
attività per le quali all’epoca del rilascio non sia stata effettuata alcuna
valutazione di impatto ambientale e che attualmente rientrino nel campo di
applicazione delle norme vigenti in materia di VIA, sono soggette alla
procedura di VIA, secondo quanto previsto dalla presente legge.” Tale norma è stata recentemente regolamentata dalla
DPGR 19R del2017 (NOTA 1) in relazione proprio al
coordinamento tra VIA ex post e Autorizzazione Integrata Ambientale.
Sulla
finalità della VIA ex post La Corte
Costituzionale con sentenza n. 209 del 2011, nel giudicare la legge regionale
Toscana sulla VIA ex post, aveva già affermato due principi
fondamentali in materia di VIA ex post o postuma validi in assoluto:
1. la VIA ex post
serve per "vegliare" a che l'effetto utile della
direttiva UE sulla VIA sia comunque raggiunto, senza
tuttavia rimettere in discussione, nella loro interezza, le
localizzazioni di tutte le opere e le attività ab antiquo esistenti
2. la VIA ex post,
cioè svolta in occasione del rinnovo della autorizzazione o concessione
di un progetto od opera che in precedenza non aveva avuto la VIA, deve essere
effettuata sempre sull'intera opera o attività e non solo sulla parte
eventualmente modificata del progetto od opera.
Più
recentemente è intervenuta una sentenza della Corte di Giustizia (vedi QUI) che ha ulteriormente chiarito le finalità della VIA ex
post. Secondo questa sentenza una VIA effettuata dopo la realizzazione e
la messa in servizio di un impianto non può limitarsi all’impatto futuro di
quest’ultimo sull’ambiente, ma deve prendere in considerazione altresì
l’impatto ambientale intervenuto a partire dalla sua realizzazione. In altri
termini la VIA deve riguardare non solo la compatibilità ambientale delle
ultime modifiche del progetto od impianto ma quella dell’intero impianto con il
sito in cui è collocato.
Tutto
questo non è mai stato applicato alla discarica ex cava Fornace.
La
Regione Toscana con
una lettera inviata al Comitato dei cittadini contro la discarica ha rigettato
la richiesta di riavvio della VIA secondo i principi della VIA ex post
affermando che la giunta regionale non poteva avviare tale procedura essendo
questa un atto tecnico quindi non di competenza della giunta regionale. Tutto ciò non corrisponde prima di tutto al
dettato della stessa normativa regionale toscana in materia. Infatti L’articolo 45
comma 2 della legge regionale 10/2010 recita: “2. Il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale di
cui all’articolo 26 del d.lgs. 152/2006 e il parere di cui all’articolo 63,
sono espressi dalla Giunta regionale, tenuto conto delle valutazioni tecniche
del Nucleo regionale di valutazione - VIA di cui all'articolo 47 bis.” Come si vede dal testo della norma
l’ultima parola sotto il profilo anche formale spetta alla Giunta non al
responsabile del procedimento. Non solo ma la decisione della Giunta non è un
una semplice registrazione notarile. Infatti non si afferma che la Giunta
“prende atto” delle conclusioni della istruttoria di VIA con il Parere del
Comitato Tecnico ma che la Giunta “tiene conto” di questo Parere.
Non solo
ma la DGR 356 del 2001 nell’assegnare la competenza della decisione finale nei
procedimenti di VIA alla Giunta motivava in questo modo: “… la pronuncia di
valutazione dell`impatto ambientale, unitamente alla imprescindibile componente
tecnico-amministrativa,
volta alla individuazione,
descrizione, e valutazione degli effetti
dei singoli progetti di opere ed interventi, comporta una altrettanto
insopprimibile necessità di
apprezzamento, di natura squisitamente politica,
sottesa alla valutazione
circa la compatibilità, coerenza
ed utilità dei progetti stessi rispetto
all`interesse pubblico inerente
la tutela dell`ambiente complessivamente considerato”
Siamo,
usando un gergo tecnico giuridico, nel campo degli atti a discrezionalità mista
(tecnico amministrativo). La differenza con le autorizzazioni ordinarie è
netta. In queste se il progetto è dentro i parametri tecnici di legge (tutti
ovviamente non solo quelli ambientali) deve essere autorizzato con prescrizioni
ma autorizzato. Nella VIA invece i margini di discrezionalità nella valutazione
della compatibilità del progetto con il sito sono più grandi: giocano fattori
anche legati agli aspetti sociali, al consenso da parte della comunità,
all’impatto con altre attività presenti nella zona, a limiti e rischi di uso
del territorio in futuro (NOTA 2) dopo che il progetto venisse realizzato etc.
etc.
Nella stessa direzione si vedano due sentenze del
Consiglio di Stato che confermano autorevolmente quanto sopra: Cons. Stato Sez. V n.1640 del 22 marzo 2012 e Cons. Stato Sez. V n.3254 del 31
maggio 2012: “…alla stregua dei principi comunitari e
nazionali, oltre che delle sue stesse peculiari finalità, la valutazione di
impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica
circa la astratta compatibilità ambientale dell’opera, ma implica una
complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio
ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche
delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione – zero; …da
qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato
da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di
soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile
e alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e
benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze
antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933)”. Non
può sostenersi pertanto che la valutazione di impatto ambientale sia un mero
atto (tecnico) di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto,
rientrante come tale nelle attribuzioni proprie dei dirigenti, trattandosi
piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria
funzione di indirizzo politico – amministrativo con particolare riferimento
al corretto uso del territorio (in senso ampio), attraverso la cura ed il
bilanciamento della molteplicità dei (contrapposti) interessi, pubblici
(urbanistici, naturalistici, paesistici, nonché di sviluppo economico –
sociale) e privati, che su di esso insistono, come tale correttamente affidata
all’organo di governo, nel caso di specie la Giunta regionale.”
LA RISPOSTA DELLA COMMISSIONE UE ALLA INTERROGAZIONE DEI PARLAMENTARI EUROPEI DI 5STELLE IN RELAZIONE ALLA CONTRADDIZIONI TRA LA PRESENZA DELLA DISCARICA E IL PIANO REGIONALE RIFIUTI DELLA REGIONE TOSCANA
L’interrogazione poneva, tra le altre, la seguente
problematica: secondo il Piano regionale di gestione dei
rifiuti e bonifica dei siti inquinati della regione Toscana e in specifico
dell’allegato 4 dove si tratta dei siti dove non devono ricadere le discariche e relativi criteri penalizzanti, le discariche come quella della ex cava Fornace non
dovrebbero essere ubicate in: Zone a rischio di inondazioni e/o ristagno, area carsica comprensiva di grotte e doline,
le aree caratterizzate dalla presenza di terreni con elevata permeabilità
primaria e secondaria, adiacenza ad opere storiche , zone ZPS e SIC ( Area lago di porta) e soggetta a frane e a terremoti .(tutte
peculiarità della zona dove è ubicata la discarica di Montignoso).
La
Commissione (NOTA 3) rispondendo a
questa interrogazione ha ribadito che: “Il sito indicato dagli onorevoli deputati
fa parte della rete Natura 2000 ed è soggetto agli obblighi previsti dalla
direttiva 92/43/CEE del Consiglio, relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (NOTA 4). A norma dell’articolo 6,
paragrafo 2, della direttiva, gli Stati membri adottano le opportune
misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli
habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie
per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione
potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi
della direttiva. Conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, qualsiasi
piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito
ma che possa avere incidenze significative su tale sito, forma oggetto di una
opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito. Alla luce delle
conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito, le autorità nazionali
competenti approvano il piano o progetto soltanto dopo aver accertato che esso
non pregiudicherà l’integrità del sito interessato.”
Quanto sopra conferma un
ulteriore lacuna istruttoria nelle procedure di autorizzazione a valutazione
fino ad ora svolte sulla discarica ex cava Fornace. Non a caso proprio
recentemente il nostro Consiglio di Stato Sez. IV (sentenza
n. 4327 del 13 settembre 2017) ha avuto modo di ribadire che: “La
valutazione d’incidenza, per come costantemente interpretata dalla giurisprudenza
della Corte di Giustizia e delle Corti nazionali, si applica pertanto sia agli
interventi che ricadono all’interno delle aree Natura 2000 (e delle Zone di
protezione speciale), sia a quelli che, pur collocandosi all’esterno, possono
comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali
tutelati nel sito. L’art. 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, infatti,
subordina il requisito dell’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o
di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che
quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato. Tenuto conto,
in particolare, del principio di precauzione, un tale rischio esiste qualora
non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o
progetto pregiudichi significativamente il sito interessato. La valutazione del
rischio dev’essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e
delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o
progetto”
LA REITERATA VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI AUTORIZZATORIE
NELLA GESTIONE DELLA DISCARICA E LE CONSEGUENZE SOTTO IL PROFILO SIA
AMMINISTRATIVO CHE PENALE
La REGIONE TOSCANA ha
avviato una procedura di diffida per violazione di varie prescrizioni,previste
dalla autorizzazione, nella gestione operativa della discarica ex cava Fornace
. In particolare le violazioni riguardano:
1. mancato rispetto dei
quantitativi di rifiuti ammessi a discarica, nelle proporzioni indicate
nell’AIA;
2. presenza di
triclorometano nei piezometri Pz5 e Pz10,
3. quantitativi di acqua
prelevati dal pozzo per i servizi dell’impianto.
La procedura avviata dalla
Regione è disciplinata dal comma 9 dell’articolo 29 decies del DLgs 152/2006. Secondo
questo comma: in caso di inosservanza
delle prescrizioni autorizzatorie l'autorità competente (in questo caso la
Regione) procede:
a) alla
diffida, assegnando un termine entro
il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonché un termine entro cui,
fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di
misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure
provvisorie o complementari che l'autorità competente ritenga necessarie per
ripristinare o garantire provvisoriamente la conformità;
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all'anno;
c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente;
d) alla chiusura dell'installazione, nel caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione.
b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attività per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte all'anno;
c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente;
d) alla chiusura dell'installazione, nel caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione.
Occorre aggiungere che ex
comma 10 dell’articolo 29-decies le violazioni delle prescrizioni
autorizzatorie sono comunicate ai Sindaci territorialmente
competenti (in questo caso Montignoso e Pietrasanta) che, con il supporto dell’ASL,
devono verificare se la violazione delle prescrizioni possano comportare un
rischio per la salute e l’ambiente, in questo caso i Sindaci possono esercitare
i poteri di ordinanza riconosciuti dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie
articolo 217.
Non solo ma sulla base
della ricevuta comunicazione delle violazioni delle prescrizioni, soprattutto se
reiterate nel tempo, i Sindaci possono, ex
comma 7 articolo 29-quater DLgs 152/2006, chiedere alla Regione l’avvio di una
immediata revisione della autorizzazione (AIA).
La Circolare del
Ministero dell’Ambiente 27 ottobre 2014 precisa le modalità
applicative di quanto previsto dal suddetto comma 9 articolo 29-decies in
relazione a due ipotesi:
1.
reiterate violazioni delle prescrizioni non immediatamente pericolose per
salute e ambiente
2.
reiterate violazioni delle prescrizioni immediatamente pericolose per salute e
ambiente
Non avendo, neppure i
Sindaci competenti avviato alcuna verifica sui rischi sanitari in atto dalla
discarica in oggetto (come invece avrebbero dovuto fare ai sensi delle norme
sopra citate) possiamo dire che nel caso
in esame siamo nella ipotesi 1. In questo caso la Circolare precisa che occorre
comunque intervenire almeno per attuare la sospensione della attività nel caso
in cui:
ci siano state almeno per
due volte violazioni delle stesse prescrizioni nell’anno solare precedente.
È indiscutibile che le
violazioni individuate dall’Arpat sono state reiterate in questi anni più
volte, lascio quindi a chi legge valutare se ci siano o meno le condizioni per
attuare quando indicato dalle norme e della Circolare interpretativa sopra
riportate.
Quanto sopra sotto il
profilo amministrativo, mente sotto il profilo penale rileva quanto indicato
dalla Cassazione anche recentemente (sentenza
34522/2017) secondo cui integra il reato di discarica non autorizzata anche
la reiterata violazione delle prescrizioni. Questo può comportare che l’autorità
competente, ma in teoria anche la stessa magistratura penale, possa arrivare ad imporre la chiusura dell’impianto come se non avesse la
autorizzazione formale, considerate appunto le sistematiche violazioni delle
prescrizioni autorizzatorie.
Alle violazioni delle
prescrizioni autorizzatorie, come evidenziato dagli atti della Inchiesta
Pubblica svolta, sulla discarica in oggetto, in sede della VIA parziale di
qualche anno fa ma anche da documenti delle Amministrazioni comunali
interessate, si aggiungono quelle riguardanti
il rispetto delle polizze fideiussorie che devono accompagnare la
domanda di autorizzazione per impianti come quello in oggetto. Secondo la
Cassazione (sentenza 40318 del 16 giugno
2016) realizza il reato di discarica abusiva (non autorizzata) anche la reiterata violazione negli anni del non rispetto della polizza
fideiussoria.
LA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DELLA
INCHIESTA SULLA DISCARICA DA PARTE DELLA PROCURA DI PIETRASANTA : L’USO
IMPROPRIO DEL CONCETTO DI MODIFICA SOSTANZIALE NELLE AUTORIZZAZIONI RILASCIATE
NEGLI ULTIMI ANNI ALLA DISCARICA
La Procura di Lucca ha
chiesto l’archiviazione dell’esposto presentato dal Comitato dei cittadini
contro la discarica ex cava Fornace. La
richiesta non ha nell’immediato conseguenze sostanziale essendo comunque aperta
l’inchiesta della Procura di Massa Carrara sullo stesso oggetto. La richiesta
della Procura di Lucca rileva solo ai
fini di una analisi delle ragioni amministrative e penali che la sottendono,
analisi utile in questo caso per chiarire meglio la situazione della discarica
in oggetto sotto il profilo autorizzatorio e di violazione delle vigenti
normative.
Afferma che Procura che: “
la chiesta verifica di eventuali ipotesi
di reato, da ricollegarsi alle fasi della procedura autorizzativa infine è, oltreché
generica in termini, in questa sede comunque in conducente trattandosi di
progetto approvato dalla Provincia di Lucca tra il dicembre 1992 e il febbraio
1993, con conseguente già maturata prescrizione.”
Quanto sopra affermato non risponde alla verifica degli atti
ma anche della giurisprudenza in materia.
Intanto perché, sotto il profilo degli atti dopo quelli
del 1992 e il 1993 ci sono state
ulteriori autorizzazioni che hanno permesso sia la riclassificazione della
discarica da inerti a rifiuti speciali anche non pericolosi sia l’ampliamento
della tipologia dei rifiuti abbancati.
Non a caso, e giusto per citare uno degli atti più
significativi dopo il 1993, il giudizio di VIA
nel 2011, rilasciato dalla Provincia di Massa Carrara ha riguardato come
risulta dal titolo della relativa Determina dirigenziale n. 656 del 23/2/2011:
““Progetto di completamento della
discarica per rifiuti speciali non pericolosi sita in loc. Porta, Comune
di Montignoso (MS), Comune di Pietrasanta (LU), per il completamento
della discarica (oltre quota + 20 m s.l.m.).”
Ancora e più precisamente si rileva come dopo l’AIA del
2012 sono arrivati altri due provvedimenti di AIA della Provincia (2013) e
della Regione (2015 per passaggio competenze a questo ente). In questi atti ci
si è limitati burocraticamente a reiterare la autorizzazione senza alcuna reale
verifica degli impatti che tali modifiche avrebbero prodotto.
In realtà non si tratta di
un mero aggiornamento dell’AIA esistente ma semmai di una revisione come
conferma la lettura integrata degli atti del 2013 e del 2015, con la vigente
normativa. Infatti nelle premesse all’atto di aggiornamento risulta che sia
stata presentata istanza apposita da parte della società che gestisce la
discarica. Quindi trattasi di modifica sostanziale che richiede appunto una
nuova revisione dell’AIA ai sensi del comma 2 articolo 29 novies del DLgs
152/2006.
Ma al di la di questo
aspetto formale siamo di fronte, sia nel 2013 che nel 2015, ad una modifica
sostanziale delle modalità di gestione della discarica e quindi alla necessità
di una revisione dell’AIA proprio sulla base della definizione che il Testo
Unico Ambientale (DLgs 152/2006) fornisce di modifica sostanziale. In
particolare secondo il comma 1 lettera l bis: “modifica sostanziale di un progetto,
opera o di un impianto: la variazione delle
caratteristiche o del funzionamento ovvero un potenziamento
dell'impianto, dell'opera o della infrastruttura o del progetto che,
secondo l'autorità competente, producano effetti negativi e
significativi sull'ambiente”.
Comunque la non esistenza
della modifica sostanziale non è mai stata adeguatamente motivata dalla ditta
che gestisce la discarica e dalla autorità competente che ha rilasciato le
nuova autorizzazioni, come invece esplicitamente richiesto dalla Circolare del Ministero dell’Ambente n.0031502 del 19/12 /2011.
Oltre a quanto sopra
descritto le illegittimità, le interpretazioni discutibili e le applicazioni
mancate della vigente normativa sono continuate anche con il passaggio alla Regione delle competenze in materia di AIA.
Il gestore della discarica
ha proposto ad aprile 2015 la realizzazione di un impianto di depurazione dapprima
prevedendo lo scarico direttamente nelle acque superficiali, successivamente
chiedendo di collegarsi alla rete fognaria.
Il gestore idrico
integrato, Gaia; ha già evidenziato, che vi sarebbero dei costi e che al
momento gli impianti di ricezione e depurazione male sosterrebbero un
incremento di reflui così importate e costante.
Con decreto
dirigenziale n° 611 adottato in data 17/02/2016 la Regione Toscana decide
di autorizzare a Programma Ambiente Apuane Spa la modifica, ritenuta non
sostanziale ,richiesta in data 18 aprile 2015 e di autorizzare agli
scarichi in pubblica Fognatura delle acque domestiche derivanti dai servizi
igienici dell'impianto e delle acque di percolato derivanti dal banco
rifiuti .
Non potevano emanare
questo atto, non in questi termini, andava fatta una revisione
dell'AIA. Si tratta infatti di autorizzazioni agli scarichi idrici cioè
autorizzazioni assorbite nella AIA generale (vedi allegato IX alla Parte
II del DLgs 152/2006) e quindi avrebbe richiesto una revisione
integrazione della stessa CHE costituiscono impianti tecnicamente
connessi (NOTA 5)
alla discarica (ex lettera i-quater comma 1 articolo 5 del DLgs 152/2006).
Per non parlare delle prescrizioni violate come già
analizzato in precedenza in questo post, a cui occorre aggiungere che l’impianto in questi anni ha continuato a ricevere
nuove quantità di rifiuti e visto che riceve anche i pericolosi come quelli con
codice CER 17.06.05*: materiali da costruzione contenenti amianto sarebbe il
caso di verificare il rispetto del nuovo decreto ministeriale su 24
giugno 2015 .
In particolare si
tratterebbe di verificare:
1. L'applicabilità
del nuovo decreto 24 giugno2015 (NOTA 6)
sulla ammissibilità dei rifiuti in discarica che introduce obblighi anche sotto
il profilo della stabilità fisica dei rifiuti pericolosi abbancati in discarica
2.
se siano state fatte analisi di questo tipo previste dal punto 3.2. di detto
Decreto:
“3.2. Analisi del
particolato aerodisperso contenente amianto.
Vanno adottate le tecniche analitiche
di microscopia ottica in contrasto di fase (MOCF); per
la valutazione dei risultati delle analisi si deve far
riferimento ai criteri di monitoraggio indicati
nel D.M. 6 settembre 1994 del Ministro della sanità.”
Per non parlare del
rapporto di Arpat del 23/2 /2017 che ha confermato una dispersione di fibre di
amianto che dimostrano una gestione non ottimale della discarica.
Si conferma quindi, quanto
già analizzato in precedenza, la
potenziale realizzazione del reato di discarica abusiva
(ex comma 3 articolo 256 del DLgs 152/2006) esplicitamente richiamato dall’articolo
16 del DLgs 36/2003 ( recepimento direttiva UE discariche) relativamente alle
modalità di ammissione dei rifiuti in discarica.
Si ricorda infatti che il
reato di discarica abusiva persiste fino al funzionamento della stessa,
quindi anche post-mortem (recupero dell’area interessata), così come confermato
dalla sentenza della Cassazione n.39781 del 2016.
NOTE
[Nota 1] DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE 11
aprile 2017, n. 19/R Regolamento regionale recante disposizioni per il
coordinamento delle procedure di VIA e AIA e per il raccordo tecnico
istruttorio di valutazione delle modifiche di installazioni e di impianti in
ambito di VIA, AIA, autorizzazione unica rifiuti ed AUA, in attuazione
dell’articolo 65 della l.r. 10/2010 - Capo IV Disposizioni per lo snellimento e
il raccordo procedurale dei procedimenti di VIA postuma e di AIA di competenza
regionale
[Nota 2] TAR Lombardia Milano sez. I 27/1/1998
n. 97
“il corretto svolgimento della procedura di VIA postula necessariamente la prospettazione e
la verifica del progetto in tutte le sue potenzialità espansive e con
riguardo alla globalità degli interventi. Ciò del resto risponde alla logica
propria della valutazione di impatto ambientale che deve considerare, oltre
all’incidenza determinata dai singoli segmenti dell’impianto da realizzare,
anche l’impatto complessivo indotto sul sistema ambientale dell’opera, quale risulti
globalmente considerata nel progetto . Di talchè tale valutazione non
potrebbe essere compiuta se non avendo riguardo anche alle utilizzazioni che,
benché differite nel tempo , siano
comunque previste per garantire la piena funzionalità dell’opera stessa”
[Nota 4] GU
L 206 del 22.7.1992.
[Nota 5] Circolare del
Ministero dell’Ambiente del 27/10/2014: attività accessoria tecnicamente
connessa ad una installazione/attività soggetta ad AIA (ex allegato VIII) è
l’attività:
“a) svolta nello stesso
sito della attività IPPC, o in un sito contiguo e direttamente connesso al sito
della attività IPPC per mezzo di infrastrutture tecnologiche funzionali alla
conduzione dell’attività IPPC. Ai fini della lettera a) non rilevano le
infrastrutture tecnologiche costituite da reti di distribuzione o di colletta
mento (quali reti elettriche, reti idriche, metanodotti etc…) a meno che non
siano in via principale e prioritaria dedicate alle attività coinsediate,
nonché di estensione limitata al sito.” Quindi per fare un esempio il pontile
di attracco delle navi carboniere e il nastro trasportatore che porta il
carbone ad una centrale termoelettrica rientrano nel concetto di attività
accessoria tecnicamente connessa ad una attività soggetta ad AIA;
“b) le cui modalità di
svolgimento hanno una qualche implicazione tecnica con le modalità di
svolgimento dell’attività IPPC (in particolare nel caso in cui il luogo fuori
servizio determina direttamente i indirettamente problemi all’esercizio della
attività IPPC). Ai fini della lettera b), nel caso in cui sono le modalità di
svolgimento dell’attività IPPC ad avere implicazioni tecniche con l’altra (e
non viceversa), si riconosce al gestore ( o ai gestori) la facoltà di chiedere
comunque di considerare il complesso produttivo quale un’unica installazione.”
Secondo il nuovo comma 14 articolo 6 del DLgs 152/2006
per le attività di smaltimento o di recupero di rifiuti che vengono
svolte nell’ambito di installazione soggette ad AIA, questa ultima costituisce
anche autorizzazione unica all’impianto di smaltimento e recupero (ex articolo
208 DLgs 152/2006) anche qualora, tali attività, costituiscano solo una
parte delle attività svolte nell'installazione
[Nota 6] MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO
E DEL MARE - DECRETO 24 giugno 2015
Modifica del decreto 27
settembre 2010, relativo alla definizione dei criteri di ammissibilita' dei
rifiuti in discarica. (15A06790) (GU Serie Generale n.211 del 11-9-2015)
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