La Giunta Regionale della
Liguria con delibera n. 869 del 27 Ottobre 2017 (vedi QUI) ha respinto la richiesta di
avvio di una Inchiesta Pubblica avanzata dal Comitato spontaneo difesa salute e
ambiente Gavette Val Bisagno, relativa al procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) in corso sul Rinnovo autorizzazioni alla gestione dei rifiuti via Lungobisagno Dalmazia e
allo stoccaggio provvisorio di rifiuti contenenti amianto in via Lungobisagno
Istria (loc. Volpara) a Genova
La normativa ligure in
materia di VIA prevede che, ex comma 5 articolo 11 della legge regionale 38/98, la
Regione favorisce, di intesa con i Sindaci dei Comuni interessati, inchieste
pubbliche, con particolare riguardo ai progetti assoggettati a procedura
regionale. Ciò risulta coerente con
quanto previsto dalla DGR 1660/2013 (norme tecniche sulla VIA) secondo cui il quadro generale dello Studio di Impatto
Ambientale deve tra l’altro descrivere
la gestione sociale del progetto, con riferimento ai soggetti coinvolti, agli
impatti relativi a vantaggi e svantaggi sui gruppi sociali, l’utenza diretta e
indiretta, i possibili conflitti.
La richiesta di avviare
una Inchiesta Pubblica nasceva dalle numerose problematiche di disagio sanitario che si protraggono da anni a prescindere dal semplice previsto aumento delle quantità di
rifiuti contenenti amianto nell’impianto in questione.
Non a caso dalla
previsione del PUC sul Distretto di Trasformazione n.23 di Volpara; e dalla disciplina del Piano Territorio di
Coordinamento Provinciale Ambito 1.3, gli impianti di Volpara sono indicati
come elementi di grave criticita’ ambientale,; a tal fine è previsto il
superamento delle attuali servitu’ (Cfr.impianti di compattazione dei rifiuti
indifferenziati, impianto di stoccaggio rifiuti contenenti amianto, fangodotto
che tratta le acque nere provenienti dall’impianto di Punta Vagno) , attraverso
la riqualificazione dell’area.
LA VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA SULLA VIA EX
POST
Non solo ma, come risulta
dalla nota della Città Metropolitana del
del 18
agosto 2017, in relazione al procedimento di VIA in corso si fa esplicito
riferimento alla VIA ex post affermando: “Sembra
utile fare presente che il complesso di Volpara ha in scadenza l’autorizzazione
(P.D. n. 2651 dl 16/5/2008) per l stoccaggio provvisorio di rifiuti contenenti
amianto e l’autorizzazione (P.D. n. 64 del 7/1/2008) per la gestione
dell’impianto di compattazione e trasferimento rifiuti. In fase di revisione
delle norme regionali relative alla Valutazione di Impatto ambientale, la
Regione Liguria ha introdotto una procedura che consiste nella sottoposizione
alla VIA di quei sistemi che, pur già esistenti e autorizzati, in ragione
dell’epoca dell’insediamento , non vi sono mai stati sottoposti.”
La VIA ex post ha
come principio tipico, affermato dalla Corte Costituzionale (sentenza
209 del 2011) ma anche della Corte di Giustizia, quello per cui in occasione del rinnovo
della autorizzazione o concessione di un progetto od opera che in precedenza
non aveva avuto la VIA: questa deve essere effettuata sempre sull'intera opera o
attività e non solo sulla parte eventualmente modificata del progetto od
opera.
Quindi è indiscutibile che
il procedimento di VIA attualmente in corso non potrebbe riguardare solo la
questione, pur rilevante in se in termini di impatti potenziali, dell’aumento
della quantità di rifiuti contenenti amianto stoccati nell’impianto.
Nonostante ciò in modo
assolutamente irrituale se non, ritengo, addirittura illegittimo, la delibera
della Giunta Regionale ha deciso di respingere la richiesta di avvio della
Inchiesta motivando tale decisione con la rinuncia da parte del gestore Amiu ad
aumentare le quantità di rifiuti contenenti amianto stoccabili nell’impianto.
Questa decisione appare
non solo in contrasto con quanto sopra riportato in materia di disciplina della
Inchiesta Pubblica e della VIA ex post
ma soprattutto rimuove una serie di gravi lacune istruttorie presenti sia nelle
autorizzazioni vigenti all’impianto in questione che nella procedura di VIA in
corso.
1.
L’autorizzazione del 2008 è stata rilasciata ai sensi dell’articolo 210
DLgs 152/2006 (successivamente abrogato)
secondo il quale l’autorizzazione deve contenere, tra gli altri, i seguenti
elementi: “c) le precauzioni da prendere
in materia di sicurezza ed igiene ambientale; d) la localizzazione
dell'impianto da autorizzare; e) il metodo di trattamento e di recupero;”
2. L’autorizzazione del 2015
è stata rilascia ai sensi dell’articolo
208 del DLgs 152/2006 secondo il quale l’autorizzazione deve contenere, tra gli
altri, i seguenti elementi: “…b) per ciascun tipo di operazione
autorizzata, i requisiti tecnici con particolare riferimento alla compatibilità
del sito, alle attrezzature utilizzate, ai tipi ed ai quantitativi massimi di
rifiuti e alla modalità di verifica, monitoraggio e controllo della conformità
dell'impianto al progetto approvato;
c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;
d) la localizzazione dell'impianto autorizzato;
e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;”
c) le misure precauzionali e di sicurezza da adottare;
d) la localizzazione dell'impianto autorizzato;
e) il metodo da utilizzare per ciascun tipo di operazione;”
3.
Le suddette autorizzazioni fino ad ora, e tenuto conto dei contenuti di legge
che dovevano e devono avere, non sono state adeguate a superare le
problematiche di emissioni sia aeriformi
(soprattutto odorigene) che rumorose. A conferma si veda la più recente autorizzazione per modifica
non sostanziale n. 91 del 2017 della Città Metropolitana n. 25449 del 20/3/2015 dove si afferma: “ che era in fase di studio di fattibilità di una sistema di
confinamento della zona di accoppiamento pressa-camion con aspirazione e
convogliamento dell’aria all’esistente impianto di abbattimento asservito ai
silos dell’impianto di trasferimento RSU”. Progetto che è per ora rimasto
solo a livello di dichiarazione!
4. Non a caso
con sentenza del Tribunale di Genova n. 1291/15 è stato condannato, per getto di cose pericolose, il responsabile dell’impianto
in relazione alle emissioni polverose maleodoranti derivanti dall’attività di
carico e scarico dei rifiuti dai camion utilizzati per il servizio di
raccolta rifiuti verso le presse in funzione dell’area di stoccaggio nonché
dalla perdita dei rifiuti sul luogo di raccolta e compattamento
5.
Quindi alla luce dei punti precedenti appare palese l’esistenza di un problema di prescrizioni inadeguate che
nascono prima di tutto dal modello impiantistico di ricezione dei rifiuti da
compattare privo di spazi di compensazione preliminari ( adeguatamente depressurizzati)
prima dello scarico vero e proprio del rifiuto. La attuale provvisorietà
dell’impianto non giustifica il mancato adeguamento dell’impianto a tali
necessità visto che non esistono ad oggi tempi certi per la realizzazione della
impiantistica citata dall’assessore in Commissione, nella recente audizione del
16/10/2017, e che a regime del nuovo
Piano di Area per la Provincia di Genova dovrebbe superare l’impianto stesso
RELATIVAMENTE ALLE LACUNE ISTRUTTORIE DEL PROCEDIMENTO DI VIA IN CORSO
1.
Nella Autorizzazione del 2015 si afferma: “Vista
la nota dell’Azienda assunta a protocollo provinciale con n. 110669 del
25.11.2014 con la quale sono stati trasmessi chiarimenti in merito
all’adeguamento dell’impianto alle linee guida della DGR 1293/2014. DGR 1293-014
del 21/10/2014 Integrazione Linee guida per le attività di trattamento sui
rifiuti preliminari al conferimento in discarica. D.Lgs. 36/2003”. Dalla
documentazione attualmente a disposizione del pubblico nel procedimento di VIA
in corso non risulta sia stato presentato formalmente quanto dichiarato nella
autorizzazione del 2015 ma comunque non
appare esaustiva di quanto richiesto da quanto sopra riportato in relazione
alla VIA ex post.
2.
Relativamente ai disagi sanitari dalla fine 2016 esiste una specifica
regolamentazione approvata dalla Regione
Liguria ex DGR n. 1295 del 30/12/2016 che disciplina le
modalità con le quali all’interno della procedura di VIA regionale sia allegata
una valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario (VIIAS). Ora il procedimento
di VIA in corso è stato avviato dal 31 agosto 2017 ma non risulta che la
documentazione sia stata integrata dalla VIIAS o quanto meno sia stata prodotta la
verifica della non necessità della VIIAS, quindi l’istruttoria non è completa quanto
meno per potenziale vizio di merito a prescindere dal vincolo procedurale previsto della legge regionale 38/1998 relativamente
alla VIIAS.
IL
VALORE GIURIDICO DELLA PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO NEI PROCEDIMENTI DI VIA
La risposta negativa della
Giunta regionale ligure all’avvio della Inchiesta Pubblica appare assolutamente
immotivata considerato che rimuove le lacune istruttorie sopra evidenziate che
invece potevano essere affrontate proprio da una Inchiesta di coinvolgimento
attivo dei portatori di interessi diffusi e diritti costituzionali residenti nel
territorio.
Si viola così la ratio
della norma su cui si fonda la richiesta di Inchiesta Pubblica come affermato dalla lettera b) comma 1
articolo 1 della legge regionale 38/1998 secondo cui la disciplina regionale della VIA ha tra l’altro la finalità di garantire e promuovere
l’informazione e la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali
relativi alla procedura di VIA medesima.
Tutto ciò in palese
contrasto con quanto affermato dall’Avvocato Generale della UE
(conclusioni nella causa C427/07) per il quale i diritti di partecipazione del
pubblico nei procedimenti di VIA “non sono fini a se stessi”, ma servono da un
lato per migliorare la decisione sul progetto e dall’altro a preparare anche il
singolo a tutelare la propria qualità della vita e la propria
salute contro le conseguenze ambientali della decisione finale.
Quindi e per concludere la
decisione della Giunta Regionale impedisce di realizzare quanto affermato dall’Avvocato
Generale della UE. Si veda in questo senso un orientamento giurisprudenziale [NOTA 1] per il quale il provvedimento di
VIA che dichiara la compatibilità ambientale di un’ opera debba esplicitare
nella motivazione soprattutto quelle valutazioni dirette a superare le critiche
e le osservazioni poste avverso la realizzazione del progetto, giungendosi così
a considerare illegittima la pronuncia di VIA che sia carente di motivazione
non tanto in astratto, vale a dire con riguardo all’obbligo generale di
motivazione sancito dall’art. 3 L. n. 241/90, quanto in concreto, alla luce
delle osservazioni critiche mosse al progetto dall’autorità competente e dalle
popolazioni interessate, sommariamente e sbrigativamente confutate: “Deve,
del resto, riconoscersi che, trattandosi di scegliere fra due orientamenti
nettamente contrapposti (espressivi di interessi orientati l’uno alla
realizzazione dell’opera, l’altro di senso contrario per la sua inopportunità e
invasività del contesto ambientale in cui l’opera andrebbe ad inserirsi), non
sembra sufficiente la mera affermazione della prevalenza dell’uno sull’altro,
sembrando al contrario necessario sostenere la scelta per la prevalenza del
primo con argomentazioni quanto meno esplicative delle ragioni che
militerebbero per la costruzione del tronco autostradale(…). In tal modo,
invece, l’affermata prevalenza della necessità di realizzare l’opera si pone
come un’asserzione pressoché arbitraria che non dà conto del perché della
affermata prevalenza dell’interesse a realizzare il tronco stradale su quello,
di senso contrario, a tenere indenne da offese ingiustificate il territorio, il
paesaggio e l’ambiente”. [NOTA 2]
TAR Veneto, Sez. I, 30.05.2005 n. 2234, in Riv.giur.Amb., 2006, 112 e
ss. con nota di G. LANDI la quale sottolinea l’interesse e l’importanza di tale
sentenza soprattutto per l’indicazione di alcuni principi di carattere generale
che devono ispirare l’attività pubblica ogniqualvolta la VIA concerne
progetti che coinvolgono interessi di diversa natura ed hanno una incidenza
rilevante sul territorio. I giudici richiamano infatti più volte l’attenzione
sulla necessità di scelte strategiche e che le azioni mirate alla
pianificazione del territorio tengano conto di tutti gli attori coinvolti,
mirando ad un reale e corretto bilanciamento dei vantaggi e degli svantaggi legati
alla realizzazione del progetto proposto, consentendo una ponderata valutazione
dei cambiamenti resi necessari dal progetto stesso. All’interno di tale quadro,
le norme che regolano le procedure da seguire ed i competenti soggetti
istituzionali da coinvolgere stabiliscono diversi obblighi, tra cui, ad
esempio, quello di tenere in considerazione le osservazioni del pubblico e
degli altri soggetti terzi, ovvero quello di motivare compiutamente gli atti
adottati. Tali obblighi rappresentano le garanzie minime che devono essere
rispettate all’interno di procedure decisionali che impattano sull’assetto del
territorio e sulla qualità della vita locale, come nel caso deciso. Le stesse
norme, però, continua l’A., devono essere adattate al caso di specie e rese concrete
mediante i contenuti e le valutazioni effettuate all’interno di tali procedure.
In altri termini, la non contraddittorietà degli atti e la motivazione delle
decisioni assunte non possono essere considerati come meri adempimenti formali
ai sensi di legge, ma devono essere sostanziati all’interno di ciascuna
procedura con adeguati ed opportuni contenuti. Solo così è possibile dimostrare
che la strategia di sviluppo del territorio si basa su un’effettiva analisi dei
bisogni e delle peculiarità locali, e non su scelte di parte. Il TAR Veneto,
conclude l’A., invoca, all’interno del testo della sentenza, la necessità di
una democrazia sostanziale che deve essere rispettata in ogni atto parte di un
procedimento volto ad autorizzare la modifica dell’attuale assetto sociale,
economico o ambientale e che deve essere garantita attraverso un’attenta
analisi delle condizioni e degli interessi in gioco e con il pieno rispetto
degli obblighi e principi previsti dalla normativa.
Per completezza di esposizione è
tuttavia da segnalare che la sentenza del TAR Veneto n. 2234/2005 in commento è
stata riformata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con la decisione n. 129/2006
cit. che, ritenuta la pronuncia appellata come “scaturita da una
aprioristica opzione (di merito) di dichiarata contrarietà all’esecuzione
dell’opera pubblica”, ha giudicato fondata, tra le altre, la censura
dedotta dalle parti appellanti “di sconfinamento, da parte dei giudici
di prima istanza, dai limiti del sindacato a loro consentito, avendo gli stessi
inteso censurare non già la conformità alla legge delle adottate determinazioni
di alta amministrazione, ma il merito amministrativo delle stesse, quasi, poi,
rivendicando il ruolo di tutore oggettivo del merito amministrativo cui
competeva stabilire quali delle opere programmate dal Governo potessero (per la
loro ritenuta indispensabilità o utilità) essere realizzate e quali, invece,
non dovessero essere eseguite, perché prive di detti requisiti”.
V. anche
Cons. Stato, Sez. VI, 18.01.2006 cit.
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