Come ho già dimostrato in questo post attualmente la centrale Enel non rispetta importanti obblighi di legge.
Alcune di queste violazioni producono da anni situazioni di inquinamento anomale come quelle:
1. sulle emissioni diffuse ( es. scarico carbone nel terminale Enel) ed il loro convogliamento2. sulla mancata gestione dei transitori (fasi di accensione e riavvio della centrale) che possono produrre fenomeni anomali di emissioni dai camini soprattutto per le polveri
3. il non monitoraggio dei microinquinanti (organici ed inorganici) cancerogeni e tossici.
Le prime due violazioni possono realizzare, a carico dei responsabili della centrale Enel, le fattispecie di reati quali:
- getto di cose pericolose (emissioni diffuse per lo scarico del carbone): articolo 674 Codice Penale
- danneggiamento (emissioni diffuse e mancata gestione dei transitori): 635 Codice Penale
- omissione da peggioramento delle emissioni , fattispecie relativa al gestore che ha omesso tutte le misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo delle emissioni (comma 6 articolo 279 del DLgs 152/2006 - TU ambiente).
- violazioni prescrizioni e norme in materia di emissioni da impianti industriali (comma 2 articolo 279 del DLgs 152/2006 – TU ambiente)
La violazione relativa al non monitoraggio dei microinquinanti(cancerogeni) coinvolge anche responsabilità delle Autorità Amministrative preposte ai controlli alle immissioni (monitoraggio al suolo degli inquinanti) quindi: Provincia, Regione sotto il profilo della titolarità delle funzioni e Arpal sotto il profilo delle attuazione tecnica di dette funzioni, infine Sindaco come autorità sanitaria. Infatti in questo caso non sono stati rispettati gli obblighi ex DLgs 152/2007 relativamente al monitoraggio dei microinquinanti (articolo 5 DLgs 152/2007) e alla conseguente valutazione di qualità dell’aria (articolo 4 DLgs 152/2007) necessaria per approntare le azioni e le misure di risanamento anche intervenendo sulle singole fonti di emissione ( articolo3 DLgs 152/2007).
Ora sia relativamente al mancato monitoraggio/valutazione dei microinquinanti, sia relativamente al mancato intervento per far rispettare gli altri obblighi di legge in precedenza indicati, si può profilare a carico degli amministratori responsabili il reato di omissioni di atti di ufficio (328 Codice Penale), oltre al possibile concorso nei reati elencati sopra a carico dei responsabili dell’Enel.
Alla luce di quanto sopra risulta emblematica la recente (dello scorso aprile) condanna in via definitiva dei responsabili di Enel per le violazioni alla normativa sulle emissioni relativamente alla centrale di Porto Tolle.
In particolare la Cassazione 27/4/2011 n.16422 ha confermato, a carico degli amministratori delegati Enel, i reati di danneggiamento (635 CP), getto pericolose di cose (674 CP) e omissione dal peggioramento temporaneo delle emissioni (DPR 20371988, articoli 13.5 e 25.7). I reati si sono prescritti perché nel nostro ordinamento giuridico continua a non esserci ancora il delitto ambientale non permettendo quindi tempi di prescrizione adeguati alla lunghezza di processi complessi come quello in esame.
Ma resta comunque la ammissione di responsabilità dei responsabili della centrale di Porto Tolle e soprattutto degli amministratori delegati Enel all’epoca dei fatti incriminati, quindi sia i direttori di centrale, sia gli amministratori delegati dell'epoca dei fatti, Franco Tatò e Paolo Scaroni. E soprattutto spetterà alla Corte d'Appello civile di Venezia operare l'esatta quantificazione di tutti i danni patiti delle parti civili rimaste (associazioni ambientaliste e comitati di cittadini).
Un precedente significativo per tutte le situazioni di inquinamento prodotto dalle centrali gestite da Enel o da altri produttori.
L’accusa, accolta dalla sentenza della Cassazione, è stata quella di non aver adeguato la gestione della centrale ai limiti emissivi del DM 12/7/1990 (normativa all'epoca dei fatti in vigore ora abrogata)) e di non averla convertita a metano come previsto dalla legge regionale del Veneto 8/9/1997 n. 36 (Istituzione Parco Regionale Veneto) e dalla legge regionale 18/1999 secondo la quale dove essere presentato un piano di riconversione della centrale entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore. Sotto il profilo della responsabilità penale la Cassazione afferma: “ la scelta consapevole di non adottare le misure necessarie per adeguare gli impianti alla normativa richiamata deve essere considerata scelta di ordine strategico e non riducibile, soprattutto anteriormente alla privatizzazione del 1999, alla sfera di valutazione delle persone preposte alla gestione dell'impianto o di colui che il Sig. (omissis) aveva delegato. Non appare, dunque, coerente con le premesse di ordine generale adottate dalla stessa Corte di Appello l'affermazione secondo cui le scelte gestionali strategiche compiute negli anni 1997-1999 non sarebbero riconducibili alla sfera di responsabilità dell'amministratore delegato……. il principio dell'affidamento non può operare in favore del responsabile legale di una struttura complessa allorché la situazione pericolosa o il verificarsi di conseguenze dannose presentano continuità nel tempo, sono già stati rappresentati ai responsabili operativi e si collegano a caratteristiche strutturali degli impianti. Qualora questo si verifichi, infatti, appare del tutto illogico che il responsabile legale, sia esso soggetto che ha rilasciato deleghe specifiche o soggetto che ha compiti di controllo quale vertice del gruppo, possa limitarsi a fare affidamento proprio sulla competenza e la volontà di quelle stesse persone che avrebbero dato causa agli inconvenienti e che in modo evidente non hanno voluto o non sono stati in grado fino a quel momento di trovare adeguate risposte. In altri termini, la consapevolezza dell'esistenza di inconvenienti rilevanti e ripetuti incide sui doveri di controllo del responsabile legale e impone una sua diretta attivazione.”
Nonostante la suddetta sentenza di condanna penale per inquinamento e quella di annullamento in sede di giustizia amministrativa (Consiglio di Stato 3107/2011) della VIA e AIA positive alla riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, il Governo e poi il Parlamento e la Regione Veneto hanno modificato la legge al fine di bypassare la sentenza del Consiglio di Stato cercando di affermare il principio, molto discutibile sotto il profilo sanitario, che bruciare carbone costituisca un miglioramento significativo dell’impatto ambientale della centrale di Porto Tolle, ma soprattutto affermando un principio in chiaro contrasto con i principi della normativa sulla VIA e sull’AIA per cui la tipologia dei combustibili bruciati in un impianto prescinde dalle specificità ambientali e sanitarie di un sito.
Per una analisi approfondita dei limiti e delle possibili eccezioni di incostituzionalità di queste nuove normative si veda qui .
La vicenda di Porto Tolle non è stata chiusa dalle leggine pro Enel sopra richiamate; intanto perché comunque la procedura di VIA della centrale essendo stata annullata per carenza di istruttoria dovrà essere riaperta: le alternative al modo di gestire la centrale sono obbligatorie sia per la VIA che per l'AIA.
Allo stesso tempo è stata aperta una nuova inchiesta della magistratura veneta (Procura di Rovigo) a carico dei rappresentanti enel (amministratori delegati compresi) per come hanno fino ad ora gestito la centrale esistente. Questo nuovo filone di inchiesta si è fondato su una indagine epidemiologica osservazionale coordinata dal Prof. Crosignani, per una sintesi vedi qui (da pagine 18 in poi).
Peraltro una inchiesta simile è stata aperta dalla magistratura savonese per la centrale di Vado e anche in questo caso al Prof. Crosignani è stata affidata la perizia epidemiologica.
DALLE VICENDE DI PORTO TOLLE E DI VADO: ALCUNE DOMANDE ANCHE PER LA CENTRALE DI SPEZIA
Dalle esperienze sopra riportate si traggono domande e insegnamenti significativi anche per la centrale di Spezia.
Primo: mettendo a confronto le violazioni in atto della normativa sulle emissioni inquinanti della centrale di Spezia con la sentenza sopra esaminata, ci si chiede perché la magistratura spezzina non abbia fino ad ora aperto una inchiesta per verificare sia le suddette violazioni di legge da parte della centrale Enel spezzina sia le omissioni dei nostri amministratori locali.
Secondo: perché indagini epidemiologiche osservazionali che richiedono non anni (ma al massimo 6/8 mesi) devono essere richieste dalla magistratura? Eppure la normativa che disciplina le autorizzazioni delle centrali di cui stiamo parlando prevede la possibilità di rilasciare un Parere Sanitario da parte del Sindaco del Comune interessato territorialmente, parere che potrebbe essere tradotto in una indagine come quella prodotta su richiesta delle due procure di Rovigo e Savona.
Devo pensare che anche a Spezia, invece che le amministrazioni pubbliche elette dai cittadini, dovrà intervenire la magistratura per garantire la sicurezza dei lavoratori e la salute dei cittadini?
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