Dopo quello che sta
emergendo dalla vicenda della centrale di Savona TirrenoPower sui
"taroccamenti" degli atti autorizzatori, da parte della burocrazia
pubblica (dirigenti regionali e del ministero, commissari AIA per non parlare
degli amministratori regionali) per
nascondere, con vari artifizi tecnico amministrativi, il rischio sanitario
prodotto dalla centrale, la domanda sorge spontanea: e per gli alti impianti inquinanti quale
certezza abbiamo che anche in questo caso non si siano ripetuti gli stessi “taroccamenti”?
Io partecipai come audito
alla Conferenza dei servizi istruttoria che fu propedeutica al rilascio
dell'AIA per la centrale di Spezia e di fronte alle questioni puntuali poste da
me e dal Comitato Speziaviadalcarbone la sensazione fu di chiara e netta reticenza
non dico a recepire ma anche solo ad ascoltare. Infatti nel Rapporto Finale
della Commissione AIA propedeutico al rilascio della autorizzazione da parte
del Ministro dell’Ambiente, le nostre osservazioni (amplissime e documentate)
sono state considerate poco più di qualche riga peraltro senza dare risposte a
quasi nessuno dei rilievi puntuali posti anche per iscritto oltre che oralmente
in sede di audizione.
Certo questo non prova
nessun reato ma da il senso del clima che si respira nei luoghi del potere di
una burocrazia che pensa di avere il potere discrezionale di interpretare
leggi, analisi e dati ambientali e sanitari "adattandoli" ad esigenze che con le norme ambientali non hanno
nulla a che fare.
D'altronde è quello che
succede spessissimo con altre situazioni anche nel territorio spezzino e che
denuncio da anni nel mio blog: es. impianto di Saliceti, bonifiche del golfo,
rumori dal porto, gestione delle cave, impianti rifiuti di Cerri e di
frantumazione inerti di Lagoscuro etc.
etc.......
Non credo che quanto sopra
sia spiegabile solo ed unicamente con il teorema della “mala fede” del “dolo” e
quindi di reati che possono anche sconfinare nella corruzione. Potrà esserci anche questo e sarà compito
della magistratura penale rilevarlo ma c’è anche dell’altro.
Questo altro è forse
peggio della corruzione personale di questo o quel personaggio pubblico. La
responsabilità penale è personale ma quella politico amministrativa è
collettiva nel senso che riguarda un intero ceto dirigente che occupa questo o
quell’ente pubblico.
Quello che oggi
caratterizza la Pubblica Amministrazione titolare di funzioni in materia
ambientale e prevenzione sanitaria è spesso e volentieri l’opacità
amministrativa.
L’opacità amministrativa è
conseguenza di vari cause:
1. una
legislazione sanzionatoria che spesso mette sotto accusa più chi commette reati
cartacei di chi inquina vaste aree di un territorio;
2. una
legislazione amministrativa confusa nella ripartizione delle competenze, il
tutto aggravato recentemente dalla folle (ma penso ci sia del raziocinio dietro
questa follia purtroppo) gestione della finta abolizione delle Province, e si
sa le finte abolizioni spesso fanno più danni delle non abolizioni;
3. una
gestione dei procedimenti autorizzatori che privilegia la chiusura del
procedimento con il relativo atto che non il processo che porta all’atto;
4. una carenza
di aggiornamento professionale del ceto burocratico che deve gestire le
istruttorie di autorizzazione e di controllo ex ante ed ex post;
5. una quasi
totale assenza nelle istruttorie che portano alle autorizzazioni di impianti e
attività potenzialmente inquinanti, degli aspetti di prevenzione sanitaria.
Clamorose in questo senso nella nostra provincia spezzina sono state le vicende
della centrale ENEL autorizzata illegittimamente senza Parere Sanitario del
Sindaco “bullo” Federici o dell’impianto di trattamento rifiuti di Saliceti
rispetto al quale l’ASL locale è “desaparecida” da sempre;
6. un
sistema dei controlli pubblici (Arpal in primis) totalmente dipendente dal
livello politico: per i finanziamenti e per le modalità di nomina degli
organigrammi dirigenziali
7. una
mancanza di pianificazione dei controlli ambientali e sanitari in chiave eco
sistemica (impatti cumulativi) e non solo del singolo impianto o attività
inquinante, pianificazione che renderebbe più trasparente e più efficiente
successivamente la decisione finale sul singolo progetto, piano o programma
8. una
mancanza di rispetto delle norme sulla trasparenza e l’accesso civico
soprattutto in campo ambientale: soprattutto da parte degli enti locali,
ragione per cui occorrerebbe anche qui un ruolo di impulso della Regione
stabilendo modalità di pubblicazione uguali per tutti ad integrazione di quanto
già previsto dalla normativa nazionale;
9. una quasi
totale rimozione del ruolo del pubblico (associazioni, comitati, singole
competenze presenti nei
territori) nei processi decisionali. Le Inchieste Pubbliche pur previste non
vengono avviate neppure per i progetti più pericolosi, le osservazioni del
pubblico non vengono analizzate negli atti conclusivi, non esistono minime
regole di garanzia per la partecipazione del pubblico, non si utilizzano gli
strumenti degli accordi della sussidiarietà orizzontale ove e quando possibili.
Credo, con esclusione del
punto 1 che riguardando il sistema sanzionatorio penale è di competenza
statale, su tutti gli altri punti la nuova Regione debba assolutamente
intervenire modificando le leggi vigenti ma soprattutto promuovendo una vera e
propria politica di gestione sostenibile,
trasparente e partecipata delle funzioni
pubbliche ambientali.
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