venerdì 10 luglio 2015

Perché spostare i soldi dalla Convenzione Enel Enti locali a Piazza Verdi è illegittimo

Ieri l’ineffabile Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Spezia  relativamente allo spostamento di oltre 400.000 euro dalla convenzione Comune – Enel al progetto di Piazza Verdi ha dichiarato:
E' solo una donazione che Enel dà alla amministrazione per migliorare il livello di vita della città


Quello che afferma l’Assessore non è vero: i soldi, della Convenzione Enel - Comune della Spezia, non sono una donazione  e non sono versati per migliorare genericamente il livello di vita della città,  e ora vi spiego perché…..


LA CONVENZIONE ENEL - COMUNE È IN ATTUAZIONE DELLA DISCIPLINA DELLA  AUTORIZZAZIONE  RILASCIATA ALLA CENTRALE
I soldi previsti dalla Convenzione Enel Comune della Spezia non sono una donazione perché non si fondano su un semplice atto contrattuale che Enel in relazione alla sola centrale di Spezia ha stipulato con il Comune. Questi soldi e la convenzione che li prevede sono in attuazione di una precisa norma di legge contenuta nel titolo del testo unico ambientale (DLgs 152/2006) che disciplina il rilascio della Autorizzazione Integrata Ambientale  (di seguito AIA) cioè l’autorizzazione che è finalizzata a rendere compatibile con il sito spezzino, sotto il profilo ambientale e sanitario,  il modello gestionale della centrale a carbone.
La norma in questione dalla quale discende la Convenzione è il comma 15 dell’articolo 29quater del DLgs 152/2006, che recita: 
“ 15. In considerazione del particolare e rilevante impatto ambientale, della complessità e del preminente interesse nazionale dell'impianto, nel rispetto delle disposizioni del presente decreto, possono essere conclusi, d'intesa tra lo Stato, le regioni, le province e i comuni territorialmente competenti e i gestori, specifici accordi, al fine di garantire, in conformità con gli interessi fondamentali della collettività, l'armonizzazione tra lo sviluppo del sistema produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali. In tali casi l'autorità competente, fatto comunque salvo quanto previsto al comma 12, assicura il necessario coordinamento tra l'attuazione dell'accordo e la procedura di rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale. Nei casi disciplinati dal presente comma i termini di cui al comma 10 sono raddoppiati.” 

Risulta con chiarezza da questa norma che quindi gli accordi (cioè nel nostro caso la convenzione Enel - Comune):
1. devono vedere il coinvolgimento anche dello Stato cioè del Ministero dell’Ambiente in questo caso, quale garante della armonizzazione di cui al punto successivo
2. derivano dalla necessità di armonizzare le esigenze della azienda e le politiche del territorio considerato il rilevante impatto ambientale della centrale insieme con il rilevante interesse nazionale dell’impianto

Quindi la ratio della norma è chiarissima ci deve essere una correlazione diretta  tra gli investimenti previsti nella Convenzione e politiche ed interventi di mitigazione dell'impatto ambientale e sanitario della centrale .



LA CONVENZIONE  ENEL - COMUNE DEVE RISPETTARE LE FINALITÀ DELLA DISCIPLINA DELL’AIA
Se la Convenzione, come abbiamo visto sopra, è attuativa di una norma che disciplina l’AIA, deve rispettare i principi e le finalità di questa ultima disciplina.

Il significato della AIA è precisato chiaramente dalla legge (lettera c comma 4 articolo 4 DLgs 152/2006): “c) l'autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'allegato VIII e prevede  misure intese a evitare, ove possibile, o a  ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione  dell'ambiente salve le disposizioni sulla valutazione di impatto ambientale”.

La Direttiva 2010/75/UE dalla quale discende la disciplina nazionale dell’AIA sopra citata considera questa disciplina attuativa del principio chi inquina paga, si veda in questo senso il secondo considerando di detta Direttiva: “Per prevenire, ridurre e, per quanto possibile, eliminare l’inquinamento dovuto alle attività industriali, nel rispetto del principio chi inquina paga e del principio di prevenzione dell’inquinamento, è necessario definire un quadro generale che disciplini le principali attività industriali, intervenendo innanzitutto alla fonte, nonché garantendo una gestione accorta delle risorse naturali e tenendo presente, se del caso,  la situazione socioeconomica e le specifiche caratteristiche locali del sito in cui si svolge l’attività industriale


Quindi l’AIA si fonda sul principio chi inquina paga finalizzato sempre e comunque all’impianto (attività industriale) oggetto di questa autorizzazione anche in rapporto alla situazione socio economica locale del sito in cui si colloca detto impianto.
Principio chi inquina paga che deve essere letto in modo coordinato con il principio di prevenzione dell’inquinamento al fine di: “prevenire, ridurre e per quanto possibile eliminare l’inquinamento” dell’impianto da autorizzare.



SUL SIGNIFICATO ATTUATIVO DEL PRINCIPIO CHI INQUINA PAGA
Il principio chi inquina paga visto sotto il profilo dei principi generali del diritto ambientale non si presta mai ad una lettura in termini di mera monetizzazione della salute: della serie tu inquini quindi mi dai almeno dei soldi in cambio con cui ci faccio quello che mi pare (la donazione secondo l’Assessore spezzino sic!).

Già nel 1975 la Unione Europea (allora CEE) aveva chiarito, con la Raccomandazione del 3/3/1975 n. 75/436  le finalità del principio chi inquina paga:
1. finanziare le azioni di tutela ambientale addossando sui soggetti inquinatori i costi delle misure necessarie ad evitare o ridurre l’inquinamento;
2. contribuire alla prevenzione degli inquinamenti, inducendo gli inquinatori a ridurli.

La stessa Raccomandazione non considerava contrari al principio chi inquina paga: “i contributi finanziari  eventualmente  concessi alle collettività locali per costruire  e gestire  le installazioni pubbliche di protezione dell’ambiente i cui costi non possano essere per il momento coperti totalmente dai canoni degli inquinatori che ne facciano uso”.  

Infine a chiusura di quanto sopra si veda la definizione delle misure di compensazione  del danno ambientale alternative alle misure dirette di ripristino ambientale prevista dalla Direttiva sul risarcimento del danno ambientale.  Il punto 1.1.3 dell’allegato II alla Direttiva 2004/35/CE così definisce la riparazione compensativa del danno ambientale:
La riparazione compensativa è avviata per compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino. La compensazione consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una compensazione finanziaria al pubblico.”

Non solo ma qualora il danno ambientale prodotto da una attività inquinante non possa riportare almeno nell’immediato la situazione originaria del sito (nel nostro caso l’area attualmente comunque occupata dalla centrale a carbone) scatta la definizione di riparazione complementare del danno ambientale, così definita dal punto 1.1.1 allegato II Direttiva 2004/35/CE: “Lo scopo della riparazione complementare è di ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo, un livello di risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe ottenuto se il sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie. Laddove possibile e opportuno, il sito alternativo dovrebbe essere geograficamente collegato al sito danneggiato, tenuto conto degli interessi della popolazione colpita.

La norma è chiarissima: anche se per riparare il danno ambientale occorra intervenire in un area diversa da quella occupata dall’impianto inquinante questa deve essere scelta in modo comunque da collegarla al sito danneggiato e agli interessi della popolazione colpita.   Quindi per rimanere alla centrale a carbone spezzina ai quartieri e alle zone più colpite dalla presenza della centrale. 



CONCLUSIONI
Risulta in modo chiarissimo dalla analisi svolta sopra che:
1. la Convenzione non è un contratto una tantum tra il solo Comune di Spezia e i gestori della centrale spezzina;
2. La Convenzione è attuativa della disciplina dell’AIA;
3. la disciplina dell’AIA si fonda sul principio chi inquina paga;
4. il principio chi inquina paga esclude compensazioni meramente finanziarie per gli enti nel cui territorio sussiste la presenza della centrale;
5. le compensazioni devono prioritariamente essere finalizzate alla prevenzione, riduzione, esclusione dall’inquinamento dell’impianto autorizzato;
6. le compensazioni devono tutelare prioritariamente le popolazioni e le aree più colpite dall’inquinamento dell’impianto autorizzato.


Tutto il resto sono chiacchiere di un Assessore incompetente che se fossimo in una città e in un Paese normale sarebbe velocemente rispedito a lavorare e non a gestire la cosa pubblica!  



P.S.
Aggiungo infine che lo spostamento di questi soldi viola addirittura la stessa Convenzione Enel – Comune di Spezia,  come ho spiegato QUI

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