La Corte Costituzionale
con sentenza n°46 del 23 Marzo 2021 (QUI) è
intervenuta sulle questioni di costituzionalità, sollevate con ordinanze del
Consiglio di Stato, in relazione alla legittimità costituzionale della legge di
bilancio del 2019 che ha disciplinato ulteriormente gli accordi di
compensazioni ambientali che possono essere stipulati tra Comuni e imprese che
realizzano impianti da fonti rinnovabili.
La Corte nel decidere la questione posta dalle ordinanze del Consiglio di Stato ricostruisce la evoluzione della normativa che disciplina questa tipologia di accordi.
LA DEFINIZIONE DI FONTE
RINNOVABILE PER LA CORTE COSTITUZIONALE
La Corte ricorda, in primo
luogo, che le fonti energetiche rinnovabili (FER), definite talvolta
alternative, sono quelle forme di energia che per loro caratteristica
intrinseca si rigenerano o non sono «esauribili» nella scala dei tempi «umani»
e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le
generazioni future (sentenza n. 237 del 2020 - QUI).
IL FAVOR VERSO LE FONTI
RINNOVABILI DELLA NORMATIVA INTERNAZIONALE
La normativa
internazionale (Protocollo di Kyoto addizionale alla Convenzione-quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato l'11 dicembre 1997,
ratificato e reso esecutivo con legge 1° giugno 2002, n. 120 e Statuto
dell'Agenzia internazionale per le energie rinnovabili IRENA, fatto a Bonn il
26 gennaio 2009, ratificato e reso esecutivo con legge 5 aprile 2012, n. 48) e
quella comunitaria manifestano un deciso favor per le fonti energetiche
rinnovabili al fine di eliminare la dipendenza dai carburanti fossili (sentenze
n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n. 85 del 2012).
LA ESIGENZA DI
SEMPLIFICARE I PROCEDIMENTI PER AUTORIZZARE IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
Il preminente rilievo del
principio della massima diffusione delle energie rinnovabili, comporta, come
più volte evidenziato da questa Corte, un'esigenza di semplificazione dei
relativi procedimenti autorizzatori (sentenze n. 237 del 2020, n. 148 del 2019
- QUI, n. 177
del 2018 - QUI, e n. 275
del 2012 - QUI).
LA NORMATIVA NAZIONALE DI
SEMPLIFICAZIONE DEI PROCEDIMENTI DI AUTORIZZAZIONE PER IMPIANTI DA FONTI
RINNOVABILI
L'art. 12 del d.lgs. n.
387 del 2003 individua le regole fondamentali per la concessione
dell'autorizzazione unica per l'esercizio di impianti di produzione di energie
rinnovabili, demandandone la specificazione alle linee guida del Ministro dello
sviluppo economico.
Tale previsione è
funzionale al raggiungimento degli obiettivi di massima diffusione delle fonti
energetiche rinnovabili sancito dalla normativa europea. Questa, da un lato,
esige che la procedura amministrativa si ispiri a canoni di semplificazione e
rapidità - esigenza cui risponde il procedimento di autorizzazione unica - e,
dall'altro, richiede che in tale contesto confluiscano, per essere ponderati,
gli interessi correlati alla tipologia di impianto, quale, nel caso di impianti
energetici da fonte eolica, quello, potenzialmente confliggente, della tutela
del territorio nella dimensione paesaggistica (sentenza n. 177 del 2018).
L’INTRODUZIONE DI ACCORDI DI COMPENSAZIONE AMBIENTALE NELLE AUTORIZZAZIONI DEGLI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
Il provvedimento di
autorizzazione è adottato dalla Regione (o dalla Provincia delegata) e, secondo
quanto previsto dal comma 6 del predetto art. 12, non può essere subordinato né
contemplare misure compensative a favore della Regione o della Provincia.
Successivamente però l'art. 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239
(Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto
delle disposizioni vigenti in materia di energia) ha previsto: “… regioni, gli
enti pubblici territoriali e gli enti locali territorialmente interessati dalla
localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o
trasformazione di infrastrutture esistenti hanno diritto di stipulare accordi
con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e
riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica
energetica nazionale”. La disposizione non si applicava inizialmente agli
impianti da fonti rinnovabili ma questa lacuna è stata ritenuta
costituzionalmente illegittima da questa Corte, poiché la stessa si risolve: “nella
imposizione al legislatore regionale di un divieto di prendere in
considerazione una serie di differenziati impianti, infrastrutture ed attività
per la produzione energetica, ai fini di valutare il loro impatto
sull'ambiente e sul territorio regionale (che, in caso di loro concentrazione
sul territorio, può anche essere considerevole) solo perché alimentati da fonti
energetiche rinnovabili. Tale disposizione eccede il potere statale di
determinare soltanto i principî fondamentali della materia, ai sensi del terzo
comma dell'art. 117 Cost., determinando una irragionevole compressione della
potestà regionale di apprezzamento dell'impatto che tali opere possono avere
sul proprio territorio, in quanto individua puntualmente ed in modo analitico
una categoria di fonti di energia rispetto alle quali sarebbe preclusa ogni
valutazione da parte delle Regioni in sede di esercizio delle proprie
competenze costituzionalmente garantite” (sentenza n. 383 del 2005 - QUI).
I CRITERI OPERATIVI PER DEFINIRE IL CONTENUTO DEGLI ACCORDI DI COMPENSAZIONE AMBIENTALE PER GLI IMPIANTI DA FONTI RINNOVABILI
Con il Decreto Ministero Sviluppo
Economico 10 settembre 2010 (QUI) sono
state approvate le Linee guida per l’autorizzazione agli impianti da Fonti
Rinnovabili e all’Allegato 2 sono stati definiti i criteri per la fissazione delle misure di
compensazione.
Sul piano procedimentale, le Linee guida di tale decreto hanno stabilito che eventuali misure di compensazione devono essere definite nell'ambito della conferenza di servizi, sentiti i Comuni interessati, i quali, pertanto, non possono concordarle autonomamente con gli operatori economici, ma devono farlo nel contesto procedimentale finalizzato all'emanazione del provvedimento di autorizzazione unica.
I criteri per definire le compensazioni ambientali sono tra gli altri i seguenti:
a) non da luogo a misure
compensative, in modo automatico, la semplice circostanza che venga realizzato
un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, a
prescindere da ogni considerazione sulle sue caratteristiche e dimensioni e dal
suo impatto sull'ambiente;
b) le misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale sono determinate in riferimento a concentrazioni territoriali di attività, impianti ed infrastrutture ad elevato impatto territoriale, con specifico riguardo alle opere in questione;
c) le misure compensative
devono essere concrete e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle
specifiche caratteristiche dell'impianto
e del suo specifico impatto ambientale e territoriale;
d) secondo l'articolo 1,
comma 4, lettera f) della
legge 239 del 2004, le misure compensative sono solo
"eventuali", e correlate alla circostanza
che esigenze connesse agli indirizzi strategici nazionali richiedano
concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale.
Infine secondo la lettera
h) dell’Allegato 2 alle suddette Linee Guidale eventuali misure di
compensazione ambientale e territoriale definite nel rispetto dei criteri di
cui alle lettere precedenti non possono comunque essere superiore al 3 per
cento dei proventi, comprensivi degli incentivi vigenti, derivanti dalla
valorizzazione dell'energia elettrica prodotta annualmente dall'impianto.
Successivamente, l'art. 38, comma 10, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n. 164, ha aggiunto, tra gli enti che hanno diritto a stipulare accordi con i soggetti proponenti, anche gli enti pubblici territoriali, così peraltro confermando, pur dopo le sopra indicate Linee guida del 2010, la possibilità di accordi aventi ad oggetto misure di compensazione e riequilibrio ambientale.
LA NATURA ED EFFICACIA GIURIDICA DELLE LINEE GUIDA DEL
2010
La sentenza qui esaminata
ricorda un precedente pronunciamento della Corte Costituzionale (sentenza n°
106 del 2020 - QUI) che ha
chiarito come i regimi abilitativi degli impianti per la produzione di energia
rinnovabile sono regolati dalle Linee guida di cui al d.m. 10 settembre 2010,
adottate in attuazione del comma 10 dell'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, e
richiamate nel decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti
rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive
2001/77/CE e 2003/30/CE), ossia da atti di normazione secondaria, che
costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa
primaria. Pertanto essi rappresentano un corpo unico con la disposizione
legislativa che li prevede e che ad essi affida il compito di individuare le
specifiche tecniche che mal si conciliano con il contenuto di un atto
legislativo e che necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio
nazionale (sentenze n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012) ed hanno carattere
vincolante (sentenza n. 106 del 2020).
LE SENTENZE DELLA CORTE
COSTITUZIONALE NELLE MORE DELLA APPROVAZIONE DELLE LINEE GUIDA DEL 2010
La sentenza n° 119 del 22
marzo 2010 (QUI) ha
avuto ad oggetto una disposizione di una legge della Regione Puglia che
autorizzava la Giunta regionale a stipulare accordi nei quali, a compensazione
di riduzioni programmate delle emissioni da parte degli operatori industriali,
era previsto il rilascio di autorizzazioni per l'installazione e l'esercizio di
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili ovvero altre misure di
riequilibrio ambientale. La Corte ha ritenuto non fondate le censure mosse dal Governo
ricorrente confermando che: “devono [...] ritenersi ammessi gli accordi che
contemplino misure di compensazione e riequilibrio ambientale» e che «per
misure di compensazione s'intende, in genere, una monetizzazione degli effetti
deteriori che l'impatto ambientale determina». Ciò che non è consentito è
«l'imposizione di corrispettivo (le cosiddette misure di compensazione
patrimoniale) quale condizione per il rilascio di titoli abilitativi per
l'installazione e l'esercizio di impianti da energie rinnovabili”. Questo
condizionamento, vietato dall'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, in attuazione
dell'art. 6 della direttiva 2001/77/CE, non sussisteva nell'impugnata norma
regionale, che quindi ha superato il vaglio di costituzionalità.
Invece esito diverso ha
avuto il sindacato sulla norma di una legge della Regione Calabria, oggetto
della seconda pronuncia (sentenza n. 124 del 24 marzo 2010 - QUI), che ha
riguardato, tra l'altro, le disposizioni che stabilivano una serie di
condizioni e di oneri economici per il rilascio dell'autorizzazione unica per
l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili. In particolare si prevedeva che alla domanda di autorizzazione
fosse allegato un atto con il quale il richiedente si impegnava, tra l'altro, a
versare a favore della Regione una determinata somma per ogni KW eolico di
potenza elettrica nominale autorizzata.
Era quindi contemplata una misura di compensazione che condizionava il rilascio dell'autorizzazione. Ciò le disposizioni regionali censurate non potevano prevedere e quindi questa Corte, nel ribadire comunque, anche testualmente, i principi già affermati nella sentenza n. 119 del 2010, è giunta all'opposta conclusione della dichiarazione di illegittimità costituzionale. Siffatte misure - ha affermato la pronuncia – “si configurano quali compensazioni di carattere economico espressamente vietate dal legislatore statale”.
LA INTERPRETAZIONE DELLA
GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA SULLE NORMA CHE DISCIPLINANO GLI ACCORDI DI COMPENSAZIONE
La giurisprudenza
amministrativa ha poi chiarito che, nel contesto normativo sopra descritto, è
incompatibile un procedimento di gara ad evidenza pubblica o di tipo
concessorio, essendo il procedimento esclusivamente autorizzatorio (Consiglio
di Stato, parere n. 2849 del 14 ottobre 2008 - QUI) e che
illegittima è la previsione unilaterale di misure compensative da parte di
Comuni in delibere di Giunta recanti il disciplinare dell'attività di gestione
di areogeneratori (Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione
staccata di Bari, sentenza 1° aprile 2008, n. 709 - QUI); sono
state ritenute illegittime anche una convenzione non seguita poi dal rilascio
dell'autorizzazione unica (TAR Puglia, sezione distaccata di Lecce, sentenza 7
giugno 2013, n. 1361 - QUI) ovvero
superata da una successiva convenzione in sede di conferenza di servizi (TAR
Puglia, sezione distaccata di Bari, sentenza 24 maggio 2018, n. 737 - QUI), tutte
le sentenze del TAR Puglia citate non sono state appellata.
LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULLA QUESTIONE DI COSTITUZIONALITÀ SOLLEVATA DAL CONSIGLIO DI STATO SULLA NORMATIVA CHE DISCIPLINA GLI ACCORDI DI COMPENSAZIONE SOPRA RICOSTRUITA
La Corte considera le
norme nazionale sopra esaminate, ed in particolare quella oggetto delle
ordinanze di rinvio del Consiglio di Stato, costituzionalmente legittime per le
seguenti ragioni.
Le citate Linee guida del
2010, di natura regolamentare, segnano un netto cambiamento nell'evoluzione
della disciplina di settore nella misura in cui pongono più in dettaglio la
regolamentazione delle misure di compensazione, prevedendo criteri marcatamente
limitativi per la loro fissazione.
Sono soprattutto due le
prescrizioni che costituiscono una discontinuità rispetto al passato, tracciando
uno spartiacque temporale tra prima e dopo l'entrata in vigore delle Linee
guida.
Da una parte, si è
previsto espressamente che non è dovuto alcun corrispettivo monetario in favore
dei Comuni, ma l'autorizzazione unica può prevedere l'individuazione di misure
compensative, «a carattere non meramente patrimoniale», a favore degli stessi
Comuni. Tali misure compensative sono definite in sede di conferenza di
servizi, sentiti i Comuni interessati, anche sulla base di quanto
stabilito da eventuali provvedimenti regionali, ma non possono essere fissate
unilateralmente da un singolo Comune.
D'altra parte, le misure
compensative non possono essere comunque superiori al tre per cento dei
proventi.
Quindi non sono più stati
possibili né accordi bilaterali direttamente tra Comune (o, più in generale,
ente locale) e operatore economico, né misure compensative esclusivamente
monetarie, ossia solo per equivalente, dovendo essere invece "a
carattere non meramente patrimoniale" e quindi almeno miste, in parte
specifiche e in parte per equivalente, e con il tetto massimo pari al tre per
cento dei proventi, nonché convenute esclusivamente in sede di conferenza di
servizi per il rilascio dell'autorizzazione unica.
Per altro verso, però,
questa normativa regolamentare determinava che gli stessi operatori economici,
nel medesimo settore delle energie rinnovabili erano soggetti a regole diverse,
quanto alle misure compensative e di riequilibrio ambientale.
Costituiva, in
particolare, fattore distorsivo del mercato l'applicazione solo alle nuove
autorizzazioni e alle nuove convenzioni, successive al 3 ottobre 2010 (entrata
in vigore delle Linee Guida), delle prescrizioni relative alle misure
compensative e di riequilibrio ambientale.
Il riallineamento è infine
previsto proprio dalla censurata disposizione della legge di bilancio del 2018,
il cui fulcro è costituito dall'obbligo di revisione degli accordi - quelli di
cui all'art. 1, comma 5, della legge n. 239 del 2004, stipulati prima del 3
ottobre 2010 (data di entrata in vigore delle Linee guida) - per metterli in
linea, e quindi conformi, a queste ultime e segnatamente ai criteri contenuti
nell'allegato 2 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre
2010.
Nel loro insieme queste
misure (obbligo di revisione dei "vecchi" accordi pro futuro,
mantenimento della loro efficacia per il passato, deducibilità fiscale dei
proventi corrisposti come costi del reddito d'impresa) convergono verso
l'obiettivo, perseguito dal legislatore, a un tempo di garantire la
concorrenza, riallineando le condizioni degli operatori del settore, quanto
all'onere delle misure compensative e di riequilibrio ambientale, e altresì di
promuovere la tutela dell'ambiente e del paesaggio con misure compensative
specifiche e non già (solo) per equivalente.
Ciò assicura la
ragionevolezza complessiva della norma.
In conclusione, va
dichiarata non fondata la questione sollevata dal Consiglio di Stato in
riferimento all'art. 3 Cost.
Secondo la nuova sentenza qui esaminata non è fondata, infine, la censura che investe l'art. 1, comma 953, della legge n. 145 del 2018, rispetto all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli obblighi assunti sul piano internazionale ed europeo (ed in particolare agli artt. 6 della direttiva 2001/77/CE e 2 del Protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997 sui cambiamenti climatici), anche sotto il distinto profilo del contrasto con il preminente principio di massima diffusione delle energie rinnovabili, più volte richiamato nella giurisprudenza costituzionale (ex multis, sentenze n. 237 del 2020, n. 148 del 2019, n. 177 del 2018, n. 275 del 2012 e n. 282 del 2009). Ciò in quanto i Comuni - pur partecipando alla conferenza di servizi - non hanno alcuna competenza in ordine al rilascio dell'autorizzazione all'esercizio di impianti di produzione di energia rinnovabile, demandata dall'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 alla Regione (ovvero alla Provincia delegata), sicché il "regime" delle convenzioni in esame, frutto di un libero accordo tra le parti, non può incidere negativamente sulla massima diffusione delle energie da fonti rinnovabili, in quanto è "esterno" al procedimento di autorizzazione.
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