Concetti
sicuramente interessanti ma spesso e volentieri molto astratti. Sulla
fattibilità dei progetti che stanno dietro a queste parole d’ordine come dire
vedremo quando i Sindaci vincitore si metteranno all’opera. Ma va anche detto
che molti di questi progetti sono legati a finanziamenti esterni ai Comuni,
sono legati alla capacità di coinvolgere altre Istituzioni (Regioni, Province,
Città Metropolitane, Ministeri, istituzioni UE etc.).
Ma intanto
sarebbe interessante che i candidati non
si dimenticassero due questioni molto concrete:
1. il Sindaco ha a disposizione strumenti di
amministrazione attiva per tutelare ambiente e salute che spesso e volentieri
vengono rimossi come posso testimoniare dalle numerose vertenze ambientali sui
territori della Liguria e della Toscana che seguo da anni a fianco di comitati
di cittadini attivi
2. il modello di governo delle politiche
ambientali per fare uscire la tutela dell’ambiente e della prevenzione
sanitaria dal ghetto dove quasi sempre viene lasciata all’interno delle
Amministrazioni Comunali.
Con questo
post voglio affrontare proprio queste due questioni
1. gli strumenti di amministrazione attiva del
Sindaco in materia ambientale
2. il modello di governo delle politiche
ambientali
Intanto però
un premessa di cultura politica e istituzionale generale sulle politiche
ambientali…
QUALE CULTURA ISTITUZIONALE NEL
RAPPORTO SINDACI - CITTADINI NELLE POLITICHE AMBIENTALI
Visto che
siamo in campagna elettorale credo che prima di tutto sarebbe utile che i
candidati a Sindaco facessero una analisi molto semplici ma utile per capire le
loro reali volontà e intenzioni. Faccio un invito diretto ai candidati:
1. prendete la normativa ambientale (europea,
nazionale, regionale, regolamenti locali etc.) ....
la avete presa e letta? ...
2. fate delle schede in cui individuate tutti gli obblighi e le scadenze di legge che impegnano il Comune...
avete fatto? ...
3. sulla base delle schede definite tempi, atti amministrativi, risorse repereribili economiche e professionali per attuare gli obblighi ovviamente quelli inevasi fino ad ora (tanti fidatevi!).
la avete presa e letta? ...
2. fate delle schede in cui individuate tutti gli obblighi e le scadenze di legge che impegnano il Comune...
avete fatto? ...
3. sulla base delle schede definite tempi, atti amministrativi, risorse repereribili economiche e professionali per attuare gli obblighi ovviamente quelli inevasi fino ad ora (tanti fidatevi!).
Ma anche
questo non basta sempre rimanendo alla visione generale del candidato come
ovviamente del futuro Sindaco, vorrei che la Pubblica Amministrazione Comunale
prossima si comportasse così:
Dirigenti e amministratori
pubblici di fronte ad un rischio ambientale e sanitario non devono limitarsi a
fare i notai : "abbiamo fatto i rilievi di legge tutto a posto".
Dovrebbero invece spiegare ogni volta:
Dovrebbero invece spiegare ogni volta:
1. quali sono i rilievi di legge,
2. perchè sono fatti questi rilievi,
3. quali sostanze o impatti hanno monitorato e quali non hanno monitorato e perchè,
4. se esistono al di la delle legge protocolli più aggiornati sul monitoraggio della situazione specifica,
5. quale è la percezione sociale del rischio al di la di quello che dicono i monitoraggi burocraticamente previsti dalla legge
6. come si può rispondere al disagio manifestato anche se apparentemente i limiti di legge sono rispettati
7. se ci sono buchi nella normativa vigente che possano comportare monitoraggi non adeguati
8. quali sono rischi sanitari anche ai valori rilevati ex lege ma pure a quelli che si potrebbero rilevare etc etc.
2. perchè sono fatti questi rilievi,
3. quali sostanze o impatti hanno monitorato e quali non hanno monitorato e perchè,
4. se esistono al di la delle legge protocolli più aggiornati sul monitoraggio della situazione specifica,
5. quale è la percezione sociale del rischio al di la di quello che dicono i monitoraggi burocraticamente previsti dalla legge
6. come si può rispondere al disagio manifestato anche se apparentemente i limiti di legge sono rispettati
7. se ci sono buchi nella normativa vigente che possano comportare monitoraggi non adeguati
8. quali sono rischi sanitari anche ai valori rilevati ex lege ma pure a quelli che si potrebbero rilevare etc etc.
Insomma
occorre dare l'impressione che si sta facendo tutto quello che è possibile fare
non solo formalmente ma anche praticamente soprattutto se sono in gioco
l'ambiente la salute e la qualità della vita dei cittadini.
Fatto questo
esercizio di cultura generale nelle politiche ambientali dei futuri Sindaci
vediamo invece le due questioni poste inizialmente in questo post
GLI STRUMENTI DI AZIONE: PREVENZIONE
NELLA TUTELA DELLA SALUTE E PROCEDURA DECISIONALI A RILEVANZA AMBIENTALE
Il
rilascio del Parere Sanitario del sindaco nell’AIA
L’autorizzazione
integrata ambientale è l’atto che riguarda gli impianti più impattanti sul
territorio( industrie chimiche, impianti di gestione rifiuti, centrali
termoelettriche etc.). La disciplina di questa procedura autorizzatoria prevede
che prima del rilascio dell’AIA il Sindaco emani (anche in sede di Conferenza
dei Servizi) un Parere Sanitario ai sensi del Testo Unico delle leggi sanitarie
(articoli 216 e 217 per una analisi puntuale su questo strumento vedi QUI
https://www.slideshare.net/MarcoGrondacci/il-parere-sanitario-del-sindaco
)
Si tratta di
un atto obbligatorio quindi la mancata emanazione dello stesso costituisce un
vizio di legittimità della AIA. Nonostante posso dimostrare che in moltissime
vertenze che ho seguito questo Parere non è mai stato esercitato. Alcuni
esempi:
1. Centrale termoelettrica di spezia
2. Impianto trattamento rifiuti Vezzano ligure
3. Rigassificatore Panigaglia
4. Discarica lotto 6 Sanremo
5. Discarica rifiuti speciali anche pericolosi
ex cava Fornace MS
6. Biodigestore Ferrania SV
7. Deposito bitume SV (non era prevista l’AIA ma non c’è stato
alcun riferimento alla normativa sule industrie insalubri ex articoli 216 e 217 Testo Unico leggi
sanitarie)
8. Impianto di
stoccaggio e trattamento di rifiuti pericolosi e non pericolosi ubicato in
Genova in via Laiasso 1r;
9. Raffineria
busalla.
10. impianto riciclaggio navi
cantiere San Giorgio Genova. Qui c’è una cosa curiosa, la sentenza del TAR Liguria che ha
respinto il ricorso del Comitato Porto Aperto sul silenzio del Comune di Genova
rispetto alla istanza di avvio della procedura di verifica dell’impatto
sanitario non ha sollevato la questione del mancato Parere Sanitario del Sindaco
come previsto obbligatoriamente dalla procedura di AIA disciplinata dal DLgs
152/2006.
Richiesta
riesame AIA da parte del sindaco
Si veda in
questo senso la circolare del MATTM del 27 ottobre 2014 secondo la quale a far data
dal 11 aprile 2014, l’autorità competente procede al riesame dell’AIA nei
seguenti casi:...”In base a quanto
previsto dal co. 7 dell’art. 29-quater, il riesame può essere richiesto anche
dal Sindaco qualora lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica
e tramite un motivato provvedimento corredato dalla relativa documentazione
istruttoria e da puntuali proposte di modifica dell’autorizzazione.”.
Industrie
Insalubri
Come è noto
mentre la classificazione di una industria insalubre di prima classe è soltanto
un atto di ratifica ex lege in rapporto all’elenco ex decreti ministero sanità
(da ultimo quello del 1994), quando invece occorre applicare quanto previsto
dal comma 5 (NOTA[1])
articolo 216 del Testo unico leggi sanitarie occorre una verifica
concreta della pericolosità effettiva dell’azienda.
Non solo
ma l’ industria che abbia adottato certi accorgimenti tecnici –
o speciali cautele – che l’abbiano resa meno inquinante, o meno pericolosa, o
meno nociva per l’ambiente esterno ed il vicinato, non perde affatto le
«caratteristiche» di industria insalubre.
Quindi
occorrerebbe predisporre regolamenti e protocolli che monitorizzino in continuo
questi impianti secondo evoluzione contesto del sito, normativa, tecnologie e
modifiche gestione degli stessi
Afferma la Circolare del 19 marzo 1982, n. 19, prot. n. 403/8.2/459, Ministero della Sanità - Direzione
Generale dei Servizi di Igiene Pubblica Div. III, pag. 2 u.c: “…la
classificazione delle lavorazioni insalubri non può e non deve rimanere fine a
se stessa esaurendosi in un mero automatismo burocratico” ma occorre: “…
un esame specifico e puntuale (il quale)
non può essere realisticamente effettuato - in dettaglio - che dall’autorità
locale”. Il Ministero prosegue affermando: “E’ evidente che qualora da tale esame
risulti che le cause d’insalubrità
potenziale, che hanno determinato l’inclusione dell’attività nella Prima classe
dell’elenco, sono state eliminate o quantomeno ridotte
in termini accettabili si
applica il caso previsto dal 5° comma
dell’art. 216 T.U.LL.SS.”.
Tutto ciò
risulta ancora più necessario quando, come nel caso in esame, la attività
produce disagi di tipo ambientale e sanitario ai residenti degli edifici
limitrofi. In questo rilevano emissioni
odorigene e incendi ripetuti oltre che periodiche emissioni polverose.
Industrie
Insalubri e Poteri del Sindaco : un nuovo ruolo dell’igiene ambientale delle
asl
Per le
questioni ambientali che si protraggono nel tempo occorre cambiare rotta
Predisporre rapporti sul potenziale impatto sanitario
delle emissioni dall’impianto in oggetto, vale a dire almeno un confronto
tra:
1. Descrizione delle caratteristiche
dell’impianto, dell’area e della popolazione potenzialmente esposta. Vale
a dire: Spazi, locali, impiantistica in base alla tipologia attività, scarichi
e approvvigionamento idrico, gestione acque meteoriche, emissioni in
atmosfera, impianti aerazione, ventilazione meccanica,
condizionamento,valutazione area circostante all’impianto;
2. Valutazione del possibile impatto
dell’impianto sulla salute della popolazione. Si tratta delle procedure di c.d.
“health impact assessment” con le quali, sulla base delle conoscenze
scientifiche disponibili e considerando le relazioni esposizione-risposta già
scientificamente conosciute, si valuta quale potrà essere l’impatto sanitario atteso
dell’impianto sulla salute della popolazione;
3. Valutazione degli effetti sanitari
dell’impianto ormai operativo sulla base dei primi due punti.
Solo
sviluppando i sopra elencati tre punti si poteva comprendere: l’origine
delle emissioni odorigene prevalenti, il rischio reale per la salute dei
residenti, l’efficacia delle misure predisposte fino ad ora dal gestore
dell’impianto
Industrie
Insalubri e pianificazione urbanistica del territorio comunale
La normativa
sulle industrie Insalubri (ex Testo Unico Leggi Sanitarie del 1934) che
deve uscire dal ghetto per essere invece
inserita nella pianificazione comunale come peraltro confermato da una recente
sentenza del Consiglio di Stato (vedi QUI)
secondo la
quale se è vero che normativa nazionale sulle industrie insalubri
(articolo 216 del T.U. n.1265/1934) non prevede un divieto assoluto di
collocazione di queste negli abitati, non è precluso né illogico
fissare con norme regolamentari parametri più rigorosi di quelli rinvenibili
nell’art.216 del T.U. n.1265/1934 al fine di conseguire una più intensa tutela
della salute pubblica (Cons. Stato, V n.338/1996).
A conforto
di quanto sopra c’è la giurisprudenza amministrativa in materia. Si veda
recentemente
Consiglio
di Stato (con sentenza 27/5/2014 n.
2751) ha avuto modo di affermare autorevolmente:
1.
l’opportunità di una diversa ubicazione se l’impianto è sotto i 500 metri dagli
abitati
2. la
possibilità di ricollocare l’impianto se non corrisponde ad un adeguato livello
occupazionale comparabile con i rischi ambientali sanitari e i danni economici
alle abitazioni e ai residenti
3. la
possibilità di utilizzare le norme tecniche attuative di un piano urbanistico
comunale per stabilire distanze di
sicurezza adeguate (la sentenza fa riferimento a distanze sopra i 100 metri)
per le industrie insalubri di 1^ classe
rispetto ai confini di zone residenziali o da preesistenti edifici
destinati a residenza
Poteri del
Sindaco come Autorità Sanitaria: nella Autorizzazione Unica Ambientale
Ma il
ragionamento svolto per gli impianti più impattanti soggetti ad AIA, vale anche
per quelli soggetti alla autorizzazione minore la c.d. Autorizzazione Unica
Ambientale (AUA per il testo del regolamento vedi QUI) . Si
tratta della autorizzazione prevista per impianti più piccoli ma non meno
impattanti di quelli soggetti ad AIA: autofficine, lavorazioni inerti etc.
Il
regolamento di disciplina dell’AUA al comma 1 articolo 3 elenca le
autorizzazioni di settore assorbite dalla procedura di AIA e non si fa alcun
riferimento ai poteri del Sindaco come Autorità Sanitaria ai sensi
dell’articolo più volte citato sopra.
Quindi
restano pienamente i poteri del Sindaco in materia di industrie insalubri.
Un
regolamento comunale sulla gestione delle industrie insalubri
I comuni determinano
i criteri di localizzazione e le condizioni
per l’attivazione delle industrie classificate insalubri, nonché la disciplina del relativo procedimento.
Chiunque
intenda attivare una fabbrica o un’industria compresa nell’elenco delle industrie insalubri deve
presentare, anche su supporto informatico,
istanza almeno quarantacinque giorni prima di dare inizio alla messa in esercizio degli impianti .
L’istanza deve essere presentata all’amministrazione comunale e, in particolare, laddove costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso.
L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni dalla presentazione della stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti dalla normativa vigente.
Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e degli organismi tecnici a livello territoriale di cui intenda avvalersi.
Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste.
L’istanza deve essere presentata all’amministrazione comunale e, in particolare, laddove costituito , allo sportello unico (SUAP), corredata da documentazione idonea a descrivere il ciclo produttivo e dall’elenco delle sostanze utilizzate nel ciclo lavorativo stesso.
L’amministrazione comunale si pronuncia sull’istanza entro 30 giorni dalla presentazione della stessa, decorsi i quali l’istante può dare avvio all’attività, fatti salvi i poteri di controllo previsti dalla normativa vigente.
Ai fini dell’assunzione delle decisioni, l’Amministrazione comunale si avvale dell’ASL, dell’ARPA e degli organismi tecnici a livello territoriale di cui intenda avvalersi.
Nei casi in cui non si ravvisi la presenza di tutte le condizioni necessarie a garantire la tutela della salute pubblica, l’amministrazione comunale può vietare l’attivazione dell’industria o, subordinarla all’adozione di particolari cautele e misure atte ad assicurare le condizioni richieste. In quest’ultimo caso, il titolare dell’impianto dovrà fornire, nei termini assegnatigli, opportuna prova dell’adozione delle misure richieste.
Onere Ecologico
La normativa
sul c.d. onere
ecologico nelle pratiche di rilascio dei permessi di costruire.
Tale onere è previsto dall'articolo 19 del testo unico edilizia (vedi QUI) in relazione ad attività industriali artigianali.
Secondo
il Consiglio di Stato (Sentenza 2717 del 2014)
questo contributo va interpretato come un onere sull'impatto complessivo che
l'attività autorizzata ha su un territorio.
Secondo la sentenza:
1. il Comune può imporre, ai titolari della
attività autorizzata, nuovi oneri di tutela ambientale anche se sia già
intervenuta apposita convenzione tra gli stessi e la Amministrazione Comunale.
Non solo ma questi oneri possono riguardare ulteriori elementi oltre al
trattamento delle emissioni dovute alla attività industriale e artigianale.
2. L’onere ecologico può essere imposto anche
successivamente al rilascio del permesso di costruire
3. L’onere ecologico può essere imposto
successivamente alla firma di convenzioni o al rilascio del permesso di
costruire anche nel caso in cui l’Amministrazione Comunale non lo avesse
applicato in precedenza per errore
4. l’onere
ecologico è applicabile anche se la eventuale convenzione tra il privato
concessionato e la Amministrazione non lo prevedeva
5. l’onere
ecologico non è finalizzato ad imporre la copertura di spesa di opere che sono
comunque dovute in quanto realizzazioni di urbanizzazioni primarie“
6. l’onere
ecologico riguarda solo le attività industriali a prescindere dalle dimensioni
(rileva solo l’impatto potenziale e reale su ambiente e salute) e l’assolvimento dello stesso non comprende
quelle opere che sono comunque dovute per leggi specifiche
7. l’onere
ecologico quindi va commisurato agli effetti inquinanti complessivi che
l’attività industriale produce
Ovviamente
la applicazione dell’onere ecologico sopra descritto dovrà essere, soprattutto
nel suo ammontare, adeguatamente motivato.
Tutto ciò
apre una scommessa importante non solo per le Regioni (che devono fissare ex
lege i criteri per quantificare l’onere) ma anche per i Comuni che dovranno
meglio definire i parametri di qualità e gli obiettivi di prevenzione nella
tutela di ambiente e salute della loro circoscrizione territoriale, attraverso:
a. i loro strumenti di pianificazione del
territorio,
b. la loro attività di programmazione dei
controlli sulle attività esistenti e le modifiche delle stesse
c. la loro attività di conoscenza della
qualità dell’ambiente e dei rischi presenti nella loro circoscrizione
territoriale di competenza.
Il ruolo
del Sindaco nelle Conferenze dei Servizi
In
particolare secondo l’articolo 15-quinquies della legge 241/1990
come modificata dal nuovo DLgs 172/2016: “Contro
la determinazione motivata di
conclusione della conferenza dei
servizi, entro 10 giorni
dalla sua comunicazione, le amministrazioni preposte alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della
salute e della pubblica incolumità dei
cittadini (quindi anche il
Sindaco ndr) possono proporre
opposizione al Presidente del Consiglio
dei ministri a condizione che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio
motivato dissenso prima della
conclusione dei lavori della conferenza”.
IL MODELLO DI GOVERNO LOCALE DELLE
POLITICHE AMBIENTALI E DI PREVENZIONE SANITARIA
La
riorganizzazione degli Uffici Ambiente
1. adeguare
gli uffici ambiente: per rispondere operativamente alla tendenza della
normativa comunitaria caratterizzata da un ruolo sempre maggiore della istruttoria
tecnica nei processi decisionali
2. l’obiettivo
del punto 1 potrà essere raggiunto
non solo con l’aggiornamento e la riqualificazione professionale degli uffici
ambiente ma soprattutto creando Dipartimenti per la Pianificazione Ambientale
anche al fine di integrare le procedure e gli strumenti di controllo strategico
dell’ente locale con strumenti di contabilità ambientale e di valutazione
ambientale strategica delle scelte di fondo dell’ente. Tutto questo potrà
servire per autorizzare non solo le attività e gli impianti compatibili con la
normativa di settore o con gli strumenti di pianificazione territoriale e di
programmazione anche sovraordinati, come è avvenuto con i risultati che
sappiamo, ma anche tenendo conto degli
impatti cumulativi e della specificità ambientale e sanitaria di un dato
territorio
Coordinamento tra gli enti pubblici
In questo campo quindi occorre attuare e rendere permanenti strutture di
coordinamento sia volontarie , sia in attuazione delle norme di legge. In
questo secondo caso si pensi:
1. alla necessità di
rendere operative le strutture di coordinamento in materia di qualità
dell’aria,
2. l’ATO sui rifiuti
( affinchè eserciti realmente competenze
tecniche e poteri di vigilanza e sanzionatori) .
3. istituzione,
presso ogni Provincia / Città Metropolitana , di un Comitato provinciale di coordinamento finalizzato a garantire il necessario coordinamento tecnico
delle attività:
dei Dipartimenti provinciali
dell'ARPAL, i Servizi delle rispettive Amministrazioni provinciali e
comunali, i Dipartimenti di prevenzione
delle U.S.L.,
Sistema dei controlli pubblici
In questo campo anche per il nostro territorio i soggetti pubblici
preposti dovranno riordinare il sistema pubblico dei controlli.
Il sistema
locale dei controlli ambientali è caratterizzato dalla assoluta sporadicità dei
controlli, dalla mancanza di coordinamento tra i soggetti responsabili, dalla
mancanza di procedura di valutazione dell’efficienza dei sistemi di controllo,
dalla mancanza di integrazione tra sistema dei controlli e le procedure di
amministrazione attiva, dalla mancanza assoluta di un ruolo della prevenzione
sanitaria nelle attività di controllo.
In questo
campo occorre riprendere, adeguandoli alle diverse realtà locali, gli
indirizzi della Raccomandazione UE
2001/331/CE. Secondo questa Raccomandazione, poco conosciuta in
Italia e assolutamente non considerata nel nostro territorio, la pianificazione
dei controlli ambientali ( a più livelli: nazionale, regionale e locale) dovrà
svolgersi seguendo i seguenti criteri di
riferimento:
a. prescrizioni della normativa comunitaria
b. registro degli impianti controllati
nell’area del piano di controllo
c. valutazione stato ambiente dell’area del
Piano
d. valutazione osservazioni prescrizioni da
parte degli impianti controllati
In tal senso
quindi anche per il nostro territorio i soggetti pubblici preposti dovranno
riordinare il sistema pubblico dei controlli
in modo da
1.
distinguere i servizi competenti
alle autorizzazioni da quelli di controllo
2. pianificare i controlli per ecosistemi o
sistemi ambientali integrati
3. pianificare i controlli partendo dalla
registrazione degli impianti e attività presenti in un’area accompagnati dalla
valutazione dei problemi ambientali dell’area interessata. Si veda quanto già
indicato nella parte di 3 sui Bilanci Ambientali e l’attività di reporting di
area
NOTE
[1] “Una industria o manifattura la quale sia inserita nella prima classe,
può essere permessa nell'abitato, quante volte l'industriale che l'esercita
provi che, per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele, il suo
esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato.”
Nessun commento:
Posta un commento