Quella che segue è una prima analisi dello stato della procedura relativa al progetto di biodigestore previsto per la Provincia di Imperia e localizzato nel Comune di Taggia. In area non lontana, sotto il profilo dell'impatto cumulativo ambientale e sanitario, con l'area delle 6 discariche di rifiuti urbani in località Collette Ozotto.
IL PROGETTO DI BIODIGESTORE NELLO STUDIO DI
FATTIBILITÀ PRESENTATO PER IL PROJECT
FINANCING [NOTA1]
L’impianto individuato dallo
studio di fattibilità per il Project Financing di cui alle premesse è, in
effetti, così concepito:
a) accettazione di tutti i RSU e
assimilati a valle della raccolta differenziata, incluse le frazioni “verde” e
“organica” raccolte in modo differenziato nonché i fanghi da depurazione
civile;
b) pre-trattamento e separazione
dei materiali conferiti con una preliminare intercettazione e separazione di frazioni
valorizzabili;
c) trattamento (su più linee)
finalizzato alla valorizzazione della frazione organica, sia proveniente da raccolta
differenziata, sia proveniente dal processo di pre- trattamento;
d) valorizzazione della frazione
organica mediante:
a. digestione anaerobica e
generazione di energia elettrica dal biogas prodotto;
b. stabilizzazione/compostaggio
delle frazioni risultanti dalla digestione anaerobica;
c. produzione di due flussi
finali:
1.
compost grigio destinato a ripristini ambientali e copertura della discarica;
2. compost di qualità destinato
al mercato;
e) conferimento nella discarica di servizio dei sovvalli non
altrimenti utilizzabili. Nell’ipotesi di esercizio trentennale, il
fabbisogno di discarica era cautelativamente stimato in 1.500.000 metri cubi. Riducendo il periodo di
concessione, come stabilito nell’accordo con il Comune di Taggia, tale fabbisogno può
ragionevolmente essere contenuto nei volumi a disposizione (1.000.000 di m3[NOTA 2]). Ciò
soprattutto se si verificano le previsioni di sostenuto incremento della
raccolta differenziata e delle politiche di recupero.
LE LACUNE DEL PROGETTO CHE EMERGONO
PRELIMINARMENTE DAL RAPPORTO AMBIENTALE PER LA PROCEDURA DI VAS AL PIANO PROVINCIALE GESTIONE RIFIUTI -
PROVINCIA DI IMPERIA
Il Rapporto ambientale in
generale prevede, per quanto applicabile,
quanto previsto all’Allegato VI della Parte Seconda del decreto legislativo 152/2006
L’allegato VI tra
i vari elementi di contenuto del Rapporto
ambientale al Piano prevede di analizzare:
1. Qualsiasi
problema ambientale esistente nell’area interessata dagli interventi indicati
dal Piano (lettera d) allegato VI)
2. Le
ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è
stata effettuata la valutazione nonché eventuali difficoltà incontrate (carenze
tecniche o difficoltà da problemi specifici e dalla tecniche per risolverli)
Prima domanda: Dove sono le analisi dei problemi ambientali dell’area a cominciare dai lotti precedenti?
Il Rapporto ambientale del Piano provinciale, (pag. 10
relazione generale) afferma: “tutti i siti gravano su aree già in parte
degradate e che le operazioni di ripristino ambientale previste al termine del
servizio possono concorrere al loro risanamento complessivo.”
Operazioni di ripristino?
Quali…sono previste bonifiche dei primi 5 lotti? Dove?
Rapporto ambientale del Piano provinciale, (pag. 12
relazione generale), con
riferimento alle scelte tecnologiche
(impianto di separazione secco umido e valorizzazione delle
frazioni prodotte) afferma: “ Per quanto
riguarda le alternative, come anticipato in precedenza, esse riguardano
unicamente la localizzazione della discarica di servizio in quanto non si è
ritenuto di rimettere in discussione la strategia complessiva del Piano a suo
tempo approvato per quanto riguarda le scelte tecnologiche né la localizzazione
dell’impianto di trattamento provinciale.”
TUTTO Questo serve per collocare la discarica e ora il
biodigestore ma non per valutare
l’impatto cumulativo per non parlare di quello sanitario
A conferma di questo finto
esame delle alternative oltre a una non conoscenza delle situazioni concrete
citate si veda pagina 54 della relazione
generale dove, relativamente alle discariche di rifiuti urbani si pongo in alternativa le discariche agli
impianti di trattamento come i biodigestori la logica è sempre quella dello
smaltimento
LE VARIANTI URBANISTICHE PER IL BIODIGESTORE
Dalla relazione illustrativa al progetto preliminare di
biodigestore: “L’analisi relativa alla conformità con gli strumenti di pianificazione
territoriale non ha evidenziato particolari fattori di incompatibilità (è
comunque emersa la necessità di apportare varianti agli strumenti urbanistici).
In particolare, i siti individuati non fanno parte di aree SIC o ZPS. L’area di
Collette sottoposta a vincolo di cui alla Legge 1497/1939.”
Le varianti sono necessarie visto che una parte dell’area
è secondo il vigente piano urbanistico
comunale a destinazione agricola
La tesi dei fautori del biodigestore sarà che le
autorizzazioni costituiscono varianti automatiche ai piani urbanistici:
1. ex comma 6 articolo 208 del DLgs 152/2006 se
l’impianto verrà assimilato agli impianti di rifiuti
2. ex comma 3 articolo 12 DPR 387/2003 se l’impianto
verrà assimilato (come il biodigestore previsto per Isola del Cantone) agli impianti da fonti rinnovabili.
Premesso che l’impianto in questione è sicuramente
assoggettabile alla disciplina dei rifiuti (quindi autorizzazione ordinaria ex
articolo 208 del DLgs 152/2006 o AIA ex titolo III-bis alla Parte II del DLgs
15272006 a seconda delle quantità e qualità dei rifiuti trattati). Come afferma
recente giurisprudenza [NOTA 3]:
“Pare quindi non potersi revocare in
dubbio che le attività di compostaggio di rifiuti nonché l’attività di
trattamento anaerobico di rifiuti finalizzata alla creazione di biogas e,
dipoi, alla produzione di energia o calore, debbano essere annoverate tra le
attività di recupero dei rifiuti, la quale attività appartiene al ciclo di
gestione dei rifiuti (art. 183 lett. n D. L.vo 152/06) ed è quindi soggetta
alla relativa disciplina, nella quale è compresa la programmazione territoriale
di settore.”
Comunque due sentenze consiglio di stato 3119/2015 e
5658/2015 giocano a sfavore di questa automaticità ex lege anche considerando
l’impianto in oggetto, come sopra dimostrato,assimilabile agli impianti di
gestione rifiuti. Infatti secondo queste
sentenze il Comune mantiene potere
decisionale nel senso che la variante deve essere subordinata:
1.
paesaggio quale valore “primario”, di “morfologia del territorio”
2
.tutela della salute pubblica
3
.alla dimostrazione che esistano interessi superiori a quelli della
pianificazione urbanistica comunale
4
.rispetto obbiettivi (nazionali ed europei) di razionale gestione del ciclo dei
rifiuti
In sostanza non è sufficiente applicare la automaticità ex
lege per bypassare la mancanza di conformità urbanistica ma occorrerà svolgere
una una istruttoria adeguata non tipo
lotto 6 per capirci da parte di tutti Comuni interessati (Sanremo e Taggia in
particolare nel caso in esame), il come lo spiegano i principi affermati dalle sentenze
del Consiglio di Stato sopra citate:
1. è legittimo un piano urbanistico che ponga un divieto generalizzato in
un area del Comune ai fini di tutela ambientale e del suolo in particolare
2. la definizione di impianto nuovo o di ampliamento deve rispettare la
finalità di tutela ambientale del divieto posto nello strumento di pianificazione
urbanistica
3. i vincoli ambientali posti dallo strumento di pianificazione
legittimano la revoca di un provvedimento favorevole di VIA
4. la giurisprudenza
costituzionale su Impianti rifiuti e variante automatica al piano urbanistico
comunale
4.1. “ paesaggio quale valore
“primario”, di “morfologia del territorio” per i contenuti ambientali e
culturali che contiene, la cui tutela trova espressione diretta nei piani
territoriali a valenza ambientale o nei piani paesaggistici redatti dalle
regioni; ne risulta affievolita la competenza in ordine al governo del
territorio che non può mai legittimare la introduzione di norme che alterino la
primazia della tutela paesistica o ambientale;……..
4.2. l’art. 208 cit., introduce una
norma eccezionale che deroga, per superiori esigenze pubbliche, il normale
quadro degli assetti procedimentali e sostanziali in materia di costruzione e
gestione di impianti di smaltimento di rifiuti (anche pericolosi); da qui l’indefettibile
necessità, ex art. 14, disp. prel. c.c., di una esegesi rigorosa della norma
medesima che sia, ad un tempo, conforme agli obbiettivi (nazionali ed
europei) di razionale gestione del ciclo dei rifiuti a tutela della salute
pubblica ma al contempo rispettosa degli ulteriori valori (pure questi di
rilievo costituzionale ed europeo dianzi evidenziati) legati alla tutela del
paesaggio, dell’ecosistema e comunque espressione di interessi fondamentali che
necessitino, per la loro cura, di un livello dimensionale e funzionale
superiore rispetto a quello assicurato dalla pianificazione urbanistica
comunale; che è quanto verificatosi nel caso di specie, dove la l.r.
Piemonte n. 56 del 1977 attribuisce al PTR, oltre alla individuazione delle
reti dei servizi e delle attrezzature degli impianti di interesse sovra
comunale, alla difesa del suolo e dell’ambiente, anche la tutela dei beni
storico – artistici e ambientali, con particolare attenzione alla tutela del
paesaggio.”
RISPETTO OBBIETTIVI (NAZIONALI ED EUROPEI) DI
RAZIONALE GESTIONE DEL CICLO DEI RIFIUTI
C’è davvero bisogno di queste centrali per risolvere l’emergenza
rifiuti?
No. Per
affrontare il problema dei rifiuti, non servono le centrali a biogas da rifiuti
organici (forsu), ma un corretto piano di gestione del ciclo dei rifiuti che
rispetti in modo rigoroso l’ordine gerarchico degli interventi previsti dalla
Comunità Europea: riduzione, riuso, riciclo. Peraltro, anche la normativa
italiana prevede l’applicazione di tutte quelle iniziative dirette a favorire
prioritariamente la prevenzione e la riduzione della produzione e della
nocività dei rifiuti (D.L. 3 aprile 2006, n. 152, Art. 179, 1, )
Il ciclo di
vita delle risorse va considerato a monte (dalle politiche industriali) e a
valle (con le buone pratiche), con l’obiettivo di ridurre i rifiuti e di
ricreare i cicli che esistono in natura. Va inoltre ricordato che quasi il 50%
dei rifiuti domestici è costituito da imballaggi, tanto che l’Europa ha
registrato dei progressi sul versante dei rifiuti da imballaggio. Molti paesi,
conformemente alla Direttiva europea del 1994 e successive modificazioni sui
rifiuti da imballaggio, hanno rispettato gli obiettivi di riciclaggio, ma non
l’Italia.
Quanto alla frazione organica (umido) è necessario far funzionare
un serrato porta a porta che differenzi perfettamente l’umido da conferire in
un impianto di trattamento aerobico da cui si otterrebbe un compost di qualità.
Oggi, ben
l’89% dei rifiuti solidi urbani è riciclabile. Ad esempio il 30% è
biodegradabile (frazione umida, detta anche forsu).
Gli altri
materiali (carta, plastica, vetro, metallo, etc.) sono tutti recuperabili,
riutilizzabili, riciclabili, senza che nulla giunga in discarica per lo
smaltimento.
Necessario
sarebbe contrastare, o meglio, rendere illegale, la diffusione di prodotti che
– per cattiva progettazione industriale – non sono riutilizzabili (l’11%). Da
un punto di vista energetico, tra l’altro, il recupero con i diversi sistemi di
gestione dei rifiuti è eloquente. Nelle discariche il recupero energetico è
inesistente, col riciclaggio si ha un recupero del 60% contro il 90% che ha col
riuso. Quindi, l’obiettivo non può essere il biogas da discarica, bensì non
buttare in discarica i rifiuti
Commissione
per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento dei rifiuti del Ministero
dell’Ambiente datato 20 Aprile 2007:
....la
commissione ritiene che il problema dei rifiuti vada affrontato per stadi:
1.riduzione
- restituzione - consegna differenziata e raccolta differenziata –
2.
pretrattamento e recupero (riciclaggio )- smaltimento.
Il Piano Provinciale
di Imperia sulla gestione dei rifiuti invece è tutto incentrato sulla chiusura del ciclo con
lo smaltimento finale vedi biodigestore e sua collocazione insieme con la
discarica di servizio. rimossa la azione per stadi di cui sopra.
non
solo ma vediamo cosa affermano i principi ue in materia di gerarchia nella
gestione dei rifiuti ……
Gerarchia UE nella gestione dei rifiuti
La seguente gerarchia dei rifiuti si
applica quale ordine di priorità della normativa e della
politica in materia di prevenzione e
gestione dei rifiuti:
a) prevenzione: misure,
prese prima che una sostanza, un materiale o un prodotto sia diventato un rifiuto e quindi in primo
luogo evitare la produzione del rifiuto fin dall’inizio
b) preparazione per il
riutilizzo: cioè le operazioni di controllo, pulizia e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di
prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro
pretrattamento;
c) riciclaggio: inteso come
qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere
prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini;
d) recupero di altro tipo,
per esempio il recupero di energia: quindi qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere
ai rifiuti di svolgere un ruolo utile
sostituendo altri materiali che sarebbero
stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad
assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. L’allegato II
riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero;
e) smaltimento. L’allegato
I riporta un elenco non esaustivo di operazioni di smaltimento
Si mantiene la priorità alle operazioni di
prevenzione e recupero per materia e solo alla fine recupero di energia e smaltimento che
risultano quindi i meno prioritari e confermano un in indirizzo che vede l’incenerimento dei
rifiuti come ultima ratio messa sullo stesso piano dello smaltimento, infatti nella definizione
di smaltimento rientra anche l’operazione che ha come conseguenza secondaria il recupero
di sostanze o di energia. A conferma di ciò si veda l’articolo 12 della Direttiva dove si
conferma che lo smaltimento avviene solo dopo il recupero e alternativamente a questo
ultimo
Non a caso nella nuova definizione di
riciclaggio viene escluso il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da
utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento, il che significa che gli
stati membri dovranno impegnarsi affinché i materiali riciclabili (carta, plastica raccolti
nelle famose campane) non finiscano né in discarica né a recupero energetico .
Significativo infine è l’avere introdotto
il principio per cui la suddetta gerarchia può essere in alcune situazioni modificata ma sempre
avendo come base per la decisione il ciclo di vita in relazione agli impatti complessivi
della produzione e della gestione di flussi di rifiuti specifici.
Il nuovo articolo 179 del DLgs 152/2006
riproduce in generale quanto previsto sul punto dalla Direttiva 2008/98/CE e descritto
sopra .
Infine secondo il nuovo articolo 182bis
del DLgs 152/2006 lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non
differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto
delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al
fine di: c) utilizzare i metodi e le tecnologie più
idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
D’altronde
se, come il sottoscritto ritiene, al progetto in esame è applicabile la
disciplina dell’AIA, la nuova lettera c) del comma 16 articolo 6 del DLgs
152/2006 chiarisce in modo netto, rispetto alla versione precedente, che tra le
condizioni del rilascio dell’AIA ci deve essere il rispetto della gerarchia in
materia di gestione rifiuti come definito dalla norme UE: prima la riduzione
della produzione, poi per la parta non riducibile in ordine di priorità:
1.
riutilizzati,
2.
riciclati,
3.
ricuperati
4.
o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente
impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto
sull'ambiente.
LA LOCALIZZAZIONE DEL
BIODIGESTORE DI TAGGIA è IN CONTRADDIZIONE CON IL PIANO REGIONALE GESTIONE RIFIUTI DELLA LIGURIA SULLE SOLUZIONI IMPIATISTICHE
Si veda a Pagina 39 della relazione generale al progetto
di biodigestore di Taggia: “Il ciclo di gestione dell’organico evidenzia, invece, uno stretto
legame funzionale tra la raccolta sul territorio e la
presenza di impianti per il trattamento della frazione organica, che
costituisce elemento
indispensabile per assicurare la praticabilità e la sostenibilità economica
dell’operazione.
Per questo
motivo, nelle previsioni del Piano regionale, si terrà conto del fabbisogno di
infrastrutture
dedicate al trattamento della frazione organica, ipotizzando una loro
realizzazione nei termini che la normativa nazionale di settore individua per
gli impianti d’ambito (art.202 c. 5).”
Rispetto a questa affermazione vediamo gli obiettivi
del Piano Regionale Ligure sui Rifiuti: 1.Progressiva crescita dei risultati di raccolta
differenziata con l’obiettivo di raggiungere al 2016 la percentuale del 50%, che richiede
necessariamente una incrementata capacità di intercettazione (sistemi di raccolta
domiciliare) e trattamento della frazione organica.
2. Realizzazione entro il
2016 degli impianti di trattamento del residuo indifferenziato e
trattamento frazione organica, in fase di
progettazione a Genova ed Imperia.
3. Adeguamento delle
volumetrie degli impianti di smaltimento a Genova ed Imperia, per il periodo strettamente necessario alla
realizzazione dei sistemi di trattamento.
4. Progettazione e
realizzazione dell’impianto di trattamento del residuo post raccolta
differenziata previsto nell’Accordo di
programma per ampliamento discarica Vado Ligure, a Savona.
5. Progettazione e
realizzazione della discarica di servizio dell’impianto CDR a La Spezia.
Come si vede per Imperia non si parla esplicitamente di biodigestori
ma di impianti di trattamento senza definire tecnologia e taglia.
Qui invece si è scelto a
priori una direzione.
RISCHI PARTICOLARI NON AFFRONTATI DAL PROGETTO
PRELIMINARE
Rischio smaltimento extraregionale dei rifiuti urbani non
pericolosi
Il nuovo comma 3 dell’articolo
182 del DLgs 152/2006 prevede in generale il divieto di
smaltire i rifiuti urbani non
pericolosi in Regioni diverse da quelle dove gli stessi sono
prodotti, fatti salvi
eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti
territoriali e l'opportunità
tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza
servita lo richiedano ( non
c’è più il riferimento al criterio della salute pubblica).
N.B. Viene invece
eliminato il passaggio prima previsto dal comma 5 dell’articolo 182, secondo il
quale erano esclusi dal divieto di smaltimento extraregionale le frazioni di
rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinate al recupero per le
quali è sempre permessa la libera circolazione sul territorio nazionale al fine
di favorire quanto più possibile il loro recupero, privilegiando il concetto di
prossimità agli impianti di recupero.
Rischio
discarica di servizio all’impianto
A Pagina 86 della relazione generale al progetto di
biodigestore a Taggia si legge: “ Al di
la quindi della flessibilità dell’impianto, in grado di garantire in limiti
ragionevoli il trattamento dei rifiuti provenienti dalla raccolta della parte
indifferenziata, l’utilizzazione della discarica dipende in buona parte, oltre
che dalle azioni che saranno messe in atto per incrementare la quantità di
materiale raccolta tramite la Raccolta Differenziata, anche dalle politiche in
materia di riutilizzo dela frazione valorizzabile e degli altri sottoprodotti
in uscita dall’impianto”.
Quindi la discarica
potrebbe essere gestita anche in modo diverso da come viene prospettata
Si legge ancora a pagina
89 della relazione generale: “ 4. Peraltro, in linea prudenziale e in
considerazione della relativa innovatività del settore, atteso inoltre che
l’orizzonte di operatività è previsto tra 3-4 ani con le conseguenti incertezze
programmatorie, si ritiene opportuno specificare che, qualora per motivazioni
non dipendenti dal Gestore dell’Impianto, non sarà possibile destinare tutto o
parte della frazione valorizzabile a recupero di materia saranno oggettivamente
valutate destinazioni alternative tali da evitarne il mero smaltimento finale
in discarica”
Quali sarebbero queste
alternative ?????
IL PROGETTO PREVEDE NELLA SUA RELAZIONE GENERALE COMUNQUE UN
PIANO ATTUATIVO. QUINDI SE IL PIANO GENERALE NON HA FATTO LA VAS IL PIANO
ATTUATIVO RICHIEDERÀ UNA NUOVA VAS
Infatti la Corte Cost. con sentenza del 29/3/2013 n.58 sono sottoponibili a VAS i piani attuativi di piani urbanistici generali che non hanno avuto la VAS
A conferma ulteriore: Corte di Giustizia con sentenza 10 settembre 2015 (causa C-473/14), che ha affrontato in sede pregiudiziale
(domanda di interpretazione da parte di un giudice nazionale) la seguente
questione: Se un piano regolatore di un agglomerato urbano
metropolitano (grande regione di Atene nel caso specifico), che fissa gli
obiettivi generali, indirizzi e programmi generali per la pianificazione
territoriale e urbanistica di un’area più vasta dell’agglomerato, e che non ha
avuto precedentemente una VAS, debba comportare che in caso di
specificazione di un piano attuativo di detto piano regolatore occorra invece
la VAS.
La Corte di Giustizia
a detta domanda pregiudiziale ha così statuito: “l’adozione di un
atto contenente un piano o un programma relativo alla pianificazione
territoriale e alla destinazione dei suoli di cui alla direttiva 2001/42, che
modifica un piano o programma preesistente, non può essere dispensata
dall’obbligo di procedere ad una valutazione ambientale ai sensi di detta
direttiva sulla base del rilievo che tale atto mira a precisare e attuare un
piano regolatore introdotto da un atto gerarchicamente superiore che parimenti
non è stato oggetto di una siffatta valutazione ambientale.”
Si
veda inoltre la legge è la n.106 del 2011
Il comma 8 l’articolo 5
della legge modifica l’articolo 16 della legge 1150/1942 ( per il testo
vedi QUI) stabilendo che lo strumento attuativo di piani urbanistici già
sottoposti a valutazione ambientale strategicanon è sottoposto a valutazione ambientale strategica né a
verifica di assoggettabilità qualora non comporti variante e lo strumento
sovraordinato in sede di valutazione ambientale strategica definisca l'assetto
localizzativo delle nuove previsioni e delle dotazioni territoriali, gli
indici di edificabilità, gli usi ammessi e i contenuti piani volumetrici,
tipologici e costruttivi degli interventi, dettando i limiti e le condizioni di
sostenibilità ambientale delle trasformazioni previste. Nei casi in cui lo
strumento attuativo di piani urbanistici comporti variante allo strumento
sovraordinato, la valutazione ambientale strategica e la verifica di
assoggettabilità sono comunque limitate agli aspetti che non sono stati
oggetto di valutazione sui piani sovraordinati. I procedimenti amministrativi
di valutazione ambientale strategica e di verifica di assoggettabilità
sono ricompresi nel procedimento di adozione e di approvazione del piano urbanistico
o di loro varianti non rientranti nelle fattispecie di cui al presente comma
Quindi è chiara la ratio della norma gli
strumenti urbanistici attuativi di piani sovraordinati che non hanno avuto la
VAS devono a loro volta essere sottoposti a VAS ordinaria, proprio perché non
sono stati valutati gli impatti potenziali tra l’area interessata dal piano
attuativo e l’area vasta disciplinata dal piano generale del Comune (nel caso
ligure il PUC).
LA QUESTIONE BIODIVERSITA’
A pagina 111 della Relazione Generale al Progetto
di Biodigestore prevede che l’area SIC (normativa tutela biodiversità) è a
circa 1 km. Quindi sempre secondo la
relazione non ci sono vincoli sotto il profilo della normativa sulla tutela
della biodiversità
In realtà non
è sufficiente che l’intervento non
ricada direttamente sull’area interessata da un SIC della rete Natura 2000 per
applicare l'obbligo della Valutazione di Incidenza, le Linee Guida della UE in materia di tutela
della biodiversità per i progetti che possono insistere anche indirettamente su
siti habitat, affermano: “In linea con il
principio di precauzione non si può quindi accettare che la
valutazione non sia effettuata facendo valere che le incidenze significative
non sono certe”.
GLI IMPATTI DELLA DIGESTIONE ANAEROBICA
Per DIGESTIONE ANAEROBICA
si intende la degradazione della sostanza organica da parte di microrganismi in
condizioni di anaerobiosi. La sostanza organica viene trasformata in BIOGAS
costituito prevalentemente da metano e anidride carbonica.
L’impianto può essere
incentrato anche sulla trasformazione del biogas in biometano. Vediamo la
distinzione tra questi due:
Biogas: miscela di vari tipi di gas (per la maggior parte,
50% - 75%, metano) prodotto dalla fermentazione batterica in anaerobiosi
(assenza di ossigeno) dei residui organici provenienti da rifiuti, vegetali in
decomposizione, carcasse in putrescenza, liquami zootecnici o fanghi di
depurazione, scarti dell'agro-industria.
Biometano: biogas che ha subito un processo di raffinazione per
arrivare ad una concentrazione di metano del 95% ed è utilizzato come
biocombustibile per veicoli a motore al pari del gas naturale (o metano
fossile).
Upgrading: conversione da biogas a biometano avviene mediante un
processo di rimozione dell’anidride carbonica denominato upgrading, associato
ad un trattamento di purificazione suddiviso in diversi steps, la cui sequenza
dipende dalla tecnologia scelta per il processo; essi sono rappresentati da
deidratazione.
Trasformando il biogas in
biometano si riducono alcuni rischi come quello di esplosione, di inquinamento
da batteri.
Ma comunque, biogas o
biometano, l'impatto ambientale della digestione anaerobica più rilevante, è rappresentato dalle emissioni odorigene derivanti principalmente dai
processi fermentativi durante lo stoccaggio dei rifiuti in attesa del
trattamento, dalle fasi di pretrattamento e selezione, dalla sezione di
metanizzazione, dal processo di post-stabilizzazione aerobica e maturazione
della frazione organica digerita e dal digestato liquido prodotto dalla digestione
anaerobica.
LA QUESTIONE DEL PROJECT FINANCING E LA NUOVA DISCIPLINA DEGLI
APPALTI PUBBLICI
Finanza
di progetto e lavori pubblici
L’Anac ha spiegato che
i progetti preliminari relativi alla realizzazione di lavori pubblici o di
lavori di pubblica utilità riguardanti proposte di concessione per le quali sia
già intervenuta la dichiarazione di pubblico interesse, non ancora approvati al
19 aprile 2016, data di entrata in vigore del Nuovo Codice (D.lgs.
50/2016 e ultima modifica del 2017), devono essere
sottoposte ad una valutazione di
fattibilità economica e finanziaria.
La mancata approvazione della valutazione di fattibilità determina la revoca delle procedure avviate e degli eventuali soggetti promotori, ai quali è riconosciuto il rimborso dei costi sostenuti e documentati per l’integrazione del progetto a base di gara, lo studio di impatto ambientale e la localizzazione urbanistica.
Se i progetti preliminari hanno ottenuto l’approvazione dell’Amministrazione entro il 19 aprile 2016, continueranno ad applicarsi le vecchie regole.
La mancata approvazione della valutazione di fattibilità determina la revoca delle procedure avviate e degli eventuali soggetti promotori, ai quali è riconosciuto il rimborso dei costi sostenuti e documentati per l’integrazione del progetto a base di gara, lo studio di impatto ambientale e la localizzazione urbanistica.
Se i progetti preliminari hanno ottenuto l’approvazione dell’Amministrazione entro il 19 aprile 2016, continueranno ad applicarsi le vecchie regole.
Le proposte relative alla realizzazione
in concessione di lavori pubblici o lavori di pubblica utilità per cui, alla
data di entrata in vigore del nuovo Codice, non sia intervenuta la
dichiarazione di pubblica utilità dovranno essere nuovamente presentate.
Per le procedure per cui è stato individuato il promotore, ma non è ancora stata bandita la gara, si userà il nuovo Codice.
Per le procedure per cui è stato individuato il promotore, ma non è ancora stata bandita la gara, si userà il nuovo Codice.
È
indiscutibile quindi che al Project Financing del progetto di biodigestore di Taggia
si applica la disciplina del nuovo Codice degli Appalti Pubblici quindi anche nel nuovo codice, i livelli
di progettazione risultano modificati, tenuto conto che la progettazione
preliminare viene sostituita dalla progettazione
di fattibilità tecnica ed economica.
D’altra
parte, è proprio il progetto di fattibilità a costituire, oggi, il livello
minimo per l’inserimento delle opere all’interno degli strumenti di
programmazione.
Tornando
al project financing, quanto detto aiuta, dunque, a comprendere che, nella
nuova disciplina, punto di partenza della procedura è il progetto di
fattibilità che la stazione appaltante pone a base di gara, essendo ora
demandate all’aggiudicatario solo la progettazione definitiva e quella
esecutiva.
Su
questo aspetto si tornerà nel seguito della procedura di approvazione di questo
progetto se questa procedura dovesse andare avanti ovviamente.
[1] rapporto ambientale del Piano provinciale, (pag. 13 relazione
generale):
[2] Convenzione tra ATO rifiuti della provincia di Imperia
e il comune di Taggia per la realizzazione dell'impianto unico provinciale per
il trattamento dei rifiuti con annessa discarica di servizio nel sito di colli
in comune di Taggia
[3] TAR Piemonte, Sez. I n. 987 del 30 agosto
2012, confermato da Consiglio di Stato,
Sez. V, n. 1649, del 8 aprile 2014
Nessun commento:
Posta un commento