Importanti
conclusioni della Avvocatura della Unione Europea presentate lo scorso 16
aprile nella discussione della causa C‑71/14 in relazione ai
costi che devono essere sostenuti da cittadini e associazioni per l’accesso
alle informazioni ambientali. Le conclusioni dovranno essere recepite in apposita sentenza della Corte di Giustizia, vedi QUI.
La discussione riguarda una domanda pregiudiziale
posta alla Corte di Giustizia al fine di chiarire l’interpretazione di due
norme della Direttiva UE 2003/4 sull’accesso del pubblico all'informazione ambientale (di
seguito Direttiva, per il testo vedi QUI) secondo
i principi della Convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la
partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia
in materia ambientale.
Riassumo
in questo post schematicamente i principi, rinviando al testo completo delle
conclusioni della Avvocatura (vedi QUI) per
una analisi più approfondita.
Vediamo
quindi questi principi ovviamente applicabili anche nei nostri diritto e giurisprudenza nazionali, con due
paragrafi premessa per spiegare meglio l’oggetto della controversia…
LE NORME
EUROPEE DA INTERPRETARE
L’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva
stabilisce il principio secondo il quale l’accesso a tutti i registri o elenchi
pubblici dell’informazione ambientale e l’esame in situ di siffatta informazione
sono gratuiti.
L’articolo 5, paragrafo 2, della Direttiva consente
tuttavia alle autorità pubbliche di applicare una tassa per la fornitura dell’informazione
ambientale su richiesta, purché tale tassa non superi un importo
ragionevole.
L’articolo 6 della Direttiva richiede agli Stati membri di
procedere al riesame, in sede amministrativa e giurisdizionale, delle decisioni
delle autorità pubbliche relative all’accesso all’informazione ambientale.
LE QUESTIONI
DA INTEPRETARE SULLA BASE DELLE NORME EUROPEE
Sono
state sollevate questioni in ordine ai seguenti punti:
1. se, ai sensi
dell’articolo 5, paragrafo 2, un’autorità pubblica possa recuperare parte del
costo per la manutenzione di una banca dati che essa utilizza per rispondere a
richieste di particolari tipi di informazione ambientale e i costi generali
attribuibili alle ore lavorative del personale,
2. se gli articoli 5,
paragrafo 2, e 6 ostino a una norma nazionale secondo la quale un’autorità
pubblica può applicare una tassa per la fornitura dell’informazione ambientale
che «(…) non eccede l’importo che l’autorità pubblica ritiene essere
ragionevole», qualora la decisione dell’autorità pubblica in merito al concetto
di «importo ragionevole» sia soggetta a riesame in sede amministrativa e
giurisdizionale come previsto dalla legislazione nazionale.
I PRINCIPI
AFFERMATI DALLA AVVOCATURA DELLA UE
Distinguere la
informazione ambientale dall’accesso all’atto e/o al documento
L’articolo
5 paragrafi 1 e 2 distinguono tra la
pubblicazione di registri e banche
dati generali sulle informazioni ambientali in possesso di una Amministrazione
Pubblica dall’accesso alla singola
informazione richiesta specificamente
dal cittadino e/o associazione comitato.
La pubblicazione deve essere gratuita, l’accesso può prevedere un costo da pagare secondo i successivi
principi di seguito descritti. La
pubblicazione è obbligatoria a prescindere dalla richiesta del cittadino
associato o singolo, l’accesso solo su richiesta.
Definizione larga
di accesso a registri e banche dati
L’accesso alla singola informazione e/o documento differisce
dall’atto di raccogliere, tenere e diffondere informazioni ambientali o di
comunicare al pubblico dove trovare tali informazioni,
Definizione di
accesso alla informazione e/o documento
La informazione ambientale su richiesta del singolo cittadino,
associazione, comitato comprende sia i dati che diversi tipi di valutazione di
tali dati (quali relazioni sull’attuazione o analisi economiche). Questa
informazione/documento deve essere fornita nella forma chiesta dal cittadino
Pubblicazione
informazioni ambientali a prescindere dalle singole richieste di accesso,
attraverso Registri e Banche Dati
Gli
Stati membri devono pubblicare i registri o gli elenchi dell’informazione
ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o dai punti di informazione, con
indicazioni chiare riguardo al luogo dove tale informazione deve essere
reperita. Si intende per registro un inventario delle
informazioni ambientali detenute e mediante il quale tali informazioni possono
essere ricercate e individuate. Per contro, la banca dati è il corpus effettivo delle informazioni ambientali
detenute.
Nessun costo a carico del cittadino per la pubblicazione di registri e
banche dati
L’Autorità Pubblica non può applicare tasse per i
costi necessari a tenere e a rendere disponibili tali registri ed elenchi e le
relative banche dati contenti il corpus delle informazioni ambientali al quale tali
registri o elenchi fanno riferimento o che un richiedente chiede di esaminare
in situ.
In altri termini io cittadino e/o associazione
comitato che chiedo l’accesso alla specifica informazione documento ambientale
non posso vedermi caricato il costo della
pubblicazione di registri e tenuta banche dati.
A quali costi si deve riferire l’Autorità Pubblica per l’accesso da parte
del cittadino singolo e associato
Costi del personale necessari ai fini della
riproduzione dell’informazione ambientale richiesta (ad esempio, mediante
fotocopie o stampa dei documenti o invio degli stessi tramite email) unitamente
al costo, ad esempio, della carta, del toner e dell’uso di una fotocopiatrice.
L’attività di ricostruzione della informazione non deve incidere sui costi
dell’accesso del cittadino singolo o associato
Il mero fatto che il legislatore abbia riconosciuto,
in considerazione del suo volume e della sua complessità, che l’informazione
richiesta non possa essere immediatamente disponibile e quindi che il suo
recupero nella forma richiesta possa comportare (notevoli) oneri per l’autorità
in termini di tempo e di risorse umane non è un motivo sufficiente per
applicare una tassa al richiedente per siffatti oneri. Questi ultimi esistono
anche quando non è richiesta alcuna fornitura di informazioni e quando
l’autorità adempie gli altri obblighi di cui alla Direttiva.
Il costo da pagare applicato all’accesso da parte del cittadino singolo e
associato deve essere ragionevole secondo parametri precisi
L’articolo 5, paragrafo 2 della Direttiva, non
contiene rinvii al concetto di tassa ragionevole ai sensi del diritto
nazionale. Quindi il concetto di importo ragionevole va valutato secondo il
criteri fissati dal diritto UE. Infatti secondo i principi generali di diritto
comunitario quando i termini di una disposizione del diritto dell’Unione non
contengono alcun espresso rinvio al diritto degli Stati membri ai fini della
determinazione del significato e della portata di tale disposizione, devono
essere di norma oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e
uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della
finalità perseguita dalla normativa in questione.
In particolare in base ai parametri di diritto UE ricostruiti dall’Avvocatura
UE è ragionevole la tassa che:
1. viene fissata in base a fattori obiettivi che sono conosciuti e possono
essere controllati da un terzo;
2. viene calcolata indipendentemente dal soggetto che
chiede l’informazione e dal fine per cui tale informazione è richiesta;
3. viene fissata a un livello tale da garantire gli
obiettivi del diritto di accesso all’informazione ambientale su richiesta e
quindi non dissuade le persone dal chiedere l’accesso né limita il loro diritto
di accesso;
4. non è superiore a un importo adeguato al motivo per
cui gli Stati membri sono autorizzati ad applicare tale tassa (ossia, la
presentazione da parte di un membro del pubblico di una richiesta di fornitura
dell’informazione ambientale) e direttamente correlato all’atto di fornire tale
informazione.
5. non dipende dal soggetto che richiede la fornitura
dell’informazione né il motivo di tale richiesta, questo perché la richiesta di
fornitura dell’informazione non comporta l’obbligo per il richiedente di
dichiarare il proprio interesse
6. tiene conto del fatto che l’accesso all’informazione
ambientale, attraverso la fornitura di tale informazione, contribuisce a
sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire
il dibattito e la partecipazione del pubblico al processo decisionale in
materia e, infine, a migliorare l’ambiente
7. include i costi delle ore lavorative del personale
impiegate per la ricerca e per la produzione dell’informazione richiesta nonché
il costo della produzione di quest’ultima nella forma richiesta (che può essere
di vari tipi). Tuttavia, precisa l’Avvocatura UE, non è ammissibile che una tassa sia anche
finalizzata a recuperare le spese generali quali il riscaldamento,
l’elettricità e i servizi interni. Sebbene una parte di tali spese generali possa
essere effettivamente attribuita al processo di creazione delle condizioni che
consentono all’autorità di dare accesso all’informazione ambientale su
richiesta, dette spese (al pari dei costi per il mantenimento e per l’accesso
ai registri e agli elenchi dell’informazione ambientale) non sono sostenute
unicamente in connessione con la fornitura dell’informazione in risposta a una
richiesta specifica.
Deve essere garantito al cittadino di ricorrere ai giudici nazionali contro
decisioni delle Autorità Pubbliche degli Stati membri che stabiliscano costi di
accesso in contrasto con i principi di diritto UE
L’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della Direttiva impone
allo Stato membro di garantire lo svolgimento di un riesame (dapprima) in sede
amministrativa e (successivamente) in sede giurisdizionale della questione se
la decisione di un’autorità pubblica sul concetto di tassa ragionevole sia
conforme al significato del termine «ragionevole» ai sensi dell’articolo 5,
paragrafo 2, della Direttiva, stabilito autonomamente nell’ambito del diritto
dell’Unione. Pertanto, lo Stato membro deve garantire che la procedura di
riesame, dallo stesso prevista, consenta di valutare la ragionevolezza di una
particolare tassa in base al criterio di ragionevolezza stabilito, per tasse di
tal genere, dal diritto dell’Unione. Spetta al giudice nazionale competente
interpretare il diritto nazionale in modo tale da prevedere detto riesame.
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