Nel contestare in questo post (vedi QUI) la decisione del PM del tribunale di
Spezia di chiedere l'archiviazione dell'esposto sui miasmi dall'impianto di
trattamento rifiuti di Saliceti sostenevo questa tesi:
Nonostante
quanto affermi la richiesta di archiviazione della Procura spezzina la fattispecie ex articolo 674 del Codice
Penale appare chiaramente realizzata nel caso in esame. Infatti le molestie
quale elemento fondante il reato in esame sono state ampiamente dimostrate da
documentazione ufficiali di vari organi di vigilanza.
Peraltro
la giurisprudenza amministrativa (es. TAR Veneto Sez. III n. 741 del 3 maggio
2011 – TAR Veneto n.573 del 2014, vedi QUI) e penale (es. Cassazione
n. 37037 del 26 settembre 2012) avevano da tempo spiegato che:
1.“per dimostrare la pericolosità delle
emissioni odorigene sono sufficienti: le dichiarazioni di testi, specie se
...... consistano nei riferimenti a quanto oggettivamente percepito dagli
stessi dichiaranti";
2.
“ai fini di fondare legalmente i
provvedimenti restrittivi della attività che emette gli odori molesti possono
essere sufficienti le dichiarazioni, prodotte tramite referti medici, sulle
molestie subite dai cittadini interessati dal fenomeno, senza richiedere
ulteriori monitoraggi o indagini complesse”.
Quindi
tali dichiarazioni ripetute nel tempo c’erano e meritavano quindi una indagine
ben più approfondita da parte della Procura.
Ora arriva la notizia (vedi
QUI) che un PM, diverso da quello che
chiedeva l’archiviazione, utilizzando le informative di organi di Polizia
Giudiziaria nonché contestazioni, esposti vari, dopo anni di indagini (sembra
che indagasse dal 2011) ha iscritto nel registro degli indagati i vertici di
Acam e di Acam Ambiente ed il direttore dell’impianto di Saliceti.
Non sono un giustizialista e non dirò che è una bella notizia, scrivo
invece che è un atto dovuto!
Perché da anni il problema esiste, perché
da anni le prescrizioni autorizzatorie a questo impianto sono violate (come ho spiegato in questo post vedi QUI), perché è risultato chiaro che queste
violazioni sono dovute non solo a problemi tecnici dell’impianto ma soprattutto
alla sua pessima gestione e manutenzione. Gestione e manutenzione che non
richiedevano enormi investimenti ma solo ed unicamente una attenzione e un
rispetto verso il proprio lavoro e verso i cittadini che vivono intorno a
questo impianto da prima che venisse realizzato.
Certo anche da questa decisione del PM
nascono ulteriori dubbi sulla Procura spezzina in generale. Perché viene da chiedersi come sia possibile che in relazione
allo stesso fatto, alle stesse violazioni di leggi ed atti amministrative, alle
stesse fattispecie penali potenzialmente realizzabili, agli stessi atti di
indagine e di contestazione: due PM dello stesso tribunale arrivino a
conclusioni diametralmente opposte.
Misteri del diritto direte voi, può darsi. Ma da tecnico del diritto
ambientale ritengo la vicenda assolutamente paradossale ed inquietante , tanto
che meriterebbe una seria riflessione su come questa Procura spezzina almeno
sui reati ambientali svolge le proprie indagini anche e soprattutto in termini
di coordinamento sugli stessi reati e non solo.
UN TEMA RIMOSSO: LA SALUTE E LA COLLOCAZIONE DELLE INDUSTRIE INSALUBRI
Credo che all’interno di questa Inchiesta, ora resa pubblica, dovrà essere messo in grande rilievo anche l’aspetto sanitario o
meglio i danni alla salute che da anni decine di famiglia subiscono per i
miasmi incontrollati da questo impianto, che ex lege è una industria insalubre di prima classe, cioè quelle industrie che possono rimanere in zone abitate solo a determinate rigide condizioni di tutela preventiva della salute dei residenti.
Tutta questa vicenda al di la dei
risvolti penali e civili sopra esposti pone una ulteriore questione di grande
rilievo ambientale e sanitario. Come vengono decisi i siti di certi impianti, perché
la normativa sulle industrie insalubri nel nostro territorio è condannata ai cento anni di
solitudine come la stirpe del famoso romanzo?
Eppure come ho spiegato più
diffusamente QUI, la giurisprudenza amministrativa
(Consiglio di Stato e TAR vari) ha affermato principi chiarissimi in materia e
cioè:
1. Le distanze per impianti insalubri
possono essere valutate in base al principio prioritario della tutela della
salute arrivando anche ad una
ricollocazione se necessario
2. Gli interessi ambientali e sanitari
prevalgono su quelli economici industriali dell’impianto insalubre, se
adeguatamente motivata la comparazione
3. Le norme dei piani urbanistici
comunali possono stabilire distanze adeguate dalle residenze per gli impianti
insalubri
4. Anche se l’impianto insalubre è
stato autorizzato restano i poteri del Sindaco come massima autorità sanitaria
sul territorio.
IN QUESTA VICENDA CI SONO ANCHE ALTRI POSSIBILI PROFILI DI REATO OLTRE A QUELLO DI GETTO DI COSE PERICOLOSE
Non mi pare che nella vicenda in esame
il Sindaco di Vezzano e l'Igiene ambientale dell'ASL abbiano esercitato correttamente i propri poteri e le proprie funzioni (come ho spiegato in questo post QUI), questo
nonostante i disagi proseguano da molti anni. L’inchiesta del PM che ha portato
alla iscrizione nel registro degli indagati sopra citata è iniziata nel 2011 ma
la notizia di reato era già in atto almeno dal 2009.
Già nella autorizzazione n.12 del 2009 si
affermava che: “2.21. Il perdurare
di situazioni di fastidio potrà comportare l’applicazione di quanto previsto
dall’art. 208 comma 13 lettera b9 del DLgs 152/2006.”. Ricordo che l’articolo 208 afferma che si deve arrivare alla revoca della
autorizzazione: “….in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per
la salute pubblica e per l'ambiente” (lettera c) comma 13).
Ecco perché nel nuovo esposto, che
insieme con i cittadini interessati abbiamo presentato lo scorso luglio,
abbiamo sollevato la possibilità che oltre alla realizzazione della fattispecie
del reato di getto di cose pericolose (articolo
674 Codice Penale) si configuri, in questa vicenda, anche la
realizzazione di fattispecie come quelle:
a) ex articolo
256, comma 4 DLgs 152/2006: inosservanza delle prescrizioni contenute o
richiamate nelle autorizzazioni ad impianti di gestione rifiuti
b) ex articolo 328 Codice Penale: omissioni di atti di ufficio
relativamente al mancato e tempestivo intervento nonostante il perdurare, da
anni, del forte disagio per i numerosi cittadini residenti, oltre al possibile concorso
nei reati elencati sopra a carico dei gestori dell’impianto
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