Con Decreto Presidente del
Consiglio dei Ministri del 27 agosto 2021 (QUI) sono
state approvate le Linee Guida per la predisposizione del Piano di Emergenza Esterna e per la relativa informazione della popolazione per gli impianti di
stoccaggio e trattamento dei rifiuti.
Dal 22 agosto decorrono i 60
giorni affinché vengono predisposti da parte dei gestori degli impianti di
gestione rifiuti il Piano di Emergenza Esterno oppure, se esistente, venga
aggiornato alle nuove Linee Guida.
Le Linee Guida vanno
applicate in modo integrato con la Circolare Ministero Ambiente del 2019 che
integra, in chiave preventiva, il contenuto dei Piani di Emergenza Esterna.
Specificamente per la sola gestione del rischio incendi nello stoccaggio di rifiuti negli impianti si veda
la Circolare n°1121 del 21 gennaio 2019 (commento e testo QUI)
LA NORMATIVA PRECEDENTE
PROPEDEUTICA E INTEGRATIVA ALLE NUOVE LINEE GUIDA
L’articolo 26-bis della legge 132/2018 (QUI) ha introdotto per i gestori di impianti (esistenti e nuovi) di stoccaggio e trattamento rifiuti l’obbligo di elaborare Piani di Emergenza Interni ed Esterni. L’articolo stabiliva di rinviare ad un successivo DPCM la definizione di come redigere i suddetti piani soprattutto in funzione della gestione della emergenza dopo che l’evento incidentale si è verificato.
Nelle more del suddetto
DPCM è intervenuta la Circolare del Ministero dell’Ambiente N° 2730 DEL
13/2/2019 (QUI).
Secondo la Circolare il Piano di Emergenza Interna per gli impianti
esistenti doveva essere predisposto entro 90 giorni a partire dal 4/12/2018.
Per il Piano di Emergenza Esterno una volta inviati dal gestore al
Prefetto i dati utili, quest’ultimo deve redigerlo entro 12 messi da detto
invio.
LA CIRCOLARE DEL 2019
ANCORA UTILE PER INTEGRARE I NUOVI PIANI DI EMERGENZA ESTERNA DISCIPLINATI
DALLE LINEE GUIDA
La Circolare è ancora
utile in quanto definisce in modo puntuale il contenuto del Piano di Emergenza
Esterna in fase di elaborazione quindi preventivamente all’evento incidentale,
mentre le Linee Guida definiscono meglio il Piano in fase di gestione operativa.
In particolare secondo la
Circolare i gestori sono tenuti ad effettuare una descrizione dell’impianto
fornendo le seguenti informazioni da inviare al Prefetto:
1. Descrizione
dell’attività svolta e dei relativi processi, indicazione del numero degli
addetti;
2. Planimetria
generale dalla quale risultino l'ubicazione dell’attività, il contesto
territoriale circostante, le condizioni di accessibilità all'area e di viabilità
3. Piante in scala
adeguata degli edifici e delle aree all’aperto utilizzate per le attività
recanti l’indicazione degli elementi caratteristici: layout dell’impianto, con
identificazione
delle aree di accettazione in ingresso, delle
aree di stoccaggio e trattamento e degli impianti tecnici, degli uffici e delle
misure di sicurezza e protezione riportate nella relazione tecnica
4. Relazione tecnica
contenente tra l’altro la descrizione delle misure di sicurezza e protezione
adottate, anche in relazione alla gestione dell’impianto
5. Descrizione, dei
possibili effetti sulla salute umana e sull’ambiente che possono essere
causati da un eventuale incendio, esplosione o
rilascio/spandimento;
6. Descrizione delle
misure adottate nel sito per prevenire gli incidenti e per limitarne le
conseguenze per la salute umana, per l'ambiente e per i beni;
Molto interessante è il punto 5 che lega la
prevenzione ed eventualmente la gestione dell’evento incidentale non solo ad
una generica tutela dell’ambiente circostante l’impianto ma anche alla tutela
della salute pubblica e quindi al rischio che l’evento incidentale se si
verificasse possa produrre un danno ad essa.
QUALI IMPIANTI DI
RIFIUTI DEVONO PREDISPORRE IL PIANO DI EMERGENZA ESTERNO
Secondo le premesse alle
Linee Guida le stesse sono applicabili agli impianti che effettuano stoccaggio
dei rifiuti:
1. ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. aa) del d.lgs.
152/2006: “aa)
"stoccaggio": le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni
di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 [NOTA 1] dell'allegato B alla parte quarta del presente Decreto, nonché le attività di
recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di rifiuti di cui al
punto R13 [NOTA 2] dell'allegato C alla medesima parte quarta”.
2. agli impianti che svolgono uno o più operazioni di
trattamento dei rifiuti ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. s) del d.lgs.
152/2006: “s) comma 1 articolo 183: s)
"trattamento": operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima
del recupero o dello smaltimento; “
3. nonché ai centri di raccolta comunali e
intercomunali, autorizzati secondo le modalità previste dal medesimo decreto.
Sostanzialmente, quindi, si applica a quasi tutti gli impianti di gestione rifiuti.
Sono esclusi soltanto gli impianti assoggettati alla normativa c.d. Seveso (versione III) disciplinata in Italia dal D. Lgs. 105/2015 “Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose”.
PIANIFICAZIONE
PROVINCIALE
Le linee guida prevedono
una pianificazione provinciale, basata su un modello di intervento generale,
che viene attivato in seguito ad eventi incidentali occorsi nei singoli
impianti, tempestivamente segnalati, con le modalità previste, dal gestore al
prefetto.
RIPARTIZIONE COMPETENZE
Il gestore, che deve
predisporre il piano di emergenza interno (PEI), ha l’onere di trasmettere al
Prefetto competente per territorio tutte le informazioni e gli elementi utili
per l’elaborazione del piano di emergenza esterno (PEE), tenendo conto altresì
dei contenuti del PEI stesso.
Il Prefetto, una volta
definito il Piano, lo comunica nelle forme ritenute opportune al Comune/i
interessato/i, eventualmente insieme ai Piani operativi, se presenti, relativi
agli impianti medesimi.
Ai fini del coordinamento
fra PEE e i piani comunali di protezione civile in essere, il PEE medesimo, per
la parte relativa agli impianti la cui area di attenzione interessa il Comune
/i in argomento costituisce allegato al piano di protezione civile comunale.
RISCHI INCIDENTALI DA
PREVENIRE CON IL PIANO DI EMERGENZA ESTERNO
I rischi da valutare e
limitare preventivamente non sono solo quelli classici relativi ad incendi ed
esplosioni ma anche quelli relativi a fughe di biogas e la dispersione di
sostanze pericolose nell’ambiente comprese le falde
DEFINIZIONE DELL’AREA
POTENZIALMENTE INTERESSATA DALL’INCIDENTE
Le linee guida danno una
definizione precisa di questa area come Distanza di Attenzione così descritta: “la
massima distanza tra il confine dell’area su cui insiste l’impianto di
stoccaggio e/o trattamento dei rifiuti ed il confine dell’area di pertinenza
dei bersagli sensibili o l’estremità degli elementi rilevante (es. corso
d’acqua, autostrada, ecc.), per la quale l'impatto di un incendio potrebbe
ritenersi non trascurabile in termini di effetti sulla salute umana e
sull'ambiente e tale da richiedere provvedimenti di ordine pubblico; in
particolare, quindi, definisce l’ambito per la identificazione degli elementi
territoriali sensibili (es. scuole, ospedali, corsi d’acqua, grandi vie di comunicazione,
recettori ambientali, ecc)” Le linee guida nel dare questa definizione
parlano di “incendio” ma in realtà precisano che il rischio di incidente
riguarda anche le sostanze pericolose e l’incendio è stato preso solo come
scenario di riferimento più facile da definire in linea guida generali come
quelle qui descritte.
La Distanza di Attenzione
cambia secondo la elaborazione dell’Incide di Rischio calcolato secondo la
metodologia indicata nella Parte B delle Linee Guida.
Ma la distanza effettiva da prendere in considerazione in caso di incidente e all’interno della quale vanno adottate le misure di protezione, possono essere definite dalle decisioni assunte nell’ambito del PCA in funzione dello sviluppo dello scenario di evento. Il PCA (posto di coordinamento avanzato) è il posto del coordinamento operativo sul luogo dell’incidente, coordinato dal Direttore Tecnico dei Soccorsi [NOTA 3] che si avvale della collaborazione dei responsabili sul posto degli altri settori di intervento (Soccorso Sanitario, Ordine e Sicurezza Pubblica, Viabilità, Ambiente, assistenza alla popolazione).
Questo dimostra come la
definizione dell’area di possibile impatto in caso di incidente debba essere
interpretata, secondo il principio di precauzione, nel modo più ampio possibile
in sede di redazione del Piano di Emergenza Esterno
ESCLUSIONE DALL’OBBLIGO DEL PIANO DI EMERGENZA ESTERNO
Secondo le Linee Guida il
Piano non è necessario quando l’Indice di Rischio è pari a zero oppure le aree
di potenziale impatto non escano dal perimetro dell’impianto.
BONIFICA E RIPRISTINO
DEL SITO E/O DELL’AREA INQUINATA DALL’INCIDENTE
L’intervento finale di
bonifica e ripristino, consiste nel riportare il sito interessato dagli effetti
ambientali dell’evento incidentale occorso nell’impianto di trattamento o
stoccaggio di rifiuti, alle condizioni precedenti di utilizzo e permette
all'ecosistema colpito di riprendere la normale funzionalità.
Le procedure e i limiti degli
inquinanti da rimuovere sono quelle della disciplina delle bonifiche di cui al
titolo V parte IV del DLgs 152/2006 (QUI).
INFORMAZIONE DELLA POPOLAZIONE
Secondo le Linee Guida la
informazione prevista dal Piano di Emergenza Esterno deve essere prima di tutto
preventiva, infatti, come affermano le Linee Guida: “Gli effetti attesi
sulla popolazione in conseguenza di un evento incidentale possono essere più o
meno gravi, a seconda che i cittadini siano stati o meno preventivamente
informati in ordine ai rischi presenti sul territorio e alle misure di
protezione pianificate e concretamente realizzate”.
L’attività di informazione
alla popolazione, sia preventiva che a seguito di evento incidentale, è
affidata al Sindaco quale autorità locale di Protezione Civile anche con il
supporto delle altre istituzioni presenti sul territorio, compresa la Provincia,
in relazione alle specifiche competenze tecniche ed amministrative.
[NOTA 1] D15 Deposito preliminare prima di una delle operazioni
di smaltimento di cui ai punti da D1 a D14, prima della raccolta, nel luogo in
cui sono prodotti). Viene escluso il deposito temporaneo che non rientra
nelle attività di gestione rifiuti autorizzabili.
[NOTA 2] R13 Messa in riserva di rifiuti per
sottoporli a una delle operazioni di recupero indicate nei punti da R1 a R12
(escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono
prodotti)
[NOTA 3] Responsabile operativo appartenente al Corpo Nazionale dei VVf, come definito dalla Direttiva del Capo del Dipartimento della protezione civile del 2 maggio 2006 e dalla Direttiva PCM del 3 dicembre 2008.Esso opera anche ai sensi dell’art. 24 del dlgs 139/06.
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