mercoledì 24 giugno 2020

La Cassazione penale sul divieto caccia nei siti di tutela della biodiversità


La Cassazione in sede penale con sentenza n° 14246 del  11 maggio 2020 (QUI) è intervenuta sulla questione della applicabilità delle sanzioni penali in materia di divieto di caccia, previste dalla normativa sulle aree protette (QUI) e sulla caccia (QUI), anche ai siti di tutela della biodiversità: zone umide, le zone di protezione speciale, le zone speciali di conservazione ed altre aree naturali protette così come disciplinate dalle Direttive 1992/43/CEE (QUI) e 79/409/CEE (QUI) e norme nazionali attuative.



IL DIVIETO DI CACCIA NEI PARCHI  E AREE PROTETTE NAZIONALI E REGIONALI
1. secondo le lettera a) ed f) comma 3 dell’articolo 11 legge 394/1991 (aree protette) è fatto divieto:
a) la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali;…
f)  l'introduzione, da parte di privati, di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati;…”
2. secondo il comma 6 articolo 22 legge 394/1991: “6. Nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali regionali l'attività venatoria è vietata, salvo eventuali prelievi faunistici ed abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici. Detti prelievi ed abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del parco o, qualora non esista, alle direttive regionali per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'organismo di gestione del parco e devono essere attuati dal personale da esso dipendente o da persone da esso autorizzate”.
3. secondo la lettera b) comma 1 articolo 21 legge 157/1992: “b) l'esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi naturali regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali. Nei parchi naturali regionali costituiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le regioni adeguano la propria legislazione al disposto dell'articolo 22, comma 6, della predetta legge entro il 1 gennaio 1995, provvedendo nel frattempo all'eventuale riperimetrazione dei parchi naturali regionali anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 32, comma 3, della legge medesima;”.
4. secondo la lettera c) comma 1 articolo 21 legge 157/1992 (legge quadro caccia): “c) l'esercizio venatorio nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nei centri di riproduzione di fauna selvatica, nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica;”.



SANZIONI PENALI PER VIOLAZIONE DIVIETO CACCIA NELLE AREE PROTETTE
Secondo il comma 1 articolo 30 sempre della legge 394/1991 chi viola il suddetto divieto è: “punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire duecentomila a lire venticinquemilioni. Le pene sono raddoppiate in caso di recidiva.”.

La Cassazione nella sentenza in esame ricorda inoltre che l’articolo 30 suddetto: “…sanziona altresì penalmente, da un lato, la violazione delle misure di salvaguardia adottate, ai sensi dell’art. 6, con riguardo alle aree da proteggere di nuova individuazione, misure efficaci sino alla formale istituzione dell’area (art. 6, comma 2) ed eventualmente anche successivamente sino all’entrata in vigore della disciplina specifica di ciascuna area protetta (art. 8, comma 5); d’altro lato, una volta istituite le aree e prima dell’approvazione del relativo regolamento, si prevede altresì tutela penale per la violazione dei divieti previsti dall’art. 11 della legge (art. 6, comma 4).”.



SANZIONI PER VIOLAZIONI DEL DIVIETO DI CACCIA ESTENDIBILI ALLE AREE PROTETTE DIVERSE DAI PARCHI NAZIONALI
Secondo il comma 7 articolo 30 legge 394/1991 le sanzioni penali per violazioni del divieto di caccia: “…si applicano anche nel caso di violazione dei regolamenti e delle misure di salvaguardia delle riserve naturali statali.”.
Non solo ma in relazione alle aree protette regionali il comma 8 articolo 30 legge 394/1991  prevede che le sanzioni penali per violazione del divieto di caccia: “…si applicano anche in relazione alla violazione alle disposizioni di leggi regionali che prevedono misure di salvaguardia in vista della istituzione di aree protette e con riguardo alla trasgressione di regolamenti di parchi naturali regionali.”.



AREE PROTETTE E SITI DI TUTELA DELLA BIODIVERSITÀ
La sentenza della Cassazione ricorda che il concetto di "aree naturali protette" è più ampio di quello comprendente le categorie dei parchi nazionali, riserve naturali statali, parchi naturali interregionali, parchi naturali regionali e riserve naturali regionali, in quanto ricomprende anche le zone umide, le zone di protezione speciale, le zone speciali di conservazione ed altre aree naturali protette ,  così come confermato dalle seguenti sentenze della Cassazione: Sez.  3, n. 14488 del 28/09/2016,   Sez.  3 n. 44409 del 07/10/2003.
Non solo ma la Deliberazione Ministero Ambiente del 2 dicembre 1996 (QUI) all’articolo 1  classifica come aree protette ai sensi della legge 394/1991 anche:
f)  zona  umida  di   importanza  internazionale  (ai  sensi  della convenzione  di  Ramsar,  di  cui al  decreto  del  presidente  della Repubblica n. 448 del 13 marzo 1976);
g) zona  di protezione  speciale (ZPS),  (ai sensi  della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici);
h) zona speciale di conservazione  (ZSC), (ai sensi della direttiva 92/43/CEE  relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche);”.



CONDIZIONI PER APPLICARE IL DIVIETO DI CACCIA NEI SITI PER LA TUTELA DELLA BIODIVERSITÀ

1. Non esiste un divieto assoluto di caccia nei siti di tutela della biodiversità
Il Decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS)” (QUI),  non prevede, tuttavia, il divieto assoluto di caccia nei siti stessi né, conseguentemente, il divieto di introdurvi armi.
L’art. 5 del decreto, infatti, demanda a regioni e province autonome di prevedere divieti parziali all’esercizio dell’attività venatoria anche per le ZPS, quindi in queste aree saranno le Regioni a regolamentare il divieto di caccia che invece per i parchi nazionali è assoluto e per i parchi regionali è ammesso solo in relazione al prelievo selettivo.

2. Il divieto di caccia, nei siti di tutela della biodiversità, si applica secondo la regolamentazione regionale
Quindi secondo la sentenza della Cassazione in generale: “Stante anche la necessità del rispetto del principio di tassatività che vige in materia penale, la conseguenza – a parere del Collegio – è che non siano nella specie applicabili le sanzioni penali previste, nei soli casi più sopra individuati, dall’art. 30 l. 394/1991”.
Aggiunge però la Cassazione che, nel caso esaminato, l’ordinanza della Regione impugnata attesta che: “… l’art. 14 del calendario venatorio regionale 2019/2020, salvo eccezioni che nel caso di specie non rilevano, vieta espressamente l’attività venatoria nel sito protetto in cui il ricorrente è stato sorpreso.”;  quindi aggiunge la Cassazione: “sussiste il fumus del reato di cui all’art. 30, comma 1, lett. d, in relazione al divieto posto dall’art. 21, comma 1, lett. b) e/o c), l. 157/1992, dovendo ritenersi che le suddette aree protette rientrino nel concetto di  parchi naturali regionali o  riserve naturali in cui, conformemente alla disciplina in materia, è vietata la caccia, o, quantomeno, nelle oasi di protezione”.

3. La tabellazione dei perimetri delle aree protette ai fini della applicazione del divieto di caccia non serve ex lege solo per i parchi nazionali
Secondo la sentenza della Cassazione in esame: “solo i parchi nazionali, essendo stati istituiti e delimitati con appositi provvedimenti pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, non necessitano della tabellazione perimetrale prevista dall’art. 10 della legge n. 157 del 1992 al fine di individuarli come aree in cui non si può svolgere l’attività venatoria, gravando in tal caso su chi esercita la caccia l’individuazione dei confini dell’area protetta all’interno della quale si configura il reato di cui all’art. 30, comma 1, lettera d), della richiamata legge n. 157;”.

4. La prova della conoscenza della tabellazione perimetrale nei parchi non nazionali
Secondo la sentenza della Cassazione in esame: “la prova della conoscenza deve risultare in base ad elementi di fatto quali, esemplificativamente, la conoscenza della zona dovuta al dimorare nella medesima o in luoghi prossimi ad essa, l’abituale esercizio della caccia in quei siti, la preesistenza di cartelli successivamente rimossi o danneggiati, magari proprio per eludere il divieto normativo e, in genere, le peculiari modalità dell’azione…”.
Nel caso esaminato dalla sentenza della Cassazione: “l’ordinanza reputa sussistente la prova della conoscenza in base al fatto che la perimetrazione della zona ZPS in cui la caccia era vietata risultava dalla cartografia pubblicata sul sito Internet richiamato nel piano venatorio faunistico regionale…”.


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