mercoledì 24 giugno 2020

Responsabilità del Sindaco nella gestione illecita dei rifiuti e delle industrie insalubri


La Cassazione con sentenza n° 13121 del 28 aprile 2020  (QUI) interviene in relazione al ricorso contro la sentenza di condanna di un Sindaco per il reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) e comma 2 del Dlgs. 152/06 per avere depositato in modo incontrollato rifiuti non pericolosi vale a dire senza autorizzazione specifica con particolare riferimento alla responsabilità istituzionale visto che trattasi di centro comunale dove venivano temporaneamente depositati rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata in vista del successivo recupero e trattamento.
 
NO A RESPONSABILITÀ GESTIONALI DIRETTE DEL SINDACO
Secondo la Cassazione nella sentenza in esame risulta fondata la critica del ricorrente: “sulla immotivata attribuzione della responsabilità del sindaco, siccome elaborata in assenza di ogni spiegazione in ordine alla riconduzione al medesimo della gestione del sito, nonostante i noti principi relativi alla separazione del piano amministrativo e politico anche nell’ambito degli enti comunali.”. 

Recita l’articolo 107 del Testo Unico Enti Locali:
1. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo.
2. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97 e 108.”

Quindi il Sindaco non ha poteri ne di autorizzazione ne di vigilanza controllo personali su impianti di gestione rifiuti, premesso peraltro che i centri comunali come quello della sentenza in esame non richiede autorizzazione ambientale specifica se non la iscrizione all’Albo Gestori Ambientali per chi lo gestisce (se società) ed il rispettivo della normativa tecnica di settore.


QUALI RESPONSABILITÀ PENALI DEL SINDACO
La sentenza della Cassazione in esame afferma che: “… la responsabilità del Sindaco o va rinvenuta in concreto, in ragione della adozione diretta di iniziative idonee a determinare un effettivo contributo alla gestione incriminata, oppure, in presenza di una gestione effettuata attraverso soggetti interposti, viene in rilievo attraverso il dovere di attivazione del sindaco allorché gli siano note situazioni, non derivanti da contingenti ed occasionali emergenze tecnico-operative, che pongano in pericolo la salute delle persone o l'integrità dell'ambiente”.

Il Sindaco, quindi, non è responsabile penalmente della gestione dell’impianto per mancata autorizzazione come nel caso in esame, o per mancato rispetto delle prescrizioni di detta autorizzazione. Però come risulta con chiarezza dalla passaggio da ultimo riportato della sentenza in esame, può essere responsabile per non essersi attivato in caso di situazione manifeste  di rischio ambientale e per la salute pubblica dalla cattiva gestione dell’impianto.
Il riferimento qui è ai poteri di Autorità Sanitaria ai sensi della normativa sulle industrie insalubri (QUI), ma anche di ordinanza  contingibile ed urgente ai sensi del comma 5 articolo 50 (QUI) testo unico enti locali, per non parlare dell’obbligatorio Parere sanitario all’interno della procedura di rilascio delle Autorizzazioni Integrata Ambientali (AIA) soprattutto quando l’impianto da autorizzare riguarda area con criticità sanitarie manifeste ma rimosse appunto dal Sindaco (QUI). 
Il reato classico in questo caso è quello di omissioni di atti di ufficio oltre che il concorso in altri reati ambientali come ad esempio quello di inquinamento ambientale.

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