La Corte di Giustizia, con sentenza 28 maggio
2020 causa C535/18 (QUI),
interviene sulla interpretazione di due articoli della Direttiva quadro sulla VIA (Direttiva 2011/92/UE - [NOTA 1]):
- articolo 6 sul dovere di consultazione del pubblico nel procedimento di VIA
-
articolo 11 sul dovere degli stati membri di mettere il pubblico in
condizione di ricorrere ad organo giurisdizionale contro decisioni sulla VIA
ritenute lesive di un loro diritto
La
sentenza interpreta anche la Direttiva quadro sulla tutela delle acque
2000/60/CE [NOTA 2] in relazione al rispetto degli obiettivi ambientali per impedire il
deterioramento delle acque superficiali
e sotterranee secondo l’articolo 4 di detta Direttiva.
La
sentenza affronta una serie di questioni pregiudiziali [NOTA 3] sollevate dal giudice nazionale (il caso nasce in Germania) che si descrivono
di seguito distintamente compresa la decisione interpretativa della Corte di
Giustizia:
PRIMA QUESTIONE
PREGIUDIZIONALE:
“Se l’articolo 11, paragrafo 1, lettera
b), della direttiva [2011/92] debba essere interpretato nel senso che sia ad
esso conforme una norma nazionale, in base alla quale un ricorrente, che non
sia un’associazione ambientalista riconosciuta, possa agire ai fini
dell’annullamento di una decisione per vizi procedurali nel solo caso in cui il
vizio gli abbia impedito la partecipazione, prevista dalla legge, al processo
decisionale.”
Oggetto
della controversia nazionale è in relazione alla decisione di approvare un
tratto di autostrada. In tale processo
decisionale è risultato che prima dell’adozione della decisione controversa,
nessuna documentazione concernente l’impatto del progetto sulle acque e il
rispetto degli obblighi derivanti, in particolare, dall’articolo 4 della
direttiva 2000/60 è stata resa accessibile al pubblico. Neppure sono stati resi pubblici i controlli
sui corpi idrici interessati dal progetto svolti prima della decisione. Al
contempo rileva il giudice nazionale che la decisione finale, nonostante dette
lacune procedurali, ha comunque rispettato l’articolo 4della Direttiva 2000/60
imponendo limiti di tutela dei corpi idrici.
Quindi,
conclude la Corte di Giustizia UE sulla prima questione pregiudiziale,
occorre rispondere alla prima questione sollevata dichiarando che l’articolo
11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che consente agli Stati
membri di prevedere che, qualora un vizio procedurale che inficia la decisione
di autorizzazione di un progetto non sia tale da modificarne il senso, la
domanda di annullamento di tale decisione sia ricevibile soltanto se
l’irregolarità di cui trattasi abbia privato il ricorrente del suo diritto di
partecipare al processo decisionale in materia ambientale, garantito
dall’articolo 6 di tale direttiva.
SECONDA QUESTIONE
PREGIUDIZIALE: “se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a),
della direttiva 2000/60 debba essere interpretato nel senso che osta a che il
controllo del rispetto degli obblighi da esso previsti possa intervenire
soltanto dopo che il progetto è stato autorizzato.”
La
Corte di Giustizia ricorda che risulta che, nel corso della procedura di
autorizzazione di un progetto, e quindi
prima dell’adozione della decisione, le autorità competenti sono tenute, in
forza dell’articolo 4 della direttiva 2000/60, a controllare se tale progetto
possa comportare effetti negativi sull’acqua che siano contrari agli obblighi
di impedire il deterioramento e di migliorare lo stato dei corpi idrici
superficiali e sotterranei. Tale disposizione osta, di conseguenza, a che un
siffatto controllo intervenga soltanto dopo tale momento. Quindi, conclude
la Corte di Giustizia sulla seconda questione, l’articolo 4 della direttiva
2000/60 deve essere interpretato nel senso che osta a che l’autorità competente
effettui il controllo del rispetto degli obblighi da esso previsti, tra i quali
quello di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici, sia
superficiali sia sotterranei, interessati da un progetto, soltanto dopo
l’autorizzazione dello stesso.
TERZA QUESTIONE
PREGIUDIZIALE: “Se del caso, il giudice del rinvio chiede
inoltre se l’articolo 6 della direttiva 2011/92 debba essere interpretato nel
senso che le informazioni da mettere a disposizione del pubblico nel corso
della procedura di autorizzazione di un progetto debbano sempre includere
documenti che comportano un esame di tale progetto alla luce degli obblighi
stabiliti dalla direttiva 2000/60.”
La
Corte di Giustizia sul punto ricostruisce il principio fondante della procedura
di VIA: valutare preventivamente gli impatti di un progetto prima della
decisione. Al contempo ricorda come queste elementi di valutazione preventiva
debbano essere messi a disposizione del pubblico. Afferma sul punto la
Corte che, in forza della direttiva
2011/92 e, in particolare, dei suoi articoli 3, 5 e 6, le informazioni messe a
disposizione del pubblico a fini di consultazione prima dell’autorizzazione di
un progetto devono contenere i dati necessari alla valutazione dell’impatto di
quest’ultimo sulle acque alla luce dei criteri e degli obblighi previsti,
segnatamente, all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60. Inoltre, se è vero che dagli articoli 5 e 6
della direttiva 2011/92 non può desumersi che i dati che consentono di valutare
l’impatto di un progetto sull’acqua debbano necessariamente figurare in un solo
documento, come una relazione o uno studio tecnico, il pubblico interessato,
come richiesto dall’articolo 6, paragrafi 4 e 6, di tale direttiva, deve avere
la possibilità effettiva di partecipare al processo decisionale e di prepararsi
debitamente a tal fine. Pertanto, occorre che gli elementi del fascicolo messo
a disposizione del pubblico consentano a quest’ultimo di ottenere una visione
precisa dell’impatto del progetto di cui trattasi sullo stato dei corpi idrici
interessati, affinché esso possa verificare il rispetto degli obblighi
derivanti, in particolare, dall’articolo 4 della direttiva 2000/60. In
particolare, i dati forniti devono essere tali da far apparire se, alla luce
dei criteri stabiliti da tale direttiva, il progetto in questione possa
comportare un deterioramento di un corpo idrico. In ogni caso, un fascicolo
incompleto o dati ripartiti, senza coerenza, in una moltitudine di documenti
non sono tali da consentire al pubblico interessato di partecipare utilmente al
processo decisionale e, pertanto, non soddisfano i requisiti derivanti
dall’articolo 6 della direttiva 2011/92. Inoltre, conformemente all’articolo 5,
paragrafo 3, lettera e), di tale direttiva, spetta al committente redigere una
«sintesi non tecnica» delle informazioni di cui alle lettere da a) a d) di tale
paragrafo 3, il che include i dati necessari per individuare e valutare i
principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente. Ai sensi
dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), di detta direttiva, anche tale
sintesi deve essere messa a disposizione del pubblico.
Quindi
conclude la Corte di Giustizia, sulla terza questione pregiudiziale,
l’articolo 6 della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che le
informazioni da mettere a disposizione del pubblico nel corso della procedura
di autorizzazione di un progetto devono includere i dati necessari al fine di
valutare l’impatto di quest’ultimo sull’acqua alla luce dei criteri e degli
obblighi previsti, segnatamente, all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva
2000/60.
QUARTA QUESTIONE
PREGIUDIZIALE:
“ il giudice del rinvio chiede, in sostanza,
se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60, letto alla luce
dell’articolo 19 TUE e dell’articolo 288 TFUE, debba essere
interpretato nel senso che i membri del pubblico interessato da un progetto
devono poter far valere, dinanzi ai giudici nazionali competenti, la violazione
degli obblighi di impedire il deterioramento dei corpi idrici e di migliorarne
lo stato”.
La
Corte di Giustizia conclude sulla quarta questione pregiudiziale che l’articolo
1, primo comma, lettera b), e secondo comma, primo trattino, nonché l’articolo
4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/60, letti alla luce
dell’articolo 19 TUE e dell’articolo 288 TFUE, devono essere
interpretati nel senso che i membri del pubblico interessato da un progetto devono
poter far valere, dinanzi ai giudici nazionali competenti, la violazione degli
obblighi di impedire il deterioramento dei corpi idrici e di migliorare il loro
stato, se tale violazione li riguarda direttamente.
Per capire cosa sono le questioni pregiudiziali a livello di diritto
comunitario si veda a questo link https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=LEGISSUM:l14552&from=IT
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