Il Consiglio di Stato con sentenze n° 2405 del 2020 (QUI) e n° 2421 del 2020 (QUI) ha ulteriormente chiarito sulla possibilità che le associazioni ambientaliste e
comitati di cittadini regolarmente costituiti , intervengano, anche ad
opponendum [NOTA 1], di fronte agli organi della giustizia
amministrativa (TAR e Consiglio di Stato) relativamente a controversie che
abbiamo oggetto atti di natura urbanistica e/o edilizia.
Sul tema ero già intervenuto QUI.
Questa nuova sentenza
decide su un appello che una associazione ambientalista aveva depositato contro
una sentenza del TAR con la quale era stato dichiarato inammissibile per
carenza di legittimazione l’intervento ad opponendum di detta associazione relativamente alla controversia sull’annullamento
del diniego, da parte del Comune, di un permesso di costruire ad un privato.
CONDIZIONI PER LA LEGITTIMAZIONE AD
INTERVENIRE NEL PROCESSO AMMINISTRATIVO
Secondo
la sentenza, relativamente alla legittimità di intervento ad opponendum,
occorre accertare se l’appellante, interventore ad opponendum in primo grado,
sia titolare di una posizione giuridica autonoma che lo legittimi alla piena
proposizione dell’appello, vale a dire alla formulazione di censure estese alle
questioni di merito affrontate nella sentenza appellata e non limitate a
contestare l’eventuale declaratoria di inammissibilità o la condanna alle spese
del giudizio.
LA NATURA ANCHE AMBIENTALE DEGLI ATTI
URBANISTICI ED EDILIZI
La nuova sentenza ricorda
a premessa che le associazioni ambientaliste sono legittimate ex lege nel caso di atti
dichiaratamente inerenti la materia ambientale ma anche per gli atti che
“incidono sulla qualità della vita in un dato territorio” ( si veda anche sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 14 aprile 2011, n. 2329 QUI).
Secondo
la nuova sentenza, che cita la giurisprudenza precedente, gli atti che costituiscono esercizio di
pianificazione urbanistica, la localizzazione di opere pubbliche, gli atti
autorizzatori di interventi edilizi, nella misura in cui possano comportare
danno per l’ambiente, ben possono essere oggetto di impugnazione da parte delle
associazioni ambientaliste, in quanto atti estensivamente rientranti nella
materia “ambiente”, in relazione alla quale si definisce (e perimetra) la
legittimazione delle predette associazioni (cfr Cons. Stato Sez. IV, 19-02-2015, n. 839 QUI),
attesa “l’ormai pacifica compenetrazione delle problematiche ambientali in
quelle urbanistiche” (così Cons. Stato
Sez. V, 28-07-2015, n. 3711 QUI).
In
particolare, la giurisprudenza ha affermato che il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo
all'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in
considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità
(civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.),
ma esso è funzionalmente rivolto alla
realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano
il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti.
L'ambiente, pertanto,
costituisce inevitabilmente l'oggetto (anche) dell'esercizio di poteri di
pianificazione urbanistica e di autorizzazione edilizia; così come, specularmente,
l'esercizio dei predetti poteri di pianificazione non può non tenere conto del
"valore ambiente", al fine di preservarlo e renderne compatibile la
conservazione con le modalità di esistenza e di attività dei singoli individui,
delle comunità, delle attività anche economiche dei medesimi (cfr Cons. Stato, IV, 9 gennaio 2014, n. 36 QUI).
LA VERIFICA DELLA NATURA AMBIENTALE DEGLI
ATTI URBANISTICI ED EDILIZI: IL PARAMETRO DELL’AMPIEZZA DELL’INTERVENTO
AUTORIZZATO
La nuova sentenza poi
precisa che le
associazioni ambientaliste legittimate ex lege non solo possono intervenire in
primo grado, ma hanno facoltà di proporre appello autonomo, ai sensi dell’art. 102, comma 2, Codice Processo
Amministrativo (QUI),
nel contenzioso relativo ad atti di pianificazione urbanistica, di
localizzazione di opere pubbliche, di autorizzazione di interventi edilizi, nella misura in cui tali atti possano
determinare un pregiudizio per l'ambiente.
Peraltro,
considerata la non necessaria correlazione dimensionale tra interessi
urbanistici e interessi ambientali, permane sempre la necessità di una valutazione in concreto dell’incidenza del possibile
danno all’ambiente e tale valutazione non può che vertere sull’ampiezza
dell’intervento, quale elemento di discrimine degli interventi anche
incidenti sul piano ambientale.
Quindi la associazione
ambientalista ricorrente in via principale o ad opponendum deve dimostrare come
l’atto impugnato abbia una ampiezza tale da incidere sull’ambiente. Una volta
dimostrato questo l’Associazione
ambientalista diventa titolare di quella
posizione giuridica soggettiva autonoma
necessaria per la sua legittimazione ad adire la giustizia amministrativa.
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