mercoledì 22 aprile 2020

Consiglio di Stato conferma: la VIA postuma si applica agli impianti esistenti e alle modifiche

Il Consiglio di Stato con sentenza  n°1004 pubblicata lo scorso 10 febbraio  (QUI) ha ribadito in modo ancor più chiaro che la VIA c.d. ex post o postuma si applica non solo agli impianti esistenti ma anche a quelli già autorizzati e in corso di realizzazione. Vediamo come, anche alla luce della giurisprudenza precedente della Corte di Giustizia UE ... 



Del tema ho trattato più volte anche in relazione alle assurde interpretazioni della Regione Liguria che ritiene (in modo totalmente illegittimo) che essendo stata abrogata la norma della legge ligure sulla VIA che disciplinava la VIA ex post questa non è più applicabile. Il caso emblematico in Liguria è quello della Italiana coke di Cairo Montenotte in provincia di Savona di cui ho trattato QUI , ma anche in Toscana ci sono casi simili come quello della discarica di rifiuti pericolosi ex cava Fornace in provincia di Massa Carrara QUI.
Più in generale e anche recentemente la Corte di Giustizia della UE ha confermato la necessità di applicare la VIA ex-post in tutti i casi in cui un progetto sottoponibile a VIA non aveva avuto l’applicazione di questa procedura al momento della sua autorizzazione . Questo obbligo scatta anche per i progetti e impianti che non avevano avuto la VIA perché all’epoca della loro prima autorizzazione non era in vigore la normativa europea su questa procedura di valutazione  ma che poi erano oggetto di nuove richieste di autorizzazione per modifiche rispetto all’assetto originario. Sul punto da ultimo vedi QUI.

Il caso trattato dalla nuova sentenza del Consiglio di Stato riguarda un impianto di produzione di energia elettrica alimentato con biomasse solide e combustibile solido secondario (CSS, già CDR, combustibile derivato dai rifiuti) che aveva ottenuto le autorizzazioni necessarie alla realizzazione e all’esercizio dell’impianto (con espressa esenzione dall’obbligo di verifica e Valutazione d’Impatto Ambientale – VIA, in applicazione dell’allora vigente disciplina statale e regionale), quando, durante i lavori di costruzione dell’impianto, sopravveniva la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 23 novembre 2006, in causa C-486/04 (QUI), con la quale era rilevato un contrasto tra la normativa italiana sulla VIA e la direttiva comunitaria 85/337/CEE, nella parte in cui la normativa italiana escludeva dalla VIA gli impianti del tipo in oggetto con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno.
La realizzazione dell’impianto era già in corso ma i lavori sono stati sospesi per avviare il procedimento di VIA ordinario.

La sentenza tratta anche altri aspetti che qui non rilevo e che sono consequenziali all’allungamento dei tempi di realizzazione dell’impianto a causa della necessità di colmare la grave lacuna procedurale della mancata VIA.

La sentenza in esame afferma, relativamente all'applicazione della VIA ex post  che  alla data in cui sono intervenute le due note regionali che chiedevano al gestore dell’impianto di avviare la procedura di VIA ex post, poi impugnate, la legge statale prevedeva ancora l’esclusione della procedura di VIA per gli impianti della tipologia di quello in oggetto, ma i relativi provvedimenti di esenzione ed i provvedimenti autorizzativi rilasciati in mancanza di Valutazione di Impatto Ambientale erano da considerare illegittimi per violazione della Direttiva Comunitaria, definitivamente accertata dalla Corte di Giustizia.  In altri termini il fatto che l’impianto sia autorizzato non sana la mancata applicazione della VIA se non si recupera con la VIA ex-post.

Il Consiglio di Stato, nella sentenza in esame, non si limita  a citare la normativa comunitaria e la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE ma ricorda anche cosa afferma il testo unico ambientale al comma 3 dell’articolo 29 DLgs 152/2006 che recita:
3. Nel caso di progetti a cui si applicano le disposizioni del presente decreto realizzati senza la previa sotto-posizione al procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, al procedimento di VIA ovvero al procedimento unico di cui all'articolo 27 o di cui all'articolo 27-bis, in violazione delle disposizioni di cui al presente Titolo III, ovvero in caso di annullamento in sede giurisdizionale o in autotutela dei provvedimenti di verifica di assoggettabilità a VIA o dei provvedimenti di VIA relativi a un progetto già realizzato o in corso di realizzazione, l'autorità competente assegna un termine all'interessato entro il quale avviare un nuovo procedimento e può consentire la prosecuzione dei lavori o delle attività a condizione che tale prosecuzione avvenga in termini di sicurezza con riguardo agli eventuali rischi sanitari, ambientali o per il patrimonio culturale. Scaduto inutilmente il termine assegnato all'interessato, ovvero nel caso in cui il nuovo provvedimento di VIA, adottato ai sensi degli articoli 25, 27 o 27-bis, abbia contenuto negativo, l'autorità competente dispone la demolizione delle opere realizzate e il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile, definendone i termini e le modalità. In caso di inottemperanza, l'autorità competente provvede d'ufficio a spese dell'inadempiente. Il recupero di tali spese è effettuato con le modalità e gli effetti previsti dal testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.”
Il Consiglio di Stato riportando il testo del comma di cui sopra aggiunge: “estendendo quindi l’istituto della VIA c.d. postuma agli impianti già realizzati o in corso di realizzazione”.

La sentenza fa un'altra importante affermazione per cui essendo: “…il procedimento di VIA conforme alla normativa comunitaria, ed anzi da questa imposto, la sua pretesa da parte dell’amministrazione non è qualificabile come illegittima e, pertanto, produttiva di responsabilità, con conseguente obbligo risarcitorio.”. Come dire quando una Amministrazione pubblica motivatamente impone l’avvio di una VIA postuma o ex-post non può certo incorrere in una causa di risarcimento danni per allungamento dei tempi di realizzazione di un impianto.
Semmai il problema di un eventuale risarcimento si potrebbe porre non nel caso di imposizione legittima di una procedura di VIA ex-post ma nel caso del mancato tempestivo adeguamento della normativa interna alla direttiva comunitaria che ha indotto una data impresa a fare affidamento sulla legittimità dei provvedimenti di esenzione dalla VIA.

Infine la sentenza conferma che la VIA postuma si applica a impianti che non avendo avuto la VIA in fase di autorizzazione iniziale, nel caso in cui  presentino una proposta di modifica devono recuperare la lacuna procedurale con, appunto, la VIA ex post. Qui la sentenza cita un parere dell’Avvocatura di Stato secondo il quale: “, l’aumento di potenza dell’impianto, l’ha fatto ricadere nell’ambito applicativo della summenzionata procedura”.

Concludendo, la sentenza del Consiglio di Stato e la norma nazionale (ma abbiamo visto al’inizio del post anche la giurisprudenza comunitaria) sono chiarissime e si pone per l’ennesima volta la domanda perché la Regione Liguria continua a sostenere che la VIA ex post non è più applicabile perché non esiste una normativa nazionale e regionale che la disciplini?



P.S. 
applicare la VIA ex post non è un orpello formalistico ma vuol dire che l'impianto esistente o in fase di realizzazione che non ha avuto una corretta valutazione di impatto ambientale funzionerà senza avere subito un verifica complessiva dell'impatto che lo stesso ha sull'ambiente  circostante e la salute dei cittadini residenti nella zona, a precindere dal fatto che rispetti o meno singole prescrizioni sulle sue emissioni inquinanti. Della serie rispetta i limiti di legge sui singoli inquinanti ma è complessivamente incompatibile con quel sito, ecco la VIA ex post serve proprio ad evitare questo rischio se svolta correttamente! 




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