Riporto una
sintesi dei più recenti studi pubblicati su riviste scientifiche internazionali
relativamente al rapporto tra inquinamento atmosferico e sviluppo della
mortalità da COVID-19. Si tratta di un tema che dovrà ancora esser approfondito
dalla comunità scientifica ma gli studi ad oggi prodotti sono sicuramente già
significativi. Insieme con la sintesi pubblico anche i link per accedere ai
testi completi degli studi.
Esposizione all'inquinamento atmosferico e mortalità COVID-19 negli Stati Uniti
Uno Studio della Harvard University ha scoperto che un aumento di solo 1 μg /m3 in PM2.5 è associato ad un aumento dell'8% del tasso di mortalità COVID-19. I risultati sono stati statisticamente significativi e robusti.
Le
conclusioni dello studio sono che un piccolo
aumento dell'esposizione a lungo termine al PM2.5 porta ad un grande aumento
del tasso di mortalità COVID-19. Nonostante i limiti intrinseci alla
progettazione dello studio ecologico, i risultati dello stesso sottolineano
l'importanza di continuare a far rispettare le normative esistenti
sull'inquinamento atmosferico per proteggere la salute umana sia durante che
dopo la crisi COVID-19.
LINK ALLO STUDIO: QUI.
Il Rapporto tra inquinamento atmosferico e diffusione COVID19 nel Nord Italia
Studio
ricercatori Università di Siena e della Aarhus University danese ha analizzato
la possibilità che l'inquinamento atmosferico possa
essere considerato un co-fattore di mortalità SARS-CoV-2 nel Nord Italia.
Lo
studio indaga la correlazione tra l'alto livello di grave letalità della
sindrome respiratoria acuta CoronaVirus 2 (SARS-CoV-2) e l'inquinamento
atmosferico nel Nord Italia. La Lombardia e l'Emilia Romagna sono regioni
italiane con il più alto livello di mortalità virale al mondo e contemporaneamente
una delle aree più inquinate d'Europa. Sulla base di questa correlazione, lo
studio analizza il possibile legame tra inquinamento e lo sviluppo della
sindrome respiratoria acuta e infine la morte. Lo studio dimostra che le
persone che vivono in un'area con alti livelli di inquinanti sono più inclini a
sviluppare condizioni respiratorie croniche e adatte a qualsiasi agente
infettivo. Inoltre, un'esposizione prolungata all'inquinamento atmosferico
porta a uno stimolo infiammatorio cronico, anche in soggetti giovani e sani. Lo
studio conclude che l'elevato livello di inquinamento nel Nord Italia dovrebbe
essere considerato un ulteriore cofattore dell'alto livello di mortalità
registrato in quella zona per il COVID-19.
TESTO STUDIO: QUI.
Ruolo qualità aria e infezioni da COVID-19
Studio
ricercatori Università TorVergata di
Torino e Oxford analizza la
distribuzione geografica irregolare della nuova epidemia di coronavirus
(COVID-19) in Italia considerata un enigma dato il flusso intenso di movimenti
tra le diverse aree geografiche prima delle decisioni di blocco.
Per
far luce su di esso lo studio ha testato
l'effetto di cinque potenziali correlati di esiti negativi giornalieri COVID-19
a livello di provincia, ovvero decisioni di blocco attività e spostamenti,
struttura demografica, attività economica, temperatura e particolato.
Lo
studio rileva che la scarsa qualità dell'aria è significativamente e
negativamente correlata con gli esiti avversi dell'epidemia, mentre il blocco e
il distanziamento sociale sembrano essere efficaci per i contagi, ma non ancora
per i decessi. I dati empirici dello studio sono coerenti con studi precedenti
che suggeriscono che la scarsa qualità dell'aria crea un'esposizione cronica a
esiti avversi da malattie respiratorie. L'eterogeneità della diffusione non
sembra dipendere da altri fattori preesistenti che vengono testati, ad esempio
temperatura, pendolarismo, densità di popolazione e presenza della comunità
cinese. Lo studio, tuttavia, rileva che gli esiti avversi di COVID-19 sono
significativamente e positivamente correlati alla presenza di aziende
artigiane.
I risultati
dello studio forniscono suggerimenti per lo studio di modelli di distribuzione
geografica irregolari in altri paesi e, se l'evidenza preliminare è corroborata
da collegamenti causali, hanno implicazioni rilevanti rispetto alle politiche
ambientali e di blocco.
TESTO STUDIO: QUI.
Collegamenti tra
inquinamento atmosferico e COVID-19 in Inghilterra
Studio della Università di Cambridge ha esplorato la correlazione tra tre dei principali inquinanti atmosferici legati ai combustibili fossili e la letalità in Inghilterra del virus SARS-CoV-2. Sono stati confrontati i casi SARS-CoV-2 aggiornati e in tempo reale con le morti per inquinamento atmosferico dalle banche dati pubbliche in oltre 120 siti in regioni diverse.
Lo studio ha scoperto che i livelli di alcuni marcatori di scarsa qualità
dell'aria, l'azoto ossidi e ozono, sono associati alla
letalità COVID-19 in diverse regioni inglesi, quindi conclude che i livelli di
alcuni inquinanti atmosferici sono collegati ai casi e alla morbilità di
COVID-19.
Lo studio, secondo gli estensori,
fornisce un quadro utile per guidare la politica sanitaria nei Paesi colpiti da questa pandemia.
TESTO STUDIO: QUI.
Ricerca di SARS-COV-2 sulla materia
particellare: un possibile indicatore precoce della ricorrenza dell'epidemia
COVID-19
Ricerca di SARS-COV-2 sulla materia
particellare: un possibile indicatore precoce della ricorrenza dell'epidemia
COVID-19
Studio di
ricercatori di molte Università italiane dal quale si rileva che la presenza di SARS-COV-2 RNA sul particolato
di Bergamo, che non è lontano da Milano e rappresenta l'epicentro dell'epidemia
italiana, sembra confermare (almeno in caso di stabilità atmosferica e alte
concentrazioni di Particolato fine, come di solito si verifica nel Nord Italia)
che il virus possa creare legami con le particelle ed essere trasportato e
rilevato su quelle più fini come il PM10
o PM2,5.
Sebbene non sia
possibile formulare ipotesi sul collegamento tra questa prima scoperta
sperimentale e la progressione o la gravità dell'epidemia COVID-19, la presenza
di SARS-COV-2 RNA sul PM10 di campioni di aria esterna in qualsiasi città del
mondo potrebbe rappresentare un potenziale indicatore precoce di diffusione
COVID-19. La ricerca del genoma virale sul particolato potrebbe quindi essere
esplorata tra le possibili strategie per l'adozione di tutte le misure
preventive necessarie prima dell'inizio di future epidemie.
TESTO STUDIO: QUI.
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